LETTERA "L" (AGGIORNATA AL 05/08/04)

DIZIONARIO

-Labbra: le labbra.

-Labbrazzi: soprannome per persona "ornata" da questo attributo piuttosto visto: sia uomo che donna.

- Labbru: le labbra, il bordo, l'orlo. Dal modello greco Khilos.

- Laccìari: (vedi. acciari)  tritare finemente, tagliuzzare (di carne o di altre vivande). Certamente dal francese hachier: tritare, sminuzzare.

- Lacciata: residuo del latte cagliato: siero. Dal latino lac lactis, latte.

- Puzz'e lacciata: era la figlia di una pecoraio, evidentemente portava il sentore di casa; proprio perché, a quei tempi, il guardiano del gregge era anche il "casaro" e lo faceva in casa propria con le conseguenze del caso.

- Laccìiata:  carne già tagliuzzata finemente pronta ad essere insaccata per salsicce e/o soppressate.

- Lacciu: catenina ornamentale... d'oro, d'argento o, di chincaglieria.

- Lagnusu: (a) lamentevole, che si atteggia a malaticcio.

- Lahjnu: (a) (potrebbe essere anche lafinu) colore del mantello delle capre: mezzo bianco e mezzo castano con muso bianco. Questa capra  si allontana  facilmente dal gregge ed è individuabile a causa del suo mantello. Dal greco elaphinos, di color cervino. Il termine era usato essenzialmente per indicare una capra piuttosto discola, disobbediente e in questo senso anche per una donna .

- Crapa lahjna: disobbediente, disordinata .

- Lamiari: (dal greco limòs, fame):  esser travagliato dalla fame. Desiderare ardentemente un alimento.

- Lampa: lampa. Ve n'erano  a) a petrolio e b) a olio d'oliva. Servivano, evidentemente, per far luce, segnare, segnalare ma anche per onorare e ricordare: l'altare la Chiesta il Sacramento da onorare. a) quelle a petrolio erano costituite da una base alloggiamento nella quale trovava posto il combustibile e il nastro di puro cotone che si accendeva, lo stoppino, u micciu, una struttura portante ed un vetro a forma di pera per evitare rotture a causa del calore; b) normalmente s'intendeva la lampa "sempre accesa" all'Altare della Chiesa: un bicchiere con tre quarti d'acqua ed un quarto d'olio e sopra, galleggiante, una sorta di triangolino di legnetti ed un fiore appassito che fungeva- molto bene, in verità, da stoppino.

- Lampiunaru:  chi provvede ad accendere i lampioni.

- Lampiuni: lampione. Antico sistema d'illuminazione stradale. I lampioni: due tronchi di piramide quadrata giustapposti per la base maggiore, erano realizzati con gli spigoli in rame battuto e lastre di vetro, all'interno vi si poneva a citulena (vedi. voce), per l'illuminazione notturna stradale, buon merito degli amministratori del ventennio. Nell'immediato dopoguerra, con l'estensione della rete elettrica anche ai piccoli (più o meno) paesi, ...i lampioni sono scomparsi: oculatamente fatti sparire da accorti collezionisti di cose antiche.

- Lampiuni: gabbia di vetro, a protezione, dell'apparecchiatura che produceva luce: ve n'erano molti in vari angoli del paese, in rame battuto e lastre di vetro e v'erano anche, un incaricato, pagato, per accendere durante la serata e rifornire di carburo ed acqua sufficienti per un certo periodo. (vedi beccucciu).

Ricordo : Da ragazzini avevano imparato ben presto che aggiungendo dell'acqua al carburo di calcio si produceva un gas che, con opportuni accorgimenti poteva anche essere esplodente...ed allora? buon passatempo nelle serate autunnali o primaverili: una leggera fossetta scavata nel terreno, una scatolina di lucido per scarpe (cromatina)  la parte inferiore con un piccolo foro al centro, il carburo nella fossetta....e dalla scatolina l'acqua a gocce, il tutto ben chiuso e tappato con terra bagnata; il gas prodotto...ad un certo punto scoppiava, mandando in aria terriccio e sassolini.. ma produceva un bel "botto". Anche per questo gioco i soliti sotterfugi: rubarlo ai genitori, prelevandolo dalla riserva  che serviva per l'illuminazione , individuare la migliore zona del terreno

(possibilmente in vicinanza di stradine)....e, sotto a chi tocca.... a chi fa il più gran botto, con le conseguenti scommesse e successive prese in giro ai concorrenti deludenti.

