Nella società contemporanea lo sport, oltre a produrre spettacolo con azioni sportive esaltanti, manifesta violenza ed aggressività. Tali manifestazioni non sono solo fenomeni della nostra società: si ricordino gli incidenti del 59 d.C. a Pompei fra i tifosi locali e di una città vicina durante i giochi dei gladiatori, così gravi da indurre il senato a bandire i giochi da Pompei per dieci anni. Oggi, invece, é da prendere in considerazione la violenza negli stadi sempre più in crescita, basti pensare alla strage di Bruxelles del giugno 1985: 38 morti e oltre 400 feriti.
Quali sono le cause che determinano questi continui conflitti sugli spalti?
Condizionamenti. Lo psicologo Jeffrey H. Goldstein afferma: "Le persone che assistono a uno sport aggressivo tendono a diventare a loro volta aggressive; in questo modo la sequenza di eventi tende a perpetuarsi per forza propria: i tifosi si sentono aggressivi, vedono o sentono aggressione e quindi agiscono aggressivamente. Questa spiegazione tiene presenti alcune leggi di psicologia della folla secondo cui chi si trova in un certo gruppo, in genere, é portato a comportarsi come gli altri membri anche quando non é del tutto convinto, il che significa che gli istinti sono contagiosi tanto più quanto più sono le persone coinvolte: il gruppo tende a condizionare l'individuo fino a fargli perdere la sua identità.
Ricerca di identità. Il personaggio del tifoso, infatti, può essere il punto di approdo di una disperata ricerca di identità di un ragazzo che non é riuscito a trovare altri modi di esprimersi; allora il tifoso rappresenta un modello di eroe, con un suo caratteristico abbigliamento, con i suoi slogan, con le sue dimostrazioni di virilità e di coraggio; nelle interviste agli ultras, infatti, alcuni hanno detto: "è meglio essere tifosi d'assalto e cattivi piuttosto che nessuno!"; si può dire che chi entra nel ruolo di tifoso ultras trova un'identità già predisposta con il suo corredo di norme, valori e ragioni.
Effetto protagonistico. Il processo di etichettamento, nella cronaca giornalistica, ufficializzando l'immagine del tifoso forte, duro, passionale, temuto, solidale, ha un "effetto pubblicitario" affascinante che attira tanti giovani influenzabili. Non si spiega altrimenti il continuo aumento di clubs dei tifosi con nomi che si commentano da sè: Sturm Truppen Como, SS Stabia, Commandos, Brigaden, Achtung Viking e così via.
Ricerca di eccitazione. La caratteristica del tifo, dei cosiddetti "ultras", diventa la ricerca della tensione emotiva, piuttosto che la riduzione. Infatti é evidente che niente di meglio delle eccitazioni provocate dalle situazioni antagonistiche, aleatorie e coinvolgenti della partita, può offrire a molte persone l'occasione di potersi dare alla disinibita emozione eccitatoria. Allora l'aggressività, le zuffe, i vandalismi, gli scontri costituiscono gli effetti di un bisogno psicologico domato dalla ricerca di forti sensazioni.
Bisogno di sfogo. Un altra teoria, detta "catartica", attribuirebbe al tifoso il bisogno di uno sfogo di emozioni, possibile grazie all'identificazione con gli atleti e mediante un conflitto simbolico o ritualizzato coi tifosi avversari ("devi morire !!").Quando questa forma di elaborazione dei vissuti aggressivi risulta inadeguata alla pressione istintiva o reattiva, allora si avrebbe il passaggio all'atto vandalico; lo sport in questo caso consentirebbe un'occasione di sfogo dell' eccesso di carica aggressiva accumulati nella realtà lavorativa o familiare: frustrazioni quotidiane represse.
