LETTERA "S" (AGGIORNATA AL 09/08/04)

DIZIONARIO

- Sabbatinu: nato di sabato, molto fortunato. Si diceva anche per i figli adottivi, non volendo usare il termine, piuttosto spregiativo, di "pruiettu".                                                 

- Sacchittinu: a) taschino, tasca esterna alta (a sinistra) della giacca. Si diceva anche sacchittedda. b) sacchetto con confetti e bigliettino... che ricorda un matrimonio. Dal francese sacòche, a sua volta dal latino sacocula: tasca del vestito.

- Saccu: sacco, di solito, di tela di juta... di circa 60 cm di diametro per circa 120 d'altezza. Con questo nome s'indica, spesso, la parte ciecale dell'intestino di maiali, vaccine, ovini etc, ma spesso anche indica la sacca uterina. Dal latino saccus. sacco.

- Na nuci intra a nu saccu no scrusci: una noce dentro un sacco non fa rumore...con tutti i significati, ironico, satirico, morale, figurato.

- Saccu paratu: parola data; contratto agricolo completo e definitivo; secondo questo contratto il colono mette lavoro e sementi e da al padrone metà del raccolto.

- Saccuddu: sacchetto di vario materiale, di diverse dimensioni. Oggi, più comunemente il sacchetto di plastica dei supermercati.

- Saccudduzzu: sacchettino, piccola busta,... anche di carta.

- Saccurafa: (dal greco saccoràfa, composto da sakkos, sacco+rafìs, ago) ago lungo per materassi.

- Saccurri: (probabilmente meglio s'accorri) se capita, casomai, se è necessario, all'occorrenza.

- Saddizzu: salsiccia (di maiale).Vari pezzi di carne di maiale: tagliuzzata, indi tritata (laccijata), con una scure, salata ed insaccata a mano (premendola con il pollice in un piccolo imbuto, a collo largo), nelle budella di maiale; - intestino tenue - insaporita con semini di finocchio selvatico, peperoncino... e, un po' di vino rosso. Lasciate seccare per qualche giorno appese al fumo di rametti verdi d'arancio e/o limone, quindi in un locale ben ventilato per un buon mesetto......(le salsicce), costituivano il companatico invernale. Oggi si usa cucinarle ancora fresche, in vari modi...o, congelarle...per le occasioni. Dal latino salsicìa, formato dalla matrice sal, sale, saporito e da insicìa (il verbo insecare tagliare), carne tagliuzzata; poi dal francese saucisse o dal portoghese salchichia  e dal catalano salsitja....ma tutto dal ..padre latino!

- Saddizzuni: salsiccia molto lunga. Si dice di persona molto alta e, piuttosto, delicata di fisico... e di capacità.

- Ndavi cchiù jorna ca' ruppa i saddizzu!: Un modo di dire per significare che c'è speranza ....tanta speranza; ma vuole anche dire che la speranza è vana ed inutile l'attesa. Più lunga è l'attesa, meglio riusciranno gli affari.

- 'Ttaccatu chi ruppa i saddizzu:  legato con le salsicce: stupidotto, ingenuone, ma non maligno.

(*) I modi di dire nascono dal fatto che, normalmente, le salsicce non vengono legate a nodini, almeno, quelli fatti in casa e per gli usi domestici.

- Saggia sibbilia: una tradizione popolare la indica come suocera di S.Pietro, la quale, pare ne avesse di peccatucci ed era finita all'inferno; il Maestro, però ha deciso di salvarla, per ...fare un favore a Pietro. E la salva "prendendola per mano" e tirandola verso il Paradiso (così il Vangelo della V Domenica del tempo ordinario), ma moltissime altre "animelle condannate" tentano di aggrapparsi alle sue abbondanti gonne....Lei, altera suocera di Pietro, con superbia batte gli indumenti per far cadere le altre. Quando si dice solidarietà e gratitudine......!

Quest'episodio ha dato origine ad un modo di dire analogo rivolto proprio a chi non solo non manifesta gratitudine con solidarietà per gli altri...ma del tutto assume atteggiamenti superbi.

- A saggia: si indicava, in tempi molto antichi: l'ostetrica che, certamente a quei tempi non seguiva particolari studi....diventava pratica! Questa denominazione potrebbe esser residuo di un modo francese; infatti in quel linguaggio l'ostetrica si chiama:  sage femme.

- Sàia: canale artificiale per lo scorrimento delle acque irrigue. Era detto così anche il getto d'acqua all'uscita - fine  dell'utilizzo - dell'acqua della turbina del mulino

- Sagnia:  salasso- Vedi sagniari.

- Sagnari: ( si dice anche sagnjiari) produrre un piccolo taglio in una venuzza per far fuoriuscire del sangue; era un rimedio molto usato soprattutto nei confronti di persone ipertese; salassare. Dal latino  sanguis  o  sanguen, sangue.

- Sagnari: (u sagnaru: è stato iniziato) era l'iniziazione degli adepti dell’onorata società, un taglio, talvolta di una certa importanza che veniva prodotto al giovane picciottu il quale se lo pavoneggiava facendo notare il coraggio necessario per ...lasciarsi tagliare; naturalmente il "taglio" lo effettuava un "esperto" anziano che non di rado veniva apposta da paesi vicini... essendo specialista. 

- Saimi: sugna, strutto (di maiale). Dal latino sagimen: ciò che serve ad ingrassare.

- Si fannu a saimi (a nsugna) far la cresta alla spesa p. es.; esigere una qualcosa per sé, su un'operazione; chiedere, pretendere, qualcosa in più.... Veniva usata: a) come condimento e nella pasticceria casalinga. b) per preparazioni medicamentose - b1) mescolata con zolfo e qualche altra cosa....come rimedio contro la "scabbia" (in dialetto rrugna), b2) mescolata a cenere o fuliggine bruciata come emostatico. c) per ingrassare...ingranaggi e/o oliare strumenti ed arnesi. 

- Saladda: coperta molto grossolana. Per gli usi agricoli: raccolta delle olive, di ghiande, si tagliavano i sacchi di juta nel senso della lunghezza e poi si univano in un grande, grandissimo telo, tale da coprire la superficie terrena del volume occupato dalla chioma di un grosso albero. Il telo veniva steso per terra e questi frutti venivano rrimazzati, abbacchiati. Vedi rrimazzari. Di origine araba.

- Salamallicchi:(dall'arabo salam aleik, saluto a te) cerimonie esagerate; lusinghe; ipocriti atteggiamenti di sottomissione.

- Salassu: salasso In effetti se il salasso veniva praticato alle persone si usava questo termine, se, invece, si praticava agli animali si diceva sagnari (vedi).

- Saliprisa: pancetta o parti grasse del maiale messe in salamoia ed usate come ottimo companatico invernale. In generale per indicar qualsiasi companatico invernale.

 - Sampaularu: una persona di coraggio che, a quanto sembra, se l'intendeva con le serpi ed i serpentelli: forse parlava, o, li addomesticava; comunque riusciva a tenerle presso di sé senza alcun timore né pericolo, anzi spesso le esibiva .

- Sanfasò: (oppure sinfasò, alla sanfasò, alla sinfasò,  alla sinfalasò) a casaccio, senza alcun ordine o maniera o foggia. Potrebbe essere il resto di un francese parlato: sans facon, (la c con la cediglia) senza ordine, senza alcuna disciplina.

- San Paulu!: (Il Santo ci scusi!, non è per Lui), Era un grido di paura ed una ricerca di aiuto! Non esistevano dalle nostre parti serpentelli velenosi....tipo vipera... La comune biscia faceva soltanto un po' di paura  e forse "schifo" perché era viscida, ma non era assolutamente pericolosa...la gente però appena l'avvistava o ne sospettava la presenza gridava San Paulu! ... San Paulu!  perché parrebbe che proprio, San Paolo potesse proteggere, sia pur soltanto dal...veder l'animale. E c'era, naturalmente anche una specie di cantilena che da ragazzini ripetevamo: "San Paulu bbinidittu, ndi  la mani ti tegnu scrittu, la me' mani e di Ggesù, undi vaju eu non viniri tu" ed era sufficiente per dare un po' di coraggio o comunque di "buona volontà".

Nasce dalle Sacre Scritture: S.Paolo, di passaggio da Malta, sarebbe stato morso da una vipera, ma il veleno non è stato efficace; di fatti scuotendo il braccio la fece cadere nel fuoco. Il Santo, poi, secondo la leggenda, avrebbe concesso ai suoi ospiti la facoltà di farsi chiamare a casa i San Paulu  e di vendere rimedi contro il morso dei serpenti velenosi.

- Sangazzuca: sanguisuga: verme che vive nelle acque stagnanti e nella fanghiglia, ma anche il terreno melmoso. Di persona: usuraio, insopportabile, assolutamente poco gradita. 

- Sagnìa: (leggasi sagna) salasso.

- Sagnìari: (leggasi sagnari) salassare; operare un taglio in una certa parte del corpo per far fuoriuscire del sangue...abbassando la pressione. Potrebbe derivar dal latino sanguinare.

- A bbutti sagnìa: la botte del vino ha delle piccolissime, ma preoccupanti perdite.    

- Sangu: sangue, quello che scorre nelle vene, il sangue, la parentela, il parentado. Dal latino vedi sagnari.

- U sangu è com'all'ogghiu: il sangue è come l'olio; si ha l'impressione d'averne perduto tanto e, invece si è solo allargato troppo, esattamente come una macchia d'olio.

- U me' sangu non mmi tradisci: i miei fratelli (sorelle), parenti, mi son fedeli, non mi tradiscono.

- Ndaju sangu scianiatu mundu mundu!: ho tanti di quei parenti, nelle varie parti del mondo!

- Ti fici sangu?: a) ti ha colpito, ti ha ferito?; b) quella piccola ferita... sanguina?

- Si tti toccu ti fazzu sangu: se ti tocco appena ti faccio male.

- Sanguetta: (plur. sanguetti) sanguisuga, mignatta. Verme degli anellidi che vive nelle acque stagnanti e può resistere anche qualche mese senza nutrirsi. Venivano allevati per uso terapeutico: si applicavano in varie pari del corpo per estrarre il sangue, per vari morbi. Si attaccavano con il loro apparato buccinatore a ventosa estraendo una gran quantità di sangue  (da cui il nome)   (*) Si diceva anche di persona insolente ed attaccaticcia.

- Sanguettaru: chi alleva e mantiene, come rimedio, le sanguisughe, naturalmente facendosi pagare profumatamente le prestazioni. Sembrerebbe che questi vermiciattoli di colore marrone scuro quasi nero riuscissero a ingozzarsi di sangue facendo una di quelle indigestioni che ...li portavano a morte certa . Si diceva anche di persona con poco interesse per il lavoro.

- Sangunazzu: il sangue del maiale con mandole e noci spezzettate, uva passa, bucce di mandarino, del vino "cotto", zuccherato q.b., messo nelle budella del maiale e bollito fino a quando raggiunge una certa consistente densità...raffreddato...e, mangiato: tagliato a pezzetti e fritto con le uova; come companatico... di solito - secondo i ritmi di vita della gente di campagna - era il companatico che si usava prima della maturazione delle salsicce: dal 10 gennaio in poi. (*)

(*) Dalla matrice latina: sanguìs o sanguen: sangue.

- Santaloja:  un asino, un comunissimo asino. Si diceva che un Sant'Aloia fosse protettore di questi quadrupedi, quindi non era difficile indicare l'animale invocandone il Santo protettore, talvolta anche bestemmiandolo con ira....se l'animale non era abbastanza docile. Da Sant'Alo'  il Santo francese (Saint Eloi) protettore dei lavoratori che usavano il martello.

- Santantoni: non solo il Santo! Era un piccolo spuntino a metà mattina, in campagna. Nasceva da una tradizione: i paniceddi i Santantoni (panini di S. Antonio) venivano distribuiti ai poveri nel giorno del Santo Abate: 17 gennaio, per implorare la sua intercessione e salvare da morte precoce e da malattie i maiali, si proprio i maiali che erano un bene di grande importanza nell'economia della famiglia contadina.

- Santu: (femm. Santa) nome proprio personale e Santo... del Paradiso.

- Passau u santu da porta: è già passato il tempo; quel tempo. Evidentemente è riferito alla processione di un Santo: passa una sola volta! In tal senso si dice per qualunque cosa che ha già fatto il suo tempo.

- Santunina: dalla omonima pianta, santonico, vermifugo, violento in polvere. Usato piuttosto come lassativo .Pare vi sia anche la forma santantunina....come se fosse S. Antonio femminlizzato: protettore, taumaturgo. Dal latino (herba santonica), secondo la classificazione Linneana artemisia santonica.

- Nci dessinu, pigghhiau a santonina: l'hanno purgato; ha preso un purgante. L'hanno costretto a rigar dritto, soprattutto nel periodo dell'avvento dell'era fascista!

- Sanulidda: accadeva, soprattutto ai bambini, di cadere o prendere uno spavento o farsi del male un male da nulla, passeggero o piuttosto spavento che comunque generava il pianto o "piantino"; per calmarlo, naturalmente oltre alle parole, paroline dolci ed accomodanti gli si chiedeva dove ha male e si strofinava, molto lentamente e lievemente la parte recitando: sana, sana, sanulidda, sanulidda  di solito i bambini "si chetavano", probabilmente più per l'attenzione che loro si dedicava, ma non di rado anche perché il lieve massaggio faceva ...diluire.. il dolorino!

