La
notte italiana tra martedì 11 settembre e
mercoledì 12 e' stata più silenziosa delle
altre: pochissimo traffico nelle strade,
inesistente il brusio dei bar. Scomparso anche
il tum tum che esce ovattato ma ben percepibile
dagli abitacoli di alcune auto dove il volume
dello stereo e' inversamente proporzionale
all'età del guidatore. L'unico suono era il
ronzio di migliaia di televisori abbinato ai
riflessi dei tubi catodici. Le città erano mute
davanti alla "diretta" da Manhattan,
avvolte in un'atmosfera surreale, rintracciabile
soltanto nelle storiche sconfitte ai rigori
della nazionale di calcio.In quel caso la
reazione era da choc da granata: una gioia
pronta a esplodere che si spegne in smarrimento.
Nella tragedia americana minuto per minuto, e'
scattato invece qualcosa di simile a uno
stordimento, a una caduta collettiva in stato di
trance.La grandiosa, terrificante e reiterata
sequenza delle Twin Towers centrate dai Boeing
kamikaze, quel fiore di fuoco che sboccia oltre
il cinquantesimo piano, il successivo fumo con
le persone aggrappate sui cornicioni, infine il
crollo in una nube di polvere che si gonfia come
un fungo atomico, e' purtroppo un film perfetto
e, bisogna aver il coraggio di dirlo, troppo
spettacolare per destare "orrore",
"raccapriccio" "angoscia". A
pensarci bene questi sentimenti scattano davanti
alla tivù, in scene più famigliari e senza
effetti speciali: Alfredino imprigionato nel
pozzo, il cormorano inghiottito dalla macchia di
petrolio, Ayrton Senna che si schianta a 300
all'ora contro un muretto di recinzione e quel
casco reclinato, subito dopo. Le emozioni
tradizionali si manifestano se c'e' un nome, un
volto, una figura famigliare, un odore, un grido,
a dargli appunto una "forma umana". E
dunque il momento dell'angoscia, del
raccapriccio e della pietà sta arrivando adesso
con i trilli dei cellulari dei sepolti vivi; adesso che si cominciano a estrarre i
corpi dalle macerie del World Trade Center,
quando piccoli particolari racconteranno storie
di singole vite interrotte dallo schianto
maledetto, dall'incendio o dal crollo, come gli
abitanti di Pompei.Ma allora cosa ci ha
inchiodato per lunghe ore davanti alla tivù, a
parte ovviamente il desiderio di avere quante più
notizie possibile? L'agghiacciante perfezione di
questa catastrofe, anzi di questo crimine,
l'incredulità di fronte al terribile spettacolo
della morte in mondovisione. Si dice che
talvolta le persone che muoiono d'improvviso
conservano sul volto un'espressione né di
dolore né di paura, ma di sorpresa. Forse
quella stessa sorpresa si e' stampata
sulle nostre facce, quando insieme ai
disgraziati passeggeri dell'aeroplano, insieme
alle migliaia di ignari newyorchesi al lavoro
nelle torri gemelle, per pochi istanti, siamo
morti anche noi.
Alex & Luca Goldoni
QUANDO
LA STORIA SI PRESENTA COME UN FILM
Articolo
di Alessando Baricco - la Repubblica, 12/09/01
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