Terza tappa: ascolto e la meditazione della Parola di Dio

 

La Scrittura invita all’ascolto. "Ascoltate", proclama ripetutamente Mosè ad un popolo ribelle ed incredulo (Nm 20,10); "Ascoltate" si legge nel libro dei Proverbi (1,8; 8,32).

Il cristiano è innanzitutto un ascoltatore. Secondo l’espressione del teologo Karl Rahner, l’uomo e "uditore della parola"; è, cioè, colui che porge l’orecchio a Dio. Per questo "ascoltare è meglio del sacrificio" (1Sam 15,22). Il cristiano, come Salomone, deve chiedere al Signore un "cuore che ascolta [leb shomea]" (1Re 3,9).

"Ascoltatelo" proclama, infine, la voce del Padre celeste al momento del battesimo di Gesù nel Giordano e della trasfigurazione. Questo imperativo percorre come un ritornello tutta la Bibbia. Paolo ricorda che dall’ascolto dipende la nostra fede (cf. Rm 10,17).

C’è stato un periodo nella storia della Chiesa in cui la Bibbia era riservata solamente agli addetti ai lavori (teologi, studiosi e preti). Con il Concilio Vaticano II essa viene rivalutata dando l’opportunità a tutti i fedeli di leggerla. Ora la Parola di Dio appare ai nostri occhi come "lettera di Dio" rivolta personalmente a noi.

Mons. Dino Foglio afferma: "È frequente l’uso della Bibbia, quasi manuale di preghiera comunitaria e privata, nei gruppi del Rinnovamento italiano"(Il vero volto, I vol., 93). Tante persone testimoniano come una parola della Scrittura, presa "a caso", abbia parlato al loro cuore in quell’istante ed è avvenuto ciò che si verificò il giorno di Pentecoste, dopo il discorso di Pietro: "molti dei presenti si sentirono trafiggere il cuore" (At 2,37). Paolo, altrove, dice: "La parola di Dio è viva, efficace e pii) tagliente di ogni spada a doppio taglio" (Eb 4,12). E grazie ad essa la loro vita è cambiata totalmente, appunto perché, nel leggerla. lo Spirito viene "ispirato" nei cuori. Ed è proprio lì che l’uomo decide. Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, riporta una testimonianza ascoltata personalmente, che rivela come la Parola di Dio sia "spada a doppio taglio": "Un uomo diceva che era giunto all’ultimo stadio dell’alcoolismo; non resisteva più di qualche ora senza bere; ovunque si trovava, in viaggio, sul treno, o al lavoro, il primo pensiero era come procurarsi del vino. La moglie, presente anch’essa, diceva che era giunta sull’orlo della disperazione e non vedeva altra via d’uscita per sé e per i loro tre bambini, che la morte.., Qualcuno li invitò a degli incontri dove si leggeva la Bibbia. Ci fu una parola, in particolare, che, ascoltata a caso, lo colpì profondamente e per lunghi anni fu come una fune che lo tirò dal baratro. Ogni volta che la rileggeva era come un'ondata nuova di calore e di forza, finché fu del tutto guarito. Quando volle dirci qual era quella parola, la voce gli si spezzò e non riuscì, per la commozione, ad arrivare in fondo alla frase. Era il versetto del Cantico dei cantici (1,4) che dice: ‘Ricorderemo le tue tenerezze più del vino’. Sarebbe stato facile per qualsiasi ‘conoscitore’ del Cantico dimostrargli che quel versetto non aveva niente a che vedere con la sua situazione e che si era sbagliato, ma quell’uomo continuava a ripetere: ‘lo ero morto ed ora vivo. Quella parola mi ha ridato vita!’. Come il cieco nato che, a chi lo interrogava, rispondeva: ‘Come sia, non so; so solo che prima non ci vedevo e ora ci vedo’ (cf. Cv 9,25)"

Il salmista ricorda che: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino" (Sal 119,105). Pietro ben si esprime riguardo alla Parola di Dio, quando parla della parola dei profeti: …alla quale fate bene a volgere l’attenzione, come a lampada clic brilla in un luogo oscuro" (2Pt 1,19). La leggiamo, la scrutiamo, la meditiamo perché siamo più che certi che è il mezzo con cui "il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro" (DV 21). Certamente la Bibbia, nella preghiera personale, non si trova fra le mani di esperti, ma in quelle di persone comuni le quali credono che sia la Parola di Dio ad ammaestrarli; si verifica quello che dice il salmista: "La testimonianza del Signore è verace, rende saggio il semplice" (Sal 19,8).

L’apostolo Paolo afferma: "Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (2Tim 3,16-17). "L’espressione che viene tradotta con ‘ispirata da Dio’, o ‘divinamente ispirata’, nella lingua originale è una parola unica, theopneustos, che contiene insieme i due vocaboli di Dio (Theos) e di Spirito (Pneumia). Tale parola ha due significati fondamentali: uno molto noto e un altro invece abitualmente trascurato, sebbene non meno importante del primo. Cominciamo dal significato molto noto. Esso è il significato passivo, messo in luce in tutte le traduzioni moderne: la Scrittura è ‘ispirata da Dio’. Un altro passo del Nuovo Testamento spiega così questo significato: ‘Mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini [i profeti] da parte di Dio’ (2Pt 1,21). È, insomma, la dottrina classica dell’ispirazione divina della Scrittura, quella che proclamiamo come articolo nel Credo, quando diciamo che lo Spirito Santo è colui ‘che ha parlato per mezzo dei profeti’.

