Quinto comandamento


"Onora tuo padre e tua madre affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che il Signore tuo D-o ti ha dato"

Ramban spiega: con il quarto Comandamento D-o completa la descrizione degli obblighi dell'uomo per onorare direttamente il Creatore. Ora D-o ci indica i nostri obblighi verso le Sue creature, iniziando con i doveri verso i nostri genitori, i quali assomigliano al Creatore in quanto essi sono soci con D-o nella creazione di un bambino. È come se D-o fosse il nostro primo genitore e il padre e la madre completano il compito di portarci alla luce. Per questa ragione, la ripetizione dei Comandamenti (Deuteronomio 5:16) aggiunge un periodo: Onora tuo padre e tua madre ...Kaasher zivvekhà Ashem Elohèkha, come il Signore tuo D-o ti ha comandato; come vi ho dato dei comandamenti riguardanti il Mio onore, così vi indico l'obbligo di onorare coloro che hanno condivi so con Me la vostra creazione.

Ramban spiega: la Torà non definisce il grado di "onore" dovuto ai genitori, in quanto noi dobbiamo derivarlo dai precedenti versi che descrivono l'onore dovuto al Genitore ultimo, D-o. Una persona deve riconoscere i suoi genitori come creatori e non deve pertanto giurare invano o falsamente sulla vita dei propri genitori, poiché come insegnano i saggi, onorare i propri genitori è come onorare D-o stesso (Kiddushin 30b).

Questo spiega perché il Comandamento è stato scritto nella prima tavola insieme ai Comandamenti relativi all'onore di D-o. Il Talmud (Kiddushin 3 lb) riferisce che quando Rav Yosef sentì i passi di sua madre, disse: "mi alzo prima dell'arrivo della Shekhinà, (Presenza divina)".

Haamek Davar spiega che il secondo periodo aggiunto nella seconda versione, come il Signore tuo D-o ti ha comandato, significa dare alla mitzva una prospettiva più chiara. Qualcuno potrebbe tendere ad onorare i suoi genitori semplicemente per affetto o per obblighi morali nei loro confronti. La Torà sottolinea che uno deve compiere questa mitzva nonostante i suoi sentimenti personali o la sua sensibilità. Questo comandamento non è differente da qualsiasi altro, è obbligatorio perché così il Signore tuo D-o ti ha comandato.

I maestri enfatizzano che il riconoscimento dei genitori incoraggia il riconoscimento di D-o, così come la gratitudine verso i genitori alimenta la gratitudine per la bontà che D-o conferisce all'uomo.

Sefer Hachinuch (Mitzvah 33) scrive: una persona dovrebbe capire che i suoi genitori sono la causa del suo essere in questo mondo ed è giusto dare a loro tutti gli onori e i benefici possibili, in quanto essi lo hanno fatto nascere ed hanno compiuto enormi sforzi per lui durante i suoi primi anni di vita.

Onore e reverenza (lett. timore)

La Torà esprime l'obbligo dei figli verso i genitori in due comandamenti separati: onora tuo padre e tua madre e ogni uomo deve riverire (temere) sua madre e suo padre (Levitico 19:3).

I rabbini insegnano: cosa è l'onore e cosa è il timore?

Il timore significa che un figlio non deve sedere nel posto di un suo genitore; non deve contraddire le sue parole, né assumere decisioni contrastanti; in termini generali il timore proibisce attività che potrebbero tendere a ridurre la stima nei confronti dei genitori.

Onore significa che il figlio deve offrire ai suoi genitori il cibo, accompagnarli ed aiutarli; l'onore richiede atti positivi.

Nel comandamento relativo all'onore, il padre viene nominato prima della madre; nel comandamento del timore la madre viene prima del padre: perché questa differenza?

D-o sa che l'uomo medio usa dare più onore alla madre che a suo padre, essa educa i bambini e li tratta con gentilezza; il padre, invece, è tra i genitori colui che ammonisce e punisce i figli.

Quando la Torà parla di onorare i genitori pone prima la figura paterna per timore che i figli siano riluttanti ad onorare il padre che li ha trattati con severità; per il timore vale l'opposto è infatti naturale per un figlio temere il padre più che la madre. La Torà pertanto dà precedenza alla madre nella mitzvà relativa al timore per insegnarci che dobbiamo temere e rispettare nostra madre allo stesso modo di nostro padre.

La parola kavod (onore) ha la stessa radice linguistica di kaved pesante). Ciò implica che onorare i genitori significa prenderli molto seriamente, farsi carico di loro, dando ad essi tutto il peso della nostra attenzione. Provvedere alle necessità dei genitori è una dimostrazione di grande valore etico e morale.

