BIOGRAFIA DEL CONTE MARIANO ALBERTI

Il Conte Alberti Mariano nacque in Orte il giorno 8 Settembre del 1792 da Sevastio e Caterina Castelli da Terni.

La presenza della famiglia Alberti nella nostra città è documentata a partire dal 1373 grazie ad un atto notarile di acquisto di terreni. Potremmo quindi attestare alla seconda metà del XIV secolo l’approdo di un ramo di questa già nobile casata fiorentina ad Orte. Un’iscrizione presente nel villino Alberti (residenza estiva “casino degli Alberti”) ci dice che un capostipite di questo ramo di famiglia, tale Arriguccio Alberti da Firenze visse nel 1100.

Nonostante la non ancora certa genealogia delle prime generazioni di Alberti insediatesi nel territorio ortano, di sicuro si può affermare che i suoi discendenti si sono sempre distinti per spirito di iniziativa, imprenditorialità e amore per l’arte.

Purtroppo,  prima nel 1348, e a seguire il altri momenti del XIV sec.,le epidemie di peste lasciano un solco feroce nella popolazione e nel naturale sviluppo della comunità. nel XV sec. Orte è in preda a continui disordini interni (incursioni dei fuorusciti) e scontri con i nemici più prossimi (gli Amerini) causati dalla contrapposizione tra la parte guelfa – la città – e i ghibellini. Il questo frangente un Alberti, Sevastio, è ricordato nel poemetto di Simon Feo come comandante di 500 uomini, forte e impavido.

Sempre nel XV sec. ad Orte si sviluppa l’industria e il commercio della lana. Sarà principalmente da questo florido settore che gli Alberti creeranno le loro ricchezze e si guadagnarono una posizione di rilievo nella città per i secoli successivi.

D’altre parte il modus operandi per realizzare ottimi affari era un gene proprio della famiglia, di origine toscana e perciò avvezza ai commerci di qualsiasi genere. Insieme alla famiglia Cardarelli, gli Alberti gestiscono la lavorazione dei panni di lana, investendo in tecniche di produzione moderne ed arrivando a vendere il proprio prodotto sui mercati di tutto in centro Italia. Laboratorio principale di questa felice industria sono le grotte tufacee sottostanti il palazzo alla Rocca.

Nel XVI sec. gli Aberti continuano ad estendere la loro presenza ad Orte mantenendo sempre una posizione di spicco nella città.

Il momento d’oro della casata nel nostro territorio va dal 1590 al 1610, anni in cui viene realizzato uno dei palazzi Alberti più importanti, quello della Rocca.

I cinque palazzi Alberti si snodano tutti nella parte nord ovest ella città, connotata dalla presenza di maggior numero di costruzioni eleganti e di più elevato respiro. Fortunatamente, i cinque edifici, almeno nella loro veste esterna, sono tutti giunti a noi in buone condizioni, tanto da farci cogliere quello stile di grandiosità e di imponenza, ancora attuale, come loro denominatore comune.

Nel loro insieme costituiscono un interessante ed alternativo itinerario per approfondire un momento della storia orfana, XVI-XVII sec., ricco di personaggi noti all’attenzione nazionale (Giulio Roscio, Antonio Deci, Ottavio Alberti) e di piccoli capolavori d’arte da valorizzare (scala a chiocciola, interni del palazzo Alberti alla Rocca).

poco distante dalla costruzione su via Garibaldi si trova quella su via Gioberti, ancor più prossima alla Piazza. Più spostato ad ovest, invece, ma sempre in posizione di vicinanza rispetto alla Piazza, è il palazzo Alberti che si affaccia su Piazza Fratini. Oggi suddiviso in differenti appartamenti, presenta ancora dei soffitti dipinti a cassettoni. Altra tappa del percorso ortano tra i palazzi della famiglia Alberti è in via Venezia dove si trova l’edificio fatto erigere da un discendente di Alano, Alberto, nel 1660. All’interno del portone di ingresso erano una volta posizionate delle lapidi e due distici latini, oramai scomparsi, che attestavano l’origine della costruzione e davano un simpatico benvenuto in latino agli ortani che si dissetavano dalla fontana lì presente.

Tra tutti i palazzi Alberti è di sicuro il più splendido r di impatto quello alla Rocca. Fatto costruire da Angelo Alberti in due momenti, la prima parte verso la Bastia nel 1596, mentre la seconda verso la città nel 1602, richiama in parte con le sue linee solide e il suo profilo i tratti dell’antica fortezza della Rocca. Il salone di rappresentanza del palazzo, luogo di incontro per feste e balli, presenta un ciclo di affreschi ispirato ai miti classici, mentre nelle stanze laterali, sempre al primo piano, sono dipinti sul muro alcuni singolari personaggi della storia ortana, da Broglia a Brandolino, da Antonio Colonna al Verrocchio.

I sotterranei del palazzo, come già accennato, furono utilizzati sin dalla prima metà del XV sec. in qualità di tintoria per  l’industria della lana.