Alcuni estremizzano questa teoria: l'attivazione di condotte aggressive pur essendo apparentemente occasionate dalle manifestazioni sportive o da passione tifosa, in realtà sono l'esplosione di profonde frustrazioni sociali; gli stadi sarebbero parafulmini per scaricarle servendo quindi gli interessi della classe politica dominante, per spostare la scarica emotiva dal terreno degli scontri politici e sociali al terreno degli stadi. Sicché la manifestazioni sportive sarebbero "bersagli sostitutivi" per frustrazioni motivate da problemi economico-sociali molto più grandi della frustrazione derivante da una sconfitta ludica.
Condizionamenti sociali: secondo un'altra teoria il tifoso sarebbe la conseguenza degenerativa di una società che evidenzia, esalta e premia solo colui che vince o che ottiene successo, a prescindere dai mezzi impiegati per raggiungerlo, adottando il principio discutibile secondo cui " il fine giustifica i mezzi ".
Occorre quindi vaccinarsi contro i germi della violenza sociale educando ai valori di pace, di convivenza civile, di cooperazione più che di competizione (lo spirito competitivo va ben dosato e tenuto sotto controllo).
L'essenza dello sport agonistico. Alcuni autori ritengono lo sport direttamente responsabile della violenza, in pratica secondo questi sarebbe meglio eliminare lo sport perché non può esistere sport agonistico senza violenza; la logica seguita è questa: lo sport prevede la competizione, lo spirito competitivo implica il desiderio di superare l'avversario col massimo impegno, e questo significa anche, quando é necessario, ricorrere a qualsiasi mezzo per vincere.
In realtà questa logica appartiene solo al tifoso violento; è vero, ciò che differenzia lo sport dall'educazione fisica è l'agonismo, inteso come desiderio di superamento di uno o più avversari ; questo desiderio attinge energia dall'istinto aggressivo ma lo sport permette di scaricare questo istinto che altrimenti represso si ingigantirebbe e procurerebbe maggiori danni.
La differenza tra lo sportivo e il tifoso sta nel modo di scaricare l'aggressività: lo sportivo tramite l'azione del gioco, il tifoso in altri modi !!!
VIOLENZA: uso volontario della forza a danno altrui.
violento: colui che facilmente e prontamente e senza riguardo o misura si avvale della forza.
Se la coscienza raggiunge una certa maturità tutti gli stimoli aggressivi e le reazioni emotive possono essere frenati o corretti: occorre quindi nobiltare la coscienza sportiva riscoprendo il contenuto etico dello sport, sviluppando negli atleti e negli spettatori la consapevolezza che gli esseri umani, da qualsiasi parte dello stadio giocano o guardano, sono tutti "simili" da rispettare; solo così lo sport può contribuire non solo alla salute e alla vigoria fisica, ma anche alla crescita dei più alti valori dell'uomo.
E' da tener presente inoltre che se è vero che l'entusiasmo del pubblico "carica" gli atleti, è anche vero che il pubblico sugli spalti "mima", a suo modo, il comportamento degli atleti che gareggiano; sicché un comportamento nobile e corretto degli atleti che impegnino al massimo la propria aggressività, ma sempre e solo nei limiti del lecito, è un esempio utile a indurre negli spettatori sentimenti positivi; viceversa una scorrettezza in campo o una cattiva condotta in gara da parte di un atleta si riflettono immediatamente sulla pressione sanguigna di migliaia di spettatori , sicché l'eccitazione si trascina anche fuori dagli stadi.
Psicologia del tifoso. Se si chiede al tifoso ultras il perché di certi episodi violenti si riscontra l'esigenza di ristabilire l'autostima e il proprio potere minacciato: la necessità di "salvare la faccia" quando c'é l'insulto o la provocazione; a volte dipende semplicemente dal fatto che viene oltrepassato un certo limite della"sceneggiatura": è normale urlare certi slogan anche volgari per cui non si capisce quando viene fatto "per gioco" e quando per provocare i tifosi avversari.
Cause occasionali possono essere, ad es., il pensare che i giudici di gara abbiano applicato una regola in maniera inesatta o prese delle decisioni che sembrino favorire una squadra e danneggiare un altra ".
