Le canne per la passata

 

Come, quando e dove pescare a passata, uno dei tipi di pesca sportiva più diffusi. Cominciamo col presentarvi le caratteristiche fondamentali delle canne.

La tecnica di pesca che comunemente viene chiamata "passata" è quella più diffusa e utilizzata nelle nostre acque, perché nella maggior parte dei fiumi italiani c'è la corrente necessaria per praticarla, e perché vi si può ricorrere tutto l'anno, in ogni stagione. Infine, perché si tratta di una tecnica abbastanza facile e di semplice apprendimento. Pescando a passata si possono catturare soprattutto ciprinidi, una numerosa famiglia di pesci tra i quali le prede più ambite sono rappresentate da cavedani, pighi, barbi, carpe, savette. Si pescano anche, sia pure saltuariamente e in particolari condizioni delle acque, trote e temoli. Palestra ideale della passata sono tutti i corsi d'acqua del piano e della fascia inferiore collinare che presentino correnti moderate, o anche sostenute, ma sempre costanti. Infatti, in questo tipo di pesca, la corrente è indispensabile per trasportare l'esca lontano dal pescatore, imprimendole un movimento il più possibile naturale, con un'azione detta, appunto, di "passata". La passata viene effettuata da un punto fisso preciso, scelto dal pescatore, e ripetuta diverse volte. Perché i risultati siano buoni, è necessario richiamare, pasturando, una certa quantità di pesce proprio in quel 'punto, o almeno nelle sue immediate vicinanze. Questa è un'altra caratteristica della passata: differenza di altre tecniche, come per esempio lo spinning e la mosca, in cui l'uomo va, diciamo, a "caccia' del pesce, cercandolo dove vive e muovendosi lungo le rive del corso d'acqua, con questa tecnica non ci si sposta molto' perché è il pesce che deve essere attirato dove si trova il pescatore. Per ottenere che l'esca, seguendo il filo della corrente, giunga in maniera naturale ai pesci, è indispensabile la presenza del galleggiante, che ha la funzione di sostenere l'esca sopra il fondo o appena al di sopra di esso, proprio nel punto dove normalmente stazionano e si alimentano i pesci. Le acque dove si può pescare a passata sono molte e comprendono: i fiumi di. pianura, i canali, le rogge più grandi e quelle zone dei laghi dove un immissario crea una certa corrente. Sono invece esclusi torrenti, lanche e morte, laghi alpini e di pianura, stagni; in altri termini, tutte le acque con un corso troppo irregolare e veloce e quelle completamente ferme.

Una tecnica per tutti

La grande popolarità e diffusione della pesca a passata sono dimostrate dal fatto che fino agli anni '70 era praticamente l'unica tecnica utilizzata in campo agonistico, e ancora oggi rimane la più importante, anche se le sono affiancate tecniche d'importazione, come la roubaisienne, la pesca all'inglese e quella a legering. La sua grande rilevanza sul piano agonistico è la ragione della sua continua evoluzione tecnologica e tecnica. A livello dilettantistico, e non certo delle sofisticatissime tecniche dei garisti, la pesca a passata deve la sua diffusione alla semplicità e ai buoni risultati che consente. E una pesca antica, con una tradizione tutta italiana, tant'è vero che molte sono le regioni che se ne contendono la paternità. Difficile stabilire un'origine certa, anche se i nomi delle canne usate per la passata, cioè bolognese e canna fissa fiorentina, inducono a pensare che questa tecnica abbia avuto origine sulle sponde dei fiumi delle, pianure del settentrione, ricchissimi d'acqua portata dai numerosi torrenti alpini e appenninici.

