LETTERA "D" (AGGIORNATA AL 05/08/04)

DIZIONARIO

- Dammaggeri:  vedi dammaggiusu.                   

- Dammaggiu: danno, di solito provocato da animali alle colture agricole; francesismo per indicare peccato, mi dispiace che...  D'origine francese dommage danno, peccato; o, dal latino dannum, danno.

- Nci scapparu i crapi e fficinu assa' dammaggi: gli è sfuggito il controllo del gregge di capre  che hanno provocato seri danni alle colture sia erbose sia legnose.

- Non jiri a dammaggiu! Attento a non sbagliare; non uscire dal seminato.

- A poi gnunu si cunta i so' dammaggi: alla fine ognuno elenca, fa il calcolo dei danni ricevuti.

- Dammaggiusu: che provoca danni. Un guardiano di capre, pecore, poco attento, che per negligenza permette sia fatto del danno; chi è predisposto a commettere errori, o, ne commette di frequente.

- Gguardati du massaru dammaggiusu: stai attento al guardiano (qui, massaru per guardiano) che permette sia fatto danno. Stai attento a chi potrebbe farti del male. Si dice anche dammaggeri o anche dannivulu.

- Danni:  voce del verbo dare (dari) dacci, dai a noi, donaci. Si dice anche facilmente andi, vedi.

- Danzari: danzare, nel termine e significato moderno. Si voleva invece indicare un saper ballare bene! Le danze erano solo le  t a r a n t e l l e, con le varie passate (vedi).

- Vu danzati e ppari chi rruccamati: ballate così bene che le vostre movenze sembrano una trina.

- Danza, danza....ca' a' po' ti consu eu!: balla, balla che poi ti arrangio io! Fai quello che vuoi, per ora, ma darai conto, un giorno.

- Dari: dare; spesso, nel linguaggio parlato anche ndari.

- Ti ndugnu: te ne do!...

- Dari e ‘ndaviri, Ndavviri a ddari: dare ed avere.... Aver da dare (debiti, anche morali).

- Dassatini:  resti, briciole.

- Senza tuccari i vostri dassatini: non voglio dar fastidio a ciò che voi avete …lasciato; che è rimasto dalle vostre operazioni.

- Dastra:  diversa forma ortografica di lastra, vedi. Voce.

- Daziu: dazio, gabella, tassa, imposta.

- Mi pagai i me' dazi: ho pagato le mie tasse, le mie imposte, i miei debiti. Ho dato quanto dovevo; ho espletato tutti i miei doveri...

- Ddaccussì:  così; esattamente così. Da latino ad - de- eccum - sic.

- Ddanovu: (c'è anche la forma a'ddanovu) di nuovo,ancora una volta; ricominciare, rifare etc.

Usanze più antiche: alcune persone molto vecchie usavano dire di mani, (di pedi, per la fine ) per indicare l'inizio, chi comincia e chi segue, ricomincia, fa di nuovo. Ha una vaga assonanza con cominciare "ab ovo".

- Ddazzari: correre, scappare. Si usa anche per allacciare. Si diceva anche per l'inizio di un lavoro femminile ai ferri...come voler dire "incominciare", o, per il telaio per la sistemazione dei fili d'ordito. (quelli fissi!) vedi. Addazzari.

- Dazziti i scarpi: allacciati le scarpe. Allontanati di qui, scappa, corri; non farti vedere.

- Ddazza a rumbula: metti il laccio (si diceva anche "lazzata") alla trottola.

- Ddazza!: scompari, immediatamente! Allontanati.

- Ddiu mi ndi libbira!: Iddio ce ne liberi!.. ancora più pressante: Ddi mi ndi libbira, Signuri! Iddio ce ne liberi.... Signore!