Insomma è presente il bisogno di ristabilire un senso di giustizia violato (di fronte ad una decisione arbitrale, ad una scorrettezza di gioco..etc.), secondo una propria ottica in genere deformata.
Per essere all'altezza del personaggio ultras bisogna ricordare alcune regole:
1) essere sempre star pronti a passare all'aggressione.
2) l'arbitro è sempre venduto e in genere quando infligge una punizione ai "nostri" sbaglia o quanto meno esagera
3) se gli avversari si comportano male l'arbitro deve punirli ma non basta: ci penseremo noi !!Ma gli avversari in genere si comportano sempre male , anzi malissimo, anche quando non fanno niente, ... già il fatto di avere colori diversi è una colpa, e poi sono di quel paese!!
4) gli avversari sono ... chi glie ne dice di più è più tifoso
5) chi non fa quello che facciamo noi è contro di noi ( chi non salta è..." i colori dell'avversario")
6) si va allo stadio come alla guerra.
7) se possibile associare qualche motivazione politica così si avrà un motivo in più per "fargliela pagare".
Per completare l'analisi di quali fattori possono aver inciso sul diffondersi della violenza nello sport (riepiloghiamo schematicamente i precedenti):
- i mass-media, pur nel rispetto del dovere di cronaca e del diritto all'informazione degli utenti, creano un effetto spettacolare che attira tutti quelli desiderosi di protagonismo inducendo all'emulazione
- i giovani han bisogno di punti di riferimento, modelli da seguire; quando la famiglia, la scuola, la società non soddisfano questa esigenza il giovane li può trovare in modelli devianti.
- l'ambiente in cui vive il ragazzo può essere "pressante", nel senso di mostrare sempre e solo modelli negativi da seguire, per cui non conoscendo altro ci si ritrova violenti semplicemente per una forma di adattamento passivo alla propria realtà.
- il divismo: fenomeno per cui si è condizionati a voler esser per forza mitici, eccezionali, straordinari, e quindi ammirati e osannati come un divo; di chi è la colpa? In parte dei mass-media e in parte nostra: è vero che i mass-media enfatizzano le gare sportive e i primi arrivati, dimenticando che è altrettanto meritevole chi arriva ultimo, ma il nostro errore è quello di farci condizionare dalle esigenze commerciali; è chiaro che un giornale che mette in evidenza personaggi famosi vende di più di altri, le notizie eccezionali attirano di più dei fatti quotidianamente normali, è normale un certo desiderio di uscire dalla routine di tutti i giorni, non è giusto e nemmeno conveniente per la salute voler distinguersi a qualsiasi costo, aver paura di essere uno come tanti. Bisogna educare alla normalità, la qualità più preziosa del mondo, come dicevano i latini "in medio stat virtus", "è aurea la mediocrità", il che non significa certo che dobbiamo rassegnarci ad essere quello che siamo: dobbiamo desiderare ogni giorno qualche miglioramento ma senza ossessione.
Infine, bisogna educare il vero spirito sportivo: saper perdere con dignità, riconoscendo il valore dell'avversario, gareggiare per misurare se stessi, come mezzo per migliorarsi, non per voler battere l'altro a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo, questo sarebbe la negazione non solo dello spirito sportivo, ma dei principi morali in genere ; in altre parole accettare che "il fine giustifica i mezzi" porterebbe all'annullamento della vita civile.
La Repubblica,16\12\94 In cella Maurizio Boccacci, capo naziskin
10 arresti per gli incidenti della partita Brescia-Roma del 20 novembre per violenza, resistenza aggravata e lesioni a pubblico ufficiale (accoltellato all'addome il vicequestore vicario di Brescia, Giovanni Selmin), grazie a un attento esame dei reperti cinematografici, oltre che delle testimonianze dirette; 5 degli arrestati sono dell'estrema destra romana, quasi tutti tifosi della Roma, ma c'è anche qualche ultrà della Lazio.
