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Fabbricati sicuri: ecco le leggi da conoscere

Le norme per prevenire i crolli esistono, ricordiamole una per una

La situazione normativa in materia di sicurezza degli edifici è, per grandi linee, la seguente:

Norme dettate per la sicurezza dei fabbricati

L. 5/11/1971 n. 1086 - La legge in oggetto, dopo una descrizione delle opere prese in considerazione, prescrive all'art. 1 che la fase di realizzazione di tali opere debba avvenire in modo da assicurare la "perfetta stabilità e sicurezza delle strutture", ed evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità.
A tal fíne l'art.2 indica i requisiti di competenza professionale dei soggetti incaricati delle varie tipologìe dì costruzioni, descrivendo successivamente anche i documenti da redigere e consegnare alla P.A., e la fase dei controlli, disciplinando, altresì, specifiche ipotesi di reato per le diverse violazioní ed omissioni;
L. 10/1991 - Impianti termici, installazione e sicurezza;
D.P.R. 577/198 - Prevenzione degli incendi;
L. 5 marzo 1990 n. 46 - Sicurezza degli impianti relativi agli edifíci adibiti ad uso civico (impianti per utilizzazione e distribuzione di energia elettrica, impianti radiotelevisivi, per l'utilizzo di gas, impianti per il sollevamento persone ed impianti antincendio)

Norme penali specifiche in materia

Art. 434 c.p. - "crollo di costruzioni o altri disastri dolosi", punisce con la reclusione da 1 a 5 anni, chi cagiona il crollo di un edificio o di una sua parte, ovvero un altro disastro;
Art. 676 c.p. - "Rovina di edìfici o altre costruzioni", punisce chi ha avuto parte nel progetto o nei lavori concernenti un edificio o un'altra costruzione, che poi, per colpa, rovini;
Art. 677 c.p. - punisce il proprietario di un edìficío o di una costruzione che minacci rovina, ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o vigilanza dell'edificio che accetta di provvedere ai lavori necessari per evitare il pericolo

Codice civile

Art. 2053 c.c. - "Rovina di edificio", che configura una ipotesí di responsabilità "quasi oggettiva". "Il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione"

Realisticamente, pertanto, il problema da porsi - escludendo i fabbricati di recente realizzazione, per i quali i sistemi di controllo descritti dalla L. 1086/71 dovrebbero essere osservati - si pone con riferimento a quegli edifici che, oltre ad essere stati realizzati senza seguire particolari cautele, sono stati oggetto negli anni dell'attività dannosa di vari agenti esterni ed interni.

 

E' da precisare che, in aggiunta alla rete di controlli prima descritta, attulmente sono ben delineati i centri soggettivi di responsabilità cui far riferimento in tema di sicurezza degli immobili.
In primo luogo, in ordine di tempo, sono responsabili della struttura che si va realizzando, il progettista, il direttore dei lavori ed ìl costruttore.
Successivamente, per ciò che non sia riconducibile a vizi della fase costruttìva, il proprietario diviene responsabile delle vicende del fabbricato.
Va però ricordato, come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, che negli edifici condominiali l'obbligo giuridico di rimuovere il pericolo per l'íncolumità delle persone incomba innanzitutto sull'amministratore del condominio, il quale, avvalendosi dei poteri riconosciutigli dagli artt. 1130 n. 3 e 4 e 1135, 2° co. Cod. civ., deve attivarsi senza indugio per la eliminazione delle situazioni potenzialmente pericolose per la sicurezza.
L'amministratore è infatti titolare ope legis non solo del dovere di erogazione delle spese attinenti alla manutezione ordinaria ed alla conservazione delle parti e servizi comuni dell'edíficio (ex art. 1130 cod. civ. citato, v. Cass. I Penale 19/06/1996) ma anche del potere - dovere di ordinare lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria che rivestano carattere urgente. (v. anche L. 10/1991 art. 34 n. 5).
La problematica in oggetto è stata altresì esaminata dalla Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità dell'art. 677 c.p., nella parte in cui prevede la responsabilità del proprietario dell'immobile per il caso di omissione dei lavori necessari indipendentemente dal valore economico degli stessi e dalle condizioni economiche del proprietario stesso, in tal caso la Corte, pur rigettando per motivi tecnico - procedurali la questione posta, ha formulato l'auspicío che "de iure condendo possa essere prevista una forma di intervento diretto e sostitutivo sull'immobile dell'auttorità amministrativa nell'ipotesi di accertata impossibilità dell'effettuazione dei lavori" (Corte Costituzionale ord. 21/1/1988 n. 66).
Posta la premessa circa le singole responsabilità individuate dalle norme e dalla giurisprudenza, si deve riconoscere come, in linea di principio, siano ipotizzabili le proposte fonnulate sia dall'ordine degli ingegneri, che ipotizza la dotazione di un fascicolo del fabbricato per ciascun edificio, sia la soluzione prospettata dall'ordine degli architetti.
Entrambe muovono infatti dall'esigenza, da tutti riconosciuta come prioritaria, di assicurare il massimo della sicurezza in materia ed il rispetto nel tempo dei necessari standard qualitativi e di conservazione.
E' però importante tener presenti altri fattori di grande rilevanza quali l'immediatezza dei risultati da perseguire, la semplificazìone e l'esigenza di iniziare ad utilizzare fín da ora gli strumenti attualmente disponibili, anche per evitare che il fattore deterrente costituito dai costi da sostenere in aggiunta a quelli già ingenti imposti ai piccoli proprietari, possono creare fenomeni di innoservanza degli adempìmcnti da porre in essere.
Non può infatti sfuggire che un'operazione come la creazione di un fascicolo del fabbricato, ovvero la "certificazione" auspicata dagli architetti, abbiano tempi di realizzazione e costi non irrilevanti.
Del resto, al di là di casi non generalizzabili, esistono e sono ben note situazioni di pericolo proprie di alcune zone, ovvero di quartieri i quali sarebbe doveroso un intervento immediato.
Era ben noto, ad esempio, il dissesto che da anni minava il palazzo crollato a Palermo, così come quello crollato a Roma, a Via di Villa Iacobini, ì cui abitanti avevano presentato numerosi esposti tutti ignorati dalle autorità competenti, lamentando i segni premonitori di un imminente crollo.
Al di là dell'impatto emotivo costituito dai casi ricordati, sarebbe di grande importanza il compimento di attività di sensibílizzazione nei confronti dell'amminístrazione titolare del potere-dovere di vigilanza sulla proprietà immobilìare, per scongiurare il verificarsi di nuove disgrazie.
Sotto un diverso profilo, potrebbe essere sufficiente ai fini dell'effettuazione di una sorta di monitoraggio della sicurezza dei fabbricati, la previsione, alla stregua di quanto prescritto dalla L. 10/1991 art, 28, di una relazione tecnica presso gli uffici comunali, circa il rispetto degli standard qualitativi e di sicurezza ímposti dalle norme.
L'omissione di tale adempimento, ovvero la non fedeltà della relazione, potrebbe essere sanzionata come già avviene nella citata legge all'art. 34.
Sarebbe poi opportuno che l'autorità svolgesse "visite tecniche" al fine di valutare i fattori di rischio, come ad esempio previsto dall'art. 14 D.P.R. 1982 n. 577, in tema di prevenzione incendi.
Disposizioni similari sono previste dall'art. 13 L. 46/1990 e dall'allegato regolamento.

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