A
pochi passi dalle acque del torrente Puceglia, si erige la chiesa di S.
Maria della Consolazione.
La suggestiva epigrafe
campeggia sulla facciata della Chiesa della Puceglia e riassume la vicenda
che determinò la sua edificazione. Essa, è il caso di dire, è stata
veramente “voluta dal cielo”. La sua esistenza, infatti, è stata
propiziata da ben due eventi miracolosi.
Esiste una doppia, ma similare versione dell’aneddoto circa il
ritrovamento di cui parla l’epigrafe. La tradizione popolar-religiosa
vuole che il Vescovo di Conza, Mons Giuseppe Nicolai, nel 1740, trovandosi
ad Oliveto per una visita pastorale, fu costretto a fermarsi in un luogo
prossimo al torrente, a causa della ruota della sua carrozza che si era
incastrata nell’incavo calcareo di una grossa pietra e non consentiva al
cavallo di continuare. Nel cercare di liberare la ruota il cocchiere si
accorse che non si trattava di una comune pietra, bensì di una lastra
riproducente, con la tecnica del bassorilievo, la figura della Madonna.
L’altra versione, leggermente diversa (ma con lo stesso epilogo), narra
che, non il Vescovo, ma un comune popolano, a cavallo di una mula bianca,
giunto nel punto in cui il torrente Lavandaia si incrocia con la Puceglia,
fu costretto a fermarsi a causa dell’animale che non voleva saperne di
continuare per vederlo, poi, con sua somma meraviglia, inginocchiarsi.
Controllando il terreno attorno alla bestia per scoprire la causa di quel
fatto strano, notò che tra le altre pietre vi era una lastra più grande
con l’immagine scolpita della Vergine.
Questo bassorilievo pare appartenesse ad una cappellina rurale ubicata
alla contrada Canaloni in quel di Senerchia e che una forte alluvione
l’abbia divelta dal suo sito e trascinata a valle verso Oliveto, dove fu
poi ritrovata.
Ricerca eseguita dagli alunni
delle classi quarte e quinte elementari di Oliveto Citra Capoluogo
e Dogana
Madonna delle Grazie
La Chiesa S.
Maria delle Grazie, situata nel rione Chiaio, risale agli ultimi anni
del XV sec. Sulla volta del portale in pietra, opera di maestranze
campane, un’iscrizione riporta:
SACELLUM HOC
A.D.1497,RUSTICE
ELABORATUM OB TOT VIRGINIS DEI PARAE
MIRACULA NUNC IN HANC FORMAM REDACTUM ELEGANTIOREM
“Anno del
Signore 1497. Questa chiesetta, rusticamente elaborata, per tutti i
prodigi della Madre di Dio, ora è costruita in questa forma più
raffinata”
La Chiesa è costituita
da una navata laterale ed una centrale principale, con arco a sesto
ribassato. Evidenti sono i segni di ripetuti lavori di adeguamento e/o
ampliamento (ma di cui si hanno poche notizie). Si
riscontrano, infatti, differenze sia strutturali che estetiche: nella
parte più antica (navata centrale) le volte sono a crociera; mentre la
navata laterale di destra, che riporta chiari elementi di fabbrica più
recenti, è costituita da volte a vela. La
chiesa reca tracce di affreschi e decorazioni; è quindi evidente che in
passato, pur nella sua piccola realtà locale e periferica, fosse molto
ricca di interessanti testimonianze artistiche.