- Ddena, ddenaredda: il termine non avrebbe alcun significato; anzi nulla, proprio nulla. Era usato, però, assieme ad un mannaja: mannaja ddena (ddenaredda)  appunto per voler non dire nulla o "porca miseria". L'uso era tipico presso le famiglie nelle quali gli uomini, soprattutto, usavano intercalari blasfemi...ed allora, le buone mamme e nonne ai bambini - che crescendo mantenevano le...buone abitudini - insegnavano a dir così: mannaja ddena...per evitare una bestemmia Neologismo dialettale che potrebbe (potrebbe!) derivare da una contrazione ed elisione del latino dies natalis: il giorno della tua nascita.

- Ddiccari: vedi Addiccari

- Ddiu: Dio; il Padre Eterno .

- A Ddiu e nno peju : grazie a Dio e sperando non accada di peggio; insomma.... meglio così, che peggio.

- Ddocculu: epiteto, soprannome attribuito a persona...poco...poco intelligente.

- Ddon, (ndon): si premetteva al nome di persona di riguardo: del prete, del medico (se c'era un po' di confidenza...). Si adattava alla pronuncia: donn'Antoni, ndon Pascali, ddon Giuvanni etc. Onomatopeico del suono delle campane.

- Ddufacci: (vedi ddu facci).

- Ddumari: (vedi addumari).

- Ddunari: (vedi addunari).   

- Ddutta: (vedi addutta).

- Dduttari: (vedi adduttari).

- Ddrica: (c'è anche la forma ardica) ortica; pianta spontanea  degli orti e delle campagne, munita di sottilissimi spini dalla punta calcificata, all'interno delle ghiandole che secernono un liquido urticante e pruriginoso per questo temuta molto dai contadini. Ricchissime di calcio e sali minerali le cime bollite sono edule ed arricchiscono l'organismo delle predette sostanze. Con le cime di ortica si producevano decotti utili per sedare il prurito tipico delle emorroidi, per frenare la caduta dei capelli... ddrichi  (vedi anche addrica) pa testa e ppu culu: ortiche utili per la testa (capelli) e per il deretano (emorroidi: impacchi  con le fibre di ortica pestate erano rinfrescanti...per certi fastidi...).

- Ndo so' ortu ndavi sulu ddrichi: nel suo giardino crescono soltanto ortiche: è incolto, o, non saputo/voluto coltivare.

- Ddrica: si diceva di persona dal carattere simile alla pianta omonima, intrigante spinoso.

- Ddricaina: orticaria, sia la malattia allergica sia il prurito conseguente alle punture di ortica. (vedi anche ardicaina).

- Pari chi ndaviti a ddricaina: vi grattate continuamente come se aveste l'orticaria; non state un minuto fermo; nessun posto vi si addice; date fastidio a chi vi sta vicino; avete parecchie  preoccupazioni temete qualcosa.

- Ddrimuni: (secondo alcuni anche  dramuni o trimuni o grimuni), di etimo, certamente greco da contrazione e trasformazione di "derma" pelle: la pelle con la quale era fatto il fondo dell'arnese, sorta di enorme crivello (vaglio) usato per la prima separazione dei cereali dalla pula, nel sistema antico di trebbia. Normalmente realizzato in lamiera di zinco di forma cilindrica: 120/150 di diametro per 20/30 cm. di altezza; una base chiusa con la stessa lamiera...sforacchiata: fori ad anelli concentrici realizzati con un chiodo molto grosso. Secondo la versione antica potrebbe aver avuto il fondo di pelle sforacchiata ed essere stato destinato a vagliare i cereali, in genere, dopo la prima separazione dalla paglia. Era usato agganciandolo ad un paletto per mezzo di un fil di ferro ad altezza d'uomo e per la cernita si agitava in senso ondulatorio. Il termine si usava anche per indicare qualcosa di grosso, grande, robusto.

- Ddrimuniari: l'operazione di prima pulizia dei cereali direttamente nell'aia. Prima cernita, separazione.

- Ddrittu: diritto, astuto, furbo. Diritto, lineare, retto

- E' nutili chi faciti u ddrittu!: è inutile che vi atteggiate a furbo...

- Pigghia a via ddritta!:  prendi la via retta, lineare, onesta.

- Ddrittu o stortu: giusto o sbagliato; diritto...o sghembo; onesto...o poco meno....

