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NOTE ALLA DISCOGRAFIA GIAPPONESE: I RED-WAX
1. Gli album giapponesi in vinile rosso.
Tutti gli album originali giapponesi realizzati dalla Odeon Records prima del 1971 (da "The Piper at the Gates of Dawn" a "Meddle") furono stampati in Giappone - oltre che nelle normali edizioni in vinile nero - anche in edizioni limitate in vinile rosso scuro ("low noise")(in alcune occasioni, anche in versione promozionale con etichetta bianca!): alcuni dicono che siano uscite circa 500-600 copie per ogni album stampate in vinile rosso, ma da recenti ricerche è emerso che sicuramente erano molte di più, sicuramente diverse decine di migliaia di copie. E inutile sottolineare che sono tra i pezzi più ambiti tra i collezionisti!
La copertina e la OBI (la famosa fascetta giapponese) sono identiche e sulla OBI non vi è nessuna indicazione sul fatto che, all'interno sia contenuto un disco rosso o nero (anche se, secondo alcuni collezionisti giapponesi, all'epoca i dischi non erano venduti sigillati, per cui, volendo, si poteva facilmente controllare prima dell'acquisto). Poi, la tonalità di rosso del vinile è un rosso scuro, molto vivace alla luce. Queste stampe sono naturalmente molto rare e molto ricercate dai collezionisti, soprattutto le più vecchie, valutabili in media intorno ai $400-500 l'una, tranne il "The Piper at the Gates of Dawn" ed il leggendario "Ummagumma" (valutati il primo circa $8.000, il secondo oltre i $ 5.000), anche se alcuni si possono trovare abbastanza facilmente a cifre minori, come "Atom Heart Mother" e "Meddle". Ma non tutti sanno la vera storia dei vinili rossi. Infatti per lungo tempo è rimasto un mistero il motivo per cui alcune copie venivano stampate in vinile rosso. Molte ipotesi sono state avanzate, alcuni hanno detto che si trattava delle ristampe in tiratura limitata, altri che fossero delle copie promozionali, e tanti altri motivi.
(il marchio "Ever Clean" da un disco dei Beatles del 1965)
Da una accurata ricerca effettuata dall'amico Alessandro, emerge che c'era un motivo esatto, ben definito e ben più semplice, per cui i giapponesi usarono questo tipo di colorazione particolare con alcuni dischi, già dagli anni '60 e sino ai primi anni '70. Non solo Pink Floyd, ma anche altri gruppi famosi, tra i quali spiccano i Beatles, i Grand Funk Railroad ed i Beach Boys. La scelta del colore rosso scuro non fu casuale e basata come può sembrare su motivi commerciali, ma fu dettata da esigenze puramente tecniche. Infatti, a quei tempi il gruppo EMI (e quindi conseguentemente la Toshiba, la Apple e la Odeon) aveva messo a punto un particolare brevetto tecnico, chiamato "EVER CLEAN RECORDS"©, i cui vantaggi non sono stati mai ben chiari, ma verosimilmente si trattava di una speciale pasta di vinile che avrebbe dovuto avere migliori proprietà antistatiche (ovvero, non attrarre la polvere). Pertanto, veniva usato un materiale particolare, che a fine lavorazione dava questa speciale colorazione rosso scuro, diversa dal colore rosso di altri dischi europei o americani. Cioè, era un effetto dovuto alla mescola di questi materiali di magazzino che dava la colorazione rossa e non ad un fatto estetico voluto al fine di rendere il disco più bello o attraente. Del resto, se l'intenzione fosse stata quella di rendere i dischi più "simpatici", oggi troveremmo dischi verdi, gialli e di tutti i colori, e non solo sempre immancabilmente rosso scuro! Questo spiega, per cui, come alcuni pezzi, come "Atom Heart Mother", sono più comuni su vinile rosso che non nero; spiega inoltre l'esistenza esclusiva di vinili solo di colore rosso e mai di altri colori (come sarebbe stato logico trovare, se si fosse trattato di copie promozionali o di edizioni limitate - come i "Wish you were here" tedeschi promozionali recenti).
Per cui, quasi tutti i dischi dei Beatles (anni '60), e di altri gruppi, ma soprattutto i primi dischi dei Pink Floyd (ma già siamo agli anni '70) uscirono, vicino alle normali edizioni in vinile nero, anche in vinile rosso. Da notare che per i Beatles in linea di massima le copie rosse sono più comuni che non quelle nere, ma lo stesso non avviene per i Floyd. L'uso di questo tipo di mescola è comunque definitivamente tramontato nel 1971-1972. Un particolare curioso: i primi dischi in vinile rosso dei Beatles (sino alla fine del 1965) presentavano una etichetta nera della Odeon leggermente differente dalle successive, ovvero, aveva inserita in basso (sotto i titoli) la scritta "LONG PLAYING", e non menzionavano affatto la scritta "EMI". Eccone un esempio, con un paio di etichette di dischi dei Beatles.
Un altro metodo di pulizia dei dischi, in voga tra gli anni '60 e '80 era quello della Emitex, uno speciale panno antistatico creato dalla EMI stessa per i suoi prodotti, pubblicizzato perfino sui dischi (prendiamo come esempio il retro della copertina di "The Piper at the Gates of Dawn").