- Sapuni:  il sapone, quel detersivo prodotto in casa che toglie ed elimina lo sporco. Per produrlo? I resti dell'olio d'oliva e, almeno una volta l'anno, anche i resti dello strutto di maiale Praticamente quasi ogni famiglia, di un certo ceto sociale, aveva la possibilità di produrlo in casa , naturalmente utilizzando un prodotto industriale: la soda caustica ( caustru), che in definitiva è il saponificante.

La produzione:  i resti dell'olio d'oliva torbidi per la presenza di impurità venivano conservati a parte, perché emanavano un particolare e pungente olezzo e, per separarli dall'olio buono,  di solito, in un recipiente di terra cotta: a ggiarretta i 'll'ogghiu i gurna, insieme con quella parte di olio di catribolo (i gurna, appunto). Secondo necessità familiari, ma almeno due volte l'anno, si provvedeva a fare il sapone: “fari u sapuni”.

Cinque parti di olio torbido (di strutto soltanto quattro) e un kg. di soda caustica (chimicamente, idrato di sodio NaOH), in un grosso recipiente, di solito una caldaia , perché più comoda a causa del fondo vagamente umbonato;  veniva messo il materiale e, sul fuoco allegro di fascine o di legnetti sottili che producono fiamma alta, fino al bollore, indi, si calava dentro la soda lasciando bollire ancora per circa tre ore. Appena tiepido, poi, il liquido, denso e di color marrone chiaro, veniva messo in una forma di zinco dalla forma varia (rettangolare o quadrata) alta circa 10/15 cm., lasciandolo raffreddare per una buona giornata. Si provvedeva a tagliarlo a pezzi con un coltello usato esclusivamente per quest'operazione; pezzi di circa un kg., di forma varia, secondo le necessità, per uso famiglia o per commercio....perché il sapone si vendeva!

Per accertarsi della maturità si prelevava un cucchiaio da tavola di quel liquido lasciandolo raffreddare nello stesso cucchiaio e si osservava  la consistenza, la produzione di liquido non coagulato e la "finezza". Non doveva presentar rugosità, doveva scivolar facilmente ed esser sensibile all'acqua, per poter produrre, poi, l'effetto  schiuma (sapunata) detergente.

Le brave mamme, nonne, erano capaci di quest'operazione, ma  in caso  di necessità, ricorrevano alla collaborazione (disobbligandosi dopo  di una vicina più esperta.  

Per il taglio, nella forma definitiva,  occorreva una certa capacità e forza...e, quindi era interessato  l'uomo di casa. In fondo alla forma doveva restar circa uno o due cm. (in altezza, per la larghezza della forma) di liquido.

La bontà del prodotto veniva valutata: dalla quantità e dal colore del liquido che rimaneva sul fondo ( acqua i caustru)  dal colore del sapone e dalla sua capacità detergente.

Alcuni, piuttosto interessati al commercio, e, quindi ad una presentazione di stile,  usavano mettere già prima del bollore delle foglie di sambuco, per un colore verdastro striato e di ciliegio per un colore vagamente rosa striato; le foglie si "consumavano" durante le ore ...di bollore con la soda .

Il liquido di risulta veniva conservato con molta cura a causa delle sue capacità corrosive. Spesso si regalava allo stagnino che lo usava per pulir bene le superfici di latta da saldar con lo stagno.

In caso di dispersione al suolo, si sceglievano dei luoghi assolutamente improduttivi, ecologia familiare, ma funzionale!

Per accontentar le ragazzine, sempre attente a scodinzolare attorno al fuocherello si versava il liquido in alcune formette ad hoc ottenendo i cosiddetti saponetti.

Il profumo?  senz'altro di pulito!

A furma du sapuni:  una forma di latta o lamiera di zinco di varie dimensioni , rettangolare o quadrata, dall'altezza di circa 15 cm., veniva "prestata" di volta in volta con bbriazzioni, obbligazione, di solito un comodo pezzo del nuovo prodotto.

- Lavatu cu 'll'acqua i caustru:  pulito, molto ben pulito : il liquido restante dal sapone era, infatti, fortemente corrosivo e non di rado produceva danni più che benefici. Il detto quindi si prestava anche per indicare, un peccatore  già pentito .

- Scarsu i caustru:  quando la soda non era ben proporzionata non saponificava bene, lasciando molto liquido; si provvedeva ad una seconda bollitura con l'aggiunta, ad occhio, della soda occorrente. Il modo di dire si prestava facilmente per indicar persona non matura e piuttosto acida.

- Sapuni moddu: quando non era stata sufficiente la bollitura, ma non si riteneva necessaria un seconda, ragioni di economia di tempo! e di combustibili, il sapone era piuttosto molliccio e si consumava velocemente. Si diceva anche per persone falsamente complimentose.

- Sardu malà:  un modo di dire tipico delle famiglie...bene educate, per non bestemmiare. Potrebbe essere una trasformazione del  blasfemo santu diavulu  o santu minavulu; l’uno e l’altro, questi due ultimi, spesso si abbreviavano in ‘ntu minà   o si   p r o l u n g a v a n o   per dar maggior forza in ‘ntù  minavuluni, accompagnati da un certo movimento della testa e, di solito, da un certo batter del piede.

- Sarma: (i vinu) (dal greco  sàgma, soma, carico) antica misura per il vino (e, forse anche per l'olio) variabile secondo le zone di produzione...comunque del valore medio di circa 120 litri. Era composta da un certo numero (10/12) lanceddi  (vedi) a loro volta di valore vario tra i 7 litri e 250 gr. e gli otto litri. Parrebbe che quest'ultima misura sia stata un opportuno arrotondamento...nel corso dei secoli. Dal greco  sagma, carico, peso...quindi misura!

- A me' vigna faci sempri setti sarmi: dico sempre le stesse cose. Non cambio opinione né modifico le mie richieste.

- Sarma: (i caggi) una misura per la calce viva che corrisponde a circa due q.li; era costituita da ottu cofineddi i lainu  (otto ceste....dalla portata di circa 25 kg ciascuna). Queste ceste erano fatte soltanto da verghette di castagno spaccate in due nel senso longitudinale, proprio perché così erano molto più resistenti di quelle fatte anche con le ...stecche di canne tagliate.. La calce viva....brucia qualsiasi materiale leggero; produce danni anche al legno, tipo verghe di castagno, ma tenuto presente che questo è più restistente....più forte .....

- Sarmurigghiu: salsetta per condire carni arrosto. Olio e aceto (o succo di limone), battuti, origano e prezzemolo tritata. Di solito la salsetta si prepara in una fondina e poi si cosparge l'alimento utilizzando i fusticini e rametti dell'origano bagnati e battuti sopra. Esiste in spagnolo il termine salmorejo di analogo significato.

- Saurina: liquido giallo rossastro, appiccicoso, che si trova nelle piccole ferite non completamente suturate o guarite; siero con alcuni elementi di plasma e piastrine del sangue....che coagula facilmente. Quando è secco diventa crosta e da segno che la ferita è quasi guarita. Potrebbe derivare dal tedesco sauren seccare, disseccare.

- Satera: (o satira) blà-blà malevolo; diceria maledicente.

- Sbakantari: (sabacantari) svuotare; togliere tutto.

- Sbakantatu: svuotato. Riferito a persona: vuota, ingenua, semplice, un po' pazzoide.

- Sbafari: (dal greco ékbàpto,erutto) mangiare a dismisura. Il significato più recente sarebbe:  mangiare senza pagare....a sbafo.

- Sbarruari: (sbarrugari) spaventare; spaventassi; avere eccessive preoccupazioni.

Quandu l'omu est sbarruatu, u Signuri est priparatu: quando l'uomo è proprio troppo preoccupato - oberato da impegni e responsabilità - allora, proprio allora Iddio lo aiuta.

- Sbinnonnu: vedi bisnonnu.

- Sbirgogna: vergogna, onta

- Sbirgugnari: svergognare; indicare a tutti per onta, offesa.

- Sbirgugnatu: svergognato. Si usava più frequentemente al femminile, per antonomasia, per indicare una donna che...aveva già...saltato il fosso in giovane, troppo giovane, età.

-  Sbruffari: sparlare, sbofonchiare, mandar violentemente ondate di odori.

- Sbruffata: ondata di odori....odori; eco di parole ; getto violento di liquidi.

- Sbruffatedda:  diminutivo del precedente. Si userebbe anche per indicare una...ragazzina...un po' ...in evidenza, che si fa notare...sia per le movenze sia per il modo di parlare...  sofisticatella., ed anche spacconcella.

- Sburreddari: diruparsi, cadere per mancanza di sostegno. Per rottura dei sostegni (bburreddi) uscire dalla verticale, dall'ordine, dalla disciplina.

- Scaffa:  asse di tavola, scaffale. Asse di legno per qualsiasi uso.

- Scagghia: una piccola parte, piatta e quasi a cuneo, di qualsiasi materiale, che serva da cuneo e/o intercapedine, o una parte del guscio sottile ed appuntito. Dal fr. écaille, scaglia, guscio.

- Scagghicedda: diminutivo di scagghia: ancora più piccolo. Un giovanotto (o per un giovane) indicava, senza farne nome, le sue attenzioni verso una ragazza, il suo interessamento per una certa persona.

- Mi zziccai na' scagghia i lignu: mi sono ferito con una piccolissima lisca di legno che si è conficcata in una parte del corpo.

- Quandu u cirniti nci cacciati a scagghia: (il discorso si riferisce alla pulitura del cereale, prima di inviarlo alla molitura): quando lo pulite, togliete almeno i pezzettini: cereali spezzettati o altre piccolissime impurità, che, servono, poi da becchime per il pollame.

- Scagghiazza: (talvolta anche come accrescitivo di Scagghia), ciottoli di forma tagliente; parti grosse d'impurità dei cereali o leguminose; paglia trebbiata grossolanamente. 

- Scagghiari: (dal greco aischynomai, arrossire): vergognarsi; aver onta di ...

- Scagghiola: becchime per uccellini; chicchi e piccoli semi, ridotti a pezzettini con procedimenti adeguati; di solito distribuito da particolari negozi .

- Scagghiu: (vedi schagghiari) vergogna, onta; timore di qualcosa o per qualcosa.

- O pi scagghiu, o pi vvirgogna...l'aviti a ffari: o per vergogna, o per timore...per qualsiasi cosa dovete farlo. Cioè, anche se avete delle razionali preoccupazioni, dovete fare quella certa cosa; dovete adattarvi alle circostanze!

- Scagghiuni: dente canino.

- Ancora non nci spuntau u scagghiuni!: in senso ironico, ancora non ha l'età!

- Scala:  scala: a pioli a pedate, di legno, di pietra, di cemento armato. Dal latino scala.

- Scalabbrinu: usato, molto raramente, da persone anziane per indicare un bimbetto vispo, attivo, diavoletto. Certamente il termine sarà stato dialettizzato dal nome che Dante da ad un diavolo. Ma Dante, probabilmente ha pensato ad un...calabrese, alla Calabria che produceva uomini attenti, generosi, ingegnosi, scaltri, bel volo! no?

- Scaluni: un gradino della scala.

- Scaluni i seggia:  un fiammifero di legno: zolfanello.

- Scamardari: prendersi preoccupazioni; darsi pena.

- Scamardatu (a) cattivo (a), in genere si usava come temporaneo rimprovero, ma anche come soprannome,  soprattutto per una donna piuttosto leggera, che ne ha fatte....tante!

- Scamogghia: (dallo spagnolo escamujo, pretesto) cagione, tentativo di malavoglia di far qualcosa, cavillo.

- Scamogghiari:  prender cavilli.

- E' nutili chi pigghi scamogghi: è inutile cavillare...prendere motivi per non far....

- Scandagghiari: sondare, scandagliare: qualità, tipo, adattamenti etc. Potrebbe aver derivazione dal tardo latino scandilia, gradini di scala.... quindi misura.

- Nci vuliva tantu m'u scandagghiati?: ci voleva proprio tanto tempo per capire le sue intenzioni, per sondare il suo animo....

- Scandagghiasti quantu nci voli i' simenza?: hai calcolato quanta semente occorre?

- Na fimmina si ngagghia, ma non si scandagghia:  la donna si può prendere ma difficilmente si può capire il suo animo, la sua sensibilità!

-Scannari: propriamente scannare (uccidere) il maiale in casa per i propri bisogni. Ma era usato con molti significati, nel linguaggio parlato.

- Eh! quantu fimmini scannasti!: quante donne hai conquistato (non è detto che le abbia posseduto!).

- Non ti preoccupari chi u scannu eu!.  non aver pensieri, provvedo io.

- Scannari: anche nel significato di far del male, ammazzare, quand'anche fosse del genere umano!

- Scannaria: la zona, precisa, del collo del maiale, dove dev'esser punto con il coltello, ..il fatidico giorno! Ma ora, forse, è preferibile aver tutto pronto, facendo far queste operazioni alle strutture di macellazione. Era anche il " buco" che restava, morto il maiale!, segno della maestria di chi aveva provveduto a scannari. Nel linguaggio parlato figurato era anche usato per indicare l'organo sessuale femminile nonché gli appetiti, propri, di certe femmine. Di fatti nd'avi na scannaria! significava sia che, il soggetto, ha una certa " capienza", ma anche le sue particolari esigenze!