- U ddrittu!?: il furbacchione....malizioso...

- Faciti cosi ddritti.... fate cose giuste, oneste, leali....

- Ddubbotti: fucile avancarica a due canne: due colpi.

Per tutto quanto può arricchire la voce, vedere, a completamento: caccia. Non era difficile usarlo per indicare atteggiamento, temporaneo, di persone che facevano facilmente il doppio gioco.

- Ddu facci: (oppure ddufacci) due facce. Potrebbe derivare dal latino bifax, due facce. Usato come qualificativo per persona di scarso affidamento. Voltafaccia, volta gabbana .

- Decatu: (o dicatu): matassa, filo avvolto. Potrebbe derivare dal greco dekatos, decima parte.

- Non nd'havi decatu:  non ha senso, non ha giudizio, disordinato.

- Deda: pezzetti di legno resinoso che servono per accendere il focolare; in senso lato tutto ciò che può esser utile a fare una provvisoria fiammella. Dal latino daeda, legno resinoso, pino.

- Devantali: (oppure divantali, vantali) grembiule (vedi. vantali).

- Diesilli: (oppure diesilla) discorso lungo, farraginoso, noioso. Dall'inizio della lunga sequenza dell'Ufficio dei morti  dies irae, dies illa.

- Diluri: dolore, male; dolore dell'animo. Era anche un soprannome attributo a persona malaticcia o che si atteggiava a tale.

- Dimaria: Ave Maria, la preghiera. Ancora (1998) qualche persona sui 90 usa dire così per indicare la preghiera , ma anche il suono delle campane per l'Ave Maria!

- U purceddu nci mpara a Dimaria a troia: (come dire: non ho nulla da imparare) .... il porcellino tenta di  insegnare qualcosa alla vecchia madre.

- Disirtari: l'aborto degli animali domestici talvolta grave danno per l'economia domestica, agricola.

- Disìu: voglia, macchia. Una macchia sulla pelle o una ciocca di capelli di colore diverso. Dal latino desedium.

Tradizione: il desiderio non soddisfatto  di cose (soprattutto di primizie o manicaretti) di donna incinta era trasferito sul nascituro se, la mamma, pressata da quel desiderio, mentre avvertiva un certo prurito  in qualsiasi parte del corpo, si toccasse pensando a quella cosa che .... desiderava tanto lasciando una macchia del colore molto simile al desiderato. Tanto che è venuto il modo di dir popolare tocchiti u culu, rivolto a donna in queste condizioni, il deretano, infatti, è la zona del corpo che, se pur presenta macchie o difformità..., non è mai visto!

- Drizzari: (oppure ddrizzari) far diventare dritto: orientare, sostenere, correggere...una vita giovane con apposite tecniche; un albero con un palo tutore; un ragazzo....con le sagge ed autorevoli manate. ...etc..

- Drizzu: (oppure ddrizzu) servizio di suppellettili da casa: per es. da letto, due cuscini, due lenzuola, delle quali uno ben ricamato; da cucina: piatti da antipasto, primo, secondo contorno etc... Il termine era usato sia per indicare la quantità e qualità del corredo che per la sua differenziazione a seconda dell'uso; ma anche come prima persona singolare del presente indicativo del verbo – Drizzari: far dritto, tenere dritto, orientare....vedi

- Drusiana: nome di donna. Appellativo per una donna sciatta, insipida ed insolente, arcigna e brutta. Ho ascoltato alcuni blà…blà…blà nei quali il termine veniva usato per voler dire amante, scostumata, donna di malaffare.

- Dduccu: stupidotto, sciocco, scemo.

- Parrai cu ddu dduccu: ho parlato con quello....stupido....

- Ddui:  due; ma anche alcuni...in numero imprecisato....pochi, in ogni caso.

- Ti ‘ndi dugnu ddui!....te ne do due....schiaffoni, sberle...

- Ddu(i) mani fannu cchiù ddi una: due mani fan più forza di una. Nel linguaggio parlato ha il senso dell'invito a dare una mano...."datemi una mano, un aiuto".