Le canne

Le canne per la pesca a passata sono molte e si possono dividere in due grandi famiglie: canne fisse, senza anelli scorrifilo, di varia lunghezza e in cui la lenza, mediamente lunga quanto la canna stessa, viene fissata direttamente alla parte terminale (cimino), e bolognesi, con anelli guidafilo e con un attacco per il mulinello. La principale differenza tra canna fissa e bolognese sta nel fatto che con la seconda, grazie al mulinello, è possibile lanciare più lontano e avere una consistente riserva di filo. Alla fine degli anni '70, le canne da passata hanno conosciuto una stupefacente evoluzione tecnologica, in particolare per quanto riguarda i materiali. Per rendersene conto, basta guardare due canne da passata dello stesso tipo costruite a una ventina d'anni di distanza. La differenza è notevole. una canna, di diametro maggiore, presentata sul mercato negli anni '70, è costruita in conolon, ha un calcio che ha la sezione di oltre 55 mm di diametro e un peso complessivo di circa 560 gr. L'altra, prodotta alla fine degli anni '80, è una canna in fibra di carbonio alto modulo" (con elevata elasticità. ossia reattività alle sollecitazioni), ha un diametro alla base di 27 mm e un peso di 280 g. La lunghezza è la medesima, ma il peso e la sezione si sono ridotti della metà in soli vent'anni. Un esempio: una canna fissa da passata prodotta nel 1991 e lunga 11 m, telescopica, in 11 pezzi da un metro l'uno, ha un peso netto di circa 650 g e un diametro alla base di circa 35 mm. Una canna delle stesse dimensioni, ma del 1976, pesa più del doppio e ha sezione superiore ai 70 mm. La leggerezza permette lunghe battute di pesca senza stancarsi nel reggere la canna. Se le differenze di peso e di diametro sono gli elementi più appariscenti nell'evoluzione delle canne da passata, non sono però gli unici importanti. Ve ne sono altri, come ad esempio la posizione del baricentro, che, rispetto a quanto accadeva in passato, tende oggi generalmente ad avvicinarsi sempre più all'impugnatura della canna. Lo stesso discorso vale per la rigidità: se provate a distendere una canna al carbonio sopra un piano regolare, per esempio un pavimento, vi accorgerete che, dalla base al cimino, essa resta su una linea quasi parallela al piano stesso, mentre una canna in conolon o fibra di vetro si arcuerebbe fino a toccare il piano con la vetta.

Ministoria dei materiali

All'inizio del secolo le canne erano in bambù, pesantissime, e richiedevano al pescatore un braccio d'acciaio. Poi, negli anni '50 comparvero le canne telescopiche in conolon: materiale sintetico robusto ma ancora pesante con cui si realizzarono canne via via più leggere e resistenti. Seguì la fibra di vetro, spesso abbinata al conolon: le parti della canna a sezione maggiore erano di conolon, quelle più sottili e il cimino in fibra di vetro. Sembrava che non ci potesse essere niente di meglio fino alla comparsa negli anni '80 delle canne in fibra di carbonio che rivoluzionarono il peso e il rapporto tra rigidità ed elasticità. La tecnica di trattamento del carbonio si è quindi ulteriormente evoluta e il carbonio è stato lavorato con intrecci lamellari, a nido d'ape, a strati, e con intrecci incrociati che riducono ulteriormente le sezioni e il peso delle canne, pur mantenendone la robustezza ed elasticità. Attualmente al carbonio si sono affiancati altri materiali come il baron, il kevlar, il titanio, il litio, l'amorphous e la fibra di ceramica. Il carbonio è comunque sempre presente, ma non è più solo, perché viene mescolato con le suddette fibre. La fusione e l'assemblaggio di questi materiali, la cui distribuzione sul corpo della canna viene ormai studiata e progettata esclusivamente al computer, hanno permesso la creazione di canne sempre più sofisticate.

Elasticità e rigidità

Le canne da passata, sia quelle fisse sia quelle bolognesi, si possono distinguere in due categorie, secondo i loro tipi di azione, cioè di risposta alle sollecitazioni: l'azione morbida o parabolica, in cui la canna lavora in tutta la sua lunghezza, esclusa l'impugnatura, e l'azione rigida, in cui la canna svolge la sua funzione di ammortizzare le sollecitazioni del pesce e del lancio soltanto nei segmenti terminali, di punta. Il maggior pregio della canna ad azione morbida è la sua possibilità di lanciare pesi piccoli a distanze accettabili. Risponde inoltre ottimamente alle sollecitazioni di un pesce allamato, anche se di grandi dimensioni. La sua sensibilità è quindi accentuata. Un difetto, invece, è il notevole ritardo rispetto alle canne più rigide nella ferrata, per cui, se non si reagisce con un buon anticipo all'abboccata, è facile perdere il pesce appena catturato. La canna ad azione rigida è caratterizzata da un'estrema rapidità di reazione - si dice infatti che le canne rigide sono "nervose" - che consente una ferrata più immediata e precisa. Per contro non si presta particolarmente, perché manca appunto di elasticità, a stancare un'eventuale grossa preda e, proprio perché rigida, può creare qualche difficoltà durante il lancio, fase in cui è fondamentale l'elasticità. La canna ideale per la passata sarebbe quindi un insieme delle due di cui abbiamo parlato, e in effetti è questo uno dei traguardi cui tutti i progettisti tendono, e che oggi, in certi casi è stato raggiunto.