- Scannaturi: a) l'uomo preposto a quest'operazione d'estrema precisione e, una volta, anche di notevole rischio: scannare, uccidere il maiale. b) Attrezzo artigianale del macellaio, i solito due assi di tavola incrociate ad ics, sul quale erano messi gli ovini e caprini per essere macellati.

- Scarda: (dal francese echarde, scheggia); scheggia, lisca di pesce. Sottile e largo cuneo.

- Scardaculicchiu: piuttosto soprannome o aggettivo per indicare un bimbetto vispo ed aggressivo, attento ed intelligente.

- Scarfogghia: (dal greco kseròs, secco+fyllon foglia) foglia secca. Materiale sottile  friabile e facilmente infiammabile. Si indicava soprattutto il resto della piallatura del legname, ma anche le scorze e le bucce di frutta, legumi, ortaggi.

- Scarola o scalora: (dallo spagnolo escarola, indivia) indivia, scarola. Ortaggio comune dalla fascia mediterranea al Nord-Europa, ottimo per insalate e contorni di varia combinazione.

- Scasciari:  si usava quasi esclusivamente per indicare la deflagrazione prodotta da un fucile da caccia che scoppia, inavvertitamente, sfasciandosi e producendo danni, talvolta ferite gravi e morti e,  nel linguaggio corrente per indicare qualcosa e/o qualcuno che esce dai limiti, che.. scoppia, quasi: scasciau di botta s'è ingrassato in breve tempo, ha cambiato stile di vita, è diventato un altro.

- Scasciu: paura, preoccupazione, attenzione per...un'aspettativa non gradevole. Potrebbe derivar dal latino quassiare, quindi quassus, scuotere, scosso.

Veniva usato come intercalare di meraviglia e di preoccupazione aggiungendo un aggettivo: scasciu meu! scasciu nostru!

- Scassari: rompere, spaccare . Dal latino exquassare, scuotere.

- Scatafasciu: (dal greco katalyo, scompiglio): enorme rumore violentemente ripetuto.

- Scatasciari: un modo per dire, con esagerazione, la maniera di sedersi, di prender posto, ancorché per terra.

- Sceccaru: guardiano e guidatore d'asini.

- Sceccu: (femm. scecca), asino, animale da soma. Rivolto a persona indica proprio le sue...qualità asinine, le sue capacità, il suo "comprendonio", ma anche la forza fisica che riesce ad esplicare in una certa attività lavorativa.

- Poviru sceccu: pover'asino; povero imbecille.....

- Sceccu i travagghiu: animale da lavoro, in tutti i sensi. Vedi  sceccaru.

- U sceccu: Vedi Appendice “ Giochi”.

- Scheccia: scricciolo, uccellino, piccolissimo e sempre impaurito. Si attribuiva, come soprannome a persone dal fisico delicato e molto timide.

- Schettu: (a) celibe, nubile. Potrebbe essere una volgarizzazione dell'italiano schietto,semplice.

- Schiabbucca: potrebbe essere stuia bucca; salvietta di stoffa di varie dimensioni, tovagliolo. L'origine è chiara ?

 - Schiancaficari: nullafacente; di dubbia personalità....di solito poco leale, che rompe frequentemente le scatole.

- Non nti mentiri cu ssu schiancaficari:  ti consiglio di non "legare" con codesto buono a nulla.

- Schiancatu: rotto, spezzato, deprezzato, svalorizzato.

- Fici nu cicloni e schiancau tanti arburi: c'è stato un (violento) ciclone che ha fatto danni a parecchi alberi rompendoli o rompendone rami. Da ex-ancarsi, rompersi, guastarsi una gamba.

- Ndaiu u cori schiancatu: ho il cuore spezzato....dal dolore, dalle preoccupazioni...dalle amarezze; ma anche (soprattutto se parla una giovane donna) ho il cuore a metà...l'altra metà ce l'ha il mio.....amore!

- Schiantari: spaventare, impressionare, spaventarsi, aver paura. Potrebbe essere stata una pronuncia.

- Non nti schiantari!: non aver paura! non ti preoccupare, non aver timori d'alcun genere.

- Schiantatu: chi ha sempre paura; pauroso. Veniva attribuito come soprannome a persone facilmente impressionabili, dal colorito cereo, timide.

- U schiantatu non era, necessariamente timido; spesso il colorito della pelle, la forma delle spalle, quasi incurvate, davano l'impressione di una persona particolarmente attenta, timida, quasi pavida.

- Schiattafichitu: potrebbe essere interpretato come qualcosa che fa scoppiare il fegato. Che da tanto ai nervi, che procura tanto dissapore...da far crepare.....il fegato.

- Schiattari: (dal francese eclater, scoppiare): scoppiare, crepare.

- Schiavina: un tipo di coperta, molto calda, comprata o importata, non riproducibile con tessuti; una specie di lana cardata. Verosimilmente erano (o sono state) coperte militari!

- Schiocca: una parte, una bella parte : a) schiocca pi capiddi:  un gran bel fiocco per i capelli; schiocca di capiddi una gran bella ciocca di capelli; b) schiocca di pira, puma, cirasi:  un bel gruppetto di riunite per i gambi in modo da rappresentare proprio: un fiocco fiorito. Potrebbe derivar da oca, sciocca, chioccia, a loro volta dalla rotondità della O, che significa il massimo della stupidità.

- Na schiocca i fimmina: un gran bella donna! La più bella. Ma anche di un uomo si potrebbe dire

- Na schiocca d’omu: una cima d'onestà, bontà, generosità...

- Schipeci: un qualsiasi piccolo recipiente. Nel linguaggio volgare, indicava gli organi sessuali femminili. Usato anche come soprannome per persona magra e bassa di statura. Il termine nasce dallo spagnolo escabeche, pesce marinato....in un tegamino di terracotta, marinato con olio, limone. Evidentemente il recipiente ha preso il nome.

- Schittu: da solo, semplicemente.

- Pani schittu pi' me' denti: pane, pane soltanto (senz'altro companatico) per i miei denti.

- Sciabbica: barca - sciabbacheddu: rete da pesca ( termini marinari, introdotti). La sciabbica  è un tipo di barca da pesca litoranea e si presume che lo sciabbacheddu sia una sorta di rete o barchino da traino nel quale veniva depositato temporaneamente il pescato. Ma il pescatore (meglio il rigattiere), appena alla riva deve far sapere a tutti che ha della buona merce da vendere....quindi annuncia ad alta voce il valore ed il prezzo della sua merce, talvolta anche cantilenando, cioè bbandija u schiabbacheddu! Da ciò il modo di dire:

- Bbandijari u sciabbacheddu: gridare, parlare a voce alta, far sapere a tutti, anche cose di estrema riservatezza e, quindi, sciabbacheddu (a), persona che non sa tenere un segreto...che, anzi, appena sa qualcosa si premura di diffondere la notizia...aggiungendo; perciò  non attendibile e poco credibile. Il termine veniva usato, anche se raramente, per indicare un qualsiasi oggetto da adattare come contenitore. Dall'arabo shabaka che è appunto una rete da pesca; ma anche dal francese antico chebec o dall'aramaico sùmbuc che vuol dir, sempre, navicella, naviglio stretto e lungo...

- Scià!: già. Come assenso, come accondiscendenza.

- Scià, scià!: già, già! anche nel significato temporale: ora, proprio in questo momento.

- Scialari, scialarsi:  esser contenti, gioiosi, allegri; mangiare o bere a volontà di tutto ciò che piace veramente; gioire insieme anche soltanto di atteggiamenti dell'animo.

Ascoltato  all'omelia della Messa delle 18 il 04 maggio 1999, nella Basilica di S.Antonio, Collina degli Angeli. Il termine potrebbe aver derivazione o etimologia dal saluto ebraico shalom, che vuol dire, appunto, salute fisica e dell'anima  gioia, allegria. Altri, invece, trovano una derivazione dal latino exhalare, disperdere al vento, dissipare; ma anche da quest'etimo si potrebbe giungere al  significato attuale di essere allegri, divertirsi, allargarsi per stare insieme.

- U scialatu: era una persona quasi sempre allegra, per disposizione ormonale, ma sempre un po' ingenua.

- Ma scialai (o mi scialai): sono stato contento; m'è piaciuto; ho amato, secondo il significato del francese j'aime, mi piace.

- Scialarìa: una specie di piccola oliva molto dura e di produzione tardiva ancorché ricca d'olio, tipica del nostro clima.

- Scialibbiu: gran chiasso; divertimento  chiassoso; gran ridere; parlar tutt'insieme; darsi da fare.

- Venimu du scialibbiu: vengono (appunto) dal divertimento.

- Ficinu nu scialibbiu!: hanno fatto un gran chiasso; si son divertiti...un mondo.

- Sciamberga: giacca molto lunga e mal portata. Usato, in termini volgari, per indicare una scopata. Dallo spagnolo, chamberga , giacca particolare.

- Sciammissu: (dal francese chemise, camicione) camicione. Una sorta di cappotta, soprabito, impermeabile qualcosa che potrebbe sembrar capo elegante ma se mal portato, finisce con l'esser visto come un di più piuttosto cafoneggiante.

- Sciampagnuni: (dal francese champagnon, buontempone) buontempone, allegrotto, comico, facile ad organizzare frizzi e lazzi....

- Sciancari: (dal greco skìzo, rompere, lacerare) azzoppare;  provocare a qualcuno danno agli arti inferiori, tale da impedirne l'uso temporaneamente o definitivamente.

- Schiancari: rompere, spezzare...un ramo, un fusto, della legna da ardere.

-Sciancatu: (potrebbe esser di etimo tedesco, hanka: persona che s'è fatto male ad una gamba) zoppo, con un piede o gamba temporaneamente o definitivamente, per cause naturali o accidentali, fuori uso; che si appoggia ad un bastone o ad una stampella. Il termine viene usato anche nel significato estensivo: chi manca di qualcosa, non può utilizzare una parte  di sé, e, nel senso  morale, chi spesso manca alla parola data.

- Scianijari: spargere a caso; disperdere, disseminare, perdere.

- Scianija fumeri: chi provvede a spargere nel terreno lo stabbio... ma anche chi usa un linguaggio triviale, chi parla male degli altri, chi sparge notizie tristi e maligne.

- Scianija dinari: chi disperde il proprio denaro; non bada a spese; si atteggia a riccone e spende anche per cose superflue o inutili.

- Scianijatu: diffuso, disperso, sperduto, alienato di mente. Diventato soprannome, ancora oggi portato, con orgoglio dai pro-pro nipoti del primo...responsabile.

In proposito si racconta:  qualcuno arriva in casa di .... e chiede alla vecchia mamma:

comu siti, siti tutti bboni?: (come state, state tutti bene?) e lei risponde simu bboni ringrazziam'a Ddiu, sulu me figghiu u randi, esti ‘mpocu scianiatu, chi nci'am'a ffari pi ccammora, è tempu u soi! (grazie a Dio stiamo tutti bene....solo il grande dei figlioli è un po'  svampito, come se avesse perso qualcosa, ma è tempo suo per ora....è la gioventù). 

Questa generosa mamma vuol dire: il figlio attraversa un particolare periodo di difficoltà: problemi sentimentali ?, fisici ? ....c'è la speranza che, prima o poi...torni ad esser normale.

E' certo che  quel tale primo responsabile del soprannome, divenne una persona normale, ottimo lavoratore, buon padre di famiglia, purtroppo, però, il soprannome continua ad essere attribuito ai suoi discendenti.

- Sciaraballu: carretta, carrozzino, carro da montagna...a ruote basse. Potrebbe derivar dal francese char a bancs: appunto, carrozza a quattro ruote. (carro a banco). Al femminile (sciaraballa) si usava per indicare una donna ormai disfatta nel fisico .

- Sciarra: (dall'arabo sciar, rissa) rissa, tafferuglio; litigio violento...con conseguenze di una certa importanza.

- Sciarreri (o sciarreru/a): rissoso/a .

- Sciasciari: sfasciare, rompere, spaccare.

- Scifeddu: piccolo recipiente o grande tazza per liquidi e per mangimi. vedi, voce seguente

-Scifu:  il trogolo. Dal greco skyphos, recipiente. Recipiente, di solito in pietra, ma non di rado anche in cemento, ora in robusta plastica, nel quale si versa il mangime, beverone compreso, per i maiali. In senso figurato: qualsiasi recipiente di forma e dimensioni varie, piuttosto deforme,  per bere, per mangiare. Modo spregiativo per indicare i piatti da tavola.

- Aviri u scifu chinu:  nuotare nell'abbondanza.

- Scigghiu: un posto qualsiasi sporco e maleodorante; una merdaia....alla toscana; un posto molto lontano difficilmente raggiungibile, nella normalità dei cas .

- Sciondulu: epiteto, temporaneo, rimprovero benevolo per un bambinone o appellativo affettuoso. Ma significava anche, riferito ad un uomo voglioso e nerboruto, il suo attributo.

- Sciorta: diarrea… anche tipo di dissenteria.

