BIOGRAFIA FALTONIA BETITIA PROBA (ORTANA)

     Proba Falconia, poetessa,  orfana figlia di Adolfo Proconsole romano che visse dal 322 al 370 d.C. al tempo di Bonifacio I° Papa anno 420. Trascorsa che ebbe la sua prima giovinezza in Orte, andò sposa al proconsole Clodio Celsinio Adelfio, che fu prefetto di Roma nell’anno 351 d.C..Proba, seguendo una sua innata predisposizione, si dedicò alla letteratura e compose una prima epopea in esametri latini, oggi perduta, dal titolo “ La guerra civile dei Romani”, in cui narrava la congiura di Magnenzio contro l’imperatore Costanzo avvenuta nell’anno 353 d.C..Successivamente scrisse un’opera, che doveva eternare il suo nome, e cioè “Il Centone Virgiliano”. L’opera che è giunta fino a noi, è divisa in due parti: la prima parla della Creazione del Mondo, della caduta di Adamo e del Diluvio; la seconda narra, in breve, la vita di Gesù dalla nascita fino all’Ascenzione.Il libro venne subito considerato canonico, cioè ispirato da Dio; in seguito con un decreto del Papa Gelasio I° (492-496) venne posto tra i libri apocrifi, cioè non ispirati, ma di sana dottrina cattolica. Tale decisione, poi, venne ribadita dal Papa Ormisda in un analogo decreto ( 514-523). Proba fu assai apprezzata per il suo ingegno, tanto che S. Isidoro scrisse di lei “Proba, moglie di Adelfio proconsole, è la sola donna degna di figurare tra gli uomini illustri ecclesiastici”.Il libro, secondo quanto afferma Giulio Roscio, fu dedicato ad Onorio, infatti nella sua edizione si legge:”Ad Honorium Aug. Teodosi Magni f. et Ardadii Aug. Fr.” (Ad Onorio Augusto, figlio di Teodosio Magno e fratello di Arcadio Augusto). Il carme inizia coi seguenti versi latini: “Principio coelum, ac terras, campos, virentes,Lucentemque globum lunae, solisque labores,ispe Pater statuit”. Le edizioni del libro si susseguirono nel tempo: tra le più vicine a noi citeremo quella di Aldo Manuzio del 1501; di Giulio Roscio del 1588; di Schenkl del 1888; ed infine di Auschbac (Gli Anicii e la poetessa romana Proba) del 1870. Tra i documenti più antichi che attestano la cittadinanza ortana di Proba, nomineremo un codice M.S. conservato, a dire del Fontanini (1723), presso i monaci benedettini della Congregazione di S. Mauro dei Galli, nel quale è chiamata “Hortana”; tra quelli più vicini a noi, il Boccaccio (1300), che nelle “Donne celebri” scrive “ Clarissimos viros ex opppido ORTHI oriundam” (Chiarissima donna oriunda dall’oppido di Orte). In Orte è rimasta memoria della sua casa natale, che è ubicata presso la piazza che ne conserva ancora il nome. La nostra concittadina ebbe due figli:  Quinto Clodio Ermogeniano Olibrio e Faltonio Probo Alypio.Al fine di una maggior conoscenza della personalità di Proba, trascriviamo ciò che dice di lei Giovanni Boccaccio (1300) nelle “Donne celebri” : Proba fu donna degnissima per ingegno e per cultura, tanto da meritare fama eterna nel campo della letteratura latina. Non si sa con precisione quale fosse la sua città natale, per congettura credo che fosse romana, altri famosi uomini invece che ella nacque a Orti. Fu di religione cristiana e sposa di Adelfio. I suoi studi prediletti furono i poemi di Virgilio, dei quali ebbe molta dimestichezza, ne fanno testimonianza ogni sua opera, ove traspaiono come se li avesse sempre presenti nella sua mente. Ella forse un giorno, leggendo con più sottile considerazione tali versi, arrivò alla conclusione che con quelli si potesse descrivere efficacemente la Storia del Vecchio e del Nuovo Testamento. E’ cosa già meravigliosa che nell’intelletto di una donna sorgesse questa intuizione, ma molto più sbalorditivo è il fatto che la portasse ad effetto! Dunque prendendo qua e là i versi della Bucolica, delle Georgiche e dell’Eneide, e talvolta tagliandoli interi, e tal’altra in parte, con meravigliosa arte, li ridusse al suo scopo, conservandone la bellezza e l’armonia, tanto che soltanto chi fosse molto esperto potrebbe accorgersi delle varie giunture. Con questa tecnica compose tutto quello che si legge nel Vecchio e Nuovo Testamento fino alla discesa dello Spirito Santo, ma così bene, che qualcuno crederebbe che quella composizione fosse stata proprio di Virgilio, e che quest’ultimo fosse stato profeta ed evangelista. Proba volle che la sua opera si chiamasse “Centone”, certamente compose altre opere lodevoli, che però per nostro danno sono andate distrutte col tempo. Se noi consideriamo infine, che a quei tempi la massima aspirazione di una donna fosse la rocca, l’ago e il telaio, comprendiamo la grandezza di Proba, che scrollatasi di dosso la ruggine della pigrizia, arrivò alla fama eterna.(Dal libro “Orte preromana romana …..” di Luigi Paglialunga  del 1963)  Il manoscritto dell’opera, insieme con una biografia della poetessa, era stato ritrovato a Firenze da un certo Pietro Fiorentino: come poi fosse finito ad Orte, noi non sappiamo. Il Leoncini l’aveva rintracciato nella biblioteca della casa di Simon Feo e l’aveva inviato a Giulio Roscio perché l’esaminasse. Era un testo rarissimo, tale da poter diventare un caso letterario clamoroso. Giulio Roscio lo capì subito e lo fece stampare da Aldo Ma nunzio Junior, come opera da lui stesso ritrovata.

