il primo amore
Il Vescovo Albino Luciani
Il primo amore non si scorda mai
«Avevo poca voglia di andare via da Vittorio Veneto»
(annotazioni di Giuseppe Migotto)
«Ringrazio il Parroco, ed anche voi, per gli auguri. Avevo poca voglia di andare via da Vittorio Veneto. Ho detto, non al Papa che non ho ancora visto, ma a quelli che mi hanno comunicato la nomina a Patriarca di Venezia: ‘Mandate qualcun altro’. Ma devo ubbidire anch’io».
Queste parole, pronunciate con voce flebile da mons. Albino Luciani nella chiesa della mia parrocchia di nascita, Lutrano, mi risuonano ancora nella memoria. Le ho riascoltate giorni fa nel sito ‘www.papaluciani.com’ che presenta una galleria fotografica ed alcuni brani dal vivo dell’episcopato vittoriose presi a prestito da un’audiocassetta che avevo realizzato nel 1985 per «l’Azione», in occasione della visita di Giovanni Paolo II alla terra di San Tiziano.
Prima di lasciare Vittorio Veneto, mons. Luciani aveva sentito il bisogno di rivolgere alla Diocesi un ultimo saluto:
«Rivedo con il pensiero le parrocchie, gli istituti, le case private in cui sono stato per il mio servizio pastorale e m’invade un senso che è insieme di nostalgia, di rimpianto, di desiderio. Nostalgia di voi, del seminario, dei sacerdoti numerosi e preparati, dei bei paesi, situati parte sui monti, parte sulle colline, e parte in pianura, delle belle chiese, delle fiorenti tradizioni cristiane. Rimpianto per quello che non sono stato capace di fare. C’era da attuare con prudenza ed energia il Concilio prima in me, poi nei sacerdoti, poi nel popolo e nelle istituzioni. La buona volontà, lo sforzo da parte mia c’è stato, ma ne sono venuti solo degli schizzi, degli abbozzi ed anche questi non sempre soddisfacenti. Quanto resta ancora da fare! Quante cose vanno ritoccate e migliorate!»
Monsignor Luciani aveva partecipato attivamente al Concilio Vaticano II, approfondendo i temi della pastorale familiare. Durante le visite alle parrocchie ne parlava con entusiasmo, dimostrando grande apertura sui temi morali allora dibattuti in materia di ‘regolazione’ delle nascite ma non solo. In un documento sonoro dell’audiocassetta, esaurita da tempo, egli riconosceva le difficoltà: «La vita matrimoniale è bella da una parte. Non è senza spine e preoccupazioni dall’altra. Il Vescovo farebbe male se non dicesse che ci sono parecchie difficoltà. Io non mi sono mai sposato, naturalmente, ma ho fratelli sposati, ho sorelle sposate e vengono ad aprire l’animo. Pur essendo tanta brava gente, pur volendosi bene, quante difficoltà, quante difficoltà! E’ per questo che il Signore ha preso il patto matrimoniale e ne ha fatto un sacramento. Gli sposi – dice – sono gente che ha tanto bisogno della mia grazia, una grazia speciale, preparata proprio per loro affinché sia più lieve il loro cammino».
All’uscita, nel ’68, dell’Enciclica ‘Humanae Vitae’ di Paolo VI che ribadiva, con una certa durezza, il pensiero della Chiesa in tema di maternità e di paternità responsabile, si era subito riallineato – ci si passi il termine – sulle posizioni della Santa Sede, con umiltà e coraggio, invitando gli sposi a sforzarsi di vivere con saggezza, giustizia e pietà nel tempo presente, e i sacerdoti ad usare la pazienza e la bontà di cui il Signore stesso ha dato l’esempio nel trattare con gli uomini.
Albino Luciani viene presentato troppo facilmente come il ‘Papa del sorriso’, per quel fare dimesso, quasi da parroco di campagna che ha inaugurato, alla cattedra di Pietro, uno stile nuovo. Tutti hanno ancora in mente il racconto del 27 agosto 1978 quando dal balcone di Piazza San Pietro raccontò: «Ieri mattina, sono andato tranquillamente alla Sistina a votare. Mai avrei immaginato quello che stava per succedermi…».
«Papa del sorriso, sì», puntualizzava don Francesco Taffarel, che gli è stato segretario a Vittorio Veneto negli ultimi anni. «Ma quando doveva dire le cose, lo faceva con chiarezza e decisione, al di là del tono della voce».
Dopo quel commiato accorato, nella chiesa di Lutrano, avrei rivisto Albino Luciani nel settembre del 1972 in piazza San Marco a Venezia, quando Paolo VI gli mise sulle spalle la stola rossa, anticipando così la sua nomina a cardinale e facendolo ‘diventare tutto rosso davanti a migliaia di persone’, come ebbe a ricordare durante il primo ‘Angelus’ da Papa.
Infine, l’emozione nel vederlo nella sala Clementina la domenica del 3 settembre 1978, prima della cerimonia d’inizio solenne di uno dei più brevi pontificati della storia della Chiesa. Di fronte a cinquecento persone venute dai paesi tra Piave e Livenza confidò «Non che io non abbia amato Venezia, ma Vittorio Veneto… Sapete come si dice: ‘Il primo amore non si scorda mai’».
«Che sarebbe divenuto Papa il patriarca di Venezia, tutti qui l’avevano previsto», aveva assicurato nell’indirizzo di saluto mons. Mario Ghizzo, vicario generale della diocesi, recentemente scomparso. Ed il nuovo Pontefice, di rimando: «Di questi Vittoriosi avevo avuto modo in tanti anni di apprezzare tante belle qualità, ma mi era sfuggito che fossero anche di spirito profetico dotati».