Dalla Testa ai piedi


Dedico il seguente articolo, tratto da un discorso pubblico del Lubavitcher Rebbe, z"l, ai miei cari amici oggi sposi Maurizio e Micol Molinari. Per Maurizio e Micol l'importante yom ha-hatunà cade durante la festa dei lumi, Hanuklah. Secondo alcuni minaghim si usa accompagnare la sposa alla hupà con due candele. La spiegazione viene dalla ghematrià: il valore numerico di "ner" (candela) è di 250 che, moltiplicato per due, dà 500 ovvero la stessa cifra che si ottiene sommando il numero degli organi dell'uomo (248) e della donna (252).

Il mio augurio più sincero è che la "somma" di Maurizio e Micol generi una grande luce di "pru urvu" così da far entrare fisicamente e spiritualmente la Torà e le mitzwot nella loro casa e di trasmetterle quindi a tante altre famiglie.

Rav Ytzchak Hazan


La festività di Hanukkah commemora la vittoria degli Asmonei contro i Greci, e la susseguente riconsacrazione del Beit Hamikdash. Quando gli Asmonei vollero accendere la Menorà, scoprirono che i Greci avevano contaminato l'olio e poterono trovare solo una bottiglia di olio d'oliva puro sufficiente all'accensione di un solo giorno. L'olio miracolosamente durò otto giorni. Questo miracolo viene commemorato ogni anno dalla mitzvà dell'accensione delle luci di Hanukkah.

I lumi di Hanukkah differiscono da tutte le altre luci accese per compiere una mitzvà. Ci sono due categorie generali di luci. Alla prima categoria appartengono quelle non per scopo d'illuminazione, ma solo per marchio di rispetto od onore. Per esempio accendiamo lumi in una sinagoga in onore della casa di D-o. Dunque non possiamo usare queste luci per l'Havdalà poiché quelle dell' Havdalà sono specificamente per l'illuminazione.

Nella seconda categoria ci sono luci che servono per l'illuminazione. I lumi dello Shabbat, ad esempio, vengono accesi per portare pace alla casa permettendo alla gente di vedere ciò che sta facendo. Lo scopo delle luci della Menorà nel Beit Hamikdash era anch'esso per l'illuminazione, come detto: "I sette lumi illumineranno". I lumi di Hanukkah sono similmente accesi per diffondere luce.

Ma c'è una differenza fra le luci di Hanukkah e quelle del Shabbat e del Beit Hamikdash. L'illuminazione prodotta da queste ultime ha uno scopo specifico: di Shabbat, apportare pace; nel caso del Beit Hamikdash, rendere testimonianza all'umanità che la Presenza Divina risiede in Israele. L'illuminazione delle luci di Hanukkah invece non ha nessun altro scopo se non quello dell'illuminazione stessa.

Sono altre le ragioni per le luci di Hanukkah, per esempio "rendere pubblico il miracolo". Il loro fine è l'illuminazione stessa. La prova? Anche quando le luci di Hanukkah vengono accese senza pubblicità, la mitzvà è stata compiuta validamente. Ma se i lumi dello Shabbat non contribuiscono alla pace non si può fare la benedizione su questi lumi.

La ragione di questo risiede nella speciale natura di Hanukkah. Gli elementi di Hanukkah - i decreti dei Greci ai tempi degli Asmonei, il mesirut nefesh (auto sacrificio) degli Ebrei, i miracoli risultanti, e la mitzvà dell'accensione delle candele di Hanukkah - toccano il legame fra gli Ebrei e D-o, un legame che trascende la comprensione.

Il decreto promulgato dai Greci Siriani, era di far "dimenticare la Tua Torà e violare i decreti della Tua volontà" agli Ebrei. I Greci adoravano la conoscenza. A loro non importava se gli Ebrei apprendevano la saggezza della Torà. Ciò che obiettavano violentemente era l'idea che la Torà provenisse da D-o - "la Tua Torà", - e non che gli Ebrei mantenessero le mitzvot per qualunque ragione. Ciò che odiavano era il compimento delle mitzvot semplicemente perché era la volontà di D-o. In breve, i Greci combattevano contro la natura divina della Torà e delle mitzvot.

