1966 la grande alluvione

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Albino Luciani

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In occasione della grande alluvione del 4 novembre 1966, il 

vescovo Albino Luciani si recò sui luoghi del disastro. Al termine 

della visita lanciò un appello alla Diocesi a favore delle 

popolazioni colpite, soprattutto di Motta di Livenza, di 

Gorgo al Monticano e di Portobuffolè.

 

 

UNA PAROLA DI SPERANZA 

 

E DI FIDUCIA

 

 

 

Miei cari diocesani,

                            siamo ancora sotto l'impressione e il peso della sciagura, che, insieme a tanti fratelli italiani, nella nostra diocesi, ha colpito ben 2.822 famiglie (14 mila persone) di cui 577 hanno perso quasi tutto.

Anche da noi parecchi non sono potuti rientrare nelle case tuttora allagate o in pericolo. Chi è rientrato, ha trovato vuoti e cambiamenti dolorosi. Tutti poi stanno ponendosi una domanda inquietante: "E dopo?".

Questa domanda rende esitanti: chi a riabitare la casa tuttora umida; chi a riaprire il negozio o l'officina; chi a riprendere l'attività interrotta.

Il vescovo, purtroppo, non ha una risposta sicura e perentoria da dare. Se una parola, però, deve essere detta, è quella della speranza e della fiducia.

Fiducia in Dio, anzitutto.

Nei passati giorni, a contatto con situazioni delicate e gravi, più volte sono rimasto edificato per la fortezza cristiana dimostrata dai disastrati. "Il Signore ha permesso questi brutti momenti - diceva una madre di famiglia - ci aiuterà a viverne di migliori!". ""Tenterò di ricominciare, partirò quasi da zero - mi diceva un uomo della piccola industria, già danneggiato dall'acqua di un anno fa - possibile che vada sempre male?". La grandezza e la subitaneità della disgrazia, i disagi prolungati, la tensione hanno strappato anche qualche frase amara. E' più che comprensibile; ma è stato di pochi e per pochi momenti; è prevalsa una generale ed esemplare fortezza d'animo. Anche adesso, come sempre, è vero che, quando vengono i guai, "la fiducia in Dio li raddolcisce". Senza contare che "li rende utili per una vita migliore" (Manzoni).

Fiducia anche negli uomini. Non esiste al mondo e non esisterà mai alcun superiore, grande o piccolo, anche preparatissimo e impegnato in sommo grado di spirito di servizio, che possa tutto vedere, tutto prevedere e a tutto provvedere! Quindi la critica costruttiva, i suggerimenti, le proposte saranno sempre utili e stimolanti, da qualunque parte vengano. Utile, però, nei momenti difficili, è soprattutto conservare la concordia, non seminare divisioni e odi, dare incoraggiamento e appoggio a chi si trova a dovere affrontare compiti durissimi per il bene di tutti.

Utile anche e doveroso, mettere i risalto il bene, la parte positiva, il fatto che c'è stato e c'è sincero e largo sforzo di aiutare, e di aiutare al più presto.

Mi è di grande conforto il potere attestare che di bontà ne ho vista molta in questa triste circostanza.

Ho visto soldati, carabinieri e vigili del fuoco esposti per ore e ore nell'acqua, al freddo, diretti da ufficiali altrettanto generosi, dimentichi di sé e tutti protesi a salvare vite, a portare viveri, a studiare ed effettuare collegamenti. Tra essi ci sono stati episodi di autentico eroismo.

Potrei fare il nome di parecchi sindaci, che per parecchie notti non hanno toccato il letto; sempre fuori a vigilare, a provvedere, a rimediare, dividendo coi loro amministrati ansie e fatiche. Sono stato felice di mettere a loro disposizione il poco che era di mia competenza e ho visto volentieri seminaristi, scouts, giovani e signorine di Azione Cattolica lavorare sotto le loro direttive a pulire case e strade.

In Prefettura di Treviso ho sentito il Presidente Saragat elogiare l'opera di sacerdoti e parroci; "veri pastori" li ha chiamati. Sì, veri pastori; oltre che sostenere moralmente i loro fedeli, hanno fatto spesso da facchini, bagnati e inzaccherati fino al viso, da infermieri, hanno trovato alloggi, sono stati a fianco delle autorità civili.

Non potrò dimenticare queste giornate così tristi,ma non dimenticherò neppure la luce di carità che le ha illuminate: la preoccupaszione paternamente ansiosa del Papa, che ci è stato vicino col Suo Delegato mons. Pangrazio, con il premuroso telegramma, con i ripetuti aiuti inviati per mezzo della POA; la presenza tra i sinistrati del Presidente Saragat, umano, semplice e cordiale; la venuta a Portobuffolè e Oderzo dell'on. Moro, Presidente del Consiglio, pervaso da una visibile commozione fraterna; l'interesse fattivo di ministri e parlamentari; la generosità dei fedeli, che hanno sofferto insieme e dato generosamente.

Da Conegliano m'è pervenuto un vaglia di 100.000 lire. L'oblatore, anonimo, scriveva: "Ho letto il Suo appello, poi ho voluto andare sul posto; quel che ho visto è più terribile di quel che ho letto!"

Un parroco di Fossano è venuto dal Piemonte con un camion di indumenti e viveri e quasi mezzo milione di lire. E' il soccorso raccolto dalla mia popolazione - m'ha detto; ho chiesto di poter portare tutto qui, perché qui ho fatto la prima guerra!".

Mons. Carraro di Verona m'ha telefonato più volte chiedendo di che cosa soprattutto abbisognassero gli sfollati e, memore della Sua anticadiocesi, ha inviato ben sei camions carichi di generi alimentari e di oggetti i più svariati, che sono stati una provvidenza nei primi momenti.

Chiudo questa lettera, ringraziando i fedeli che hanno dato aiuto e chiedendo agli infortunati di difendere il proprio coraggio ad ogni costo, sicuro che le competenti autorità faranno tutto il possibile per illustrare di sicurezza l'avvenir di popolazioni così provate.

Vittorio Veneto, 21 novembre 1966

+ Albino, Vescovo