L'EQUILIBRATURA
DEI MOTORI
Fino a non molti anni fa le moto più o meno afflitte seriamente da vibrazioni
non erano poche. Il problema in particolare riguardava quelle azionate da propulsori
di architettura più semplice, ovverosia i monocilindrici e i bicilindrici paralleli,
specialmente se di rilevante cilindrata e di impostazione sportiva (e quindi
destinati a girare piuttosto in alto. Per spiegare in maniera semplice e schematica
perché in certi motori si generano inevitabilmente vibrazioni di entità anche
assai considerevole conviene prendere ad esempio, tanto per cominciare, l'architettura
più essenziale ovverosia quella che prevede un solo cilindro. È chiaro che durante
la sua rotazione l'albero a gomiti deve risultare equilibrato; in caso contrario
infatti è inevitabile la creazione di vibrazioni (come può constatare chiunque
abbia a che fare con una ruota non bilanciata). Ad un lato dell'albero sono
però vincolati dei componenti animati da moto alterno (il pistone e lo spinotto)
più un altro organo il cui moto è "intermedio" tra quello rettilineo alternato
e quello di rotazione ovverosia la biella. Si potrebbe pensare che per ottenere
una buona equilibratura sia sul sufficiente dotare l'albero, dalla parte opposta
a quella del perno di manovella, di un paio di contrappesi di massa adeguata.
A questo punto occorre individuare qual è questa massa "adeguata". Tanto per
cominciare, infatti, i contrappesi dovranno equilibrare le masse rotanti presenti
dalla parte opposta dell'albero, ovverosia il perno di manovella e parte della
biella. Per bilanciare le forze create da una massa rotante basta infatti disporre
in posizione diametralmente opposta un'altra massa identica (alla medesima distanza
dall'asse di rotazione). Il guaio è che oltre alle forze create dalle masse
in rotazione è necessario equilibrare quelle dì inerzia, dovute alle parti in
moto alterno. Queste forze, purtroppo. al contrario delle altre (centrifughe),
non sono costanti durante la rotazione dell'albero ma cambiano continuamente
e sono sempre dirette lungo l'asse del cilindro. La contrappesatura, invece,
è costante e agisce sempre in direzione opposta alla manovella. Per questo motivo,
mentre come già detto è possibile equilibrare le forze create dalle masse in
rotazione, non è possibile bilanciare quelle dovute alle forze d'inerzia. L'adozione
di contrappesi determina infatti la creazione di forze esuberanti per certe
posizioni del perno di biella e insufficienti per altre. Se la controppesatura
equilibrasse al 100% le forze che sì hanno allorché il pistone è al Punto Morto
Superiore, in tutte le altre posizioni, durante la rotazione dell'albero, essa
darebbe luogo a forze di entità decisamente superiori rispetto a quelle che
dovrebbe bilanciare creando perciò delle vibrazioni di entità rilevante. Per
tale ragione si ricorre sempre a una soluzione di compromesso per quanto riguarda
la controppesatura dell'albero. Se questo, però, poteva risultare soddisfacente
fino a qualche anno fa. oggi non è più accettabile e per eliminare le vibrazioni
moleste si è standardizzata, nelle moto stradali, l'adozione di alberi ausiliari
di equilibratura. In genere si ricorre ad un singolo albero, dotato di una massa
eccentrica, che ruota in senso opposto rispetto all'albero a gomito, con identica
velocità (e opportunamente "fasato", come logico). Per comandarlo si fa di norma
ricorso a una coppia di ingranaggi dei quali almeno uno di tipo elastico e quindi
in grado di agire come un efficace parastrappi che riduce gli urti tra i denti
e elimina la rumorosità. Alcuni costruttori addirittura impiegano due alberi
ed in tal caso il comando è in genere del tipo a catena. Molto interessante
è la soluzione adottata nella Ducati Supermono, con equilibratore dinamico costituito
da una biella ausiliaria (disposta a 90° rispetto a quella principale e guidata
al piede da un biscottino oscillante). Nei bicilindrici paralleli l'albero può
avere le manovelle perfettamente allineate (ovverosia a 360°) oppure disposte
a 180°. In questo secondo caso quando un pistone va al PMS l'altro va al PMI
e viceversa. Si potrebbe perciò pensare ad un'equilibratura eccellente ma le
cose non stanno proprio così perché gli assi dei due cilindri sono relativamente
lontani l'uno dall'altro e di conseguenza si crea una coppia di entità tutt'altro
che trascurabile, che tende a fare oscillare trasversalmente il motore. Inoltre
occorre anche considerare le forze del secondo ordine, derivanti dal fatto che
la biella non ha una lunghezza infinita e che si inclina durante la rotazione
dell'albero. Questo determina accelerazioni differenti allorché il pistone parte