Frammenti di affreschi
sono visibili nelle volte delle navate, rimaneggiati a seguito dei primi
lavori di ampliamento e che versano in uno stato di conservazione
abbastanza critico; tra gli altri si può distinguere una Deposizione. Si
possono ancora ammirare alcune decorazioni plastiche a stucco modellato
di putti, motivi floreali e conchiglie;
ai piedi dell’altare vi sono i resti di un pavimento maiolicato del
’700. Nella navata laterale destra si può ammirare una cantoria in legno
(chiaro esempio di lavorazione locale, o almeno di aree circostanti),
sorretta da due colonne che riportano delle scanalature nella parte
centrale (come da epigrafe dovrebbe risalire al 1880 ca).Con rigorosi
studi da parte di specialisti, è ipotizzabile la possibilità di
riportare alla luce altri frammenti di affreschi e valorizzare gli
esistenti, anche perché questa Chiesa rappresenta forse una delle ultime
testimonianze di un’importante e fondamentale parte della storia
–popolare, culturale, religiosa, artistica – di Oliveto Citra. Tra le
opere presenti nella chiesa, quella di maggior rilievo è chiaramente
la
pala d’altare –olio su tavola- raffigurante la Madonna delle Grazie, di
autore ignoto. L’opera si presenta in un buono stato di
conservazione, essendo stata restaurata recentemente; su di essa non
sono state riscontrate delle iscrizioni. Il tema iconografico è molto
ricorrente nelle tradizioni popolari: una madonna dispensatrice di
grazie che disseta le anime purganti con lo stesso latte che dà la vita
al Bambino; per tale motivo, per la tradizione è altrimenti detta
“Madonna del Latte”. In linea di principio la pala d’altare della
“Vergine del Latte” andrebbe datata all’ultima decade del XV sec,
ricordando lo stile tardo gotico settentrionale ed in particolare quello
di provenienza francese. Infatti stando alla storia, i Francesi
insignirono Ferrante Dias del titolo di Signore di Oliveto, stabilendo
pertanto un legame con la provincia campana. Occorre sottolineare,
tuttavia, la realizzazione da parte di una maestranza locale e di
conseguenza di provincia: questo chiarirebbe i tratti fisionomici della
Vergine, incongruenti con il resto della pala d’altare. Il viso della
Vergine, infatti, sembra richiamare un modello toscano, riferibile alla
bottega di Botticelli o di Piero della Francesca, un modello più nuovo,
quindi, rispetto a tutte le altre figure presenti nella rappresentazione. Ciò
non esclude la possibilità che la Vergine del latte sia stata realizzata
nel corso di un lungo periodo, o che sia stata portata a termine agli
inizi del XVI secolo. Tuttavia, se la pala d’altare è stata realizzata
appositamente per la Chiesa della Madonna delle Grazie, allora il suo
compimento dovrebbe essere anteriore al 1497, anno della edificazione
della chiesa stessa. Malgrado ciò è possibile che la pala sia stata
ultimata negli anni immediatamente successivi, o che la sua originaria
destinazione non fosse la chiesa della Madonna delle Grazie e che
pertanto sia stata ivi traslata in un secondo momento. Questo potrebbe
far sì che sia attendibile anche una datazione della pala entro la prima
decade del XVI secolo.
Da un punto di vista stilistico, tuttavia, la
quasi totale assenza di prospettiva retrodata la pala alle tendenze
tardo quattrocentesche: le figure si allineano bidimensionalmente sullo
sfondo dorato, caratteristica tipicamente tardo gotica. Un’altra opera
significante è un Cristo Crocifisso in legno; l’opera è stata da poco
riportata, con un restauro approfondito, al suo stato originario. E’
possibile datarla al XVII sec., la produzione è riconducibile,
naturalmente, alla scuola napoletana del tempo. Lo studio preliminare e
i lavori di restauro hanno confermato che le braccia del Cristo che si
presentavano non erano riconducibili allo stesso autore o bottega, ma
per motivi sconosciuti erano state aggiunte in epoca molto più tarda;
quindi, a seguito del parere della Soprintendenza di Salerno, il
Crocifisso si presenta attualmente senza le braccia. Quest’opera
racchiude un momento fondamentale per l’arte di Oliveto, pur essendo un
centro periferico, essendo di validissima fattura, e si ripropone come
continuazione ideale delle rappresentazioni cristologiche del tempo che
si potevano incontrare in tutta la Campania. E’ possibile ammirare,
ancora, una statua lignea, anch’essa raffigurante la Madonna delle
Grazie con Bambino (M. del Latte), di recente restaurata. Al di là della
materia, della tecnica e del tema iconografico abbastanza ovvio,
purtroppo non si hanno ulteriori notizie, ed è quindi molto difficile
stabilire anche una sua datazione; dovrebbe essere chiaramente opera di
artisti locali. Tutte le opere plastico-figurative sopra descritte, al
momento non sono collocate all’interno della Chiesa, proprio per lo
stato nella quale si trova, cioè non può garantire la custodia e la
protezione; vengono quindi esposte, grazie all’impegno di un volenteroso
gruppo di persone, in momenti legati al culto religioso.
Ricerca eseguita dagli alunni
delle classi quarte e quinte elementari di Oliveto Citra Capoluogo
e Dogana
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