- Lampiuni: ceffone, schiaffo.

- Lancedda: anfora di latta o zinco o terracotta per liquidi. E' anche una misura per il vino (vedi vinu). Dal latino lancella, piattino.

- Landa: (o lanna) latta, ma anche recipiente di latta di varie forme e dimensioni. Dal latino lamnina, lamiera.

- Lapa: ape. Qualificativo che si attribuiva ad una persona dal carattere dolce, sensibile.

- E’ na lapa di meli: è una persona dal carattere così dolce da sembrar proprio un'ape...quella che produce il miele.

- Attia lapa!: un incitamento, verso il positivo, a chicchessia

- Lapardeu: (dal greco lapàsso, lapàzo, saccheggiare, rubare): scroccone, disonesto. Chi abusa della fiducia accordatagli; chi commette azioni...innominabili. Potrebbe essere una derivazione di "alabardiere" e, quindi, scroccone.

- Lapiru: (a) persona furba,intelligente,operosa, attenta. Si usa nel discorso diretto interpersonale.

- Ti sacciu lapiru!: ti conosco bene;

- Attia lapiru!: (voglio vedere cosa sei capace di fare) intelligente, intelligentone; spesso usato con ironia e sarcasmo.

- Lappara: (anche llappara) errore grossolano, strafalcione, ma anche carne cadente, flaccida, senza turgore. Dal greco lapara, ventre, addome flaccido.

- Lapparati:  parole a vanvera, senza senso. Talvolta, però, con significato triviale.

- Lardu: lardo, il grasso del maiale (nei tempi) ottimo alimento soprattutto nei periodi freddi ora, ai giovani "fa schifo" perché è molto grasso! Il contadino di una volta, invece, ambiva avere  una volta durante la giornata un trozzu i pani e un mmorsu i lardu (un pezzo di pan secco con il lardo). Ha anche il significato di ricchezza, abbondanza. Undi u lardu mpendi, a mmalappena u cavulu cundi: dove c'è abbondanza, c'è anche avarizia, tirchieria. Voleva dir soprattutto: dove c'è abbondanza non c'è carità! Il lardo si teneva appeso, in ambienti freschi, per asciugare, ma non seccare, pertanto, si voleva dire che, dove c'è tanta quantità di lardo appeso (ricchezza), spesso non si riesce a mettere un po' d'olio per condimento....dei poveri .

- Largasia:  vedi. allargasia

- Lariu: (voce non indigena; parrebbe di importazione siciliana)  sporco, stupido.

- Larma: lacrima, goccia. Una piccolissima quantità di qualsiasi cosa.

- Lastra: a) lastra; strato sottile di qualsiasi materiale

b) (anche gliastra, agliastra): capretta di circa due anni, non ancora adatta alla riproduzione o, comunque, non ancora utilizzata per la riproduzione, cioè...vergine. In questo senso si utilizzava anche per indicare una giovane donna....che, seppur ancora, ufficialmente non sposata...poteva avere avuto le...sue belle esperienze.

- Lastricu: pavimento, impiantito: in cemento, mattonelle, terra battuta. S'indicava così il livello del suolo, ancorché di piani superiori. 

Si rridduciu o lastricu :  s'è ridotto al lastrico; non ha più nulla, ha perso tutto . Si usava anche per indicare il caratteraccio di alcuni,…, proprio ridotti al lastrico.

- Lattariari: arrabbiarsi, rodersi dentro, prendersi troppe preoccupazioni, agitarsi. Nel linguaggio parlato, secondo i casi, può significare anche bisticciare, litigare. Dal greco laktarizo, desiderio ardente.

- Lattuca: lattuga, vegetale commestibile di ottimo gusto sia crudo che cotto; d'abitudine è utilizzato come contorno dei secondi piatti. Per il fatto che le foglie della lattuga tendono a chiudersi verso l'alto, conservandosi all'interno, di un bel colore verde chiarissimo, quasi bianco, il termine viene anche utilizzato per indicare chi si chiude in se stesso per garantirsi e/o garantire gli altri ;

- Lattuca ncappucciata: (esattamente) lattuga chiusa in alto a mo' di cappuccio, ma tenera e fragrante; donna di casa che conserva i valori antichi;

- Lattuca spicata: (il contrario) con le foglie già aperte perché troppo matura, con le foglie fibrose e ruvide, ma conserva all'interno la parte centrale, a curinedda ancora buona. Si dice di persona che, pur conservando dentro di sé la propria bellezza, esternamente, oramai, va verso il decadimento.

