LETTERA "K" (AGGIORNATA AL 05/08/04)

DIZIONARIO

Tutte le voci trascritte con la "K", sono senz'altro, di etimo greco o grecanico. Non esistono, comunque, termini di analoga ortografia....nel linguaggio ufficiale; si attribuiscono, pertanto, ad una derivazione dai linguaggi parlati nella "pre-istoria" di....questa terra.

 

- Kacantopidda:  brutta vecchia, vecchia e brutta come la morte!

Uno scioglilingua: nci dissi a kacantopidda e' kacantopiddeddi, pirchì non cantati e kacantopiddiati comu cantavimu e kacantopiddiavimu nui quand'erimu kacantipiddeddi com'a vvui? La brutta vecchia ha detto ai suoi nipotini: perché non cantante, perché e vi divertite...come facevamo noi quand'eravamo piccine come voi (siete adesso)?

- Kafaredda: piccolo crivello con vaglio di seta sottile....(*)

- Kaja: piaga, dolore, infezioine (*)

- Kalandredda:  potrebbe esser "bel calzare": sorta di uosa di cuoio crudo allacciata alla gamba per mezzo di stringhe dello steso materiale (stringhi), coprivano soltanto la punta e la pianta del piede (pl.kalandreddi).

Normalmente usate dai contadini e prodotte da loro stessi utilizzando cuoio vaccino crudo; erano rinforzate, ripiegando i bordi, nelle parti laterali e nella punta. La punta era a forma di prua di gondola, le stringhe cominciavano a chiudere la parte anteriore ed ornavano a mo' di treccia le parti laterali allungandosi per circa 70-80 cm. (due per ciascun piede), venivano, poi, allacciate alla gamba intrecciate: il disegno dava un certo senso di bellezza risaltando sulle calze di lana cruda di solito bianca. Sulla punta e sulle parti laterali vi si trovavano ornamenti secondo l'estro e la versatilità del produttore. La parte estrema del calcagno restava libera (anche la calza aveva una parte di "vuoto" nel pedalino) per consentire un discreto ancoraggio al terreno ed evitare dannose scivolate.

Avevano assunto il significato di rude, bifolco essendo usate soprattutto da massari e da contadini.....le scarpe, pure quelle da lavoro...costavano....!

- Menza kalandredda:  contadino, lavoratore agricolo,...di scarse capacità.

- Na bbona kalandredda:  un buon operaio agricolo, contadino.

- Si rridduciu comu na' kalandredda: ridotto (a) pelle ed ossa.

- Kalandreddi:  si chiamavano anche i fichi d'india seccati ed infornati: puliti dagli spini, spaccati a metà a lasciati al sole per qualche settimana (sole di agosto-settembre) quindi infornati, magari anche nda cunocchia (vedi voce fica a sicchi), perdevano tutti i liquidi, quindi pelle e  nocciolini (ossa).

- Kalia: (vedasi anche calia) ceci abbrustoliti. Dall'arabo qalyya: fritto, abbrustolito.

- Kalimera, kalispera: non era difficile sentirei nonni,  quasi centenari, nati negli anni 1830/50,  salutare all'antica, buongiorno, buonasera.!"

- Kaloiru: (o anche kaloriu), di etimo greco o grecanico: asino vecchio ma ancora utile; bizzoso e forse anche un po' viziato.

- Kalura:  caldo, calore estivo e/o artificiale.

Presumibilmente esatta questa grafia (anziché calura) per la forte somiglianza al greco kaleos : ardente, bruciante .

- Ndavi i kaluri: ha le caldane. E' nervoso/a, seccato/a .

- Kaluri: (sing. e plur.) calore, caldo  da solleone.

- Cu stu kaluri i ggiugnettu: con questo caldo estivo, di luglio.

- Camora è a' n kaluri: a) ...è nello "stato di grazia", entusiasta, attento, allegro.... b) detto soprattutto di una bestia e, non di rado anche di una donna... piuttosto femmina, è in calore; è alla ricerca di un compagno, di un partner. Anche questo, si presume, di derivazione greca: vedi Kalura.

- Chi kalura!: che violenza! Che sforzo!  Che attenzione!

- Avi Kalura!: dà ad intendere, si dà delle arie, si atteggia vuol farsi prendere in seria considerazione.

- Karamandula: (trascritto anche con l’ortografia caramandula) particolare raso pesante, di vari colori, usato dai turchi per confezionare "scarpine da salotto". Usato spesso come qualificativo e con particolare senso ironico; vorrebbe dare il significato di qualità superiore, di lusso. Di origine turca.