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BIOGRAFIA "FALTONIA BETITIA  PROBA"

Dott.ssa ALESSIA FASSINA

(e_mail: ale.fassina@libero.it)

Faltonia Betitia Proba

 Scarsissimi sono i riferimenti interni al Cento Probae da cui si possono attingere notizie biografiche inerenti alla sua autrice: lasjragιV uatis Proba del v. 12, che gioca sul duplice significato di Proba come aggettivo e nome proprio, consente semplicemente di dedurre l’appartenenza della poetessa all’illustre famiglia dei Petroni Probi, mentre il v. 23 Vergilium cecinisse loquar pia munera Christi la colloca tra coloro che consideravano Virgilio un profeta del Cristo Venturo.

Un po’ più esaustiva si dimostra la tradizione indiretta, in particolare Isidoro di Siviglia, il primo autore a citare l’autrice tanto nel De uiris illustribus (22), quanto nel paragrafo dedicato ai centoni delle Etymologiae:Isid. uir. Ill. 22 Proba, uxor Adelphii proconsulis, foemina idcirco inter uiros ecclesiasticos posita sola, pro eo quod in laude Christi uersata est, componens centonem de Christo, Vergilianis coaptatum uersiculis. Cuius tamen non miramur studium, sed laudamus ingenium. Quod tamen opusculum inter apocryphas scripturas inseritur.Orig. 1, 39, 26 Denique Proba, uxor Adelphi centonem ex Uergilio de Fabrica mundi et Euangeliis plenissime expressit, materia conposita secundum uersus, et uersibus secundum materiam concinnatis. Sic quoque et quidam Pomponius ex eodem poeta inter cetera stili sui otia Tityrum in Christi honorem conposuit: similiter et de Aeneidos.Grazie a queste due testimonianze si apprende il nome del marito, Adelfio, la sua carica di proconsole e la notizia che il centone sarebbe stato inserito tra i libri apocrifi. Questi dati vengono supportati anche dalle notizie contenute nella titolatura di alcuni codici medievali che tramandano il centone: sebbene alcuni manoscritti si limitino ad identificazioni generiche come  “uersus Probe”[1],“Proba de aeptatico”[2], “cento Probe”[3],tre testimoni ci forniscono, invece, delle informazioni di estremo interesse. Il primo, e più importante, era un “codex Mutinensis” del X sec., ora perduto, ma un tempo conservato nel monastero di S. Benedetto Po presso Mantova, che riportava in calce al centone l’annotazione “Proba, uxor Adelphii, mater Olybrii et Aliepii, cum Constantini bellum aduersum Magnentium conscripsisset, conscripsit et hunc librum”, stando a quanto descrive il Montfaucon nel suo Diarium Italicum (p. 36). Questa subscriptio, oltre ad esplicitare il nome del marito, Adelfio, e dei figli di Proba, Olibrio ed Alipio, è anche l’unica fonte da cui si possa evincere che la precedente produzione letteraria della poetessa, ricordata nei primi otto versi del centone, avesse avuto come argomento la guerra tra Costanzo e Magnenzio, conclusasi con la vittoria del primo a Mursa Maior nel 351 d.Cr.Ulteriori dati prosopografici provengono dall’iscriptio del cod. Palatinus 1753:“Incipiunt indicula centonis Probae inlustris romanae, Aniciorum mater, de Maronis et Uirgilii Mantuani uatis libris praedicta Proba uxor Adelphi ex praefecto urbis hunc centon(em) religiosa mente amore Christi spiritu feruenti prudenter enuclitate deflorauit”,e del Vaticanus bybl. Reginae 1666 che riporta come adscriptio “Faltoniae Vetitiae Probae clarissimae feminae uergiliocenton”, dove una glossa marginale al v. 689 identifica il marito con il nome di Alypium.In base alle coincidenze tra la tradizione indiretta e i codici, l’autrice del centone venne identificata, già nella Patrologia Latina, con Faltonia Betitia Proba, moglie del prefetto urbano del 351 Clodio Celsino Adelfio, e il centone datato alla metà degli anni