Il grande aquilone che si gonfiava al vento sembrava un drago che volge le ali verso sud teso a chissà quali conquiste. Tu lasciavi che il filo ti scorresse tra le dita
per
farlo andare sempre più lontano anche senza conoscerla già sentivi la vita.
Ma ciò non riusciva a stupirti, niente poteva scuotere il tuo silenzio carico di attesa né quelle tue pupille aguzze intensamente assorte ad incitare il vento e a pungere ai fianchi le grandi nuvole bianche tra le quali tu sola riuscivi a indovinare improvvisi squarci di azzurro e di cielo. In quel tempo sapevi molte cose, molte più di quante tu ne sappia oggi e governavi il tuo universo con fermezza e decisione di vestale. Immaginavi già la rosa ma non vedevi le spine e ogni tanto strappavi un fiore dal tuo prato per donarlo a qualcuno che non sapeva riconoscerne il profumo.
L’aquilone in quei tuoi giorni era libero di andare lontano e fu così che una volta quasi per gioco decidesti di volare insieme a lui. Non avevi ricordi cui aggrapparti ma solo piccole e fragili ali di speranza e fu così che all’improvviso ti trovasti nell’immenso e dall’alto vedesti la tua stanza poi la tua casa soffocata dal cemento.
Alla fine non riuscisti a distinguere più niente e tutto diventò un solo cubo grigio di disperazione. Quello fu il tuo unico volo e ti bastò tanto in alto ti condusse il vento. Ora nel tuo giardino non si vede alcun filo e il cielo stesso somiglia a una finestra di vetro opaco e spesso senza riflessi.
30.4.90
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