- Ndavi i scarpi i Karamandula: ha le scarpe di lusso: pelle molto fine, formato e stile alla moda.

- S'accattau u vistitu i Karamandula: s'è comperato il vestito (che lui ritiene) di lusso. Nonostante gli sforzi...resta sempre un po' contadino, bifolco; si sforza di vestire bene, ma non riesce a scegliere ed "assemblare" secondo un uso discreto ed ordinato.

- Karapeddi: pelle particolare (senza riferimento, però, al sistema di produzione o di origine) che darebbe un certo tono, di superiorità, di lusso.

- Karasentula:  vedi. carasentula

- Karazzuni: forma contratta di katarazzuni  (vedi voce).

- Karcarazza: (dal greco Karakàksa, gazza) Gazza, uccello stanziale multicolore delle ultime propaggini aspromontane, famoso per una canto tipico, quasi uno "stridio" continuo non gradevole. Spesso usato come appellativo, spregiativo,  per persona che parla, agisce in maniera poco formale....arrecando fastidio.

- Karcariari: (dal greco karkaìro, rimbombo) schiamazzo, tipico gracchiare delle galline.

- Non karcariati tantu: non fatevi sentire; non gracidate tanto; non perdete il vostro tempo.

- Karcariati com'e jaddini: parlate tanto, a voce sostenuta, ed inutilmente.. come le galline.

- Karcatiddu: scricciolo, uccellino che annida nelle siepi e nelle brughiere e produce un canto, non melodioso, ma senz'altro onomatopeico.

- Eu sacciu na fulea i karcatiddu: (il bimbetto che tenta di entrare nel gruppo dei più grandicelli ....e si presenta con una scoperta, conquista,...per farsi accettare), conosco un nido di scricciolo. Il nido è talmente piccolo che spesso non si nota....per cui la frase....detta così...potrebbe anche significare: c'è qualcosa di molto interessante, ma di piccolissime dimensioni, che conosco ...e rivelo soltanto ....a chi voglio io.

Un bimbetto piccolissimo, per la sua età....magrissimo, piuttosto malaticcio, spesso in lacrime: karcatiddu!

- Katafurcu:  un locale o una zona di terreno molto chiuso, senz'aria, buio, a precipizio.

- Katafurcu: (dal greco Katéforos. Declinante, cadente ) vecchio, decrepito.                                                            

Potrebbe anche essere un falsa traduzione in dialetto dall' italiano cadavere .....

- Katambeddu: (di etimo greco) oggetto contorto ed inutile; buono a nulla. Luogo o cosa molto buia, con pochissima illuminazione, senza gran valore, non bello...quasi diruto.

- Ma ccattai na' casa, no nu katambeddu: ho comperato una casa....non un rifugio buio, solitario, quasi putrescente.

- Katamisi: i giorni dal 13 al 24 dicembre : ad ognuno veniva assegnato il nome di un mese ; il 13 era gennaio, il 14 febbraio, il 15 marzo etc. Dall'andamento piovoso o non di queste giornate venivano tratti gli auspici per la prossima stagione. (Vedi misi).

- Katarazzuni:(anche caratassi) giaciglio; materasso di materiali vari: paglia, sfoglie di granturco...un telo disteso per terra. E', piuttosto un termine spregiativo di "materasso, giaciglio"; si vuole indicare un luogo dove si può riposare...alla meno peggio. E' spregiativo rispetto al ....corredo...di "certe" signorine....non si vorrebbe indicare il corredo in sé, ma le "doti" personali...mancanti. Si diceva anche di un tale...."pesantone", poco socievole, irritante....

- Katoju: (dal greco Katòghejon, stanza bassa, porcile)  magazzino, basso, pianoterra, stalla. Normalmente con almeno due muri interrati: ambiente fresco e a temperatura...pressoché stabile, utilizzato per l'accantonamento ed il deposito di alimenti da utilizzare nel periodo invernale. Ambienti, quindi, poco arieggiati e... spesso emananti un particolare odore...puzza i katoju: odore tipico molto vicino alla muffa, questo modo si usava per indicare "signorinelle", piuttosto bigotte, avanti negli anni...ma sempre attaccate alla gonnella di mamma.

Veniva usato anche per indicare un ambiente molto grande o una bocca spropositata... o anche  per indicare una... donna di malaffare. Di fatti di una donna molto, molto, molto...aperta si diceva navi nu katoiu!

