Qui ho riportato:
I miti sono eterni nella misura in cui sono immanenti. La
loro forza deriva dal fatto che essi possono sempre, in qualunque momento, in
qualunque circostanza, incarnarsi nel linguaggio e costituire lo schema coerente
di un nuovo racconto. Questo racconto, così com’è presentato, integra alcuni
dati precisi, alcune ansie contemporanee, con degli elementi molto antichi:
costituisce l’attualizzazione del mito, la sua valorizzazione in un
determinato contesto, la sua apertura sul mondo reale della comprensione. Ora,
nella nostra epoca, quale narrazione può testimoniare la permanenza del mito
meglio del Fumetto, espressione contemporanea, tecnica popolare che
fruttuosamente riunisce in sé il linguaggio letterario e l’arte grafica, e
soprattutto mezzo ideale di diffusione dell’immaginario?
In questo spirito, appunto, è opportuno analizzare
l’opera di un autore ispirato quale Hugo Pratt. Il suo attaccamento al mito si
manifesta fin dall’inizio della sua carriera. E il personaggio di Corto
Maltese è esso stesso incarnazione di una figura mitologica, dio o eroe, e
comunque uomo di sempre e di nessun luogo, eternamente errante in un mondo in
mutazione di cui rispecchia le angosce e i fantasmi. Perché, al limite, Corto
Maltese è testimone impassibile, più che attore, dei drammi in cui è
coinvolto. Se ha quell’aura particolare che contraddistingue gli uomini votati
a un destino eccezionale, è perché l’autore ha voluto che egli fosse al
tempo stesso dio e uomo. In quanto uomo, è sottoposto alla legge comune della
sofferenza, dell’angoscia, dell’avventura,
ma, in quanto dio, dipana l’intricato bandolo degli avvenimenti. E non è
mortale solo nella misura in cui può scegliere il giorno e l’ora della sua
morte, il che fa di lui un essere straordinario. In verità, Corto Maltese
appartiene a quella stirpe di eroi che si trovano nelle antiche epopee celtiche,
siano esse irlandesi, gallesi o bretoni. Fa pensare a Cùchulainn, l’eroe
delle leggende irlandesi, personaggio sovrumano, incarnazione degli dei
nell’universo della relatività, capace di lottare da solo contro interi
eserciti, immenso e incommensurabile, aureolato di quel famoso “fulgore
dell’eroe” che risplende anche dopo la sua morte ed è l’impronta
indelebile del suo stato soprannaturale.
Perché il mondo, secondo Hugo Pratt, è il punto
d’incontro delle forze antagoniste che impegnano la battaglia decisiva, quella
che i mitologi chiamano la “battaglia escatologica”. Costantemente elusa,
questa battaglia si esprime nella storia attraverso degli atti continuamente
ripetuti e continuamente rimessi in causa. E in mezzo a questi atti, l’eroe
passa come un sogno. Infatti, sogna o agisce? Sogna gli avvenimenti nei quali è
coinvolto, oppure agisce realmente? Non lo sapremo mai. Corto Maltese è un
enigma, l’enigma dell’uomo. E, stranamente, Corto Maltese è il tipico eroe
celtico, che partecipa ad azioni fantasmatiche, che sogna l’inesistente, ma
che agisce in un universo di forme e di segni come se non ci fosse alcuna differenza fra il reale e l’immaginario.
Ci si rende conto, allora, che il
veneziano Hugo Pratt ha qualche cosa in comune con gli antichi Veneti
dell’Adriatico, quegli avventurieri del tempo e dello spazio, quei Veneti che
gli autori dell’Antichità classica ci descrivono come molto vicini ai Veneti
dell’Oceano, quei Veneti di Vannes in Bretagna, navigatori arditi e
dispensatori di sogni, padroni incontestati dell’avventura dei Celti nei paesi
del Sol Calante. Celta, Corto Maltese lo è senza alcun dubbio. E se Corto
Maltese è Celta, questo significa che Hugo Pratt si sente egli stesso legato
alla particolare sensibilità dei popoli celti. Lo ammette del resto di buon
grado. Riconosce d’essere stato influenzato, bambino, da un adattamento dei
Romanzi della Tavola Rotonda che gli ha aperto la strada verso dimensioni e
campi sconosciuti. E’ ossessionato dalla foresta di Brocéliande, misteriosa
contrada dove niente può essere normale e dove tutto è soggetto
all’arbitrale intervento di antiche divinità pagane.
Qui si trova, del resto, il
crogiolo in cui si fondono il reale e l’immaginario, il bianco e il nero, il
sublime e l’abietto, il bene e il male. Brocéliande è la terra d’asilo, il
rifugio di fate e maghi. Viviana vi riceve le lezioni dal mago Merlino e,
divenuta più potente del suo maestro, lo ammalia e lo lega per sempre a sé in
un amore che non ha uguali. E Corto Maltese è davvero uno dei personaggi più
familiari di questa Brocéliande, uno di quei cavalieri erranti che appaiono nel
fitto della boscaglia quando meno li si aspetta e fanno deviare il corso degli
avvenimenti in funzione dei voleri degli dei.