- Curinedda 'i lattuca: la parte interna e più pregiata della lattuga. Come se si dicesse il fior fiore!

- Lattuchedda: lattuga molto buona e non solamente una piccola lattuga, parte del taglio delle carni di bovino, molto tenera che si trova verso la parte terminale del costato e prima della coscia.

- Laura: a) Laura, nome di donna. b) Laurea, titolo accademico: raramente usato, perché pochi erano coloro che n'erano in possesso. c) atteggiamento; alterigia; superbia.

- Viniti pa laura i me figghiu!: vi invito a partecipare alla festa di laurea (regalo!) di mio figlio.

- Chi laura c'aviti stamatina: quanta superbia, che atteggiamento, stamani!

- Lavapedi: bacinella per acqua ...per lavarsi i piedi. Ve n'erano di rame, alluminio, terra cotta, latta smaltata secondo le possibilità.

- Lazzarunata: mascalzonata, canagliata.

- Lazzaruni: lazzarone, manigoldo, mascalzone. Da lazzaro, mascalzone .

- Lazzata: (da "accia" "azza", filo di lino gugliata) era un laccio di robusto spago (di cotone ritorto o lino) che serviva per avvolgerlo attorno alla trottola e lanciarla (vedi rrumbula)

- Lazz'i scarpa: laccio, legaccio per le scarpe.

- Lazzu: un pezzetto di spago o cordicella qualsiasi. 

- Leggiri:  leggere.

- Sacciu leggiri:  so leggere; più in generale: so leggere e scrivere, sono stato alfabetizzato!

- Leggiri i corna:  rimproverare; rinfacciar difetti.

- Leggiu, leggiu, puru eu, si mmi dassat!: leggo, so leggere (gli eventi) anch'io, se posso esprimere la mia opinione.

-Leggiu: leggero, sottile ; quasi vuoto, come una canna.  Si usava per indicare il comportamento di persona dalla "spina dorsale" molto delicata, un po' pazzoide.

- A leggiu a leggiu: adagio adagio, lentamente, dolcemente                       

- Lepiru: lepre, animale selvatico, simile al coniglio, una volta frequente nella zona e.. gioia dei cacciatori, ma anche prova della loro abilità. Difatti il giovane cacciatore per essere iniziato all'arte, doveva per prima cosa, dimostrare di sapere attendere una lepre al passo e di cacciarla, portandosela in giro come trofeo. Nel linguaggio popolare la lepre si contrappone alla volpe, più furba, più maliziosa, intrigante; la lepre, invece, riesce a sfuggire....soltanto in salita. Si vuole indicare l'animale, molto prolifico e dalla pelliccia fulvo-grigiastra mista a nero sul dorso, assunto, spesso come paragone per indicare alcune qualità: fui comu nu lepiru, scappa, corre come una lepre, in salita.

- Fammi u lepiru: scappa avanti a me, in modo che io possa sforzarmi di raggiungerti e superarti ; anche nel significato morale. Il termine, così, è usato frequentemente nella terminologia giornalistica sportiva. Dormi comu nu lepiru: dorme come una lepre: vigile, accorto, insicuro, timido. Non fari u lepiru: non fare il fifone.

- lepiru, lepireddi e lepiricchj: lepri e leprotti, grandi e piccoli ma della stessa nidiata. Nel linguaggio figurato di un certo ambiente significa che tutta  la nidiata può esser soggetta ....a caccia.

- nda nchianata fujti comu o lepiru: in salita correte come la lepre; nasce dal fatto che la lepre ha le zampette anteriori molto più corte e quindi più adatte a percorsi in salita;

- tantu fuj u lepiru nsina chi trova u chianu: la lepre può scappare, correre quanto vuole prima o poi troverà la pianura, quindi potrà essere acciuffata. Il furbo cerca sempre il terreno a lui congeniale, ma , prima o poi s'imbatte in ostacoli, cade, viene fermato da eventi superiori.