- Scirubbetta: o sciruppetta (potrebbe essere una deformazione di "sciroppetta", da sciroppo: bevanda dolce a base di succo di frutta concentrato) Una bevanda che, di solito, veniva fatta utilizzando il vinu cottu (vino bollito e ridotto almeno ad un terzo del volume iniziale) e neve fresca. Secondo le proporzioni si otteneva una sorta di bevanda, fresca per l'effetto neve, ma non sempre di particolare gradevolezza. E' nato quindi sia il termine che le successive deformazioni ed ultimi significati. Di fatti, ora, significa esattamente una bevanda …a dir poco sgradevole: un po’ di acqua sporca insomma! Si usa anche per indicar personalità di tal fatta: contorte, non limpide e non gradevoli.

- Scoscia: (pl. scisci) giocattolo; cosa da nulla: piccola, molto piccola. Una qualsiasi cosa da far vedere.

- Attia sciscia!: cosa da nulla, di nessuna importanza.

- Scisci: (più puerilmente scisci') giocattoli, giocattolini per i bambini, per i piccini. Giocattoli che, però, normalmente venivano prodotti in casa con un po’ di inventiva e tanto amore: una striscia di stoffa colorata; un fazzoletto ripiegato, con un codino, da sembrar, vagamente, a un topolino; una lattina (innocua, però!) , un rametto al quale si toglieva la scorza  etc

- Ti purtai na scoscia: (o anche na scisci') ti ho portato qualcosa, anche se di nessuna importanza. Ma significava anche, nel linguaggio degli adulti: ti ho portato una cosa importante, una novità; oppure una cosa da nulla!

- Ti faci i scisci: te ne fa vedere di belle e di buone! Ti farà soffrire.

- Sciù - sciuccà - sciuddà:  incitamento alle galline per allontanarle.

- Sciuni: (sciunetta, sciunittedda) (dal greco aksyne, scure) scure di varie forme e dimensioni. - Sciuni mericana:  cure a doppio taglio. Sciuni i faccijari:  scure a lama molto larga per sgrossare i tronchi e renderli...quadrati, per fare la "faccia", il taglio netto. Sciuni i rrimunda:  accetta sottile ed affilatissima per la potatura....con il manico molto lungo. Sciuni pi hjaccari:  scure  molto pesante...per spaccare la legna. Sciuni pi hjaccari i porci: una scure, di un certo peso, con il manico corto e molto equilibrata per spaccare i maiali appesi ogni "buon maestro" era geloso della sua.

- Sciurbari: inorbare, accecare, perder la vista sia pur temporaneamente; ma anche "perder la ragione", il lume dell'intelletto; agire in maniera sconsiderata.

- Sciurbai, e ‘nci ndi dessi tanti!: ho perso la ragione (sono stato provocato!) e gliele ho dato di santa ragione. Vedi anche annurbari.

- Non fari finta chi sciorbi: non fingere di non vedere....se non ti fa comodo, vedere.

- Sciurbatu: orbo, cieco da uno o da entrambi gli occhi. Ma si usava anche per indicar qualcosa che non è stata chiusa a dovere, definitivamente.

- U cunduttu sciurbatu: il canale di scorrimento dell'acqua chiuso male.

- Sciusceddu: frittata, brodetto; qualcosa messa insieme per.Un modo di cucinar determinate vivande. Dal latino iuscellum, brodetto. Veniva usato anche per indicar qualcosa di ...quasi inutile, un giocattolo, un ninnolo. E' probabile un'etimologia onomatopeica; di fatti s'indicava un giocattolo che, muovendosi, produceva un suono sibilato.

- Sciuti: potrebbe esser semplicemente "uscite", come part. pass. del verbo uscire, contratto ed adattato al dialetto. Veniva usato e come aggettivo e come parte verbale nel discorso parlato. Quello che si ricorda è che ricorreva di frequente nel discorso di persone sofferenti per ulcera gastrica, gastrite violenta, emorroidi . Usavano dire, infatti, nd'havi i sciut'i sangu, ha perdite di sangue (le uscite di sangue); mai, però, per indicare periodi fisiologici della donna. D'altra parte, se si analizza sciù, sciù ccà l'incitamento l'ordine imperioso che si da alle galline per allontanarle, esso potrebbe essere "uscite, uscite di qua!; andate via, nel senso di uscire, scomparire.

- Sconzu: fastidio, disturbo, sfascio.

- Scoppula: (dal greco, kòpto, scappellotto) scappellotto; schiaffo.

- Scotulu: orticaria, eczema; malattia della pelle che, a causa del prurito che provoca, induce a muoversi continuamente, in tutti i sensi, ad assumere le più sconce posizioni nella speranza di sentir sollievo.

- Scotulu!:  Come se volesse dire "Dio ce ne liberi!".

- Scrafazza:  soprannome o epiteto temporaneo per una persona che....le sbaglia tutte .

- Scrafazzari: (dal greco skàpto, raschio) schiacciare; sbagliare.

- Scribbia: soprannome  o epiteto per donna bruttissima e...di malaffare. Di solito di statura minuta e di carnagione molto scura. E' probabile abbia derivazione da memorie evangeliche....gli scribi, che erano altra cosa, ma sempre con l'atteggiamento iroso e scostante. Il termine veniva usato con molta cautela nelle famiglie di una certa moralità.

- Scripintari: dargliene tante, tante, ...sventrarlo, sfondar le costole...tutte le iperboli possibili per significar "spaccare, annichilire, ridurre a poltiglia." Potrebbe derivar dal latino crepantare, sgretolarsi.

- Scrofa: scrofa, troia. Spesso veniva usato per indicare una persona di dubbie moralità, o, che, nell'occasione si era comportata tale.

- Scrufiziu: geco macchiato. Raramente significava anche ragno velenoso (vedova nera) o scorpione. Animaletto innocuo e talvolta...gentile, simile ad un lucertolina che si vede nelle vecchie case soprattutto d'estate . Da ciò è nato il modo di dire.

- Cumpari com'o scrufiziu: appare raramente, ma non da fastidio. Alcuni, però, attribuivano un altro significato : tutt'al contrario, cosa schifosa, immonda.

- Scrusciu: rumore grande o piccolo.

- Scufatina: polvere del legno tarlato. Potrebbe essere il legno già digerito dal tarlo: polvere gialliccia inizialmente compatta, mossa appena, sottilissima e leggera ...come il talco. Odore caratteristico del legno d'origine.

- Scufatina: si diceva di persona senza...spina dorsale, debole, tentennante.

- Scufatina:  la polvere, leggera come il talco, veniva usata dalle nonne e mamme per alleviare i fastidi dell'arrossamento agli organi genitali e zona anale del bambino piccino mai un'infezione o forse una controindicazione all'epoca!

- Scuffia:  copricapo qualsiasi, (fem.); talvolta una semplice rete di filo per tener...buona la chioma. Dallo spagnolo escofia o dal francese coiffe, ma certamente dal latino cofea  o cuphia: copricapo a forma di coppa....

- Scugna: a) un periodo di tempo, la primavera  e/o la mietitura  b) la prima operazione di dissodamento, aratura, sarchiatura di un terreno mai coltivato. Dal latino escuneare, rompere, lavorare la terra.

- Scugnari: lavorar la terra per la prima volta, eliminando sassi e radici inutili e dannosi.

- Scugnatu: già arato, pronto per la semina.

- U ggiuvinottu è ggià scugnatu: il tale è già...adulto, capace.

- Scumbigghiari: scoprire, scoprirsi; svelare, rivelare. Assomigliare, rassomigliare.

- Scumbigghiau tuttu a sso patri: è diventato del tutto simile a suo padre; gli rassomiglia proprio e, non solo nelle fattezze fisiche!

- Scumbigghiatu: scoperto, non coperto adeguatamente. Un locale destinato ad abitazione non  ancora coperto o scoperto per vari motivi o nell'attesa di essere adeguatamente coperto.

- Scumbogghiu: scoperta, rivelazione.

- A fera du scumbogghiu: il momento in cui tutto si rende palese, chiaro; non si nasconde più.

- Facimu a fera du scumbogghiu: diremo tutto, riveleremo tutto..... La frase si riferisce ad un discorso che avviene tra gente... che ha partecipato ad un certo affare da tener segreto. Tutto ciò che è valido moralmente dev'essere pubblico, per contro, tutto ciò che è tenuto segreto e se ne paventa la rivelazione ...proprio non è morale...non è legale. In questi ultimi anni parecchia gente sta facendu a fera du scumbogghiu: sta rivelando tanti piccoli segreti che riguardano grandi uomini  (novembre 1995).

- Sculimbri: erbe spontanee delle zone collinose del periodo inverno/primavera; sorta di cardi dal culmo carnoso e robusto, ma ricchissimo di foglioline a forma di palma terminanti in acuminati spioni. Opportunamente pulite e mondate, sono un ottimo ingrediente per minestroni a base di legumi: fagioli, fave e ceci soprattutto. In periodi di carestia erano la "manna" per i poveri...l'unico sostentamento a prezzi abbordabili: bastava raccoglierli nei campi...e pulirli. Se ne gustava la fragranza, leggermente amarognola spesso, mangiandoli appena raccolti... sul campo. Ricchissimi di vitamine A,E,D e sali minerali...ma poveri di proteine...erano il cibo "povero" per i poveri, tant'è che era in uso la frase non mbiviti vinu chi sculimbri che avrebbe almeno tre significati

a) il vino lo bevevano gli appartenenti alle cosiddette famiglie abbienti: lo producevano in proprio;

b) il gusto amarognolo della verdura non consente di gustare un buon vino;

c) è inutile atteggiarsi a "gente per bene", ricca... si nota chi commette errori grossolani.

- Scudatu: senza coda. Si diceva anche di qualcuno senza cudata (fondo schiena), senza personalità.

- Scumpitari: scontare, detrarre dal conto totale.

- Scumpitu: sconto, diminuzione, abbattimento di prezzo. In effetti veniva usato quasi esclusivamente a scumpitu di me' piccati. quasi si volesse, comeper chi crede è! ottenere una diminuzione della pena per i propri peccati in conseguenza di un'opera buona, di beneficenza, di sacrificio, di attenzione. Nel linguaggio "antico" assumeva il significato dell'attuale sconto di prezzo.

- Scuncassu:  sconquasso, disordine, rovina.

- Scunchiudiri : non concludere; sbagliare tutto per non giungere a conclusione.

- Scunchiudutu: mai giunto a conclusione. Una persona senza alcuna capacità; privo di iniziative valide.

- Scundutu: non condito, senza olio; sciapo, insipido. Si dice anche di persona che non sa tenere un ragionamento logico e consequenziale.

- Scunnatu: (in verità, non si riconoscono origini  indigene) che non ha un modo di ragionare solidale con tutto il resto del suo ambiente; un po' strambo; un po' naif (si direbbe oggi!). Come se fosse uscito dall'alveo della normalità.

- Scunzari:  sfasciare, rompere, dar fastidio, dar noia.

- Scurata: quando finisce il giorno; appena comincia, il buio della sera.

- I ll'arba, a, scurata:  dall'alba al buio; la durata di un giorno.

- Scurinari:  togliere la parte migliore, più tenera di un arbusto o di un ortaggio alimentare. (vedi curina)

-Scurnacchiatu: faccia tosta, arrogante. Il termine è stato introdotto dal napoletano e come se fosse ,dir corna di qualcuno.

- Scutulari: (dal greco koutulo, scuotere) scuotere violentemente per far cadere. Scaricarsi delle proprie responsabilità....

- Sdari: incaponirsi in un atteggiamento, in un'opinione, in una posizione politica, Aver voglia di…

- Sdirrupari: dirupare, precipitare, cadere , abbattere .Dalla forma latina corrupare, da rupis, rupe.

- Sdirrupatina: la dove è caduta qualcosa, dove vi sono delle macerie.

- Sdirrupatu: caduto, rotto. Si usava per indicare persona, alla quale si deve comunque affetto, e, che non si è comportata secondo certi dettami della morale.

- Sdocchiari: rompere, distruggere le gemme delle piante e/o degli alberi. Gemma da foglia o da fiore era sempre occhiu.

- Sdunari: aver voglia di ....; prendersela con .....

- Camora non nti sduna: in questo momento non hai voglia; ora non ti va; non ti gira;

- Si nci sduna mi...: se gli gira di...; se ha voglia di ....

- Nci sduna' cu mmia: se l'è presa con me; mi ha maltrattato.

- Sedda: sella: attrezzo-arnese per poter cavalcare, soprattutto i cavalli. Era costituita da un insieme di lamine di cuoio sopportato da spesse fasce di feltro tutto sagomato per il dorso dell'animale e fissato da un insieme di corregge e cinghie di cuoio, avanti, indietro e sotto la pancia , grosso modo come la bbarda.

- Eu vaju a 'n sedda e vvui jti a 'n 'mbarda: io vado a cavallo (di un cavallo) mentre voi a cavallo di un mulo o asino....non era la stessa cosa!

- Seggia: sedia, di tutte le forme e dimensioni, antica o recente.

- Nd’avi a seggia a Napuli: qualcuno che si sente figlio di ...; presuntuoso, poco socievole. Il detto nasce certamente dal fatto che a Napoli c’era il seggio reale, ma è anche probabile che ci si riferiva a Napoli come la più grande città a noi vicina; chi aveva avuto la possibilità di conoscerla era certamente un gradino più su, almeno come conoscenze, del resto del volgo.