Di fronte al palazzo, ma separato dalla strada, si apre il giardino di palazzo Alberti alla Rocca. Sul suo muro è riportata una scritta datata 1573, ma probabilmente risalente al periodo di Mariano Alberti (prima metà del XIX sec.), in cui si legge “Amore di donna, fortuna invidiosa, ingrata sorte mi hanno condotto qui ove tu vedi” e sull’arco del cancello “inevitabile fatum”.Con buone probabilità la frase prende ispirazione dalla tormentata vita di Mariano Alberti, profondo estimatore della poesia del Tasso, e sfortunato imprenditore letterario che trascorse l’ultima parte della sua vita in carcere e povertà.

Ultimo degno lascito della famiglia Alberti è la residenza estiva (casino degli Alberti) in località Le Piaggie.

Lo stemma di questa famiglia è dato da quattro fili di catene tenute insieme da un anello centrale , che le unisce insieme formando una sorta di X. Su sfondo azzurro lo stemma della famiglia è presente ad Orte nei dipinti del convento di San Bernardino e della chiesa di Santa Maria delle Grazie, mentre è scolpito nella pietra, nei cinque portali degli altrettanti palazzi Alberti presenti nel centro storico.

Si tratta dello stesso stemma Alberti presente a Firenze nella chiesa di Santa Croce e nella Galleria di Palazzo Bardini, città in cui la casata ebbe un ruolo di primissimo piano nella vita economica (banchieri e commercianti) e politica al fianco dei Medici. Fino a quando sul finire del XIV sec. La famiglia viene messa in esilio da Firenze per 30 anni, vive quindi una sorta di diaspora che la porta ad essere presente in tante altre città italiane.

La famiglia Alberti giunge dalle Alpi Catenaie a Firenze nella seconda metà del XII sec. a viene anche chiamata “Catenacci” probabilmente per via del loro originario luogo di provenienza.

 Alcuni interessanti personaggi di questa famiglia:

 i fratelli Angelo Antonio e Alano Alberti, figli di Eustachio e nipoti di Vespasiano, lasciano loro tracce nella vita pubblica cittadina dalla seconda metà del XVI sec. Entrambi votati da giovani alla carriera militare si fanno notare, in particolare il primo per aver preso le difese dei diritti ortani in occasione della parata annuale militare condotta da Valentino Piccardi e che vede lo scontro con i soldati di Sutri. Sempre Angelo Antonio in qualità di priore fece istituire un regolare servizio di posta ad Orte probabilmente per venire incontro alle esigenze dei suoi commerci estesi su tutta l’Italia centrale.

Altro membro illustre della famiglia nel medesimo periodo fu Ottaviano Alberti, medico, passato però alla storia perché eccellente musico e soprano. Per queste sue qualità venne chiamato dal Duca di Monaco di Baviera ad esibirsi nella sua corte.

Infine, non è da meno, suo malgrado, l’ultimo esponente ortano della famiglia Alberti, Mariano. Iniziata da principio la carriera militare, fu capitano delle truppe pontificie e nel 1837 era Gonfaloniere della città di Orte, come risulta da diverse lettere del conte Mariano alla Delegazione Apostolica di Viterbo, causa dispersione di carte antiche del Municipio di Orte “a seguito notizia che presso alcuni Bottegai erano state rinvenute alcune carte antiche...15 8bre 1837” (da Miscellanea ortana).

Più tardi si dedicò ad un’impresa editoriale spinto dalla passione per i versi di Torquato Tasso.

Erudito bibliomane ed assiduo ricercatore di codici antichi e MSS, nel 1829, ebbe la fortuna di acquistarne uno presso la  libreria di D.o Grazio Falconieri in Roma, che tratta di notizie storiche della città di Orte, ne pubblicò un saggio nel 1837 in Lucca, che venne favorevolmente accolto.Egli lo tenne sempre caro, ne per richiesta volle mai alienarlo, benché talvolta critiche circostanze lo invitassero a ciò fare. Alla sua morte passò ai fratelli Fratini di Terni suoi nipoti ed eredi. Dalla vendita della sua copiosa libreria di oltre 5 mila volumi, fu eliminato il MSS di Don Lando Leoncini “La fabrica d’Orta”, e mai tenuto conto di varie richieste di vendita, fu conservato al solo scopo di farne dono,ne 1886, all’antica città di Orte.

Fatalità volle che, il conte Mariano Alberti, formasse società con l’anconitano Candido Mazzarini,che mise un certo capitale per l’edizione del secondo fascicolo e la pubblicazione di poesie inedite (forse false) di Torquato Tasso, ma la cosa finì in un fallimento totale, tanto che nel 1839 il Mazzarini querela il conte Mariano Alberti per “truffa con falsità dei MSS”. Fu arrestato il 7 febbraio 1842 e il 30 settembre 1844 condannato a sette anni di carcere presso Castel S. Angelo. In appello gli fu accordata la grazia “Sovrana”, fu assolto il 14 marzo 1851, mentre aveva già espiata l’ingiusta pena mancante dei mezzi di sussistenza ottenne di restar domiciliato in Castel S. Angelo godendo dell’istesso soldo mensile di quando era detenuto.

Ne fu cacciato nel 1850, allorché le truppe francesi di occupazione vollero il Forte S.Angelo totalmente libero. Si ricoverò dai Silvestrini nel convento di S. Stefano del Sacco, ove celibe, colpito da apoplessia cessò di vivere il 3 giugno 1866, il giorno successivo fu sepolto nel cimitero di Roma  in Campo Verano, fil. 8^ capp.22.

  (Vladimiro Marcoccio 2012)