Quella di Brescia fu una spedizione politica, in cui il calcio e lo stadio sono elementi marginali, non determinanti ma usati come opportunità per creare disordini ed incidenti: queste le conclusioni delle indagini coordinate dalla magistratura bresciana, secondo cui era nata una sorta di "trasversalità di interessi", un patto di violenza in cui essere della Roma o della Lazio aveva poca importanza. Quello che conta, secondo gli inquirenti, è il legame politico che si è creato tra chi vuole incidenti e chi è scontento della propria società sportiva. M.Boccacci, laziale, e Giuseppe Meloni, romanista, hanno viaggiato insieme e progettato scientificamente la spedizione riuscendo a coinvolgere in un progetto politico violento quei tifosi romanisti che volevano punire i dirigenti giallorossi che avevano interrotto la prassi dei biglietti gratis e dei contributi per le trasferte. Insomma quel giorno a Brescia il calcio era uno strumento per ricreare nuovi consensi all'estrena destra, per poter sventolare le bandiere di Meridiano Zero e del Movimento politico occidentale, formazione di destra con matrici razziste.
Una vecchia intervista al Boccacci: "Sono un razzista, se per razzista s'intende che ogni popolo dovrebbe stare nel proprio territorio, i negri come gli ebrei, come gli immigrati. Non farei mai giocare i miei figli con bambini negri ed ebrei, difendendo l'integrità della razza, della civiltà, dei popoli. Se non c'è nessuno che si fa carico della nostra politica razzista, la violenza resta l'unico mezzo di reazione. Gli immigrati devono uscire dall'Italia!"
Panorama, 16\12\94
Sono passati quasi tutti all'estrema destra, ammesso che riescano a concepire idee politiche. Non hanno impieghi stabili, non vanno a scuola, sono un magma difficilmente decifrabile; non si ubriacano come gli hooligan inglesi, non hanno un "codice deontologico", come gli spagnoli.
Mario Pescante, presidente del CONI : " Episodi inquietanti della vita del Paese si sono trasferiti dentro e attorno agli stadi, dove agiscono delinquenti puri, che provocano con premeditazione, con una strategia, con una matrice politica, criminali veri e propri che ricattano le società e il mondo del calcio. Un'invasione di campo alla Cavallo Pazzo può costare alla Roma almeno un miliardo se il campo viene squalificato per una giornata ". Uno dei punti più dolenti è, appunto, il rapporto tra i tifosi organizzati e le società: per anni queste hanno trattato con gli ultrà, anche se non lo riconoscono hanno finanziato le loro trasferte, hanno dato una mano per l'organizzazione della coreografia sugli spalti, poi di fronte alle violenze hanno chiuso i cordoni della borsa e hanno rotto i ponti con gli ultrà che quindi son diventati come cani sciolti.
La realtà di troppi stadi italiani è fatta di svastiche, croci celtiche, asce bipenni, capelli a zero, vessilli da confiscare agli avversari, scontri con la polizia, dimostrazioni violente di forza e di coraggio, tramandate ed esaltate da una sottocultura impregnata di razzismo e di nazismo. Il gruppo Opposta Fazione di Roma, una settantina di giovani legati ai naziskin ha come motto "meno calcio e più calci". L'odio dichiarato, cantato e urlato, verso neri, ebrei e diversi di ogni tipo, è crescente.
I Drughi, gli ultras bianconeri, in attesa del fischio d'inizio si caricano fumando spinelli e ripassano gli slogan, canna e mortaretto, Drugo perfetto. Lo stadio viene prima di tutto, della famiglia, della mia ragazza, del lavoro (intervista a un ultrà). Naziskin: antiamericani, antioccidentali, anticomunisti, antimoderni e xenofobi.