- Sena: complesso sistema di sollevamento di acqua sotterranea ad uso irrigazione e/o potabile .Probabile derivazione dal nome della piantina, arbusto, le cui foglie hanno buon potere lassativo, di origine mediterraneo/egiziana, ma estesa a tutta l'area, in zone ricche di acquitrini. Di derivazione araba saniya(b).

Il sistema: una serie di secchielli di latta o di zinco, adattati, legati (saldati) ad una specie di catena che scorre su dei cerchioni dentati di abbondante diametro, i quali girando, sempre in un senso, consentono a questi recipienti di scendere a livello dell'acqua, alcuni o parecchi metri sotto terra, nel pozzo risalendo, poi, ripieni del prezioso liquido. Verricelli, argani, ingranaggi, congegni vari, spesso prodotti artigianali, con relativi assi e traverse per la trasmissione del movimento e della forza...forza motrice? una vacca, un torello, un robusto mulo, un asinello....braccia umane.

- Sengru: singolo, semplice, unico. Probabile traduzione (ante litteram) dell'attuale pronuncia del termine inglese single, oggi tanto di moda o dal francese sengle solo, isolato. Usato anche al femminile, con identico significato. Nel linguaggio parlato, però, il termine veniva inserito per indicar qualcosa o qualcuno in particolare, facendone superlativo di aggettivi o  dando il significato iterativo ai sostantivi.

- Seru: (da latino serum: liquido) siero, liquido giallo verdognolo: (Nel linguaggio parlato ci si riferisce soltanto al siero di latte): prodotto dalla trasformazione del latte. Il siero contiene ancora abbondanti elementi nutritivi e quindi usato per l'alimentazione umana (bambini e persone anziane) e..."quod superest" per  preparare i beveroni per alimentazione del bestiame. Il più ricco è quello che si ottiene dalla cagliata del latte  appena tiepido da trasformare in ricotta, meno ricco e di sapore amarognolo quello dalla trasformazione con "caglio" o altri prodotti, tipo: aceto, bicarbonato e...forse altri prodotti chimici di recente.....utilizzo.

- Seru: (accezione recente!) quel siero usato in medicina, fisiologico, anafilattico....antiveleno etc.

- Serra: la sega, quella del falegname. Era costituita da un telaio di legno, (tularu) una lama (lama). Il telaio (secondo la lunghezza della lama) due sbarre spesse circa tre cm. lunghe circa 50 ed un asse centrale della lunghezza della lama, (da circa 70 a circa 200 cm) che condizionate a forma di T (maiuscola), con sostegno di base; un lato, di questo rettangolo era costituito dalla lama, opportunamente legata alle sbarre di base mediante due pioli di legno, mentre l'altro lato (vagamente elastico) era costituito da un buon gruppo di fili di robusto spago al centro dei quali si inseriva un listarella di legno (crostiru) che poteva girare attorcigliando i fili di spago. Questa torcitura dava la giusta tensione alla lama. Tesa come una corda di chitarra: sollecitata dalla parte liscia doveva produrre un sibilo. I denti della lama erano alternativamente, secondo la molatura, girati da una parte e dall'altra (ntrizzu). Un piccolo arnese d'acciaio consentiva di ripetere l'operazione di ntrizzatura.

Ve n'erano di varie dimensioni, adeguate all'uso. La lama aveva, di solito la larghezza di 4/5 cm e consentiva tagli lineari. Per i tagli ad arco o perfettamente rotondi si usava a serra i vociri: una lama molto stretta che, sapientemente, orientata, consentiva tagli anche circolari, ma aveva una larghezza max di 1 cm. e si teneva ad una tensione inferiore…: doveva comunque girare!

Per i tagli di grossi tronchi c'era a serra a ddu bbrazza sega per due braccia: un telaio rettangolare di legno robusto circa 5x5 per la lunghezza di circa tre mt e larghezza di almeno mt. 1,50; la lama , molto larga e potente, con dentatura adeguata, era sistemata al centro, per tutta la lunghezza, agganciata alle due basi da anelli di ferro, terminanti a piastra forata: ganci in ferro a forma di U o bulloni e dadi consentivano la tiratura per la giusta tensione e la fissazione definitiva.(vedi Chianca).

- Sgaddari:  pulire un oggetto molto, molto sporco; come se la sporcizia si fosse depositata come callo e bisogna levarlo, il callo.

- Sghembu: sghembo, di traverso, non lineare.

- Sichini senza: un modo di dire per significare presa in giro, sfotto'.

- Eh! non nci faciti a sichini senza!:  non fateci la presa in giro; non ricamate su.

- Sirraccu: (forse oggi si direbbe, italianizzato, serracchio) una particolare sega costituita da una lama di forma vagamente rettangolare (direi trapezoidale) larga da circa 15 a circa 25 cm., nella parte terminale agganciata, in maniera stabile, al manico. Di lunghezza variabile, serviva per il taglio di piccoli tronchi, rami ed assi con tagli …non di precisione.

- Sirruni: era una sega particolarmente adatta al taglio…del bosco: di tronchi di varia sezione. Costituita da una lama lunga almeno 2,50 o 3 mt. e larga circa 15/20 cm. con un lato liscio e l'altro dentato ed arcuato; la sezione doveva essere di alcuni millimetri per reggere lo sforzo e la mancanza di tensione imposta. Agli estremi degli anelli consentivano di inserire i manici in legno per la posizione di lavoro.

- Sfasulatu: (anche spasulatu – spasuliatu)  buono a nulla; senza un quattrino, spiantato. La voce potrebbe derivare dal dialetto fasolu, fagiolo e significherebbe: senza un fagiolo.Che non ha voglia di lavorare.

- Sfirrazza: arbusto (erbaceo) spontaneo del clima mediterraneo. Caratteristica principale: fusto slanciato elegante, pochissime foglie  corteccia fibrosa e legno simile al "midollo di sambuco". Utilissimo per far turaccioli...in luogo del sughero non comune nelle nostre zone.

- Sfiziu: (oppure spiziu) sfizio, desiderio, capriccio. Di etimologia incerta; entrato comunque anche nella lingua italiana, come sfizio .

- Sfottò: (anche sputtò) presa in giro; commediola.

- Sfuttiri: (o sputtiri) sfottere, è entrato nei linguaggi regionali,  prendere in giro, canzonare.

- Sgalipatu: sconnesso, malmesso... scostumato, volgare; malformato.

- Sgarbaratu: (a) senza alcun garbo; volgare; dalle forme discontinue diseguali  ed esagerate AAbbCDDgHjG, così.

- Sgarrari: (dal francese egarer, sbagliare), sbagliare, rompere, stracciare.

- Sgarru: (a, i ...sgarru) sbaglio. Nel linguaggio di "certa società" significa senza pagare....che altri pagano per ....O anche nessuno si permetta di contraddire o di agire contro le disposizioni del capo.

- Cu sgarra paga:  chi sbaglia paga. Il significato è ben chiaro! talvolta, però, viene estremizzato e si paga con la morte.

- Sgorbia: una donna con gravi difetti fisici, o dal carattere adeguato alla forma.

- Sgorbiu: a) un uomo con gravi difetti fisici e dal carattere particolare, una specie di taglia e cuci; da una parte liscia, pulisce, e dall'altra taglia, violenta, strapazza. b) una specie di piccone (detto anche globbu), con due lame, una delle quali, trasversa ed adeguata a forma di accetta: per scavare e tagliare radici ancora sotterra.

- Sgrinciu: (dallo spagnolo esguince, di sbieco): di sbieco; un po' fuori piombo...

- Sguerciu: guercio, orbo di un occhio. Atteggiamento un po' malandrino, con un occhio socchiuso.

- Sguttari: terminare, finire, impegnandosi oltre ogni limite....

- Ndaju tanta da gghianda chi porci non m'a sguttinu, pi st'annu: (intanto è un atteggiamento di...superbia: possiedo tanto) ho tanto di ghiande che, nonostante tutto l'impegno...i miei maiali non riescono a finirla...per quest'anno.

- Sigghiuzzari:  singhiozzare....dal pianto, dalle risate...

- Sigghiuzzu:  singhiozzo, singulto. Respiro mal fatto e, talvolta anche doloroso. Dal latino subgluttiare.

- Signari: segnare, appuntare, notare .

- Silipi: stoppie secche e pericolose, soprattutto d'estate, per le probabili autocombustioni (non sempre auto!).

- Simana: (da francese semaine) settimana; sette giorni lavorativi. Il concetto di settimana lavorativa, infatti, non era inteso sempre da lunedi a sabato, ma come sette giornate di lavoro!

- Simula: crusca, buccia dei cereali che si libera con la molitura; fibra vegetale. Dal latino simidalis: fior di farina. Usata soprattutto come foraggio, per il beverone dei maiali e per arricchire il pastone dei polli.

- Cacciatinci a simula: togliete il grosso, la scorza, il superfluo; pulite per bene...

- Singa:  segno, fessura. Dal latino signum.

- Singari: mettere un segno particolare, assegnare.

- Singu: segno, nota.

- U singu: era il momento in cui il fidanzato, già accolto nella famiglia della ragazza, presentava l'anello di fidanzamento e singava a zzita, segnava la sua ragazza, la quale, poi, era molto orgogliosa nel "far vedere" alle amiche u neddu du singu, l'anello del segno; dopo quest'atto, però la ragazza difficilmente troverebbe altri aspiranti, qualora non dovesse raggiungere questo matrimonio. Una vecchissima usanza imponeva alla ragazza di cambiar d'abito e di riadattare la propria capigliatura: per es. adattandosi una ciocca di capelli, facendosi u tuppu, lo chignon.  Deriva dal latino signum e signare, e, probabilmente avrebbe una matrice biblica: l'anello del segno; l'anello del sigillo.

- Sintimentu: per voler dire intelligenza, capacità, attenzione, volontà  di capire.

- Sita: seta s'intende quella naturale, prodotta dal "baco da seta", ma oggi viene usato  anche per indicar quella artificiale, di sintesi chimica.

- Smammari: svignarsela, allontanarsi, scappare, levarsi di torno. Potrebbe derivar da mamma quindi allontanarsi dalla mamma.

- Smarritu: (oh! Non significava: perduto, non trovato, smarrito)  attonito, meravigliato, sbalordito; con l'espressione quasi da idiota; attento, ma non ignorante; chi s'aspetta qualcosa, un aiuto, un'attenzione. Si usava per indicar l'espressione di un malato (grave?) che ha bisogno di conforto, aiuto, serenità.

- Smicciari: a) adocchiare, sbirciare, guardare molto attentamente; aguzzare la vista...e l'ingegno; sorvegliare con attenzione. b) aggiustare il moccolo (miccia = cordicella di cotone attorcigliato immessa nell'olio e con la parte esterna appoggiata su un canalino), questa parte s'accende e dà luce, ma si consuma carbonizzando e dev'essere...pulita) del lume ad olio (lumera), togliendo quella parte ormai totalmente carbonizzata che impedisce la produzione di maggior quantità di luce. Potrebbe (?) derivar da sbirciare.

- Smicciniari: ridurre a pezzettini, triturare...come il tritacarne.....

- Smicciniatu: ridotto a piccolissime porzioni o pezzettini. Nel senso morale...un po' leggero, pazzoide....comunque non del tutto normale, temporaneamente o definitivamente.

- Smindari: ferire, offendere, tagliare in maniera disordinata o, comunque, non elegante; rovinare un pezzo.

- Rristau smindatu:  è rimasto ferito; è rimasta la cicatrice; è evidente il taglio sbagliato.

- Si smindau cu nu cuteddu:  s'è fatto male (e la cicatrice resterà per sempre) mentre maneggiava un coltello.

- Smindatu: ferito, offeso, portatore di handicap. Veniva usato anche come soprannome, attribuito, evidentemente a chi ne aveva le caratteristiche fisiche o morali.

- Smurari:  smurare, distruggere un muro; smantellare un'opera in muratura.

- Smuratu: distrutto, sfasciato. Si diceva anche di persona un po’ svampita.

- Smuru: un muro fatto e non fatto, incompleto. Proprio perché è il contrario di muro: un'opera completa. Si diceva anche di persona che agiva contro, in opposizione alla corrente.

- Soprannomi: ve n'erano moltissimi a titolo personale ma soltanto alcuni sono passati alla famiglia, sia che fossero attribuiti al capo famiglia o ad altri membri. Talvolta il soprannome nasceva dal nome storpiato nella forma dialettale o dal cognome o dall'attività di un membro; era una sorta di "omen" latino e, quasi nessuno se ne risentiva. In una "rimata" ho riportato molti di quelli che sono venuti a mente.