- Katarambuni: (certamente di etimo greco kata, che vuol dire in basso, verso il giù) persona o cosa decadente. Si usava per indicare persone di grande "stazza", ma vecchie o invecchiate quindi verso il basso, la fine; anche per specificare cose, di grandi dimensioni ma disastrate.

- Katrichi: (dal greco katharèo, afferrare) imposture, malefatte; azioni...da ricordare per la loro gravità. Trappole.

- Mi ndi ficinu katrichi!_ me ne hanno fatte di ...imposture...

- Non faciti katrichi: non organizzate congiure, imposture.

- Non guardu i katrichi i nuddu:  non voglio saper delle cose (delle malefatte) degli altri.

- Kavaddu: cavallo (*)

- Konzamentu: tutto ciò che serve per approntare appetitosi sughi per paste e minestre e gli stessi sughi.

- Konzu: una quantità sufficiente per il torchio sia delle olive che dell'uva; ma anche l'intera apparecchiatura del torchio. Adattamento di aromi in cucina. Aggiunta di qualcosa per far  dolce, salato amaro. Potrebbe essere anche cuonzu, in tal caso si pensa ad una derivazione dal verbo cunzari, sistemare, accomodare.  

- Mustu du konzu: il mosto di premitura delle vinacce, senza l'aggiunta di quello...del fondello.

- Krastaria: (anche crastaria) intervento sui solchi per organizzare il passaggio delle acque irrigue: una sorta di taglio del solco portante che consente all'acqua di entrare nel "settore" (casedda). Si tratterebbe di un composto tra claustra  (chiusura) e rivi (ruscello).

- Krisombula: (molti preferiscono l'ortografia Crisombula!!) schiaffo, bastonata, pugno, qualsiasi azione violenta tendente ad offendere, anche in senso morale.

- Krizza: un gioco di ragazzi e giovanotti: consisteva nel mettere per terra il proprio beretto (bbirritta) dicendo: è parata, oppure è perta (cioè  il gioco è aperto, si può cominciare) mentre tutti gli altri partecipanti cominciavano a dar calci al berretto, tentando di non farsi " prendere" dal proprietario, il quale aveva il diritto di pronunciare è chiusa, ad un certo punto, ...per fermare il gioco. Chi, per caso, non si arrestava immediatamente, all'ordine è chiusa ...doveva mettere a disposizione il suo berretto (ma anche chi, per caso, veniva preso nelle varie rincorse) e, si ricominciava con le naturali conseguenze, sul povero berretto.

Le mamme, le nonne...le sorelle maggiori, ...a sera verificavano con attenzione il berretto...e, non di rado....veniva il seguito...

- U ficimu krizza: l'abbiamo ridotto molto male; l'abbiamo fatto tacere.

- Nda facimu na krizziata?: facciamo...un po'....il gioco con i berretti...? Ma significava anche: ci prendiamo un po' in giro....raccontiamo un po' delle nostre....

- Krizziari: giocare a krizza  (vedi voce) ma anche sfottere, prendere in giro.....

- Krostiru: (o crostiru) [certamente di etimo greco] un legnetto qualsiasi.  In modo particolare s'indicava un legnetto utile per chiudere un sacco riempito di fogliame o di erbe da foraggio. Per chiudere il sacco: si attorcigliava il legnetto, facendolo entrare, da una parte nella bocca del sacco ed appuntandolo dall'altra parte; durante l'operazione l'imboccatura del sacco si restringeva notevolmente.

Si dice anche di cosa inutile, ma ingombrante e/o anche di persona dagli atteggiamenti piuttosto cafoneschi e volgari, ma anche di persona, che sopraggiunta nel gruppo, non si rende conto di essere... di più o finge di non accorgersi che non è ben accetta.

- Krusta: scorza, molto dura e robusta. Dal latino krusta, cotta, indurita.

- Ndavi na krusta!: Ha proprio una scorza da cafone!

- Kudespina: donna di casa, brava massaia. Dal greco ikodespina: padrona di casa. (*)

 - Kunzari: conciare, acconciare, preparare, adeguare.

- Si tti pigghiu, ti konzu eu: se ti prendi ti arrangio io, te né do...

- Kurumbuni: (secondo alcuni anche curumbuni):  fondo schiena; la parte che va dalla cintola in giù, fino alle natiche. Si dava il significato di "spalle", "dietro"..   

- Kutra: coltre da letto. (*)

 

(*) Voci riportate anche alla lettera C