Quando pregare
"Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e uno per morire... Un tempo per piangere e un tempo per ridere... Un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace" (Qo 3,1-8). La prima schiavitù è quella dei tempi. Certo, e importantissimo avere, o darsi, dei tempi fissi di preghiera durante la giornata. Ci sono però cristiani che ancora non riescono a concepire la preghiera fuori di alcuni tempi tradizionali: al mattino, appena alzati, o alla sera, prima di dormire. Molti durante la confessione dicono: "Non ho detto le preghiere del mattino e della sera". Passati quei momenti, si crede che è finita la possibilità di pregare, come se Dio avesse un ufficio, come le persone importanti di questo mondo, con su scritto: "Si riceve solo dall’ora tale all’ora talaltra" Per la preghiera c’è un tempo preciso o essa figura tra le scelte emarginali che possono entrare, ma non necessariamente, nell’esistenza del credente, accanto ad altre, conte lo studio, il lavoro, il gioco? Alcune persone dicono: "Io non ho tempo di pregare". È la risposta più frequente che oggi esce dalla bocca della gente. Un autore contemporaneo p. Descouvemon, dice, con humour, che "non si è mai visto nessuno morire di fame, perché gli mancava il tempo per mangiare. Si trova (o piuttosto si perde) sempre il tempo per fare ciò che è considerato vitale". Chi dice: "Non ho tempo per pregare", è come se dicesse: "Dio per me non è un valore, non è importante". Per chi non trova il tempo di pregare, Dio è un valore smarrito. Quando c’è stata nella nostra vita un persona che ci era veramente cara (un amico, il fidanzato, un figlio appena nato), il pensiero di essa non era confinato in due tempi della giornata; al contrario, ogni volta che affiorava, la mente e il cuore gli andavano dietro volando e si accendeva dentro come una luce. Così deve essere con Dio. Dice un salmo molto bello: "Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo e pensaci te nelle veglie notturne (dunque, anche quando ci si sveglia nel silenzio della notte!)... esulto di gioia all’ombra delle tue ali" (Sal 63,7s). Oggi abbiamo svenduto il tempo. Una delle obiezioni più ricorrenti è formulata in questo modo: "Io non ho tempo di pregare, ma in mezzo alle mie attività, facendo i lavori di casa, cerco di pensare il più spesso possibile al Signore, offro il mio lavoro e ritengo che ciò sia sufficiente come preghiera". Ma è veramente sufficiente tutto ciò? Il lavoro è preghiera? È una frase che si sente spesso e la si usa come scusa per non applicarsi alla preghiera o per trascurarla. Mi sembra che il problema sia male impostato. Io direi: Il lavoro viene santificato dalla preghiera... Basti ricordare quanto insegna il Concilio. Perciò il lavoro, santificato dalla obbedienza a Dio e dalla preghiera e offerto nella preghiera, diventa cosa sacra da portare all’eucaristia con la nostra persona... E una cosa bellissima lavorare e avere il pensiero rivolto a Dio. È essere nella tenda mobile, nel monastero ambulante". Pregare lavorando del resto, non è del tutto falso. Basta ricordare il motto di San Benedetto: "Ora et labora". Un uomo o una donna può benissimo rimanere in unione intima con Dio in mezzo a tutte le sue attività, in modo che ciò costituisca la sua vita di preghiera senza che abbia bisogno di altro. Il Signore può accordare tale grazia a qualcuno, soprattutto se questi è nell’impossibilità di fare altrimenti. D’altra parte, è assai augurabile fare ritorno a Dio il più sovente possibile in mezzo alle nostre attività. È vero, infine, che il lavoro offerto e compiuto per Dio diventa, in qualche modo, preghiera. Ma, detto ciò, bisogna essere realisti: non è così facile rimanere uniti a Dio pur essendo immersi nelle proprie occupazioni. La tendenza naturale dell’uomo, al contrario, è di lasciarsi completamente assorbire da ciò che fa. Se, di tanto in tanto, non saprà fermarsi completamente, prendersi dei momenti per se stesso, durante i quali non abbia nient’altro da fare se non occuparsi di Dio, sarà molto difficile per lui stare alla sua presenza, lavorando. Occorre tutta una preliminare rieducazione del cuore, di cui la fedeltà all’orazione è il mezzo più sicuro. Rassomigliamo più al correre frenetico e spaventato delle formiche quando il loro formicaio viene minacciato da un pericolo ignoto. Accade così anche nelle relazioni tra persone: è piuttosto illusorio credere di amare la propria moglie e i propri figli, nonostante una vita molto attiva, se non si è capaci di dedicare ad essi momenti in cui si è totalmente disponibili per loro. Senza questi spazi di gratuità, l’amore rischia presto di spegnersi. L’amore infatti si dilata e respira nella gratuità. Occorre saper "perdere" tempo per l’altro. E noi abbiamo molto da guadagnare in questa perdita: è questo uno dei modi di comprendere la parola del Vangelo di Matteo: "Chi avrà perduto la