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LA FINANZIARIA
CHIUDE
LE CIRCOSCRIZIONI. LO SCALPO
DA MOSTRARE ALL’ANTIPOLITICA di Alfio Nicotra
E’ in corso uno svuotamento
delle sedi classiche di partecipazione istituzionale ai vari livelli:in pratica
non esiste più la vita dei consigli comunali, provinciali e regionali, ridotte
a mere comparse dell’attività e dell’attivismo personale del sindaco, del
presidente della provincia, del presidente-governatore delle regioni; e anche il
parlamento nazionale sacrifica la propria dialettica interna alla spietata
‘blindatura’ dei provvedimenti di un governo teso a dimostrare la sua
incisività programmatica e decisionale”. Non si tratta di un pericoloso
bolscevico o di un moderno teorico della democrazia partecipata sorta a Porto
Alegre. Chi scrive queste frasi lapidarie è Giuseppe De Rita, presidente del
Censis. Insomma in Italia stiamo vivendo
uno svuotamento delle istituzioni
democratiche, un sequestro delle decisioni da parte degli esecutivi, che a loro
volta rispondano a potentati e lobby che fanno sentire la propria voce ed
influenza tanto da dettare l’agenda della politica. Questo attacco alla democrazia,
in perfetta linea con i processi di globalizzazione che spostano sempre altrove
i luoghi decisionali, avviene
dall’alto, ma ha bisogno nella società della comunicazione globale , anche di
un sostegno dal basso. Questo altro lato dell’attacco
alla democrazia è stato definito come antipolitica. Si nutre di parole come
sprechi, casta, privilegi,corruzione, impunità e immunità. Non che la politica
sia un luogo per educande e che non siano al contrario necessarie radicali
riforme della stessa che la restituiscano il suo ruolo di servizio nei confronti
dei cittadini e non invece la semplice gestione del potere per il potere. Lo
scarto tra paese reale e paese istituzionale è talmente così vasto che sarebbe
non solo stupido ma profondamente sbagliato non comprendere la necessità di una
brusca svolta. I dubbi vengono invece quando
con il pretesto dei costi della politica si va a tagliare pesantemente su uno
dei pilastri su cui dovrebbe fondarsi la riforma della politica ovvero la
partecipazione. Dai primi di questo mese è
entrata in vigore la norma della finanziaria 2008 che abolisce le circoscrizioni
nelle città sotto i 250 mila abitanti consentendone la sopravvivenza
facoltativa in quelle con più di 100 mila abitanti. Questa sarebbe la
sforbiciata ai costi della politica. In verità con questo atto contabile si è
dato un calcio in bocca al tentativo di democratizzare il decentramento
amministrativo cominciato nel 1975 ( la prima esperienza: i consigli di
quartiere a Firenze). Che le circoscrizioni siano
invecchiate male questo è pur vero, ma al contempo è anche vero che le loro
difficoltà derivano in grande parte proprio da quel sequestro verso l’alto
dei poteri decisionali di cui parla Giuseppe De Rita. Se tutto si concentra
nelle mani dei sindaci allora le circoscrizioni diventano superflue.. Chi scrive ha fatto una
esperienza negli anni ’80 in due circoscrizioni della città di Firenze: una
all’opposizione del pentapartito, l’altra di sostegno esterno critico ad una
maggioranza Pci- Psi. Se i limiti di queste
istituzioni erano evidenti già allora, rivisitare i miei diari personali di
quel periodo mi ha riportato alla mente decine di incontri con gente in carne ed
ossa su fabbriche in crisi,mobilitazioni per i centri di aggregazione giovanile,
consultori da aprire, scuole inadeguate, innumerevoli iniziative per i disabili
e l’infanzia, comitati popolari preoccupati per una speculazione urbanistica,
il traffico, la droga. La circoscrizione era l’interfaccia naturale
di ogni problema che acquisiva la dignità di problema sociale godendo di
un privilegio che in politica è fondamentale : il rapporto
diretto con i cittadini Più avanti
sul finire degli anni ’90 fino allo scorso anno, ho conosciuto il ruolo
delle circoscrizioni in un’altra città toscana, Arezzo, dove ho svolto il
ruolo di consigliere comunale. Per anni nella nostra opposizione al centrodestra
abbiamo denunciato i tagli al bilancio delle circoscrizioni, il tentativo
sistematico di bypassare i loro pareri, lo strangolamento burocratico
dall’alto della loro attività, avendo in questo un sostegno convinto dei
cittadini. In alcune circoscrizioni, nonostante un governo della città
ostile, si tentò anche forme di bilancio partecipato con decine di
assemblee tanto da far diventare alcune esperienze aretine come esperienze
pilote a livello nazionale. Grande è l’amarezza nel registrare che proprio il
governo Prodi di cui fa parte anche il mio partito,
non trovi oggi di meglio che tagliare
definitivamente le gambe a queste sperimentazioni partecipate semplicemente
cancellando dall’alto e di autorità la più che trentennale esperienza delle
circoscrizioni. Fine del decentramento amministrativo. Fine dei costi inutili e
dannosi della partecipazione. E’ lo scalpo che il governo mette in mostra
davanti all’onda demagogica (e diciamola tutta, un po’ fascistoide) che
viene dall’antipolitica. Ma è un disegno che ha altri fini ed obiettivi
ancora più autoritari. Il passo successivo saranno i consigli comunali e
provinciali e leggi elettorali sempre più escludenti. Tagliare, cancellare,
porre fine ad ogni forma di controllo da parte dell’opposizione ridotta si e
no a un diritto di tribuna. E’ l’esaltazione dell’uomo solo al comando.
Una scelta che può farci precipitare indietro nel tempo di quasi un secolo.
Dove antipolitica e antidemocrazia possono di nuovo stringersi la mano. |