I principi costruttivi

In una moderna canna da passata al carbonio, fissa o bolognese, il procedimento di base Costruttivo consiste nell'avvolgere intorno a un mandrino metallico un tessuto in fibra precedentemente impregnato di resina. Questo tessuto viene poi ricoperto con un nastro termoretraibile che esercita la pressione necessaria all'uniforme distribuzione della resina nelle fibre durante la fase di polimerizzazione. Il procedimento avviene in particolari forni dove la resina liquida incomincia gradualmente a indurirsi fino alla completa cottura. Dopo il raffreddamento, i segmenti tubolari vengono liberati dal mandrino e avviati ai processi di finitura: taglio, rettifica, decorazione, serigrafia, verniciatura. Il tessuto, che fornisce durante la lavorazione buona garanzia di omogeneità, in quanto si presenta come un foglio compatto senza pericoli di crepe o fenditure, può essere composto di fibre di diversa natura. Tra tutti i materiali sottoposti a sperimentazione, la fibra di carbonio finora è risultata la soluzione più valida, insostituibile per le sue caratteristiche di leggerezza e robustezza. Sulla base di questo procedimento comune, i diversi costruttori impiegano modi differenti di disporre le fibre. Si creano così sul corpo delle canne disegni diversi che possono essere a nido d'ape, circolari, a fibre parallele o a fibre incrociate.

Intrecci di fibre

Un procedimento usato per produrre canne al carbonio è attualmente quello che si basa sull'impiego di fibre unidirezionali disposte a fasce parallele e sovrapposte le une alle altre. Ne consegue che gli strati possono essere orientati in qualsiasi direzione e questo consente di sommare strati resistenti a trazione e compressione ad altri resistenti allo schiacciamento e alla torsione. In questo modo si ottengono doti di maggiore compattezza e uniformità del materiale, che ingloba le fibre in una matrice usando solo un quantitativo minimo di resina. Con questo procedimento, gli strati di carbonio ad alto modulo, disposti in senso longitudinale, vengono sommati agli strati di fibre trasversali, che possono essere in kevlar o sempre in carbonio. In questo modo si ha la resa massima, data dalle caratteristiche delle diverse fasce incrociate. I materiali compositi trovano impiego in molti altri campi, dalla vela alla formula uno all'industria aerospaziale.

Pesi e misure

Le canne da passata più usate - e ci riferiamo sempre a canne fisse di carbonio - Hanno una lunghezza che può variare da 5 a 9 m. Una canna da 5 m, in 5 pezzi, pesa circa 100 g, con un diametro alla base di circa 20 mm; una canna da 6m, in 6 pezzi, 140 g e 22 mm di sezione; una canna da 7 m, in 7 pezzi, 220 g e 25 mm; una canna da 8 m, in 8 pezzi, 290 g e 27 mm; una canna da 9 m, in 9 pezzi, pesa 400 g con un diametro di base di 29 mm. Anche se esistono modelli lunghi solo 4,50 m, le misure più comunemente usate per le canne bolognesi vanno dai 5 m fino a un massimo di 8 m, ma queste ultime sono da usarsi soltanto in presenza di alti fondali. A livello agonistico queste misure vengono esasperate: si possono vedere a volte garisti che maneggiano agevolmente canne lunghe anche 12 m, le quali, grazie ai lanci lunghi che permettono, rendono possibile la pesca anche nelle zone del fiume più lontane dalla riva dalla quale si opera.

Canna fissa o bolognese?

La scelta tra canna fissa e canna bolognese dipende dal gusto personale, in quanto entrambi i modelli svolgono perfettamente l'azione di pesca a passata. La differenza strutturale è che la canna fissa dispone di una lenza di misura prestabilita, che può venire fissata alla punta con diversi sistemi. La lenza della canna fissa, lunga all'incirca come la canna stessa, può svolgere ottimamente l'azione della passata, ma in un raggio circoscritto dalla somma della lunghezza della canna più la lunghezza della parte emersa dalla lenza (lunghezza che è condizionata ovviamente dalla profondità di pesca). Con la bolognese, invece, grazie alla possibilità di cedere la lenza avvolta sul mulinello, si possono raggiungere distanze notevolmente maggiori.