- Bbudiddazzu: (uno spilungone) - Cacatedda: una ragazzina, (formosetta, anziché no!), ma troppo ciarliera; di lei si sapeva tutto, per sue stesse affermazioni! - Cappottu: non già perché usasse sempre tale indumento, perché camminando molto piegato in avanti, le falde della giacca gli coprivano le ginocchia e le anche sembrando proprio un cappotto – Cavarcalupi - Castinu - Caciondulu: di lì e di là…:l'ultimo che si gloria di questo soprannome ha circa 60 anni e, non credo, esso (soprannome) sarà ereditato. Ciunchedda (piuttosto storpio!)- Ciurna - (31.07.98) - Dannatu (però erano delle simpatiche ed oneste persone...quelle nate nel secolo XX )  Ddandera (* vedi voce Bandera) - Facciamara: il soprannome potrebbe essere stato un adattamento alla descrizione dei tratti somatici: ricordo personale di qualcuno di questa famiglia: tutti con " il viso lungo", atteggiato a tristezza e tutti di colorito olivastro. Ggiù: probabilmente Giuseppe, abbreviato e dialettizzato.- Ioli: era un ragazzone, forse molto coccolato -  Lepiru (passato anche al femminile): lepira. Il capostipite...dava ad intendere di esser...molto furbo...: un tale che camminava molto svelto, tutto curvato in avanti, come se fosse sempre in salita - Hjedila - pron. acca molto aspirata - una vecchietta che aveva alcune figlie delle quali non s'è mai conosciuto il padre , che, già vecchia viveva onestamente filando lana per conto delle famiglie agiate che pagavano in generi alimentari. Hjersu: incolto, non produttivo, sterile: in tal senso usato per indicare persona sterile, sia dal punto di vista riproduttivo che per i rarissimi o quasi inesistenti contatti umani. Krastaria o Crastaria: attribuito a persona alta e magra e vestita...male: ricordo il vecchio, capostipite e di recente (05.01.99) ho incontrato un pro nipote che...porta lo stesso...soprannome. Jempulu (al capo stipite, che ricordo bene, veniva attribuito questo soprannome per la sua accennata ...gibbosità) -  Jastreri: non saprei se esiste un capo stipite...ma ricordo una vecchia alla quale si dava questo "titolo"...di jastreri. Livardi: (dal nome del capostipite: Eduardo) - Mangialardu – Ndacca (una ragazza piuttosto...quadrata e lenta di intendimenti) - Ngoddu - Mmazzalupi (grande cacciatore, sembra che avesse veramente ammazzato un lupo)- Micu dormi - Mularotu (proveniva da una borgata, vicino Saline: Molaro) - Nasida, da Nasida: attribuito a varie famiglie che risiedevano presso giardini ...estivi ; vedi voce Nasida- Nazzioni....e, uno dei suoi figli Bbadogliu - Paulu sonnu - Pileri (un giovanottone sempre attivo, in movimento) - Rrunca (come l'arnese, roncola, con la testa piegata in avanti). Scianiatu (vedi la voce relativa). Smindatu:  (chi porta un'evidente cicatrice: fisica e/o morale) Sorta: (parecchio ironico) per una persona e, poi anche famiglia, che proprio fortuna non aveva... U ssofiuolu: (un uomo maligno oltre ogni dire, perfido!)

NB: quasi tutti i soprannomi dei quali ho memoria, si son tramandati nella famiglia e/o nelle famiglie tanto che ancor'oggi ci si riferisce indicando il soprannome del primo capostipite; per es. u figghiu i Santu i sorta - Ggiuvà i krastaria - u niputi i Ggiuvà i Kalandredda. (che poi sarebbero soltanto o, appena, i pronipoti ....dei primi titolari).

Di recente ho sentito chiamare un tale Peppi ferru: suo bisnonno - primo titolare del soprannome - è morto negli anni '40.

- Sorta: sorte, fortuna; voglia di .....

- Non mmi ti vara a sorta!:  non azzardarti di... non rischiar di fare ...

- Spaccimi: porcheria, schifezza; uomo da nulla. Dal napoletano sfaccimma, sporcizia.

- Spaccuni: (dal tedesco spachen, gradasso): spaccone, gradasso.

- Spadiddari: ammazzarsi di fatica; fare un lavoro al di sopra delle proprie possibilità. Sarebbe come rompersi le padelle (le scapole) per la fatica.

- Spalittari: sinonimo di spadiddari che indica, però, più propriamente rompersi le scapole, palitti.

- Spagghiari: levar la paglia, pulire, allontanarsi. E' la prima operazione che si compie appena finita la trebbia; occorre un venticello, piuttosto sostenuto perché faccia volar via i fili di paglia, lunghi dai 7 ai 15 cm. (vedi voce Pani)

- Ora, spagghia!: scompari! allontanati! Il termine si usava anche per ...comandare.. ad una persona di ...volar via, scomparire, subito dall'ambiente, non farsi vedere...per un po' di tempo; esattamente come il volar della paglia, lentamente ma decisamente...e subito. Si usa anche per indicare un'operazione di pulizia (anche di polizia), molto grossolana.

- Spagghiazzari: scomparire, dissolversi, non sapersi ritrovare.

- Propiu oj chi sugnu tuttu spaggiazzatu: proprio oggi che sono tutto confuso, che non riesco a dare ordine alle mie cose, idee....

- Stagnari:  vedi aspagnari

- Spampanari: il fiorire, qualche attimo dopo il vero e proprio sbocciare; l'aprirsi ed il quasi contemporaneo inizio dell'invecchiar di un fiore.

- Qunt'avi chi spampanai!: il rammarico per una giovinezza già vissuta, sia da parte di un uomo che di una donna.   

       - Spampanatu: fiorito, aperto; ma anche sfiorito...un po' su negli anni; più che maturo.

- Pariti na rrosa spampanata: (rivolto ad una giovane e bella donna) sembrate proprio una rosa nel miglior momento della sua freschezza. Ma se è rivolto ad una signora, piuttosto anziana, anche se vuol nascondere i suoi anni (e non vi riesce bene), ha proprio il significato di "ormai sfiorita".    

- Spanu: a) glabro, con poca barba incolta e peluzzi rarissimi. b) tipico colore del mantello d'equini che a causa della scarsezza di peluria lasciava intravedere, abbondantemente il cuoio, quindi un color cuoio vivo. Si usava anche con il significato di raro, rado. Si diceva, per es., na semina spana, spana: un seminato molto rado. Spanu, spanu si faci vidiri: ogni tanto, raramente, si fa vedere.

- Spanzari: franare, rompere gli argini di montagna; il rigonfiamento di un muro, o muro a secco, addossato ad una parete terroso/umida, a causa, proprio, dell'umidità.

- Senza mi spanzati: (attenzione!), senza rompere gli argini, sia detto per un'opera, che per una persona invitata a rispettare ...linearità, segretezza e gentilezza nel modo d'essere e di parlare.

- Sparaggiatu:  spaiato, disappaiato, scoppiato. Enorme, grandioso, fuori del comune, al di là delle normali possibilità di misurazione.

- Sparagnari: (dal tedesco sparen, risparmiare) risparmiare, metter da parte, accantonare; non disperdere troppe energie.

- Spariciu: asparago. Gli asparagi di campo erano molto rari e non esistevano colture. Significava anche: dispari, in disaccordo con tutti, dal carattere molto particolare.

- Sparmintari:  sperimentare, scoprire, inventare.

- Spasa: specie di contenitore, di vario materiale, spesso anche prezioso, piatto e di notevole superficie; vassoio, canestro. Potrebbe derivar dal latino expandere ampliare, allargare.

- Spasciari - sfasciari: (dal greco sparàsso, ridurre a piccoli pezzi) guastare, distruggere.

- Spasetta: dimin. di spasa.  Normalmente s'indicavano così i piccoli contenitori di confetti e dolcetti che gli sposi, nel loro giorno, offrivano ad amici e parenti...dopo aver ricevuto il regalo!

- Mi rrivau na spasetta!:  mi è giunta una notizia! un regalo.

- Spassari - spassarsi:  spassarsela.....divertirsi...perde tempo in ozio. Dal latino spatiare prendere spazio, allargarsi.

 - Spatuliari: sparpagliare, disseminare senza ordine, disperdere; ridurre a pezzettini disseminando.

 - Spera: raggio.

- Spera e' suli: raggio di sole. Cielo plumbeo, quasi nero, coperto....sottili raggi di sole che filtrano le scure nubi ed illuminano riscaldando. Si dice anche di donna bellissima o di cosa veramente desiderata come un raggio di sole durante il freddo inverno.

- A spera du liroggiu: lancetta (astina) dell'orologio che segna: secondi, minuti, ore.

- A spera du ranu; ranu senza spera: sottilissima terminazione di forma (conica) molto allungata e seghettata della spiga del grano che nella parte inferiore, comodamente formata, contiene il chicco; ma vi sono specie di frumento anche a spiga mozza.

Nel linguaggio figurato si dice per indicare la parte migliore, quella più in alto...o per specificare che non v'è parte buona, nonostante u ranu senza spica è di qualità, talvolta eccellente. A spera du ranu toccata senza le dovute attenzioni può provocare dei sottilissimi tagli alla pelle, fastidiosi ma non gravi.....Per persona gracile o di carattere debole si diceva si faci sangu quantu tocca na spera i ranu: si ferisce appena tocca una...spiga di grano.

- Spiari: domandare; far la spia, tradire.

Qualche termine:  nci spiasti?: (glielo hai chiesto?); spiinci (chiediglielo);  u spiau (gli ha fatto la spia).     

- Spica: spiga: di cereali, di mais; prima gemma di qualsiasi piantina. Parte alta di una zona delimitata; cima più elevata. (vedi spicari).

- Vu' siti na spica i ranu ammenz'o jurmanu: (linguaggio piuttosto diplomatico, comunque ...lusinga), voi siete una spiga di buon grano tra tante spighe di segale. La segale era ritenuta, pur nella sua indispensabilità, in tempi di magra un alimento per i poveri, di fronte al nobile grano. Si voleva indicare alte e nobili qualità d'animo, d'intelligenza, generosità, capacità....

- Spicaloru: (a) spigolatore, spigolatrice. Colui o colei che, dopo la mietitura con le falci cerca, con attenzione e fatica, in tutto il territorio già mietuto, delle spighe cadute ai mietitori. Il termine diventava facilmente aggettivo per indicar persona molto, molto pignola, e, pere questa caratteristica, anche, spigolosa.

- Spicari: maturare eccessivamente; perdere il turgore della giovinezza; indurire, diventar fibroso. Dal latino spicare: pungere.

- Oramai i lattuchi su spicati: ormai le lattughe sono aperte, fibrose: il fusto è cresciuto e sono comparsi i fiori e le foglie son troppo dure.

- Ndavi 'mparu d'anni chi spicau!: è da un po' di tempo che è maturo....è un po' in là..

- Foramalocchiu, spicau a 13 anni!: si dice di un (o una) giovane....non c'è male, già a 17 anni è maturo.

- Spicciari: (dal greco spércho, sbrigarsi) Sbrigarsi, fare in tempo utile, fare in fretta. Finire, terminare un lavoro  e/o finire la riserva di una cosa.

- Spicuni: spigolo portante; angolo di qualsiasi area; luogo ben definito (anche se non ha alcuna forma angolare). Si usava anche per indicare delle grosse spighe di cereali.

- Spigghiari: incitare contro. E' tipico spigghiari u cani  (si diceva, infatti: usssh..spigghilu!) incitare il cane contro.

- Senza mi'i spigghi cuntr'a mmia!: senza incitarli contro di me.

- Spignari: (vedi anche voce spignaturi) vietare l'uso di un bene, mobile o immobile, per ordine dell'A.G., la quale disponeva anche la temporanea requisizione o piombatura; in

effetti sarebbe un "pignorare" in attesa d'estinzione di un debito. E' l'esatto contrario di mpignari.

Spignari: la volontà dell'azione viene esercitata da un terzo: l'A.G. che dispone il pignoramento.

Mpignari: la volontà viene esercitata direttamente dall'avente diritto...porta i suoi beni ad un monte di pegni, chiede un credito con contestuale, temporaneo, pignoramento di un bene....

- Spignaturi: pignoratore. Chi aveva debiti nei confronti del Comune, Stato e, non riusciva  (o non voleva) a pagarli veniva assoggettato, per ordine del Pretore, ad un pignoramento cautelativo di beni immobili e, talvolta anche di mobili, ad eccezione dell'indispensabile per vivere: letto, sedie, tavolo, indumenti, Naturalmente l'A.G. si avvaleva dell'Ufficiale Giudiziario, il quale veniva accompagnato, spesso per l'individuazione dei luoghi e/o il riconoscimento delle persone, da un incaricato del Comune. Di fatti l'Ufficiale Giudiziario veniva dalla Pretura di Melito, mentre l'accompagnatore era un tizio di Montebello soprannominato  Fifiiu. Il ricordo evoca l'immagine di quest'ultimo figuro: allampanato, altissimo, sempre vestito in nero con un cilindro nero in testa; vestiti unti e lisi (era quasi normale nel periodo pre-bellico), dal passo lungo e dinoccolato insomma  chi porta scalogna! Da ciò è nato il modo di dire: pariti nu fifiiu, sembrate un porta sfortuna, la vostra presenza porta male etc., soprannome di tanto in tanto usato ancora da persone di un certa età per indicare, appunto, un tizio con le caratteristiche descritte. Sembra omonomatopeico! leggero come un fischio.

- Spingula: comune spilla da balia; spilla  con chiusura di sicurezza; qualcosa che riesce appena ad appuntare temporaneamente e... senza eccessiva tenuta. Dal francese èpingle.