Per questa ragione i Greci contaminarono l'olio nel Beit Hamikdash. Il concetto di purità trascende la comprensione razionale. Non c'è motivo per cui una persona morta causi impurità ed un Mikvè purifichi. È un decreto di D-o: "Ho aborrito statue e decretato decreti e non potete trasgredire il Mio decreto". Poiché l'idea dell'impurità trascendeva la comprensione i Greci la combattevano e contaminarono tutti gli olii nell'Hehal (santuario interno del Beit Hamikdash).

Nonostante gli Ebrei fossero pochi contro i molti e non potessero vincere la guerra contro i Greci, essi mostrarono mesirut nefesh per amore di D-o, della Sua Torà e delle mitzvot. Sfidando la logica ed il ragionamento si gettarono così con autosacrificio nella battaglia contro i Greci.

D-o, ripagando "misura per misura" rivelò il suo legame speciale con il popolo ebraico, trascendente anch'esso la ragione. Compì il miracolo dell'olio, un miracolo che servi solo a mostrare il suo amore per Israele. Il vero amore non dipende dalla ragione; proviene dalla propria essenza, e trascende la ragione stessa. Per cui i nostri saggi istituirono l'accensione delle candele come principale commemorazione di Hanukkah.

Ed è per questo dunque che l'illuminazione delle luci di Hanukkah è un fine in sé e non un mezzo per un altro scopo. Siccome le luci di Hanukkah simbolizzano il legame essenziale fra D-o e gli Ebrei trascendente tutti i limiti, non possono sussistere per altri scopi.

Come prima menzionato, il comune denominatore tra lo Shabbat, il Beit Hamikdash e i lumi di Hanukkah è che tutti danno luce. Il Talmud dice "non c'è luce eccetto Torà, come è detto: una mitzvà è un lume e Torà è la luce". Ne consegue che le luci dello Shabbat, del Beit Hamikdash e di Hanukkah rappresentano la Torà. Ci sono comunque differenze nella Torà stessa, relative a questi tre tipi di luce.

Uno può apprendere la Torà per sapere la Halahà, come per fare le mitzvot. Questa è l'idea della Torà che porta la pace nel mondo. Corrisponde alle luci dello Shabbat che hanno lo scopo di assicurare la pace nella casa.

Poi c'è lo studio della Torà attraverso il quale un Ebreo si lega a D-o. Corrisponde alle luci del Beit-Hamikdash che testimoniano che la Shehinà risieda in Israele.

Finalmente, c'è il livello più elevato dello studio della Torà - la Torà studiata per il proprio valore. Questa Torà è unita alla vera essenza di D-o e l'essenza di D-o vive solo di per se stessa. E questo corrisponde all'illuminazione di Hanukkah che non ha scopo se non se stessa.

Questo è perché "a noi non è permesso far uso delle luci di Hanukkah". Il nostro rifiuto di utilizzare l'illuminazione prodotta dalle luci della Menorà dimostra che il nostro servizio a D-o deve essere fine a se stesso, non per alcun beneficio o ricompensa possa occorrere.

La commemorazione principale di Hanukkah come spiegato sopra, avviene attraverso le luci di Hanukkah. Ci sono diversi elementi ad esse associati, ciascuno dei quali procura lezioni per il servizio di D-o.

Tutte le mitzvot sono paragonate alla luce: "Una mitzvà è un lume e la Torà la luce". Accendere i lumi di Hanukkah comunque, è una mitzvà letteralmente associata con la luce, e come spiegato sopra, il suo scopo risiede nell'illuminazione.

La luce non ha limiti intrinsechi nell'ampiezza di potere d'illuminazione. Si può porre una barriera per trattenere la sua illuminazione; ma per se stessa può viaggiare all'infinito.