dal PMS e allorché parte dal PMI (la velocità massima infatti tale componente
non la raggiunge quando la manovella è a 90° rispetto ai due punti morti ma
in posizione sensibilmente più vicina al PMS. Queste forze ovviamente in un
bicilindrico parallelo (come del resto in molti altri motori, a cominciare pure
in questo caso dal monocilindrico non sono affatto equilibrate e, anche se di
entità decisamente inferiore rispetto a quelle del primo ordine (delle quali
si è parlato prima) contribuiscono in buona misura alla creazione di vibrazioni
più che avvertibili. Nei moderni bicilindrici paralleli con manovelle sia a
360° (nei quali la situazione è analoga a quella dei monocilindrici) che a 180°
si ricorre di norma ad alberi ausiliari di equilibratura. Assai buona è la situazione,
sotto il profilo della bilanciatura, per quanto riguarda invece i bicilindrici
a V di 90° e ancora migliore nei bicilindrici contrapposti. In alcuni motori
a due tempi bicilindrici a V di 900 la considerevole distanza tra i due perni
di manovella ha reso opportuno l'impiego di un piccolo albero ausiliario per
equilibrare la coppia perturbatrice. Mano a mano che la V si restringe, se le
due bielle lavorano affiancate su di un unico perno di manovella lo squilibrio
del motore tende ad aumentare (e con esso le vibrazioni). Questo ha portato
alla realizzazione di alberi con i perni di manovella sfalsati che consentono
di ottenere un funzionamento esente da vibrazioni fastidiose. La formula da
impiegare è X = 180° - 2a , ove X è lo sfasamento da impiegare (in gradi) ed
a l'angolo tra gli assi dei due cilindri. Di norma i due perni di manovella
sfalsati (la soluzione si presta ad essere impiegata ovviamente solo con gli
alberi monolitici) sono separati da uno stretto volantino non supportato. Non
mancano esempi di bicilindrici a V stretto dotati di un albero ausiliario di
equilibratura; in essi le due bielle lavorano affiancate sull'unico perno di
manovella. I tricilindrici in linea sono motori discretamente equilibrati; per
gli standard moderni il loro livello di bilanciatura può non risultare però
soddisfacente. Sulla BMW K 75 e sulle Triumph viene impiegato infatti un albero
ausiliario di equilibratura. Ancora migliore è la situazione per i quadricilindrici;
alcuni "quattro" in linea dì grossa cilindrata sono comunque stati dotati dal
costruttore di un albero ausiliario che ha la sola funzione di equilibrare le
forze del secondo ordine (si tratta quindi di un'autentica raffinatezza) . Ricordiamo
che in un motore a quattro cilindri in linea le forze del primo ordine sono
perfettamente equilibrate perché mentre due pistoni salgono gli altri due scendono.
Il movimento di questi organi e delle relative bielle però non è perfettamente
eguale9 perché i due pistoni che scendono, quando i perni di manovella hanno
percorso 90° dalla posizione di PMS, hanno compiuto più di metà della corsa,
a differenza dei due pistoni che salgono. Ecco perché in alcuni quattro cilindri
in linea di grossa cilindrata particolarmente sofisticati, i costruttori impiegano
un piccolo albero ausiliario di equilibratura; sconfinando in campo automobilistico,
addirittura Case come la Lancia e la Porsche per alcune loro realizzazioni di
grande prestigio fanno ricorso a due alberi ausiliari. Una importanza fondamentale
nella lotta alle vibrazioni l'hanno non solo la rigidità del basamento del motore
ma anche la disposizione degli attacchi del telaio e la loro conformazione.
Nei monocilindrici di rilevante cilindrata ad esempio, in genere si cerca di
fissare al telaio (in maniera non particolarmente rigida, però!) anche la testata,
benché il basamento sia vincolato più che saldamente, per evitare che essa possa
"oscillare" tendendo così ad amplificare le vibrazioni. In vari casi in uno
o due degli attacchi al telaio sì impiegano delle bussole di gomma (silent-block)
in grado di assicurare al tempo stesso un ancoraggio saldo ma non rigido. Le
dimensioni e la disposizione di questi silent-block possono essere critiche
e vengono determinate sperimentalmente con grande accuratezza così come può
essere critica anche la coppia di serraggio degli organi di unione filettati.
Nei motori Honda CBR 600 e 900 gli attacchi anteriori al telaio sono ricavati
nella parte superiore del blocco cilindri e quest'ultimo è ricavato nella stessa
fusione del semicarter superiore. Sarebbero potuti essere disposti in eguale
posizione anche con un blocco cilindri amovibile ma sì sarebbe trattato di una
soluzione meno apprezzabile sotto l'aspetto meccanico, con gran parte delle
sollecitazioni che si sarebbero andate a scaricare sui prigionieri (e per la
presenza di una superficie di unione munita di guarnizione).