Poi c’è l’altro significato meno noto dell’ispirazione biblica, di cui parlavo sopra. Per sé, grammaticalmente, il participio theopneustos è attivo, non passivo, e se è vero che la tradizione e la teologia l’hanno sempre spiegato in senso passivo (ispirato da Dio), è vero anche che la stessa tradizione ha saputo cogliere in esso anche un significato attivo. La Scrittura, diceva Sant’Ambrogio, è theopneustos non solo perché è ‘ispirata da Dio’, ma anche perché è ‘ispirante Dio’, perché spira Dio! (cf. De Spiri S., III, 1127). Ora spira Dio! Essa, direbbe San Francesco, è la fragranza di Dio. Parlando della creazione, Sant’Agostino dice che Dio non fece le cose e poi se ne andò, ma che esse ‘venute da lui, restano in lui’ (Conf IV, 12,18). Così è delle parole di Dio: venute da Dio, esse restano in lui e lui in esse. Dopo aver dettato la Scrittura, lo Spirito Santo si è come racchiuso in essa, la abita e la anima senza posa con il suo soffio divino. La costituzione conciliare Dei verbum raccoglie anch’essa questo filone della tradizione quando dice che ‘le sacre Scritture ispirate da Dio (ispirazione passiva!) e redatte una volta per sempre, comunicano immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare nelle parole dei profeti e degli apostoli la voce dello Spirito Santo’ (ispirazione attiva!). Lo Spirito Santo ha ispirato la Scrittura e ora, ogni volta che la apriamo, la Scrittura ispira lo Spirito Santo!". La Parola di Dio non è un idea, è Dio stesso che si comunica all’uomo: Gesù. Ma accanto a questa lettura "a caso" della Parola di Dio, c’è quella che viene definita "lectio divina". Che cos’è la lectio divina? Quando è nata? Com’è articolata? Per lectio divina si intende una lettura attenta e devota della Sacra Scrittura. L’aggettivo "divina" è dovuto all’oggetto della lettura: la Parola di Dio. La lectio era diffusissima presso i monaci del medioevo. Il fondatore, infatti, è stato un monaco certosino del XII secolo, Guigo II. Egli strutturò questo metodo di pregare attraverso quattro gradini di una scala che ascende verso il Santo Monte della contemplazione e sono: lettura (lectio), meditazione (meditatio), preghiera (oratio), contemplazione (con templatio).

 

- Lettura (lectio): leggere con attenzione il brano. Una lettura che non deve essere frettolosa e superficiale, ma attenta e devota. Se è necessario, leggere e rileggere il brano biblico. "E molto utile, sottolineare per esempio i verbi che esprimano, in un pagina evangelica, le azioni che Gesù compie o le azioni degli apostoli. Sottolineando con la penna la parola-chiave! La sottolineatura ci fa vedere tanti particolari che magari non avevamo mai notato…

 

- Meditazione (meditatio): è una rilettura profonda, attualizzata e personalizzata, cercando di comprendere cosa la Parola di Dio dica a me, qui ed ora, in questo preciso momento e in questa situazione concreta. "Rem applica ad te", cioè applica la Parola letta a te stesso, confrontando la tua vita con essa. Gli antichi dicevano che bisognava "masticare" e "ruminare" la Parola di Dio! Salmo 1: "Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte" (1-2). Qui la traduzione dice: meditare. li termine ebraico invece vuol dire "tubare" e indica il rumore che fa la colomba quando borbotta. E bellissima questa immagine perché ci ricorda che la parola di Dio deve diventare un borbottio continuo nelle nostre orecchie.

 

- Preghiera (oratio): è la tua risposta a colui che ti ha interpellato. La Parola letta, talvolta, ti suggerisce le parole di gratitudine. Ricorda che "la tua preghiera è una conversazione con Dio. Nella lettura è Dio che ti parla, nell’orazione sei tu che parli a Dio"

 

- Contemplazione (contemplatio): in quest’ultimo gradino della lectio si deve semplicemente guardare Gesù. E un fissare gli occhi su "colui che hanno trafitto" (Zc 12,10). La contemplazione è al di là del ragionamento e della ricerca perché è la presenza di me al mistero di Dio, alla croce e, insieme, la presenza del mistero di Dio a me. È come Mosè di fronte al roveto, come Mosè nel cavo della roccia quando vuol vedere la gloria del Signore, come Elia che nel soffio della brezza sente la presenza di Dio. Naturalmente ciò non può essere fatto nel gruppo quando si riunisce per la preghiera comune, ma deve essere un esercizio personale di tutti, per poi confluire nella preghiera comunitaria. Questo può essere un cammino pedagogico, un cammino d’iniziazione alla preghiera; in quanto si educa l’orante ad avere una disciplina nel suo rapporto con Dio. E questo è scandito dall’ascolto (l’iniziativa è di Dio) e dalla preghiera, cioè la risposta personale.