La Torà e le mitzvot che osserviamo, la luce spirituale che emaniamo nel mondo, deve avere le stesse caratteristiche della luce fisica. Un Ebreo non può costringere il suo servizio di D-o, entro limiti specifici. Un Ebreo deve servire D-o "con tutte le tue forze". E questo è simboleggiato specificamente dalle luci di Hanukkah: esse commemorano il miracolo che risultò dalla mesirut nefesh degli Ebrei.

Nonostante il servizio di D-o possa essere completo, le luci di Hanukkah ci insegnano un'altra lezione ancora: si deve costantemente fare meglio. Il Talmud afferma che ci sono tre livelli nella mitzvà dell'accensione delle luci di Hanukkah: secondo la stretta Halahà; secondo coloro che sono mehader (desiderano abbellire la mitzvà) e secondo coloro che sono mehadrin min hamehadrin (desiderano farla nel modo più pio, il miglior modo possibile). Coloro che sono mehadrin min hamehadrin, il Talmud riporta, aggiungono una luce in più ogni notte.

La lezione è chiara: nonostante la mitzvà della notte precedente fu fatta nel miglior modo possibile, la notte dopo deve vedere un miglioramento - con un'altra luce ancora. Nonostante si osservi la Torà e le mitzvot più che adeguatamente - anche "con tutte le tue forze" - ci si deve sempre elevare più in alto.

Più che altro, che nessuno pensi che questa sia una lezione solo per il più pio. Il Ramah, le cui decisioni noi seguiamo, scrive che a differenza dei tempi del Talmud è una pratica universale osservare la mitzvà delle luci di Hanukkah alla maniera di mehadrin mm hamehadrin. Ci deve essere una continua ascesa progressiva al servizio di D-o.

Nonostante ci si possa continuamente elevare nel servizio di D-o, ciò non è mai sufficiente. Ecco perché le luci di Hanukkah devono essere accese all'entrata della propria casa sull'esterno. Un Ebreo non può accontentarsi che lui personalmente sia illuminato dalla luce della Torà e delle mitzvot. Deve anche illuminare la sua intera casa per assicurarsi che tutti i membri della sua famiglia siano osservanti come lui. Ancor più, le luci di Hanukkah sono poste all'entrata di casa sull'esterno, così che procurino illuminazione anche a chi si trova "fuori" del giudaismo. Un ebreo deve raggiungere gli estranei alla propria fede e portarli vicino alla Torà e alle mitzvot.

Ma ancora, si può e si deve andare oltre. Il lasso di tempo in cui le luci di Hanukkah devono durare è fino a che "i piedi dei Tarmudoi sono cessati". I Tarmudoi erano venditori ambulanti che erano gli ultimi ad andarsene dalle strade. "Fino a che i piedi dei Tarmudoi sono cessati" significa allora che le luci di Hanukkah devono rimanere accese almeno fino a quando questi venditori percorrono le strade.

C'è un significato più profondo di ciò. Le lettere della parola "Tarmudoi" possono essere arrangiate per scandire la parola "moredes" che significa "ribelle". Non è abbastanza raggiungere coloro che sono ignoranti nella fede. Dobbiamo anche cercare quelli che sono attivamente ribelli.

Ancor più, la parola "cessato" in ebraico - "kaliaya" è etimologicamente connessa con la parola "kilayon", che significa "intensa brama di unirsi con D-o". Il nostro compito non è semplicemente di portare i nostri fratelli ribelli vicino al giudaismo, ma impiantare in loro un desiderio ardente di giudaismo. E come tutte le cose nel giudaismo, questo ardente desiderio deve essere tradotto in azione: "i piedi dei Tarmudoi", sono piedi simboleggianti azione, fatti. Questo desiderio di essere vicino a D-o non deve essere confinato al proprio cuore e alla propria mente ma deve permeare ogni fibra dell'essere ebreo: anche i "piedi", la parte più bassa dell'uomo.

 Tratto da un discorso pubblico del Lubavitcher Rebbe Shlita


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