Come Re Mida (3/7/2008)
In questi giorni di pesanti disservizi ferroviari viene spontaneo
chiedersi come sia possibile, per una grande società come le Ferrovie dello Stato,
provocare continui disastri. Ci devessere qualcosa di strutturale che non funziona.
Non intendiamo addentrarci nei complicati meccanismi che regolano il traffico ferroviario,
ci limitiamo ad analizzare qualche piccolo esempio per dimostrare che, come re Mida
trasformava in oro tutto ciò che toccava, così le ferrovie di oggi riescono a peggiorare
tutto ciò che di buono era stato fatto in passato.
Iniziamo con la trasformazione dei treni interregionali in intercity e relativa
separazione dei biglietti, nel tentativo di spremere più quattrini ai viaggiatori. Ben
presto, però, tutti si sono resi conto che la dicitura Intercity non era più
indice di treno veloce e di qualità, ma era diventata sinonimo di forti ritardi, continue
soppressioni e tanta sporcizia. Così alcuni intercity sono tornati a viaggiare vuoti e,
non più remunerativi, sono stati cancellati. Il risultato netto è la perdita di un
servizio che prima era svolto con più efficienza, regolarità e minori costi.
Nel 1980 le carrozze dei treni interregionali (allepoca si
chiamavano diretti) offrivano un buon comfort di viaggio, con ampi spazi per
viaggiatori e bagagli, e sedili che consentivano un adeguato relax. Sono durate
trentanni e ancor oggi, sebbene malconce, svolgono il proprio compito. Anni 2000, i
nuovi treni si chiamano Vivalto e Minuetto, gli spazi sono dimezzati, seppur nuovi sono
spesso guasti e cento anni di esperienza e progettazione ferroviaria sono finiti nel
cestino. Persino cose banali come la scritta 1a o 2a classe, da sempre ben visibile nella
parte alta delle carrozze, con i successivi restyling e i nuovi progetti è stata
rimpicciolita e abbassata, tanto che ora se il marciapiede è affollato non si riesce a
leggere e non si sa dove salire.
Stessa cosa è avvenuta per le scale di accesso al sottopasso. A Piacenza, quelle
progettate un secolo fa hanno sottili ringhiere in metallo che lasciano ampio spazio al
flusso di viaggiatori. Quelle nuove hanno invece pareti di 40 cm in cemento armato,
neanche fosse un bunker antiatomico. Chissà quanto sono costate, e consentono il
passaggio di due sole persone alla volta. Sarebbe bastato copiare il lavoro dei nostri
nonni per fare meglio e spendere meno.
Vicino alle scale troviamo gli ascensori. Dieci anni per costruirli e, una volta ultimati,
di fianco alle porte compare lambigua scritta: Pericolo, accesso vietato alle
persone estranee al servizio. Molti viaggiatori, soprattutto anziani, credono si
tratti di ascensori di servizio e dopo aver letto la frase tornano alle scale. Guardando
meglio, però, si legge in piccolo la dicitura: Macchinario di ascensore. La
scritta dunque si riferisce ad altro, ma nessuno lo capisce. Quanto sarebbe costato
metterla più lontana dalle porte e renderla più comprensibile ai viaggiatori?
Per aumentare gli introiti molte stazioni non hanno più la sala daspetto,
sostituita da più redditizi negozi che però spesso chiudono i battenti lasciando ampi
spazi inutilizzati, ma i viaggiatori, intanto, aspettano il loro treno in piedi.
I manager FS sostengono invece che il servizio sta migliorando e che
anche i viaggiatori se ne stanno accorgendo. Vi rendete conto? Ora si mettono
pure a fare le nostre veci. Dicono di non voler ridurre i tempi di percorrenza dei treni
perché questo cambierebbe troppo le nostre abitudini. Quindi farci partire
prima e arrivare dopo è una forma di gentilezza nei nostri confronti. Chissà perché lo
stesso amorevole pensiero non lhanno avuto quando hanno allungato le
percorrenze
Non stupirebbe che tra un po noi pendolari scoprissimo, per bocca
loro, di essere pure favorevoli allaumento del costo dei biglietti.
Nel frattempo ci subissano di inutili grafici, di poco credibili statistiche e di
propagande mediatiche per illuderci che il loro servizio è di qualità. Non ascoltano le
richieste, ma studiano attentamente i vocaboli da usare negli annunci, ora non si dice
più treno soppresso ma treno non effettuato. Ci sono poi le mille
ingegnose scuse per legittimare i disservizi. Si va dal troppo caldo che fa male ai
binari, ai topi che rosicchiano i cavi sulla linea o alla troppo lenta salita in carrozza
dei pendolari; certo che se metà delle carrozze non fosse chiusa saremmo più veloci a
salire.
È triste pensare che vi siano manager o consulenti lautamente pagati per inventarsi queste fantasie e poter così giustificare lurgenza di nuovi investimenti, quelli sì reali, che tutti noi contribuenti e viaggiatori paghiamo per migliorare il servizio. La strada imboccata da queste ambiziose ferrovie sembra proprio senza ritorno, agganciata a unimmagine in cui solo loro credono, sempre più distante dalla realtà e scollegata dalle reali esigenze di un servizio pubblico efficiente.