- Siti mpuntatu chi spinguli?!: a) siete troppo suscettibile, sensibile, eccitabile, b) non avete proprio tempo, sempre in fretta di qua e di là; c) non legate, definitivamente, con nessuno: ci tenete troppo alla vostra ...libertà.

- Camora u mpuntamu chi spinguli: per ora lo appuntiamo solamente, temporaneamente, con sole spille. Si dice pure quando si vuol trattenere, brevemente, una persona...anche contro la sua volontà.

- Spiritari: aver paura, eccessiva ed inutile paura. Essere invasi dagli spiriti maligni.

- Non ti spiritari tantu: non dar tanto in escandescenze; non aver tante paure inutili.

- Spiritata: invasa dal demonio, paurosa.

Come soprannome e per antonomasia era usato per indicare, nel senso più gentile, una donna che esercitava pubblicamente ....il mestiere più antico del mondo. A memoria: v’è stata nel Paese, intorno agli anni ‘40, una ragazza...invasata dal demonio, ma poi esorcizzata....non ha avuto titolo al soprannome, nonostante, negli anni....abbia... usato....e, osato .

- Spiritatu: invaso dal demonio; una persona sottile sottile, pavido che si muove a scatti, quasi saltellando.

- Spisidda: (dal greco spìtha, spìnthér, scintilla) scintilla, fiammella. Qualcosa che corre velocemente e velocemente finisce, e muore.

- Spittidda: scintilla; piccolissima cosa o bimbetto; pochissima attenzione.

- Curri (vola) comu na spittidda: corre, vola, come una scintilla.

- U carbuni bbrusciatu faci sulu spittiddi: il carbone scotto, bruciato, eccessivamente maturo fa solo scintille... si fa soltanto notare, senza produrre effetti: brucia senza riscaldare; così anche di alcune persone...che fan soltanto scintille...e, basta

- Spizzicari: sfogliare, osservare attentamente.

- Spizzicari i carti: aprire la carte a poco a poco per gustar la sorpresa.

- Spogghia: sfoglia; buccia esterna, scorza di protezione.

- E' dduru i spogghia: è duro di pelle, di testa, di scorza.

- Sponziari: lasciar intendere di aver molto denaro..... spesso, soltanto lasciare intendere. Offrire, pagare, pavoneggiarsi, atteggiarsi.

- Sportaru: artigiano che produce le "sporte" (vedi trappitu) utilizzando sottilissime strisce di legno di castagno giovane ed intrecciandole in maniera da ottenere contenitori tipici. In paese solo qualcuno sapeva far questo mestiere.....ma si usava come soprannome o indicativo di famiglie.

-Spraticu: (dal greco praktikòs, prec. dalla s negativa, inesperto) inesperto, non a suo agio con l'attività che sta svolgendo. In senso molto lato anche incapace.

- Spriggitari - spriggitarsi: sbrigare, sbrigarsi, far presto, adattarsi al momento tenendo conto della situazione.

- Spudargari: togliere le foglie superflue alla vite per lasciare i grappoli al sole, sfoltire. In senso figurato: tagliarsi i capelli...proprio appena una "sfoltita" appena, appena.

- A vvui, ndav'assai chi vvi spudargaru?: voi, è da molto, che siete stato pulito?, derubato o anche ripulito, civilizzato; introdotto in un certo ambiente.

- Spudargatina: foglie e rametti tolti alle viti da vino. Ciò che è superfluo e, quindi dannoso.

- Spudargata: vite già pulita dalle foglie superflue. Si diceva anche per specificare l’operazione di pulizia, quella della Polizia.

- Spulicari: cercare con molta attenzione; raccogliere tutto, denaro soprattutto.

Nel periodo bellico (e successivo) era frequente l'infestazione di pidocchi, ma non esistevano, o almeno non avevano gran diffusione rimedi efficaci...e allora si ricorreva alla pulizia della testa, facendosi aiutare....per schiacciare i pidocchi; quest'operazione si chiamava spulicari: cercar con molta attenzione e pazienza. Gli insetti venivano schiacciati con l'uso delle unghie dei due pollici; non a caso il pollice, nel linguaggio....molto, molto familiare, veniva chiamato scacciapidocchi.

- Si mmi veni a ttiru, ti spulicu eu: se mi capiti a tiro... te le conto quattro; ti rinfaccio tutte le tue malefatte; ti ripulisco ben bene, al gioco. (qualsiasi gioco).

- Spulicatu: ben pulito, ben netto. Era un soprannome facilmente attribuibile a chi non possedeva alcunché, o aveva perso tutto: malvestito, un po' dinoccolato, apatico.

Memoria: era un tale, pare originario di Montebello, che non aveva voglia di lavorare, ma  si arrangiava esercitando il mestiere del mediatore (sinsali): procurava matrimoni, procacciava affari, faceva avvicinare...anime in pena. Naturalmente esigeva un'adeguata "tangente". Era noto, soprattutto per il suo fisico longilineo, affilato, un po' gobbo, e, per il fatto che usava sempre calze di color rosso. Naturalmente non era "molto ben visto", tant'è che il termine usato, nei confronti di altre persone...era piuttosto offensivo, proprio per la dubbia linearità morale del tale sinsali.

Ovviamente bisognava star molto attenti prima di dire a qualcuno cazzetti rrussi (pronuncia: zeta dolce), sinonimo di sinsali  e quindi di spulicatu.

- Spuntu: vino non riuscito per cattiva fermentazione; tendente all'aceto. In questo senso era un attributo non gradito, diretto a chi ne aveva il carattere.Vedi le voci vinu, parmentu.

- Spurìa: una striscia di terreno segnata da due solchi principali. Serviva: a) a determinare gli spazi per potere spandere la semente; b) a valutare il lavoro; c) a consentire un'approssimativa stima del prodotto.Vedi la voce  ratu. Dal greco sporia, seminagione.

- Ssa, ssi, ssu: codesta, codesti (codeste), codesta.

Si racconta: che un tale avesse ricevuto un anello simbolo di fidanzamento ( intorno agli anni 1930, molto raro per l'epoca!) e, volendo farlo notare agli astanti, si trovava con i suoi amici, evidentemente, per indicare un certo oggetto, anziché usare, normalmente, l'indice della destra, abbia usato l'anulare della sinistra datimi ssu bbiccheri (datemi codesto bicchiere), con immaginabili risate e... conseguenti ... scherzetti, un po' salaci.

 - Ssicundari: (proprio per le bestie di allevamento) : dopo il parto naturale, perder la placenta...che doveva esser tagliata da parte dei padroni che assistevano al parto.

- Ssicutari: inseguire. Chiaramente siciliano.

- Ssilari: (anche spilari) aver voglia di..., desiderare.

- Ssilu: (anche spilu) desiderio, voglia, piacere.

- Ssò - ssoccà - ssoddà: incitamento ai maiali ...per allontanarli o richiamarli.

- Ssociazzioini:  vedi a ssociazzioni.

- Ssumicari: (anche spumicari, assumicari) un modo per “togliere il malocchio“. La superstizione faceva parte, quasi normalmente, della cultura contadina: quindi le varie credenze ed i metodi per eliminare o attenuare il “malocchio“.

Personale ricordo. D’abitudine almeno una volta l’anno, subito dopo la Pasqua si provvedeva a quest’operazione procedendo così: del fuocherello a brace fatto con legnetti di vite in una paletta metallica (evidentemente!), qualche grano di incenso, delle foglie di rramaliva  (foglie dell’olivo benedetto giorno delle Palme), opportunamente messe a bruciare a forma di croce ..la paletta tenuta per il lungo manico e, di tanto in tanto, aggiungendo incenso...in giro per tutta la casa, o facendo passar tutto in tutte le direzioni sul corpo di chi aveva subito il malocchio, recitando delle preghiere?, parole, comunque incomprensibili alla logica dei bambini. Ne ricordo soltanto qualche passaggio che era stato insegnato anche a noi e che dovevamo usarlo quando squillava la campana della Risurrezione facendo anche l’atto di buttar sabbia o terriccio sui tetti delle case : sciù...sciù...sciuccà surici e scurpiuni chi rrisuscitau nostru Signuri  (via, via di qua! topi e scorpioni, come se rappresentassero il male, il peccato, poiché è risuscitato nostro Signore) e, certamente delle altre ormai sfuggite dalla memoria. E’ bene dire che quelle nonne, mamme che esercitavano questa funzione erano, gente di Chiesa, timorate da Dio, con l’avanzar degli anni, pochi hanno appreso  quest’arte soprattutto perché c’è stata la convinzione conseguente al progresso culturale che  era soltanto soltanto superstizione! Tuttavia v’e n’è ancora di gente che crede e che paga per farsi ssumicari.

- Ssundili: la rondella posizionata in basso, del  fuso. Di legno più pesante, proprio, per consentire maggiore velocità nei giri del fuso sia per la "filatura" che per la  "torcitura". Potrebbe essere onomatopeico, in quanto il fruscìo che produce girando è quasi simile al suono: sssssssu.(Vedi Fusu).

- Ssurtatu: (forse anche il verbo - molto raro, però - ssurtari) fortunato, chi ha “sorte“ il termine potrebbe essere un residuato del linguaggio spagnolo nel quale è frequente aver sorte, con un po' di sorte, se c’è sorte per dire aver fortuna, con un po' di fortuna, se c’è fortuna.

- Stagghiari: (dal greco stalikono, terminare, metter limiti) interrompere, arrestare, svezzare; allontanarsi da; crescere, diventare adulti. Smettere di dare il latte materno.

- Vu ndav'assai chi ssiti stagghiata: voi è da parecchio che siete stata svezzata, che siete adulta...o, navigata.

- Ampena stagghiai a figghiola restai danovu 'ncinta: appena ho svezzato la bambina son rimasta di nuovo incinta (quando le mamme allattavano al seno?!).

- Stagnata: è anche voce del verbo stagnari, quindi un oggetto riparato con lo stagno; un recipiente di forma cilindrica con manici, di varia capienza, realizzato da artigiani del posto, in latta o lamiera di zinco.

- Stagnatuni: un recipiente di forme e dimensioni più grandi di quello già descritto alla voce stagnata.

- Stallatò: (anche stalattò) quella condensa umida e sporca di fumo che cola, in inverno, dal tetto delle cucine con focolaio all'antica e lucernaio, liquido di color marrone scuro appiccicaticcio e puzzolente di fumo.

- Si tti spreminu a ttia mancu stallatò nesci: per chi è tirchio, avaro, all'inverosimile:...proprio se ti pressano...non spunta fuori niente...non un soldo e nemmeno quel liquido scuro e puzzolente; sei proprio arido, senza alcuna sensibilità.

- Stampa: (dal greco stàgma, stilla d'acqua che cola) un poco; una briciola.....

- Stantaloru: (plur.stantalora) stante, stipite, albero secco diritto e senza rami. Si usava per indicar persone della stessa fatta: oneste, diritte, capaci.

- Sterica: conseguenze del meteorismo, (aerofagia), frequenti eruttazioni....con relativo sollievo Era tipica di persone anziane e sofferenti le quali, peraltro, non potevano trattenere o camuffare lo sforzo ...ed il rumore ....dei  rutti. 

- Stidda: stella, con tutti i significati scientifici e romantici.

- Nda stidda du frunti: al centro della fronte...si dice così, perché alcuni animali hanno nella loro livrea una segno particolare al centro della fronte, quasi a forma di stella...e, anche perché con gli anni le inevitabili rughe si orientano quasi a raggiera (stella) al centro della fronte.

- Stiddazzu: la stella del mattino, quella che precede di poco l'alba.

- Ti spuntau u stiddazzu?!: è apparsa anche per te la stella del mattino. Ma spesso, in senso ironico, sarcastico: ancora non hai finito quel lavoro...aspetti proprio che arrivi la luce dell'alba.

- Stifiddu: (o stihiddu, con acca aspirata) tappo d'ovatta di cotone da introdurre nell'alveo di una ferita durante le medicazioni con lo scopo di tener separati i lembi evitando problemi di setticemia.

- Stigghiola (stigghioli): budella (intestino tenue) di un animaletto ancora lattante. Le budella del caprettino sacrificato erano una leccornia per gli intenditori...se cotte in un determinato modo: pulite ed aperte, avvolte a matassina su un pezzetto di grasso e fritte, aromatizzate con aglio, prezzemolo alloro e peperoncino. Per il sistema d'avvolgimento a matassina venivano, frequentemente, dette, dopo cotte, anche gghiombaredda, appunto: matassine, gomitolini ...

- Nci stringiju a stigghiola: gli si sono strette le budella. Si usava per indicare una persona troppo magra o che non aveva ...voglia di alimentarsi adeguatamente.

- Stintinu: (ntistinu) intestino, ma anche le budella tutte.

 - Stintiriuni: gli intestini in generale. Usato piuttosto per indicar gli intestini degli animali. Nel senso spregiativo indicava qualsiasi parte interna del corpo.

- Stramandari: allontanare, deviare; allontanarsi dalla retta via, dal vicinato, dai parenti; scomparire. Si usa anche si stramandau  per dire s'è perduto, è scomparso.

- Stramandatu: scomparso, un po' pazzoide, leggero di testa; ma anche allontanato per sua volontà o per volontà dei suoi. Si diceva stramandata  per una donna "uscita dalla retta via".