sessanta.Solo l’evidenza epigrafica consente di precisare la cronologia e i vincoli di parentela di Faltonia Betitia Proba, appartenente alla nobilissima famiglia dei Petroni Probi. Era figlia di Petronio Probiano 3[4], proconsole d’Africa nel 315-16, e forse prefetto del pretorio nel 321[5], console nel 322 con Anicio Giuliano 23[6]; praefectus urbis Romae nel 329-31. Suo fratello Petronio Probino 2 fu praefectus urbis nel 345-6, console nel 341 con Antonio Marcellino 16 (CIL IX,10) e padre di Sesto Petronio Probo (CIL V,3344 Petronio Probo… nepoti Probiani, filio Probini,vv.cc., praef. Urbis et conss), che ebbe l’onore straordinario del consolato come collega dell’imperatore Graziano nel 371, e che fu uno dei personaggi più influenti della sua epoca come testimoniano, tra gli altri, un’epistola di Ausonio a lui dedicata (16) e il celebre ritratto di Ammiano (27,11,1). Il marito dell’autrice è da identificare in Clodio Celsino Adelfio 6 che, stando a CIL IX,1576 corr. Regionum duarum, fu probabilmente correttore di Apulia e Calabria prima del 333 (anno in cui Benevento entrò a far parte della Campania), forse proconsole di una provincia a noi non nota prima del 351, prefetto urbano dal 7 giugno al 18 dicembre del 351; durante questa carica fu accusato da un certo Doro di tendere ad “altiora” secondo quanto riporta Amm. 16,6,2 Dorus…quem nitentium rerum centurionem sub Magnentio Romae prouectum retulimus accusasse Adelfium urbi praefectum ut altiora coeptantem. Da lui ebbe due figli, Quinto Clodio Ermogeniano Olibrio e Faltonio Probo Alipio[7]; il primo fu consolare in Campania prima del 361, proconsole d’Africa nel 361, prefetto urbano nel 369-70 (la sua prefettura viene descritta in Amm. 28,1,8; 28,4,1), prefetto del pretorio d’Illiria e poi d’Oriente nel 378, console con Ausonio 7 nel 379. Dal suo matrimonio con Tirrania Anicia Iuliana 3 nacque Anicia Faltonia Proba che andò in sposa a Sesto Petronio Probo. Il figlio minore di Proba fu condannato all’esilio nel 370-1 (Amm. 28,1,16 Alypius nobilis adulescens ob leuem relegatus errorem), mentre nel 378 assunse un ufficio, forse il vicariato d’Africa ( Symm. epist.7,66) e fu prefetto urbano nel 391 (CIL VI,1185).Le date di nascita e morte di Proba non si conoscono con sicurezza, ma si possono evincere con buona approssimazione: sebbene nel quarto secolo non valessero più le antiche leggi sui limiti d’età e sull’ordo magistratuum, tuttavia non era possibile conseguire cariche prima dei diciotto anni, per cui se il figlio primogenito di Proba compare nelle magistrature già dal 361, significa che, per tenere la data più bassa, fosse nato agli inizi degli anni quaranta; ammettendo Proba madre giovanissima, la sua nascita può essere verosimilmente collocata agli inizi degli anni venti. Riguardo alla morte, è evidente che Proba fosse premorta al marito, stando a CIL VI,112 Clodius Adelfius uir clarissimus, ex praefectis urbis uxori incomparabili et sibi fecit. Adelfio morì sicuramente prima del figlio Ermogeniano la cui epigrafe sepolcrale è dedicata solo dal fratello Alipio e non anche dal genitore: CIL VI,713 Q. Clodio Hermogeniano Olybrio u c fratri admirandae pietatis Faltonius Probus Alypius vc. Dal momento che Ermogeniano era ancora vivo nel 384, in base a Symm. rel. 28, ma era già morto nel 395, stando a Claud. 1,30, l’anno 394 costituisce la possibile data più bassa della morte del padre, di conseguenza dobbiamo ipotizzare che Proba dovesse essere deceduta o prima di questa data o, al limite, quell’anno stesso, dovendo, però, in questo caso ammettere la morte dell’autrice, del marito e del figlio tutte nello stesso anno a pochi mesi di distanza l’una dall’altra.