LA VITE

      

La vite è una delle piante alimentari più antiche. La sua coltivazione risale a tempi antichissimi. Gli egiziani, 2500 anni prima di cristo, conoscevano già le varie tecniche di vinificazione. Sulla nostra penisola la coltivazione della vite è documentato intorno al 1000 a.C. L ' Italia era conosciuta con il nome di Enotria, la terra del buon vino. I latini e i romani conobbero la vite e la considerarono quasi una pianta sacra. Con l' epoca moderna la vite riprese ad essere  intensamente coltivata, soprattutto nei paesi mediterranei. Oggi i maggiori produttori di vino sono la Francia, l'Italia,la Spagna e la Grecia. Sino al primo  dopoguerra e precedentemente al graduale  abbandono delle campagne, in Val di Vara i vigneti "fiorivano"numerosi a   contraddistinguere  e significativamente segnare il paesaggio, partendo dalla bassa Val di Vara per giungere sino alla parte medio alta, numerose zone, le zone  adatte alla coltivazione della vite e in grado di produrre ottime qualità di vino. Per immaginarsi la produzione  di vino di un tempo, basta osservare la quantità di tini ancora esistenti nelle vecchie cantine. Il vino costituiva allora, ma anche negli anni '20 e '30 forse l'unica fonte di commercio: un ottimo vino oggi introvabile che veniva pagato pochi centesimi il litro e di cui i vecchi si privavano sostituendolo con la "vinetta" per loro uso e consumo.

La vite abbisogna di continue attenzioni: potature, rinnovo delle impalcature e dei filari, zappatura invernale e coltura estiva per dissecare le erbe, 3-4 "mani" di zolfo spuntature e, nelle cattive stagioni, persino otto - dieci  "mani" di verderame, tutto questo prima di poter raggiungere la vendemmia, ogni anno;  e poi, mettere in bagno le botti, passare alla spremitura, alla svinatura, ad imbottare, tramutare il vino per la conservazione. Prima della moria della vite causata dalla filossera, malattia che intacca le radici della pianta causandone l'essiccazione, era piuttosto facile formare una nuova e giovane pianta di vite in grado, nel volgere di pochissimi anni, di produrre. Il sistema maggiormente in uso era quello delle cavaie: i lunghi tralci non potati della pianta,le "puasse" venivano piegati e sotterrati in un fosso, precedentemente preparato sulla linea del filare onde era venuta a mancare qualche pianta, lasciando fuoriuscire a regolare distanza le "puasse" con le gemme. In  primavera le gemme " buttavano" rigogliose nella nuova posizione; alimentate dalle radici della vecchia pianta che, sottoterra, diveniva essa stessa radice formandone, così, ulteriormente di nuove. Il sacrificio del continuo rinnovo del vigneto, con il mantenimento del patrimonio tramite lo sviluppo di nuove cavaie, veniva rimborsato ai mezzadri lasciando loro lo strizzo(torchiatura). Per costruire invece un nuovo vigneto, durante la potatura autunnale, si formavano i maggio ( tralci di vite adulta della lunghezza di 60-80cm) ; i "maggiò" nel terreno umido poiché in primavera, cominciassero il loro naturale sviluppo.

In questo modo il "sugo" domestico della pianta garantiva rapidamente un ottimo prodotto. Ci furono però dei problemi. Innanzi tutto il primo problema inevitabile dell'innesto che rappresenta un evidente ritardo nella produzione; in secondo luogo, restando in circolo nel vitigno selvatico e perciò particolarmente sgradevole, ciò importa che un vigneto, interamente ad innesto, posso cominciare a produrre un buon vino , solamente dopo parecchi anni. Un terzo inconveniente del vitigno selvatico è quello relativo al fatto che la mano di radici , maggiormente superficiali da esso create , espone la pianta a patire più facilmente la siccità estiva, mentre, al contrario, predispone il frutto a soffrire altre malattie in presenza di una stagione eccessivamente piovosa. Le cose migliorarono soltanto dopo qualche anno di adattamento della pianta all'ambiente. Oggi poi, anche nei pochi vigneti, superstiti, si sono sostituite alle antiche qualità di uve, frutto e conseguenza di secolari selezioni , uve d'importazioni, non di rado ordinarie e che comunque mal si adattano al clima. La Val di Vara possiede un clima temperato con estati brevi, il che abbisogna dell'utilizzo di uve che precocemente giungano dalla germogliazione alla maturazione.