- Danci ddu(i) ... patati:  dagliene due....ma anche dagli qualcosa di utile, di aiuto, di sostegno, una quantità, molto limitata, ... di qualche cosa.

- Ddudici: dodici  - Dducentu  - Ddumila.... duecento, duemila...

- Decima, (e): la decima parte; la parte che compete a chi ha fatto il lavoro e/o al padrone. Esistevano, in effetti, delle condizioni di coltivazione dei campi secondo cui al padrone era attribuita una certa parte, (si diceva "decima" per significare...percentuale non esattamente e permanentemente definita: di volta in volta se ne indicava il "quantum")  netta, di tutto il prodotto, restando a carico del conducente sia le sementi sia la concimazione, le tasse, l'irrigazione....

- Campamu chi decimi, (e): non possediamo nulla, ma ci è sufficiente per vivere quanto otteniamo lavorando a mezzadria, a terzo..... Non significa proprio umiliarsi perché poveri, anzi!, con un certo orgoglio, si specifica che il lavoro, il proprio sudore... consente di vivere senza molte lamentele.

- Denti: (sing. e pl.) dente, denti. Indica anche una certa quantità di qualcosa.

- Ndavi tutti i denti:  possiede ancora tutto il suo apparato dentario....ha tutto! Ha possibilità di "mordere" di esser pericoloso....di far del male

- Ndavi i denti i ferru:  ha perso i suoi...ma in compenso ha denti metallici....se ne ha l'occasione può rendersi pericoloso.

- Attia denti i sceccu!: a te denti d'asino! Oltre ad avere enti molti grandi....è predisposto a farli vedere ... cantare, far la spia...proprio come l'asino che fa vedere i denti....soltanto quando raglia.

- Diggiriri: digerire anche nel senso morale.

- Non diggirisciu i pipi rrustuti: non digerisco i peperoni arrostiti....c'è qualcosa che non mi va, che non sopporto, che non posso digerire.

- Diggirisciu puru i petri: digerisco tutto, posso mangiar di tutto.....e mi piace mangiar di tutto anche nel senso di......prendere, avere regalie.

- Dilicu:  delicato. Usato in senso ironico per chi si atteggia a raffinato!

- Dimoniu: diavolo, demonio, furbo, astuto, malizioso; disordinato, disattento. Si dice di una persona assetata di sesso; brutta, informe, maligna. Nel linguaggio corrente per indicare il demonio si usavano....cacafavi.....bruttu bestia....quasi con un cero senso....di rispetto....verso il "maligno".

- Ppù...bruttu bestia!: esclamazione di orrore e di terrore....pussa via ....demonio!

- A poi.... si misi u bruttu bestia: (erano state fatte delle previsioni, dei programmi)...ma poi ci si è messo il caso, il diavolo....a complicarle cose; semplicemente fare i conti senza l'oste!

- Diriggenti: dirigente, capo, comandante...

- Non faciti propria u dirigenti: non atteggiatevi per nulla a capo....non vi si riconosce.

- Pi mmia non nci su dirigenti: per me non vi sono capi....Un po' anarchico, ma anche autonomo....non riconosco nessuna autorità!

- Dirrupari: dirupare, cadere; lasciar cadere in malo modo; farsi male, buttare, allontanare...Si usa anche sdirrupari,  nel senso spregiativo e rafforzativo del concetto di cadere, lasciarsi andare.

- Vidi .... chi tti sdirrupi: stai attento....stai per cadere...stai andando verso il pericolo.

- Ti sdirrupasti?: sei caduto?.... Dove sei andato a sbattere?....Caduto anche in errore ... Ti sei provocato un danno, danno molto serio!

- Sdirrupilu!:  buttalo, buttalo via, fallo cadere....

- Dirrupu: (anche sdirrupu) dirupo, scosceso, pendio....

- Cu faci i ligna o dirrupu mi si caccia o' chianu!: chi (raccoglie legna) opera, lavora....al limite della legalità....si porti da solo....sulla via retta. Chi commette certe azioni....si dia da fare per porre rimedio!