I vantaggi della canna fissa:

un maggiore controllo del filo, che è attaccato al cimino, e quindi un controllo diretto sul galleggiante, con una conseguente maggiore prontezza nella risposta all'abboccata del pesce. La canna fissa permette anche di effettuare la passata con una precisione maggiore rispetto a quella consentita dalla canna bolognese. Infatti, proprio in quanto la lunghezza della lenza è fissa, nel corso di successivi lanci l'esca va a cadere ripetutamente nel medesimo punto (quello pasturato).

I vantaggi della bolognese:

lanci più lunghi e un maggiore e più diretto controllo nella fase di recupero del pesce e, nel caso sia di buone dimensioni, la possibilità di contrastarlo validamente usando la frizione dei mulinello. Psicologicamente la canna fissa dà la sensazione di un maggiore e più diretto "contatto" con il pesce, mentre una bolognese induce a pensare che non ci siano praticamente limiti alle zone raggiungibili con un lancio. D'altra parte, bisogna considerare che una canna fissa, per poter pescare in un raggio d'azione analogo a quello di una bolognese, dev'essere necessariamente molto più lunga, con gli inevitabili inconvenienti relativi, specialmente se le sponde del fiume sono ricche di ostacoli e di vegetazione.

Estetica e funzionalità

Anche per le canne esiste la moda. Basti vedere le decorazioni, i colori e le rifiniture delle canne dell'ultima generazione. Dietro le finiture c'è anche, però, un discorso di funzionalità, perché l'estrema cura significa anche garanzia di durata e resistenza. Quanto ai colori, negli anni '70 le canne in conolon erano rosse e sulle sponde dei fiumi si vedevano soltanto canne rosse. Con il carbonio, il colore più diffuso è diventato il nero, spesso arricchito da motivi decorativi, in genere ispirati a figure geometriche. Per il futuro? C'è chi sostiene che carbonio, kevlar, litio, titanio e amorphous siano l'ultima frontiera, difficilmente superabile. Ma questo lo si pensava anche dei conolon e della fibra di vetro...

Robustezza e fragilità

Le canne al carbonio sono robuste e studiate per resistere a forti sollecitazioni, ma non infrangibili. Specialmente negli ultimi tre pezzi, che sono i più sottili, si possono verificare delle rotture, sia per un lancio maldestro e violento, sia per aver maneggiato quella parte della canna in maniera sbagliata. Se la rottura non è in senso verticale, bisogna tentare di salvare la giornata di pesca senza tornare a casa per effettuare la riparazione. C'è modo di riparare il danno sul posto, sia che si tratti di una canna fissa o di una bolognese, anche se in questo caso la presenza degli anelli rende l'operazione un tantino più complessa. Per la canna fissa, si sfila dalla base, togliendo il tappo, il pezzo rotto: poi si inserisce il troncone spezzato più lungo e sottile nel troncone spezzato di maggiore diametro e si infila di nuovo il tutto al suo posto nella canna. Funzionerà perfettamente, anche se la canna risulterà in questo modo più corta di una quindicina di centimetri. Per la bolognese bisogna rimuovere temporaneamente gli anelli, e poi inserire il pezzo rotto a minor sezione dentro quello più grande, che grazie alla sua conicità aderirà perfettamente, come nella canna fissa. Naturalmente, finita la pesca, bisognerà comunque sostituire il. pezzo danneggiato con uno nuovo.

Un caso particolare

Le canne fisse e quelle bolognesi sono sempre state ben distinte da una netta differenziazione e difficilmente erano interscambiabili. Ma dopotutto una bolognese non è altro che una canna fissa con un'azione rigida, dotata di anelli per il filo e un mulinello. Il materiale di costruzione è infatti sempre il medesimo. Alla fine degli anni '80 sono apparse speciali canne fisse che, presentano alle estremità di ogni sezione un rigonfiamento pronunciato anche se impercettibile, con una minuscola fessura, nella quale, senza l'uso di legature, può venire inserito un anello guidafilo. Gli anelli guidafilo sono venduti in serie complete e in ordine decrescente e possono essere facilmente inseriti per tutta la lunghezza della canna da pesca fino al cimino. Per togliere rapidamente questi anelli, basta sottoporre il punto d'inserzione a un leggero riscaldamento, per esempio con un accendino. Allo stesso modo si opera, inversamente, per montare gli anelli: questo sistema consente un risparmio di tempo più che rilevante.