- U lepiru, a lepira: si diceva, come tuttora nel linguaggio sportivo delle corse, di persona disposta a mettersi accanto e correre...per allenarti, ma ad un certo punto scomparire per darti la possibilità di vincere sfruttando tutte le tue capacità. La persona era anche quella disponibile a farsi.....prendere in giro per conto di altre....a far finta di ricevere un dono destinato ad altri,....a far finta di accettare una serenata...destinata ad altre..... Tanto che era entrato nel linguaggio corrente cu è u lepiru ? per dire chi è capace di fare....di camuffarsi....di adattarsi...

- Lepurinu:  si diceva per chi aveva il labbro leporino, cioè quello superiore spaccato o leggermente divaricato al centro. Una credenza popolare voleva che queste persone fossero veramente intelligenti e fortunate.

- Leru, leru: voce necessaria per far rima e per aggiustare il verso durante il canto; parti del coro. Vociante; inconcludente.

- Lestu: pronto, attento, intelligente.

- Liandru: Leandro, nome d'uomo e località  sulle colline nel Comune di Motta S.G. - tra i 600 e 700 mt. s.l.m., quasi un grande anfiteatro morenico, famosa per due manifestazioni: una fiera di bestiame e varie (primo sabato di luglio) ed una festa religiosa del 15 agosto. vedi capitolo Contrade.

- Licori: liquore , misto di acqua zuccherata, alcool ed essenze aromatiche.Veniva fatto in casa e non di rado si diceva  cremisi, (alchermes: tipo di liquore); gli estratti di erbe, di frutta fresca o secca, radici e legna, venivano ottenuti da un paziente e sapiente lavoro...che non tutti sapevano fare !L'alcool : dalla distillazione delle vinacce e graspi d'uva ...certamente all'origine non esistevano le leggi sulle imposte per le  distillazioni, o, non era molto difficile eluderle! Chi aveva imparato tale arte era orgoglioso e, difficilmente, confidava i segreti. Si dice anche Ligori. Gli esperti preparavano le distillazioni e/o le infusioni utilizzando le materie prime fornite dai richiedenti; non era raro che questi maestri venissero invitati direttamente a casa del richiedente per lavorarvi anche qualche tempo .....naturalmente ben retribuiti.

- Liccu, liccu: liscio, liscio ? Talvolta  intercalare del discorso, altre volte usato come qualificativo appropriato. Potrebbe significare esatto, perfetto, di taglio idoneo; ma da sempre il senso di aderenza di un corpo all'altro, come, per es. il pistone nel cilindro di un motore.

- Liddu: fanghiglia lasciata dallo scorrere dei torrenti; diventava liscia e levigata nella quale facilmente si scivolava, ma era ricca di sostanze organiche e consentiva alcune coltivazioni ortacee in inverno/primavera. Da una voce gallica: litiga, melma; o da una voce greca: ligda, untume.

Liddu: prese questa denominazione una certa zona nel greto di un torrente, verso nord-est, nelle vicinanze del Cimitero. Molti ne hanno approfittato affrancando delle strisce dal Demanio e trasformandole in orto irriguo; la rimanente striscia, pianeggiante in senso trasversale ed in leggero pendio nel senso mare monti è stata utilizzata come campetto di calcio.

La zona si prestava, perché al buio e non molto lontana dal paese, per appuntamenti serali e notturni...e per scambiare quattro chiacchiere ....in confidenza.

- Si ndi jiu pu Liddu:  se n'è andato al Cimitero.

- Camora veni du Liddu apposta si ssudatu?:  stai venendo dal campo sportivo, perciò sei così sudato?

- Jiu o Liddu... spetta a: è andato in quella zona...attende, là, qualcuno.

- U chiamaru o Liddu i prima sira: di prima sera l'hanno invitato a far quattro chiacchiere, evidentemente con gli "amici" della "onorata"

- Lifracia: sorta di zecca che vive in alcuni tipi di ginestra; Pericolosa a causa di alcuni veleni che può trasmettere con il morso per mezzo di tenaglie.

Consigli:  se, rarissimamente, attaccati da questo insetto è bene cercare subito un medico che possa recidere la testa con le tenaglie ed applicare opportuni medicamenti locali oltre a terapie appropriate febbre altissima e sintomi di avvelenamento! Non tentare mai di strappare l'insetto: le sue tenaglie hanno denti ad "amo" e produrrebbero una vasta lacerazione con le conseguenze del caso.