- Dirrupu o sdirrupu: è una zona scoscesa del terreno non coltivabile proprio a causa della posizione. Significa anche abbandono violento di un affare, di una cosa....

- Disamina:  disamina. studio attento.

Per antonomasia testimonianza sia nei tribunali sia nella rappresentazione di verità di cui ne siamo personalmente certi. Non raramente si attribuisce anche il significato di "discolpa"

- Disaminatti si nda' curaggiu!: affermalo o negalo se ne hai il coraggio! Discolpati...se ce la fai....in definitiva...cerca di esser leale!

- Discurruta: una bella chiacchierata, attenta e completa, distensiva. Più frequentemente s'intendeva, però, indicare i "preliminari" di una questione molto seria, per es. una raccomandazione, un invito, una ambasceria (mbasciata) relativa ad un probabile fidanzamento o al tentativo di pacificazione di due contendenti, soprattutto quando, uno o tutt'e due, appartenevano ad un certo rango .…Il parlar, semplicemente, il discorrere in famiglia, tra amici etc. si diceva, invece, discurseddu, discursu.

- Distrubbari: disturbare, dar fastidio, insolentire, provocare.

- Distrubbu: (oggi più facilmente disturbu):  disturbo, fastidio; ma anche preoccupazione, tensione, attenzione.

- Scusatimi pu distrubbu: scusatemi se vi ho dato fastidio. Per il momento, scusatemi per il fastidio che vi ho arrecato... poi troverò modo di disobbligarmi.

- Dassatimi chi me distrubbi: lasciatemi in pace, con le mie preoccupazioni, con i miei pensieri.

- Ditteri (o anche litteri): II muta del baco da seta. Vedi. anche voce vermu.

- Dittu: detto, motto; modo di dire,  parte di un discorso già fatto. Persona già nominata, il detto ....

- Comu si non avissimu dittu nenti: come se non avessimo detto niente.

- Divacari: (anche sdivacari) svuotare, versare. Dal latino vacuum.

- Doitu: (sentito usare soltanto da persone quasi centenarie) garbo, grazia, gentilezza.

- Doja (anche doga): doga di legno per botti, tinozze ed altri contenitori in legno. Si dice di persona dedita al bere, ma capace di bere grandi quantità senza ...perdere la ragione!

- Na doja i bbuti: una doga di botte; un abbondante quantità....Un tale che...beve...ed ha la forma del ventre abbondante ed arcuata come una doga.... Dal latino dolia: botte.

- Domini (anche ndomini): chi comanda; chi ha il diritto/dovere di comandare. Di solito si dice del capo (o supposto) di una cosca mafiosa. Il Capo mastro, il Capo Squadra

- Domitu: domestico, già addomesticato, arrendevole, facilmente adattabile. Il termine era usato essenzialmente per indicare un animale già addomesticato e pronto per i servizi: un bue, un asino, un mulo, non una capra: era sempre selvatica, anche se legata alla catena; non una pecora: sempre pecora è! Era usato anche da certe donne per indicare il loro uomo, marito o amante duraturo o occasionale…insomma un uomo che si è piegato alle loro esigenze!

- Dota:  il corredo della giovane ...promessa sposa; tutto ciò che concorreva alla formazione di un patrimonio indispensabile ed insostituibile al sostentamento suo proprio e come contributo alla ...nascente famiglia .  Essa era costituita soprattutto: a)  da appezzamenti di terreno (beni “stabili“), b) beni in denaro depositato presso ...l’Ufficio Postale locale ....la Banca...era in città, era lontana ... e poi chissà quali imbrogli facevano ...quegli  ...imbroglioni ...almeno la Posta è qui, vicino, c)  dal corredo vero e proprio: cioè, tante lenzuola (per tutti i tessuti, poi, la qualità! Lino?, comune cotone? lana...? tessuto misto?), tante asciugamani, tante mutande...tante camicie...Si usava dire, infatti: “ nci desi a dota a trentasei“ cioè di ciascun “titolo“ ha avuto trentasei capi ... Ma quello che era importante ...” folcloristico “ , si direbbe oggi ,...era il modo di trasferire il corredo della giovane promessa a casa ....alla casa che lei avrà con il suo....a partire dal... Partiva, per primo “a paci da casa  affidato al migliore amico di lui o ad un parente (non genitore, però!) di lei che apriva ..la processione che era un “nerbo di coda di bue“...l’insegna del comando, del diritto ...la sottomissione di lei a lui ...Era anche ....la ripetizione di un famoso ....detto (arabo?) ”quando torni a casa ...dagliene di santa ragione a tua moglie.... Anche se tu non sai perché....  gliele dai ...E’ certo che lei sa perché   le riceve..!  Non risulta sia stato fatto uso eccessivo negli ultimi 50 anni, Prima? , Forse?