Corriere della sera, 30/1/95
Tragica domenica a Genova. Il mondo dello sport sotto choc per la nuova esplosione di violenza. Giovane sostenitore del Genoa ucciso a coltellate prima dell'incontro con il Milan, partita sospesa a metà gara: non era mai accaduto; assediato lo stadio, guerriglia nelle strade, numerosi i feriti. Commenta il giornalista G.Tosatti: " siamo bravissimi nel fingere di vivere in un paese civile, isoliamo i sintomi della nostra malattia rifiutandoci di collegarli tra loro: abbiamo la violenza verso l'infanzia, verso le donne, verso gli extracomunitari, genitori assassinati dai figli e viceversa, sulle autostrade (lanci di sassi sulle auto), una corruzione così diffusa da rendere insufficienti le carceri, perchè stupirsi ? Partita, classifica e rivalità non centrano, sono guerre tra bande in cui si intrecciano odi, alleanza, vecchi torti, motivazioni politiche...Le società hanno denunciato oltre 4000 violenti...potremmo anche chiudere gli stadi!!..."
"Tempi bui, senza una legge che non sia quella dell'odio, con la partita di calcio a fare da contorno!! Il 29/5/85 a Heysel, nonostante i 39 morti si decise che "the show must go on", ora si è detto basta!" Noi non giochiamo, nella speranza che la ragione abbia il sopravvento sulla violenza" dissero i capitani delle due squadre. I mille tifosi rossoneri vennero schedati ad uno ad uno fino a notte fonda.
Matarrese: "anche con le lacrime agli occhi abbiamo il dovere di non fermarci e non lasciarci prendere dal panico, non possiamo consentire che delinquenti uccidano il calcio, questo assassinio non appartiene a noi: tentano di distruggere quello che da tanti anni cerchiamo di edificare, non possiamo creare uno stato di guerra attorno agli stadi!"
E.BIAGI: "la violenza è nell'aria, nel costume, in certe trasmissioni televisive, nella cultura dei club degli ultras, negli striscioni insultanti, nelle divise ridicole; la violenza è in Parlamento: negli insulti, nei capi da impiccagione, nellerisse, nel linguaggio; è sulle pagine dei giornali: su cento interviste la metà sono fondate sul pettegolezzo e vogliono essere pretesto non per una spiegazione ma per una zuffa; è nelle cronache tendenziose, o fondate sul sospetto o sulla chiacchiera... Qui si vuole attribuire ogni responsabilità allla polizia, che dovrebbe perquisire anche 50.000 cittadini, e fare un preventivo censimento degli idioti e dei delinquenti; è un programma troppo ambizioso e il compito andrebbe ripartito tra tutti noi."
SCALFARI: "forse il calcio non centra, non è al calcio che si possono addebitare le pulsioni violente che pervadono la nostra società; ma il calcio è sicuramente un' occasione di violenza, se non altro perchè aggrega decine di migliaia di persone e le divide in fazioni "l'un contro l'altra armate"...la personalità di questi ragazzi è incerta, schiacciata dall'anonimato, irretita dalla televisione e dagli esempi che la società gli propone, una società che trasuda violenza da ogni lato, nel linguaggio, nelle immagini, nella pubblicità, nello sport, nella politica."
La domenica successiva lo sport si è fermato per sofferta decisione del Coni, di dare un segnale forte e chiaro, oltre ai provvedimenti presi finora e ai nuovi ancora da prendere, di prevenzione e di repressione; finora vengono impiegati 10.000 uomini, 800 mezzi e 10 elicotteri delle forze dell'ordine.
Provvedimenti possibili:
- proibire l'ingresso agli stadi di quei tifosi che siano stati protagonisti di un qualche fatto violento, con l'obbligo di presentarsi in questura il giorno della partita (vietare le trasferte delle tifoserie organizzate);
- maggior impiego di telecamere che riprendano costantemente le tribune e gli spalti;
- interdizione di certi clubs di tifosi offrendo loro anche la diretta televisiva dell'incontro nelle loro sedi;
- indagare sui veri rapporti tra club e le organizzazioni dei tifosi;
- vietare qualsiasi forma di sovvenzionamento da parte delle società sportive ai loro tifosi;
- impedire l'uso degli striscioni "offensivi" negli stadi;
- al primo accenno di infrazione di una di queste regole far giocare le squadre al chiuso e senza pubblico.