- Lifraciara: arbusto sempreverde tipico  dell'area mediterranea: una specie di ginestra con i culmi a sezione vagamente quadrata e pelosi e foglioline lungo gli stessi anch'esse pelose anche nella pagina superiore di un verde molto intenso, mentre la pagina inferiore quasi argentea. Seccando al sole diventano neri sia i culmi che le foglioline.

- Lignu: legno di qualsiasi provenienza, genere, qualità. Di solito viene indicata la legna...da ardere, quella cioè che non ha trovato utile applicazione nell'industria e/o artigianato, ma normalmente si dice al plurale  i ligna.

- Lignu: in senso molto figurato, indicava il vapore, il transatlantico dell'inizio del secolo XX, quando effettivamente si andava a carbone e lo scafo era ....di legno.

- Lign'i ficara: legno di fico. Bisogna precisare che questo tipo di legno non trova alcun adeguato uso; nell'industria e/o artigianato, essendo leggero, con fibra molto porosa, non permette utilizzazioni; così negli usi domestici, per fuoco, fuocherello a causa della sua formazione produce sempre, anche quand'è veramente secco, molto fumo, non produce fuoco o braci utili perché si trasforma immediatamente.....e via a dire .... Di conseguenza quando ad una persona si appioppa l'epiteto, sia pure temporaneo, gli si vuol dire tutto ciò: inutile, dannoso, superfluo, ipocrita, falso......

Si diceva: un aspirante monaco - o monaca - (si pensa soltanto a quelli con saio marrone) doveva esercitare la sua pazienza accendendo fuochi soltanto con legno di fico il quale - vedi. sopra -, era fumoso, non accendeva facilmente...e, sembra, che non tutti passassero l'esame...di pazienza Si dice del tutto che qualcuno abbia proprio superato i limiti...mollando qualche bestemmia!

- Lijanara: agave. Spontanea in tutta l'area mediterranea, soprattutto al Sud. Cresce a mo' di cespuglio con foglie grandi, carnose e bordate di acuminati spini.

Si dice fiorisca una sola volta e muore, ma dalle sue radici nasce una nuova pianta. Tenuta in gran conto perché dalle foglie si traeva una robusta fibra utile per la produzione di corde e di sacchi.

Come si ottenevano le fibre: Le foglie che raggiungevano una certa consistenza e lunghezza venivano tagliate e lasciate solo per qualche giorno al sole quindi battute violentemente con delle robuste  mazze di legno in modo da rompere la parte....acquosa lasciando intera la fibra, lunghissima di un colore bianco isabella, poi si stendeva al sole per diversi giorni perciò la parte acquosa seccava ed era facile pulirla con una sorta di pettine di legno. La fibra (della lunghezza anche di qualche mt.) pulita veniva filata ed usata per tessere tele, piuttosto rustiche, o lasciata a matassa ed usata per la produzione di corde, cordelle...

- Saccu i lijanara: un sacco fatto con le fibre dell'agave. Una persona che agisce in un certo modo, quasi di second'ordine. Si diceva anche di persona con un'enorme pancia e dal carattere scontroso.

- Lijaredda: arbusto delle campagne simile alla ginestra, dai rametti flessibilissimi quindi adatta a legare fasci non molto grandi.

- Lima: lima, arnese d'acciaio (in genere) di varie forme, di solito ha sezione triangolare, tanto che molti artigiani usano chiamarla anche triangulinu e dimensioni atto a limare, levigare, sagomare metalli.

- Lima surda:  la lima durante l'uso produce un certo rumore, quasi una musica ritmata, secondo la velocità che vi s'imprime nel lavoro e del metallo che si sta levigando....Ma se non esiste questo rumore...significa che la lima non produce il lavoro cui è destinata è cioè falsa, ipocrita. Così si direbbe di persona...che non manifesta la sua vera inclinazione, ma è ipocrita, invidiosa,...stupida..

- Llà pri llà: all'istante; immediatamente; senza indugio.

- Limarra: melma, fango, limaccio. Dal latino limus, fango.

Non faciti limarra: non fatevi sentire con....parole, propositi...sconnessi.

- Limba: recipiente di terra cotta smaltato per vari usi domestici: contenitore, vasca da bagno per i piccini Dal greco lembos, piccola nave. Alcuni usavano dire - ma il termine è certamente importato baganu  o baunu.