Ma i dischi stampati in vinile rosso, quel tipo di vinile rosso, furono tanti, di vari gruppi e anche di particolari compilation di brani o versioni promozionali, come possiamo vedere sopra. Si sa che i giapponesi provarono anche almeno un altro tipo di pasta vinilica rossa, un po' più chiara, come testimoniano alcuni dischi dei Beatles. Ma il c.d. "rosso rubino" rimane uno dei più ricercati dischi per un collezionista.
[tra cui: BEATLES, "MEET THE BEATLES" (ODEON" OR-7041) - BEATLES, "HELP" (EMI-ODEON EAS-70134) - BEATLES, "YELLOW SUBMARINE" (EMI-ODEON EAS-70138)].
2. La casa discografica.
Un altro particolare curioso delle edizioni giapponesi, in generale, è quello del nome della casa discografica presente nel retro della copertina del disco. Con il termine "TOSHIBA ONGAKU KOUGYOU" si definisce giusto il nome della casa discografica del disco: "Ongaku" si traduce con "Music" e "Kougyou" con "Industry". Pertanto, tutto può essere tradotto liberamente come "Toshiba EMI" (sappiamo che "EMI" vuol dire "Electronic. Music Industry").
Ognuna delle prime stampe dei Floyd è stata fatta dalla "TOSHIBA ONgaku KOUgyo" (su etichetta Odeon Records). I collezionisti giapponesi abbreviano il nome e lo chiamano generalmente "On-Kou", una specie di abbreviazione per la sigla "T.O.K.", che si può vedere nel retro dei dischi e anche qualche volta sulle OBI: il termine che potete vedere rappresenta 10 piccoli caratteri "kanji" giapponesi, quasi sempre sotto il numero di catalogo, che esattamente possono essere tradotti come "TOSHIBA ONGAKU KOUGYOU KABUSHIRI G (K) AISHA" (dove "Kabushiri Aisha" significa "corporation/company"). Per cui, nel linguaggio collezionistico giapponese, chiamare un disco con questo termine significa che siamo di fronte ad una delle prime stampe giapponesi! Negli anni successivi, il termine "On-Kou" è stato leggermente cambiato, in quanto nel frattempo è cambiata anche la casa discografica. Arriviamo così alla "TOSHIBA EMI", nome che possiamo vedere in tutte le successive stampe dalla metà degli anni '70 e nelle successive ristampe. Finchè negli ultimi anni i Pink Floyd hanno usato etichette della CBS-SONY RECORDS
3. Le edizioni promozionali.
Quasi tutti gli album giapponesi sono stati stampati in anticipo come speciali edizioni promozionali: erano queste delle stampe uguali alle edizioni originali in vinile nero, ma con una particolare etichetta bianca promozionale (sempre Odeon Records o EMI-Toshiba), che riportava quasi sempre anche la scritta promozionale in giapponese, composta da tre ideogrammi dentro un riquadro. Queste copie erano sicuramente fatte uscire per la promozione della vendita dell'edizione originale del disco, anche se in quasi tutti i casi sembra che siano uscite contemporaneamente alle edizioni normali; per tale motivo, sono dei dischi particolarmente ricercati dai collezionisti e non più facile da trovare, anche se vengono 'evitati' dagli audiofili (uno disco promozionale così può essere valutato intorno ai $150). Rari sono anche i casi dei dischi promozionali con etichetta bianca in vinile rosso, che naturalmente raggiungono valutazioni impressionanti. Spesso, a partire dalla seconda metà dagli anni '70, sull'etichetta di queste edizioni promozionali si trovano delle strane indicazioni, tipo "4/23" oppure "8/16". Questo vuol dire che il disco in questione sarebbe stato immesso sul mercato il 23 di Aprile o il 16 agosto e non che si trattava, come qualcuno ha suggerito, della copia numero 4 di un edizione limitata di 23!
Ben più rare delle stampe promozionali sono le versioni "test-pressing", uscite normalmente prima di tutte le altre versioni. Anche il Giappone non ne fece a meno e tra la discografia giapponese possiamo contare alcune stampe test-pressing con etichetta completamente bianca (la più famosa e rara è il "The Piper at the Gates of Dawn" del 1967, ma interessanti sono anche "Atom Heart Mother" e "Animals", uscite con le copertine completamente uguali in ogni loro particolare rispetto alle altre edizioni successive).
Oltre a queste speciali edizioni con la label bianca promozionale, alla fine degli anni '70 e negli anni '80 (in alcuni casi anche prima) in Giappone venivano stampate delle speciali compilation destinate ai disc-jockey, che contenevano brani di vari artisti, tutti appartenenti alla stessa casa discografica. Anche i Pink Floyd compaiono in alcune di queste compilation, come nella famosa "All American Top 100" (CBS-Sony, XAAP-90011). Il fenomeno, comunque, non era isolato al solo Giappone, ma era comune anche negli U.S.A. e in alcuni paesi dell'Europa.
Copyrights & Credits.
Le ricerche sui vinili rossi sono state effettuate da Alessandro Pomponi (marzo 2001) e Stefano Tarquini (maggio 2001-gennaio 2002). Le traduzioni dei caratteri della casa discografica sono a cura di Takao Moriyama (gennaio 2002). Rielaborazione a cura di Tarquini Stefano (gennaio-marzo 2002).
* Parte della presente ricerca è stata approfondita ed inserita nel libro dei Lunatics: "PINK FLOYD. STORIE E SEGRETI" (Giunti Editore, 2012), ISBN-EAN: 9788809773745, con l'autorizzazione dei rispettivi autori. Pertanto, ogni loro uso è strettamente vietato dalla legge. http://www.thelunatics.it/tlhomebook.htm
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