propria vita.., la ritroverà" (10,39). Se ci occupiamo di Dio, Dio si occuperà dei nostri affari molto meglio di noi. Riconosciamo umilmente che la nostra tendenza naturale è di essere troppo attaccati alle nostre attività; noi ci lasciamo troppo appassionare o preoccupare da esse. E possiamo guarirne soltanto se abbiamo la saggezza di saper abbandonare regolarmente ogni attività, anche la più urgente e la più importante, per dare gratuitamente il nostro tempo a Dio. L’emarginazione della preghiera dalla vita è comunque sempre determinata da uno sguardo miope: le cose che riempiono la giornata sono quelle che urgono e rendono in termini concreti. C’è talora una pressione continua di attività da assolvere, in cui la persona avverte d’essere realizzata e importante di fronte a se stessa e agli altri. La preghiera invece non urge, non fa violenza, non rende e non fa assumere importanza agli occhi degli altri. Il più delle volte corre il rischio d’essere un valore sconosciuto o una nostalgia tenue, che non prende consistenza alcuna nel vissuto quotidiano. Per questo non si dà solo un tempo "accanto" ad altri, per pregare, ma occorre pregare "sempre"(cf. Lc 18,1; Rm 1,10; 12,12; Ef 6,18; Col 3,1; 1Ts 5,17), "senza stancarsi mai"(cf. Lc 18,1; 2Cor 4,1.16; Gal 6,9; Ef 3,13; 2Ts 3,13), "in ogni momento"(cf. Lc 21,36a). La preghiera è un vero "riscatto del tempo"(cf. Ef 5,16). La durata effettiva della preghiera deve essere compatibile col proprio lavoro e i propri impegni. Un segreto è essere ordinati nel tempo, avere un orario: fissare, per quanto è possibile, lungo la giornata tempi dedicati alla preghiera, pur nel rispetto degli altri impegni; precisare ed essere fedeli a rispettare la lunghezza dei tempi stabiliti. Ordinare il tempo è il comando primario nella fede ebraica-cristiana. Riservare dei tempi per Dio, distinguere dei tempi tra gli altri destinati al lavoro o allo svago è il significato del ritmo sabatico, delle feste, dei ritmi della preghiera. Tutti i tempi sono buoni per la preghiera ma bisogna cercare, secondo le proprie possibilità. di consacrare ad essa momenti più favorevoli: quelli in cui lo spirito è relativamente fresco, non ancora troppo sovraccarico di preoccupazioni immediate, in condizioni di non essere disturbati ogni tre minuti. Per alcuni il momento ideale è la mattina presto: "Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava" (Mc 1,35). La mattina può giovare, se si riesce ad essere fisicamente e mentalmente ben svegli. Si è già accennato sopra che bisogna "decidere" un tempo ben preciso da donare a Dio e dialogare con lui. Il tempo può essere anche minimo, l’importante è che ci sia. Robert D. Foster, ex presidente del consiglio direttivo dell’Associazione Uomini di Affari Cristiani e noto conferenziere e scrittore, consapevole che molti trovano la scusa del tempo, suggerisce sette minuti. E dà dei consigli su come dividerli, per un maggior profitto nella vita spirituale. Così scrive: "Voglio suggerire che, per partire in modo sicuro, sarà bene iniziare con sette minuti... Cinque minuti saranno troppo pochi, mentre dieci minuti come inizio per qualcuno potranno essere un po’ troppi. Allora: volete prendervi sette minuti ogni mattina? Non cinque mattine su sette, né sei giorni su sette, ma sette giorni su sette! Come impiegare questi sette minuti? Investite i primi trenta secondi di tempo per preparare il cuore. Ringraziate Dio per la notte e per le occasioni della giornata che sta per iniziare. Impiegate, poi, quattro minuti nella lettura della Bibbia. Il vostro maggiore bisogno è di ascoltare una parola da Dio. Lasciate che la Parola vi si accenda nel cuore. Incontrate l’Autore! A questo punto vi rimangono due minuti e mezzo per fare amicizia con lui in quattro fasi di preghiera, che potete ricordare con la parola ‘APRI’ (Adorazione, Pentimento, Ringraziamento, Intercessione)" (R. D. Foster, 7 minuti con Dio, in Rinnovamento nello Spirito 9(1992), 34). I cattolici tedeschi scandiscono durante la liturgia questa preghiera: "Incominciare con Dio e terminare con Dio è la più bella canzone della vita". Altri, invece della mattina, preferiscono la tranquillità della sera, prima di addormentarsi: in questo momento è più facile rilassarsi, partecipando a "un’ora per vegliare e pregare" con Cristo. L’importante però è essere fedeli al tempo stabilito! Il tempo e oro: non si deve sprecare. Una volta, quando i buoni cristiani andavano a confessarsi, si facevano scrupolo di chiedere perdono per non aver fatto tesoro del tempo e di averne perso troppo senza dedicarlo a Dio o alle opere di bene. Oggi la nostra società ha programmato anche il nostro tempo libero. Nessuno più ha occasioni da poter dedicare alla preghiera, nessuno ha più "tempo da perdere", perché il tempo lo abbiamo già svenduto o perso malamente. Questi momenti sottratti a Dio sono divenuti preda di ben altri padroni, di