- Limbeddu: piccolo recipiente di terra cotta smaltato per usi domestici; spesso usato come piatto, in stato di necessità non per sfoggio di anticaglie come oggi apparirebbe in certi ambienti. L'uso di tale suppellettile veniva notato e spesso rivolgendosi, in terza persona, a chi non poteva permettersi l'uso del piatto, si diceva limbeddu, mangia ndo limbeddu cioè, forzatamente  (stato di necessità per l'uomo, impossibile scelta per l'animale), come un animale.

- Limiari: [vedi, lamiari] (dal greco limòs, fame) mangiar di mala voglia, non accettare, rifiutare.

- Limicu: zone di terreno impermeabile all'acqua, quindi sempre fangose e scivolose, non molto adatte alle colture.

- Limpia: Olimpia, nome di donna. Grosso lampadario per Chiesa o per ambienti molto grandi.

- Limuni: limone, il comunissimo agrume tipicamente mediterraneo. In paese, alcune persone molto, molto anziane, usavano dire lumiuni, ma non saprei se per atteggiamento, per posa estemporanea o per appartenenza ad certo ceto sociale, con una particolare cadenza (e anche varietà di termini) nella pronuncia. Vedi  garidda, gaddu, jaridda, jaddu.

- Lindini (lindina, lindinedda): le uova dei pidocchi. Eh! C'erano frequenti infestazioni di tali dannosi insetti! Si usava per dire una cosa o una persona piccola, piccola.

- Linu: lino.

Non si sa chi avesse importato la cultura e la coltura del lino, certo è che alcune famiglie lo coltivavano raggiungendo anche notevoli interessi economici .

Ricordo:  La zia Francesca (comunemente Caterina) Pellicanò riusciva a coltivarlo fino agli anni della II guerra mondiale in un pianoro verso Carviale. La lavorazione delle fibre era analoga a quella usata per la Canapa (vedi Cannamu) e il filato di eccellente qualità aveva un suo mercato abbastanza redditizio; con il filato di II qualità o più scadente si provvedeva a tessere tele per vari usi. Molte famiglie possedevano il proprio "telaio" per  usi domestici.

- Linusa: semi del lino. Impacchi caldi quasi caustificanti che si facevano in caso di malattie particolari: bronchiti, polmoniti.

I semi di lino venivano pestati in un mortaio di legno quindi la "farina" veniva bollita con pochissima acqua ottenendo un specie di pasta leggera che veniva spalmata su di un pezzo di tela, quindi ripiegato su sé stesso ed appoggiato sulle spalle, petto...del malato: produceva un lieve abbassamento della temperatura,  era fortemente espettorante e manteneva il calore per lungo tempo. Non di rado il termine veniva usato per indicare persona dalle attitudini ambigue, dal linguaggio lusinghiero....ma, in definitiva, poco consistente.

- Lipici: libeccio; vento e tempo atmosferico sud est, freddo umido talvolta, ma in periodi primaverili o autunnali anche caldo umido.

- U lipici mai bbeni fici tantu chi cadìu cu culu nda caci:  il libeccio non ha mai fatto bene per le culture, tanto che è andato a cader con il deretano nella calce viva...bruciacchiandosi, naturalmente,  essendo un tempo molto umido. Usato anche per indicare un  tizio poco (o del tutto non)  raccomandabile.

- Lipimu:(termine importato) si usava per dire "Dio ce ne liberi".

-Lippu: unto, sporco; quello che è di più e bisogna pulire. Specificamente si indicava quel velo denso che si forma sul latte messo sul fuoco, poco prima, poco prima…che cominci la schiuma.

- Liscebbussu: (o anche lisciabbussu) semplicemente una gran "lavata di capo", un grosso rimprovero, un severo rimarco.

- Lisciandru: a) nome d'uomo - Alessandro - più frequente la forma abbreviata Liscia'. b) erbetta selvatica molto simile al sedano.

- Lisciandruni: qualità di pere: raccolta in ottobre/novembre, maturazione lentissima in magazzino. Dal sapore molto dolce, mature, sorbose acerbe. Dovevano esser trattate con molta attenzione a causa della grande delicatezza della buccia e della polpa.

