La fida pascolo
 
 

 

Alcune frazioni mantengono ancora oggi nel proprio territorio comune l'antica consuetudine della tassa per il pascolo del bestiame, anticamente definita 'fida pascolo', finalizzandola però al recupero di fondi da riutilizzare a vantaggio della frazione stessa.

Secondo questa antica consuetudine di origine medievale all'Università competeva il dominio diretto sui demani e ai cittadini il dominio utile gli usi civici su di essi, e fu particolarmente forte nel Mezzogiorno d'Italia, tanto da radicare il cosiddetto "jus receptum ", ossia il diritto da parte di un proprietario, di ospitare forestieri nel proprio territorio. Si trattava di una licenza che il Comune ospitante concedeva sui propri demani e la sua efficacia era subordinata all'effettivo dominio che il Comune esplicava su quei territori. Questa licenza prendeva il nome di "fida" o "jus di fidare" cioè di concedere l'uso di un territorio da parte di un legittimo proprietario a coloro che non avevano alcun diritto su di esso. Sin dall'epoca della confinazíone dei monti e del piano l'Università di Leonessa impose sempre la tassa di fida a tutti coloro che intendevano portare il proprio bestiame al pascolo sulle montagne chiamate per questo luoghi affidati ,ma da essa furono esenti i cittadini, che come tali avevano il diritto di usarne liberamente.

L'esazione della tassa di fida veniva spesso ceduta in appalto ai sestieri i quali ne riportavano i risultati sui libri dei conti compilati dai Camerlenghi e sui "Capitula fídarum". Dall'analisi di questi documenti, in gran parte trascritti dal Ciucci, De Rensis poté verificare che la tassa veniva imposta prevalentemente sugli animali forestieri, non di rado provenienti dall'Agro Romano durante la stagione calda, sebbene ad essa fosse soggetto anche il bestiame dei sestíeri ai quali tuttavia l'Università concedeva di mantenere il reddito ottenuto dalla vendita delle erbe estive. Se la motivazione di base della fida pascolo fu l'esigenza del Comune di raccogliere mezzi finanziari per coprire le spese pubbliche, gli eventi che seguirono ne mutarono totalmente la natura.

Infatti, in seguito al varo di alcune leggi sui demani le leggi eversive della feudalità, quelle per la divisione dei demani, e la legge sull'amministrazione civile del 1816 ,la fida, intesa in origine come licenza di entrata da parte del bestiame forestiero nel territorio di Leonessa, divenne la tassa generale da pagare per l'uso civico di pascolo, imposta non come collo ai forestieri, ma a tutti coloro ,cittadini compresi ,che entravano nel demanio del Comune e fu quindi applicata su tutte le specie di animali, compresi i buoi aratori. In tal modo le terre demaniali furono destinate al solo uso civico di pascolo senza possibilità di deroga mediante la vendita delle erbe estive, su di esse il Comune avrebbe avuto esclusiva giurisdizione.

Anche la tassa del "danno dato" cui in origine furono soggetti i Sesti. cambiò la sua natura per trasformarsi in provento dei pascolí esuberanti che, sommato a quello derivante dalla fida, costituì la base finanziaria per il pagamento dell'erario statale. La causa dell'estensione della tassa anche ai cittadini è da ricercarsi nella condizione di deficit finanziario in cui il Comune di Leonessa venne a trovarsi nei primi anni del 1800; l'introito garantito dalla fida, unito a quello derivante dalla tassa sul macinato avrebbe, se non risanato, per lo meno contribuito ad attenuare gli effetti negativi della crisi economica. Pertanto, in seguito alla legge del 1806 e agli eventi successivi la fida divenne il corrispettivo dell'uso civico di erbatico, mentre il Comune assorbì sotto la propria giurisdizione tutti quei beni demaniali che fino ad allora erano stati gestiti dalle frazioni non legalmente separate dal suo territorio. Già nei primi anni Cinquanta, con l'ottenuta amministrazione separata dei propri territori da parte delle sei frazioni interessate, la fida pascolo subì un ulteriore sostanziale trasformazione delle sue funzioni; essa divenne una sorta di 'autotassazione' ad esclusivo beneficio degli utilisti delle frazioni amministrate dalle Università Agrarie i quali versano ancora oggi un contributo che va nelle casse dell'Amministrazione.