Kedushà naturale e kedushà morale
I Dieci Comandamenti si trovano in una formulazione e con un ordine leggermente diversi anche in un'altra parte del Pentateuco, al Capitolo 19 del Levitico.
Il Midrash (Vaikrà Rabba 24/5) dice:
"ha insegnato Rabbi Chijà : questa Parashà (Kedoshim) è stata detta in assemblea pubblica, perché la maggior parte dei principi fondamentali della Torà dipendono da essa".
Rabbi Levi dice: "Perché è stata detta in pubblico? Perché i dieci Comandamenti sono inclusi in questa Parashà".
Confrontiamo il testo dei Dieci Comandamenti (presenti nella Parashàt Jthrò), con il testo della Parashàt Kedoshim:
Io sono il Signore tuo D-o.
Io sono il Signore D-o vostro.
Non avrai altri dei al mio cospetto.
Divinità di metallo fuso non farete per voi.
Non pronunciare il nome di D-o invano.
Non giurate nel mio Nome il falso.
Ricorda il giorno dello Shabbat.
Ognuno osserverà i miei sabati.
Onora tuo padre e tua madre.
Ognuno tema la madre e il padre.
Non uccidere.
Non rimanere inerte di fronte al sangue (al pericolo) del tuo compagno.
Non commettere adulterio.
L'adultero e l'adultera moriranno.
Non rubare.
Non ruberete.
Non fare falsa testimonianza.
Non andate sparlando nel mio popolo.
Non desiderare.
Ama il prossimo tuo come te stesso.
Esiste quindi un parallelismo tra i due testi, ma nello stesso tempo vi è anche una sostanziale differenza nell'ordine con il quale vengono riportati i Dieci Comandamenti: infatti subito dopo il primo comandamento nell'ordine compare subito la mitzvà di rispettare e temere i genitori. Questo può essere spiegato tenendo conto che in realtà mentre da un punto di vista logico, nei Dieci Comandamenti viene prima 'Non avrai altri dei', poi 'Non pronunciare il nome di D-o invano', poi 'Ricordati del giorno dello Shabbat', comandamenti che da un punto di vista logico sono tutti conseguenza del primo comandamento 'Io sono il Signore D-o vostro'; nella Parashàt Kedoshim viene prima il rispetto dei genitori, perché in realtà sono loro che trasmettono ai figli le mitzvoth (fra le quali anche quelle dei Dieci Comandamenti). Si sottolinea perciò che così come è giusto che la santità (la kedushà di Israel viene trasmessa dai genitori ai figli, così pure le mitzvoth vengono trasmesse dai genitori ai figli.
Nella Parashàt Kedoshim si segue quindi per così dire un ordine naturale, ovvero il sistema naturale con il quale il figlio apprende dai genitori le mitzvoth e perciò si passa dal precetto del rispetto e dell'onore verso i genitori, a quello dell'osservanza dello shabbat.
Non è un caso quindi che il rispetto dei genitori sia stato posto accanto al rispetto del Sabato, e questo per insegnarci che, anche se i genitori per qualsiasi motivo non fossero in grado di trasmettere le mitzvoth, deve sempre esserci il rispetto della mitzvà.
È proprio il tema cioè della trasmissione, ovvero del compito di trasmettere oltre alla kedushà (santità) anche il patrimonio etico, morale e giuridico che deriva dall'osservanza dei precetti, che pubblicamente impone la Parashàt Kedoshim. Proprio nel momento in cui si forma una coppia, è doveroso sottolineare che si ha l'obbligo di trasmettere non soltanto la kedushà di Israel (in modo particolare quando la kedushà è ancora più profonda perché è quella della Kehunnà, del Sacerdozio), ma anche assieme ad esso, l'impegno di trasmettere le mitzvoth. Solo così si adempie all'obbligo che tutti gli uomini hanno di insegnare i Dieci Comandamenti, ma anche di trasmettere la kedushà implicita del mondo delle mitzvoth.
La kedushà che naturalmente ogni ebreo eredita deve quindi essere completata mediante la conquista di una kedushà morale che è la garanzia per una presenza ebraica qualificata e continua nel mondo moderno, generazione dopo generazione.
A Eleonora e Giacomo vanno i miei auguri per una vita ebraica intensamente vissuta, in cui i valori insiti nella Parashat Kedoshim possano essere realizzati attraverso la trasmissione della kedushà di Israel ai propri figli nella sua pienezza.
Scialom Bahbout