- Lisi : (alcuni dicono ardisi)  ampelodesmo o soracchio. Graminacea perenne selvatica di tutta la fascia mediterranea, con foglie nastriformi, margini seghettati, lunghissime e molto resistenti tanto che, di solito, i contadini li usavano per legare fasci di stoppie, viti, fascine etc. Ottimo foraggio per le vaccine da latte.

- Lissa: (dal greco lyssa, furore): piagnisteo continuo. Proprio per indicare un atteggiamento dei gatti, con il loro far le fusa, miagolare....e gridare. Santa Lissa,  propriamente quando si vuole imporre ad un felino di casa di rispettare un certo ordine, di esser disciplinato. Per estensione veniva usato per indicare che il neonato è irrequieto, si agita e mostra atteggiamenti ostili a chiunque (temporaneamente!).

- Littera: letto della povera gente; giaciglio: strato di paglia o di altro materiale (felci secche, erbacce disseccate, stoppie varie) che costituisce la lettiera del bestiame

- Litteri: una fase della muta del baco da seta. Vedi. vermu.

- Livanti: vento e tempo atmosferico dell'est: levante.

- U friddu i livanti non ti dassa mi campi: il freddo del levante (proprio perché ventoso  non ti lascia vivere.

- Livantinu: dal carattere variabile, come il tempo atmosferico di levante, non stabile, poco affidabile.

- Livara: albero di olivo. Olea europaea,  della famiglia Oleacee. Importato dall'Asia Minore e largamente coltivato nel bacino Mediterraneo. Albero plurisecolare che facilmente supera i 10-15 mt. d'altezza. Il tronco variamente contorto, con caratteristiche escrescenze: gli ovuli (toppareddi) le foglie sempreverdi, lanceolate con la pagina superiore verde ( olivo,m appunto ) e quella inferiore argentea, si rinnovano ogni due anni.  

- Livari: a) togliere, pendere, portare, apportare. b) alberi di olivo (sing. livara)

- Livari i testa: dimenticare.

- Livatu i testa: alienato, pazzoide; dimenticato.

- Livaredda: giovane albero di olivo; giovane donna promettente e virtuosa.

- Lizzi: (usato solo al plurale) a) litigi, intrighi, blà...blà...blà, b) sistema di grossi fili per il passaggio dei fili  dell'ordito nel telaio - Vedi voce tularu .

- Llalleddu: (pl. llalleddi) balza del vestito: camicetta, gonna, sottogonna. Ornamento di un vestito femminile realizzato con la stessa (talvolta anche altro tipo) stoffa operando disegni e figure di vario genere.

- Vu ndaviti a vesta chi llalleddi: era un modo di dire, non raro con una punta d'invidia, per indicare una ragazza, signorina, di buona famiglia che poteva vestire un po'... meglio delle altre: i suoi vestiti erano ornati, arricchiti, manifestavano... un certo ceto sociale.

- Ndavi llalleddi!: ne ha di superbia!

- Mi vindu quattru llalleddi e ccampu!: per vivere, al limite, vendo quattro cianfrusaglie (ne ho proprio tante) e tiro avanti.

- Llalliru: (anche llallira, llallara...), schiaffo, manrovescio.

- Llambicari: desiderare fortemente; morire ...a poco a poco

- Si llambicau: s'è ridotto male! sta per andarsene.

- Ti po' llambicari: puoi desiderare ....tutto, quanto vuoi....

- Llancatu: vedi Allancatu

- Llargari: allargare; far diventar più grande; espandere.

Il verbo llargari (contr. stringiri) veniva usato, soprattutto in terza persona, per indicare uno stato del tempo atmosferico : diventar migliore; divenir bello .

- uandu llarga u tempu:  quando finisce l'inverno, il tempo piovoso o anche più tardi appena il tempo migliora.

- Llariullà: (talvolta llariullì - llariullà) all'istante; a gambe per aria; a catafascio; Si usava soprattutto per far le rime. Ma si diceva anche di una persona a modo, precisa, elegante e/o piuttosto tendente al gay.

- Llaschiari: vedi allaschiari.

- Llazzari: (comunemente ddazzari) allacciare: le scarpe, il corpetto.

 - Lliffari: vedi alliffari

- Llizzari: a) istigare a litigi; provocare liti. b) operazione per preparare l'ordito del telaio - Vedi voce tularu.

 - Llizziunari:  vedi allizziunari          

- Llollu: (dal greco lolòs, folle) stupido, sciocco, idiota.

