Porta Cicca, la Casba e l'Isola
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Celeberrimo
l'intersecarsi della serie di cortili che sulla metà di Corso San
Gottardo permettono di sboccare in via Ascanio Sforza, lungo il
Naviglio Pavese (qui siamo ora in piena
Pòrta Cicca,
ma l'arco della vera Porta Ticinese non è quello attuale, bensì
quello più arretrato sul corso di Porta Ticinese a ridosso della via
Pioppette, dove iniziano le Colonne di San Lorenzo; era la porta più
piccola di Milano e quel
cicca
ci deriva direttamente dal latino "ciccus = un minimo,
piccolissimo".... è anche il lemma per intendere un mozzicone di
sigaretta, una biglia di gioco dei bambini e quel bolo di tabacco,
residuo del sigaro, che usavano masticare gli anziani giocatori di
scopa nelle osterie).
Siccome vi si svolgeva la raccolta di tutti i formaggi destinati al grande mercato di Milano, quei cortili finirono per essere chiamati El borgh di formaggiatt (si contarono talora fino a 200.000 forme di ogni tipo di formaggi!). Altro labirinto di cortili è quello dello Scaldasò (che da via Scaldasole, sede dei primi riscuotitori dei tributi dei cittadini, sboccava in via Arena), un centro di traffici illeciti, di bici rubate, di orologi, argenteria e masserizie; gran parte dei bottini di quel quartiere che si meritò il soprannome di Casba (nome dei vecchi quartieri delle città arabe) finiva poi alla Fera de Sinigallia (una sorta di mercato delle pulci cittadino ora sopravvissuto, ma quasi totalmente mutato nel costume).
Ancora una scintilla ti si accende in mente, quella del ricordo dell'inguent del dodes (unguento del 12), così chiamato perchè prodotto nel cortile del numero 12 di via Borsieri dal mitico suo inventore, quel Pompeo Brunetti che viveva in un antro oscuro chiuso da una tenda di velluto viola e lo rimestava serio serio con un cilindro in testa (il prodotto può essere trovato tuttora presso la Farmacia Castoldi di via Porro Lambertenghi, un vero souvenir nostrano, paragonabile al Balsamo Tigre cinese). La via Borsieri è nel cuore dell'Isola (il malfamato quartiere di una volta circoscrivibile nell'area tra piazzale Archinto, via Farini e piazza di Santa Maria alla Fonte, dove c'era il famoso "Cimitero della Palta", el Foppon de la Mojazza).
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Ricavato da "Milano, il dialetto che sfugge" di Giorgio Caprotti