- Strambu: (dal greco strabòs, obliquo): strano, stravagante, un po' stupido, ma anche obliquo, non perpendicolare, non ortogonale, ...di sghimbescio.

- Stramenti: non appena, intanto, frattanto, nel frattempo.

- Stramenti chi ssi fannu i pumadora: appena maturano i pomodori.

- Strappa: striscia di cuoio liscia e lucida sulla quale i barbieri riaffilavano i rasoi. Normalmente agganciata, per mezzo di un anello, ad un chiodo fisso al muro, impugnata con la mano sinistra per tenderla, vi si faceva passare la lama del rasoio, tenuto con la destra, avanti indietro, dai due lati, più volte. Spesso, però, i "vecchi maestri", quando non avevano l'aggancio al muro, chiedevano al cliente di reggere la parte ad anello....conseguente dondolio ...risate.

- Strascicu:  residuo, segno, ciò che resta, traino ; solco lasciato dal traino di materiali.

- Strascinafacendi: nullafacente; buono a nulla.

- Strascinatini: era un voto ad una Santità, secondo il quale si dovevano trascinar sulla nuda terra la lingua, le ginocchia, le palme delle mani etc.

- Strata: strada, via, vicolo. (dal greco bizantino strata).

 - Streusu: strambo, falso, inetto. Dal latino abstrusus complicato.

- Streva: accessorio della soma degli equini. E' una cordicella che unisce tra di loro le parti terminali dei due circhi, serve per adattare il carico agganciando le altre corde.

- Stricari: strofinare, stropicciare. Il termine, con il significato di offendersi, adontarsi, è di importazione della zona della Locride.

- Strica vecchia chi mi piaci: come per dire, va bene così! Continua.

- Stricateddi: a) specie di carezze a mo' di massaggio su una parte dolorante sia per trauma improvviso sia per ...reumatismo; b) sorta di minestra, fatta in casa, con  farina di cereali, soprattutto grano.

Personale ricordo: la nonna  faceva bollire in una pentola dell'acqua già salata , nella giusta quantità...per la numerosa famiglia, mentre in un recipiente accanto al focolare teneva la  giusta quantità di farina e...ancora accanto, economia anche nei movimenti, teneva una ciotola con dell'acqua fredda. Procedeva così: bagnandosi le mani nell'acqua fredda, le passava velocemente sulla farina e quindi le stropicciava sulla pentola a bollore, quella parte di farina che rimaneva attaccata prendeva vagamente la forma di " spaghetto" molto corto ed irregolare che, cadendo subito nella pentola prendeva bollore e non s'attaccava. Continuava così fino a raggiungere la quantità sufficiente per il pranzo, a parte, naturalmente, il sugo! 

Dalla funzione che assumevano le mani, nei loro movimenti, stropicciare: "stricari", cioè passare velocemente un palmo sull'altro naturalmente, mentre si apparecchiava la tavola e si attendeva con gioiosa speranza, prendeva nome la ricetta per il pranzo "stricateddi al sugo di pomodoro".

Questo tipo di pasta secca, ora, è in commercio ed avrà, certamente  un nome. M'è capitato, nella vita girovaga, credo in Germania, di vedere - in un Ristorante...con la R maiuscola - servire questo tipo di pasta; ho chiesto il nome....che ora sfugge.

- Strigghia: striglia. Specie di  raspa ottenuta con delle lamiere rigate e giustapposte su un supporto con una specie di manicotto: serve per pulire i cavalli passandola talvolta lievemente talvolta con energia su tutto il corpo in modo da tirare i peli superflui e frizionare la pelle degli equini.

- Strigghiari: strigliare, ripulire. L'operazione è tipica delle pulizie che si fanno agli equini, ma il termine è usato anche nel significato di strizzare, stuzzicare..

- Strigghiata:  l'operazione con la striglia: strigliata, ripulita, strizzata

- Accà, quantu mi strigghiu: eccomi, mi do appena una pulitina....e sono pronto.

- Datinci na strigghiata!: un buon rimprovero; una buona strigliatine per attirare l'attenzione, per far rigar dritto....

- Strigghiatilu bonu, bonu: ripulitelo per bene. Ripulire anche nel senso morale, della dignità, delle responsabilità.

- Stringiri: stringere, ridurre; adattare a dimensioni più piccole. Costringere, indurre.

- Stringiri: il verbo veniva usato (contr. llargari), soprattutto in terza persona, per indicare uno stato o un passaggio del tempo atmosferico.

- Stringiru i tempi: è arrivato l'inverno, il tempo piovoso, il cielo plumbeo.

-Comu stringi u tempu: appena cambia, appena diventa piovoso.

- Strippa: sterile, vuota, infeconda: sia animali sia donne. Potrebbe derivar dal greco, steriphos, improduttivo.

- Stroffari: (vedi Struffari).

- Strolicu: un po' strambo, non del tutto normale. Il termine potrebbe derivare da “astrologo“ e, poiché l’astrologo studia gli astri guarda sempre in alto, verso il cielo quindi poco attento alle cose...terrene, cioè che stanno terra terra. Assumeva anche il significato di ciarlatano, imbroglione, spaccone.

- Strubbiu: disturbo, ostacolo; brutta occasione, circostanza.

- Malu strubbiu!: che brutta occasione! che circostanza particolarmente cattiva. Si usava anche per indicar persona con carattere ed attitudini piuttosto insane.

- Struffari: pulire il terreno da cespugli erbacei o legnosi; pulire, in generale, il terreno ed adattarlo alla semina.

- Struffatu:  pulito, libero .

- Ndo struffatu:  nelle zone pulite... a zero!

- Struggia: strage, distruzione , macello (fare un macello) Dal latino destruere, distruggere.

- Struncatura: ciò che resta dopo aver tagliato, qualsiasi cosa, a dimensioni idonee e consuete. Nella piana di Gioia Tauro s'indica, per antonomasia, una sorta di pasta di casa arrotolata in maniera da somigliare, soltanto somigliare nella forma esterna, a degli spaghetti piuttosto grossi e grossolani. Era, negli anni della guerra e subito dopo, quella parte di tabacco che restava dal taglio dei sigari cioè (i sigari venivano arrotolati a mano e quindi potevano aver forme e dimensioni diverse da quelle normalmente previste) la parte delle punte estreme, quasi sempre parti di foglie fibrose e dure; era venduto in pacchetti, maleodoranti, come tabacco da pipa: i fumatori, però, dovevano, poi, stropicciarlo nel fondo della mano per riempire la pipa .

- Strunzu:  stronzo, maligno, perfido; stupido, inetto.

- Strunzu: erano anche i "residui fisiolgici" degli animali "na cacata". S'indicava in maniera particolare quella degli equini, per la forma, consistenza e....profumo. Si indicava nel senso spregiativo per gli uomini. Anzi il termine diventava specifica antonomasia per determinate persone che agivano esattamente con perfidia, invidia, superbia....ed incapacità.

- Struppicari: (dallo spagnolo tropezar, inciampare)  inciampare; cadere in malo modo. Vedi anche attruppicari.

- Struppicata: caduta a seguito di un inciampo. urto violento di un piede contro un ostacolo di solito per distrazione e/o eccessivo senso di sé.

- Stuiari: (dal francese estoyer, pulire) pulire con un panno, asciugare.

- Stuppari: (dal greco stuopòno, otturare) otturare, chiudere, ostruire. Vedi anche attuppari.

- Stutari: spegnere. Dal latino ex tutare.

- Subbia:  una leva del telaio antico. Serviva per tener fermo il rotolo con l'ordito.

- Subbiola: un piccola leva del telaio antico, Serviva per sorreggere, temporaneamente, i fili dell'ordito.

- Subbiu: un arnese di ferro atto a far leva corta e/o anche a scavare nella roccia e nel cemento: con una parte appuntita e l'altra atta a ricevere i " colpi del martello" o della mazza . Sempre con lo stesso significato ma di dimensioni diverse; ve n'erano alcuni, cosi detti "a ddu mani, a quattru mani" che dovevano esser sorretti da due o quattro mani, quindi molto lunghi e robusti.

- Succhiru: accessorio metalico per porte e finestre. Ferri lavorati che servono per la chiusura- apertura dall'interno e/o dall'esterno.

- Sullicitu: sollecito, svelto, pronto, attento. Ma era anche una contrazione dei termini "se è lecito", se mi è consentito, se è permesso, se non da fastidio.

- Sumbettiru: (o anche simbettiru, simpessiru) anche, e, soprattutto al femminile, consuocero. Dal greco bizantino sympentheros.

- Sumeri:  (usato raramente da persone venute da altri paesi) asino, somaro; quest'ultima grafia si adatta meglio alla traduzione ed al significato: da soma, che, altrove si diceva suma.

- Suppizzata: soppressata, insaccato di carne di maiale. Per realizzarle si usavano le parti grosse del crasso del maiale, come contenitore di carn, misto grasso e magro, tagliuzzate, salate ed aromatizzate (semini di finocchio, pepe nero, peperoncino.... e, un po' di vino rosso) quindi lasciate  seccare per circa due mesi (vedere la voce porcu). Si diceva di persona piuttosto robusta o grassoccia; per una giovane donna si usava meglio suppizzatedda.

- Curanza: (anche soranza). E' anche affetto da sorelle. Praticamente, però, si voleva indicare il periodo di malattia garantito dalle assicurazioni. Dal francese assurance. Il termine, evidentemente è giunto dalla Francia con il ritorno temporaneo dei primi emigrati. Ma significava, nel linguaggio figurato della gente che apparteneva all’onorata società, la famiglia proprio della …"società".

- Surbizzu: servizio, cosa da farsi.

- Ahiju a fari ‘n surbizzu:  devo fare una commissione ma significa anche devo far qualcosa al WC.

- Surbizzu fattu nd’havoi locu:  ogni cosa già fatta...è già fatta! trova la sua giusta collocazione!

- Surbizzeddu: servizietto, cosa da poco, piccola commissione....ma anche far pipì.

- Suricera: trappola per i topi; topaia.

- Surici: topo, topolino, ratto, topo di campagna.

- Suriciazza: un topo molto grosso. Una donna di grandi esperienze...

- Suricicchiu: un topolino piccolo piccolo. Un aggeggio che serve per chiudere porte, finestre, cancelli.... (vedi anche la voce mandagghiu).Persona capace di....entrar dovunque.

Uno scioglingua...da bambini:

                        Chiovi, chiovi, chiovi

                        la gatta si ndi mori

                        e lu surici si marita,

                        cu la coppula di sita...

Piove, ma il topolino non si preoccupa, meglio ancora se il gatto muore....si agghinda per bene , con il berretto di seta e, si sposa.

- Suricignu: color topo. Si diceva anche di persona molto attenta e furba.

- Suriciorbu: talpa. Per tradizione le talpe, poiché vivono sotto terra, si pensa siano senz'occhi. E' usato come epiteto per gente che vive nel sottobosco.

- Suriciuni: una persona di grande mole; un tale molto intelligente, furbo....malizioso.

- Surra: le parti rosse (muscoli) della carne.. di maiale

- Sursimentu: malattia dei suini che, sembrerebbe provocata da un verme del genere "tenia" Gli animali infetti da questa malattia presentavano estese zone di foruncolosi cutanea. La tenia si annidava in tutti i tessuti (rossi), provocando delle cisti molto appariscenti. Le carni cotte o sotto sale non provocavano infezioni per l'uomo; ma bisognava tenerle sotto sale per almeno due mesi; quindi, soprattutto per gli insaccati, l'utilizzazione era molto ritardata... rispetto alle necessità delle famiglie: ecco, dunque, il danno economico! La malattia sembrerebbe debellata: non si corre,  rischio d'infezione!.

- Susellu: baldacchino . Si usava il modo di dire nchianari a 'n susellu: prender posizione, salire gradini della scala sociale; atteggiarsi .

- Suttana: la sottoveste; ciò che sta di sotto .

- Suttanu: che sta di sotto ; subordinato.

- Suttapanza: cinghia di cuoio o di robusta tela che regge il basto degli equini, passando proprio sotto la pancia e legando le due parti inferiori (del basto).(Vedi voce barda)

Spesso si volevano indicare gli accorgimenti delle donne per il proprio fisico: reggiseno, eventuale, busto di sostegno etc. Di conseguenza, non era difficile usare il termine nel senso contrario: fimmini senza suttapanza, donne senza ritegno, che non hanno freni morali.

- Svinari: (pron. sbinari) la fuoruscita repentina di acqua o...sangue da una vena.

- Nci svinau an' sangu:  gli si è aperta una vena ed è fuoruscito del sangue.

- Svinau na vina d'acqua: è venuta fuori una piccola sorgiva d'acqua.

- Si svinau: s'è svenato; ha speso tutto; s'è ridotto all'osso!

- Si...svinu eu!: se comincio a parlare...a dire....molti avrebbero da teme Curri ( vola ) comu na spittidda: corre, vola, come una scintilla.

- U carbuni bbrusciatu faci sulu spittiddi: il carbone scotto, bruciato, eccessivamente maturo fa solo scintille... si fa soltanto notare, senza produrre effetti: brucia senza riscaldare; così anche di alcune persone...che fan soltanto scintille...e, basta

re!