- Locu: luogo, sito, ambiente.

- A locu soi:  espressione per indicare qualcosa che noi non vorremmo avere!

- A locu so'....ndavi nu mali!: Tizio...ha un tumore maligno...lontano da noi (il tumore!).

- Locu di ccà: stessa espressione di cui sopra.

- Surbizzu fattu ndavi locu: quel che è fatto è già fatto (servizio) ha la sua giusta posizione, funzione, importanza; ogni piccola cosa ha importanza, occupa il suo spazio!

- Locu cumuni:  modo gentile ed affettato per indicare il WC; bagno con WC .

- Lofiu: (certamente termine importato) ubriaco, stupido, sporco, intontito. Dall'inglese  loafer

- Attia ... lofiu!: a te...chi credi di essere! Spaccone!

- Lotaniari: (o Lotiniari) perdere tempo inutilmente, senza nemmeno svagarsi. Talvolta è usato con il significato contrario: occupare molto intensamente il proprio tempo.

- Ndavi i stamatina chi ndi lotiniamu: è da stamani che perdiamo tempo; oppure: è da stamani che ci occupiamo di questa faccenda; da stamani siamo attenti a questo lavoro.

- Ndi lotaniammu: ci siamo ammazzati...di lavoro.

- Lumera: (lumeruni, lumeredda) il lume (l'oggetto che produce luce!) ad olio. Di varia foggia e dimensioni ma sempre con la logica: l'olio combustibile (quello d'oliva, non buono per condir vivande) e uno stoppino di cotone che brucia svolgendo una "tremula fiammella" che, comunque, dà luce.

- Lumeredda i pecuraru:  lucciola; cosa molto piccola.

- Lungìa: una contrada sulle colline, verso Nord Est, del paese. Una volta incolto, poi alberato con pinete - da parte della Forestale e del Consorzio Montano - ed ora arricchito di una chiesetta e di una statuetta, esterna, in marmo, dedicate alla Madonna Immacolata, detta, appunto “Madonna di Lungìa“ Vedi Contrade.

- Lungìia:  una pietra levigata, molto dura, dalla forma ovalescente e di varie dimensioni; di solito si usava come mazzira (peso) per comprimere bene le conserve in salamoia, giardiniera, pumadora e pipi....etc. salati e/  sottaceto, vedi.

- Lungìola:  una pietruzza levigata della forma e dimensione di un confetto.

- Luntruni: mangione; chi mangia a quattro ganasce; avido, goloso; ma anche vagabondo barbone, sudicio.

- Stati attentu chi l'abbucatu.... è nu luntruni!: fate attenzione, l'Avv. ...., è un mangione!

- Nci vossimu ddu toppi i lardu mi si inchi a panza ddu luntruni:  ci so volute due grosse fette (circa 30x40 cm., ciascuna)  di lardo per far riempire la pancia a.....

- Luppinu: lupino, pianta delle leguminose dalle bellissime infiorescenze giallo oro.

- Luppinedda:  lupino selvatico; erbetta spontanea frequente nei nostri campi. Come il lupino con delle infiorescenze giallo oro.

- Luppineddu: piccolo lupino; piccolo uomo. Callo delle dita del piede.

- Lupu: lupo

- Lupumunaru: (oppure lupimunaru - lupumannaru) lupo mannaro, licantropo. Dal greco lykhantropoi , licantropo.

Moltissime favole ed altrettante orribili leggende hanno intimorito i giorni della nostra prima puerizia: abbiamo superato brillantemente queste paure! Potrebbe derivare anche dal latino lupi homines.

  - Luttu:  lutto; periodo triste a causa della perdita di qualche persona cara. Si usava portare il lutto: vestito nero e fazzoletto nero in testa legato sotto il mento (per alcuni mesi) per le donne; vestito nero e cravatta nera per gli uomini. Il periodo era variabile secondo dell'intimità e dell'età della persona perduta, nonché della sua "importanza"; per alcuni il lutto "veniva imposto" dalle circostanze del tutto per qualcuno...si dice, (non avremmo certezze, però, al momento) che la vedova...sia stata "consigliata" - costretta, indotta  - a portare il "lutto eterno".

 Nel periodo di lutto non si usava partecipare a feste e, finito il cosiddetto periodo delle visite di lutto...per diversi mesi ...(manco male) non si accendeva la TV.