R' Shimon bar Yockhai disse: "la più difficile di tutte le mitzvoth è onora tuo padre e tua madre" (Tanchuma, Ekev 2).

Rambam (Hil. Mamrin 6:7) riassume lo scopo di questo comandamento: fino a che punto una persona si deve spingere per onorare suo padre e sua madre? Anche se essi avessero un portafoglio pieno di pezzi di oro e lo buttassero in mare davanti agli occhi del figlio, egli non deve farli vergognare, non deve mostrarsi né addolorato né infuriato di fronte a loro. Deve soltanto accettare il comandamento delle Scritture e stare in silenzio.

E fino a che punto una persona deve spingersi con il timore e la reverenza?

Anche se egli indossa vestiti preziosi ed è seduto nel posto di onore di fronte a molte persone, ed i suoi genitori arrivano e strappano i suoi vestiti, lo picchiano sulla testa e gli sputano in faccia, egli non può farli vergognare, ma deve rimanere in silenzio e deve avere timore e paura del Re dei Re che gli ha comandato di fare questo.

si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che il Signore tuo D-o ti ha dato

R' Bachya cita R' Saadiah Gaon che commenta: il premio per la pietà filiale consiste in una vita lunga. Può succedere infatti che i genitori vivano per lungo tempo e diventino un pesante fardello per i loro figli che possono iniziare a stancarsi di questo "onore", ma il premio per questa mitzvà è che tu possa vivere a lungo. Ciò ci insegna che se i figli si lamentassero della longevità dei loro genitori, in realtà si starebbero lamentando della loro stessa futura longevità.

Pa'aneach Razah nota che la lettera nun posta alla fine della parola iaarkhun è superflua. Egli commenta che il suffisso nun può significare essi. Pertanto il nostro verso può avere la seguente spiegazione: in base all'onore che noi rendiamo ai nostri genitori, essi prolungheranno i nostri giorni, in quanto pregheranno con gratitudine per il nostro benessere.

Rambam suggerisce che il riconoscimento dell'autorità dei genitori rinforza nel complesso tutta la società ed accresce la qualità della vita di tutti i membri. Colui che dà un contributo durevole al benessere del suo mondo merita l'opportunità di godere a lungo della propria vita. Egli commenta (Peah 1:1) che questa mitzvà è inserita nella categoria di quelle relative all'istituzione di relazioni sociali stabili. Colui che esegue queste mitzvoth sarà premiato nel mondo futuro, ma in aggiunta, nel mondo presente, trarrà beneficio per avere fatto del bene ai suoi simili.

La longevità è un premio appropriato per la devozione filiale in quanto il figlio rispettoso accetta le tradizioni insegnate dai propri genitori e assicura che siano tramandate. Più a lungo vive tale figlio fedele, più possibilità avrà di trasmettere le tradizioni alle generazioni future.

Ralbag scrive: il rispetto per i genitori assicurerà che le generazioni successive accetteranno gli insegnamenti dei loro avi, generazione dopo generazione, con il risultato che tutti saranno più forti nell'osservanza della Torà di D-o.

Nella seconda versione dei comandamenti (Deuteronomio 5:16) viene inserito un periodo addizionale tra i premi stabiliti per il figlio devoto cosicché tu possa vivere una vita lunga, e cosicché possa essere buona per te. Il Talmud (Bava Kama 54b) spiega perché questa assicurazione manca nella prima versione: D-o sapeva che le prime tavole erano destinate ad essere rotte da Mosè. Se la promessa di una vita buona fosse stata inclusa nella prima versione delle tavole, sarebbe stato come se le speranze del popolo di Israele per una vita buona si fossero rotte con le tavole. Pertanto D-o ha salvato questa speciale promessa per le seconde tavole, che restano un testamento durevole.

Bàal Haturim (Deuteronomio 5:16) nota che la seconda versione dei Dieci Comandamenti è un po' più lunga della prima e contiene diciassette lettere in più. Il numero diciassette è l'equivalente numerico della parola Tov, Bontà, che è il premio introdotto nella seconda versione del Decalogo.

Altrove il Talmud (Kiddushin 39b; Chullin 142a) considera queste assicurazioni come riservate al mondo futuro, spiegando: cosicché i tuoi giorni siano allungati nel mondo della lunghezza infinita; e cosicché sarà bene per te nel mondo che è interamente buono, senza alcuna mescolanza di dolore e di male.


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