altri idoli. In ogni momento della nostra giornata c’è qualcosa da fare, da vedere, da progettare. La vita quotidiana, nel lavoro e in famiglia, è fatta d’incontri, di tante altre cose; è l’esempio di una vita frenetica, che ci sfugge di mano. Occorre reagire a questo stato di cose. Bisogna riappropriarsi del tempo programmato dalla società, per poter di nuovo intronizzare Dio in esso. Fermarsi per una pausa, una riflessione, aiuta il cristiano a prendere consapevolezza che il tempo è di Dio. Riorganizzando la scala dei valori, all’apice di essa c’è questo rapporto con il Dio Vivente. Altro aspetto positivo che si può riscontrare, è che molte persone hanno scoperto il senso della preghiera prima dei pasti. Ringraziare il Signore per il "pane quotidiano" (Lc 11,3). Ed è importante nell’ambito familiare avere dei momenti comuni di preghiera. Inoltre si realizza quello che il Concilio Ecumenico Vaticano II dice a proposito della famiglia, definendola: "Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli, con la parola e con l’esempio, i primi annunciatori della fede, e secondare la vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale" (LG, 11). Tantissimi sono i cristiani che si uniscono alla Liturgia delle Ore. Il breviario è nelle mani di un gran numero di persone. "Pregate in ogni momento" (Le 21,36) è l’invito, la preghiera che Gesù rivolge a noi. Ogni momento è opportuno per instaurare il nostro dialogo con il Signore. La preghiera deve diventare il respiro della nostra anima. Ritengo importante un punto: bisogna mirare a che la preghiera diventi un’abitudine, non nel senso che non sia più un’eccezione, un momento strappato ogni volta con grandi sforzi alle altre attività, ma che faccia parte del ritmo normale della vita. Non si deve ritenere l’abitudine come qualcosa di negativo - diversamente dalla routine. Essa è, al contrario, quella facilità a fare naturalmente qualcosa che all’inizio richiedeva uno sforzo e una lotta. La nostra preghiera deve diventare quotidiana. Ci accorgiamo invece che molto spesso ci comportiamo come Caino che, invece delle primizie, offriva a Dio quello che non gli serviva. Quale tempo i cristiani offrono a Dio? il migliore oppure le briciole? Ci si ricorda di Dio solo quando siamo stanchi, annoiati... Molti fanno obiezione dicendo che il tempo che dovrebbero "sprecare" per la preghiera, loro lo "utilizzano" per aiutare gli altri. Per perseverare nella preghiera, bisogna dunque essere ben convinti (smascherando certi tentativi di giustificarsi, basati su di una falsa concezione della carità) che il tempo dato a Dio non è mai tempo rubato agli altri, a coloro che hanno bisogno del nostro amore e della nostra presenza. Al contrario, la nostra fedeltà ad essere presenti a Dio, garantisce ha nostra capacità di essere presenti agli altri e di amarli in verità. L’esperienza lo dimostra: è nelle anime di orazione che si trova l’amore più attento, più delicato, più disinteressato, più sensibile alle sofferenze altrui, più capace di consolare e di confortare. L’orazione ci renderà migliori e coloro che ci vivono accanto non si lamenteranno. in questa sfera dei rapporti tra la vita di preghiera e la carità verso il prossimo si sono dette molte pseudo-verità, che hanno distolto i cristiani dalla contemplazione, il che ha avuto conseguenze drammatiche. Ci sarebbe molto da dire in proposito. Ecco un testo di San Giovanni della Croce che aiuta a ridimensionare le idee a riguardo e a decolpevolizzare i cristiani che legittimamente desiderano consacrare molto tempo alla preghiera: ‘Gli uomini divorati dall’attivismo, che immaginano di poter cambiare il mondo con le loro predicazioni e con altre opere esteriori, riflettano ora un momento: essi comprenderanno facilmente che sarebbero molto più utili alla Chiesa e più graditi al Signore, senza dire del buon esempio che darebbero, se dedicassero la metà del loro tempo all’orazione, anche quando non fossero così progrediti come l’anima di cui ora si tratta. In tali condizioni, essi farebbero, con una sola opera, un bene più grande e con molta minore fatica di quanto non ne facciano con mille altre attività in cui spendono la loro vita. La preghiera meriterebbe loro questa grazia e otterrebbe loro le forze spirituali di cui hanno bisogno per produrre tali frutti. Senza di essa, tutto ciò si riduce a un grande strepito: è il martello che, cadendo sull’incudine, fa risuonare tutti gli echi d’intorno. Si fa poco più di niente, spesso assolutamente niente, o anche del male. Dio, infatti, ci preservi da un’anima come questa, che si gonfia di orgoglio! Invano le apparenze sarebbero a suo favore; la verità è che non farà nulla, poiché è assolutamente certo che nessuna opera può essere compiuta senza la potenza di Dio. Oh, quante cose si potrebbero scrivere su tale argomento, se fosse il momento di farlo!" (Cantico Spirituale -B, strofa 29). |