- Dubbrari:  sarebbe raddoppiare. Ma il verbo era usato per indicare un'attività agricola: il raddoppio della sarchiatura del terreno. L'operazione di faceva tra maggio e giugno per consentire una buona ossigenazione al terreno prima del grande calore estivo  e quindi della produzione di frutti.

- Dubbrari:  si diceva anche per indicare le operazioni di addomesticamento dei quadrupedi (asini e muli soprattutto), per i quali un esperto vi provvedeva, fino a quando riusciva a fargli far tutti i passi, compreso il galoppo. Il verbo indicava, infatti il passo del galoppo.

- Camora a dubbrastivu a vigna?:  (maggio-giugno) avete già provveduto a zappettare la vigna?

- Dubbratu: a) terreno già pulito e arato per la pausa estiva, b)  quadrupede già addomesticato.

- Dubbru: doppio, il doppio, due volte.

- Dubbru matrimognu: (oggi dicono matrimoniu): doppio matrimonio. Il fratello (o due fratelli o due sorelle) e la sorella, da una parte e sorella (o due sorelle o due fratelli   e fratello dall'altra.

- Ducchiari: a) adocchiare, gettare un colpo d'occhio, b) fare il malocchio. Molta gente era superstiziosa, presumeva che alcune persone avessero poteri ... di provocare del male ad altri; chi riceveva il malocchio subiva perdite, affrontava rischi, andava incontro a malattie... assumeva un atteggiamento ed un colorito da malaticcio era, secondo, credenza popolare: ducchiatu... magari aveva un leggero raffreddore. Vedi anche augugghiari Il malocchio poteva anche esser tolto  con sistemi .... artigianali  vedi, voce ssumicari.

- Ducchiatu: a) era chi aveva subito il malocchio, quindi: malaticcio, cionco, un po' handicappato; b) era che pur non avendo subito direttamente gli influssi malefici del "colpo d'occhio" stava un po' male .. .in generale...non aveva salute , per così dire, florida; c) era un colpo d'occhio a mo' di misura, stima ...gettato su qualcosa da valutare, per vendere e/o comprare; in tal caso si pronunciava con la i molto lunga, come vce ne fossero almeno tre… Il termine si usava anche per indicare persona, appartenente a famiglia che, nonostante tutta la buona volontà e gli sforzi...non riesce a...decollare (si direbbe, oggi).

- D'undi: da dove; spesso anche "ma perché?"

- Dunniari: far tardi, non rispettare gli orari e gli appuntamenti.

- Durmuta: dormita; il tempo necessario di sonno, ma anche il riposino pomeridiano, che, però, diventava durmutedda.

- Durmuta: si diceva volendo indicare la dormizione di Maria SS. Tra gli anziani del paese ve n'erano molti, infatti, che credevano più alla dormizione che non alla morte e quindi Assunzione.

- Duratizzu: durevole, ma non molto.

- Dutrina: dottrina, quella religiosa cattolica, ma anche educazione, modi garbati.

- Duviri: il dovere, il senso del dovere.

- Fici u me' duviri: ho fatto quanto dovevo…e, ..potevo, in tutti i sensi; purtroppo, anche quello, esecrabile, dell'omicidio!