Non
si possono quindi comprendere certi episodi della Saga
di Corto Maltese senza far riferimento alla mitologia celtica.
Questi
episodi sono attualizzazioni di un mito eterno, quello dell’uomo-eroe,
messaggero degli dei, portatore della luce che permette agli altri umani di
muovere i loro passi nel fitto della foresta incantata. Questa posizione di
intermediario dà al personaggio una dimensione straordinaria e gli permette di
coincidere pienamente con il mito abolendo le nozioni di spazio e di tempo.
Viaggiatore del passato, profeta dell’avvenire, ma sempre al crocevia in cui
han gioco le azioni presenti, Corto Maltese è paragonabile a quel mago Merlino
che dorme in una prigione d’aria, nel cuore di Brocéliande, e che ogni tanto
qualcuno desta dal suo sonno per fargli compiere dei miracoli.
Un
preciso riferimento a Merlino è infatti rintracciabile in uno degli episodi
della Saga che pure sembra, a una
prima lettura, molto lontano dal contesto di Brocéliande. il Sogno
di un mattino di mezzo inverno. L’attualizzazione data alla vicenda è
quella della prima guerra mondiale, in Inghilterra. Il paese si trova sotto la
minaccia di un’invasione germanica, ed ecco che le fate e i maghi
dell’antica civiltà celtica escono dal loro sonno incantato e spingono Corto
Maltese all’azione. Oltre al personaggio scespiriano di Oberon (le cui origini
celtiche sono per altro indiscutibili), si vedono apparire la fata Morgana e il
vecchio saggio Merlino. Quanto a Puck, egli assume le sembianze di uno strano
corvo, animale prediletto della mitologia celtica, nel quale si può
indifferentemente vedere l’eroe gallese Bendigeit Vràn, la dea irlandese
Bobdh o la madre dell’eroe arturiano Ivano. Il corvo non è, del resto,
l’animale favorito di Lug, la grande divinità panceltica della luce,
“Metamorfico Artefice”, colui che salva i suoi seguaci con la potenza della
sua intelligenza?
Allora,
la prima guerra mondiale, come la guerra di Troia, diventa una battaglia di
divinità. Da una parte, le divinità celtiche. Dall’altra, le divinità
germaniche, Lorelei in testa. E il tutto viene integrato in un episodio,
assolutamente reale questo, della storia della Gran Bretagna, l’invasione
dell’isola da parte dei Sassoni a seguito del tradimento del re bretone
Vortigern, vittima del fascino della sassone Rowena. E come Corto Maltese
incarna in qualche modo lo spirito di Merlino, un’affascinante spia tedesca
sarà l’immagine di Rowena. Leggenda e storia sono confuse, presso i Celti.
Qui, non solo la leggenda si mescola alla Storia propriamente detta, ma questa
storia sfida la cronologia con un eterno ritorno, vale a dire con una
riattualizzazione di un avvenimento emblematico. Solo l’intervento delle forze
divine celtiche, incarnatesi nel personaggio di Corto Maltese, sarà capace di
allontanare il fatale ripetersi del disastro. La Gran Bretagna sarà salvata dal
pericolo tedesco e le divinità germaniche non sottometteranno le divinità
degli antichi Bretoni. Quando si sveglierà da quello che crede un sonno
profondo, Corto Maltese troverà presso i di sé un corvo: quel corvo indica la
permanenza del mito. Finché le divinità celtiche veglieranno sull’isola di
Bretagna, la libertà e la democrazia, che sono le caratteristiche dell’antica
società celtica, vinceranno il fanatismo e le tendenze egemoniche che sono i
colori del germanesimo aggressivo. Mai l’idea celtica è stata meglio
esplicata, grazie all’alleanza della Storia e del Mito, che in questo Sogno
di un mattino di mezzo inverno.
Lo sfondo di Burlesca è ancora la prima guerra mondiale. Nella lotta che le forze del bene e le forze del male impegnano le une contro le altre, Corto Maltese si trova ancora una volta in una posizione di cerniera. Ma, questa volta, i riferimenti celtici sono più sfumati, più discreti. Un mago da fiera, a modo suo un po’ profeta, fa restare di stucco il pubblico con certe sue deliranti tirate. Questo indovino da baraccone è tuttavia l’autentico burattinaio, colui che tira le fila di personaggi che hanno, loro sì, un significato simbolico. E, vicino a lui, si profila la strana figura di una maga, apparentemente altrettanto “falsa”. Tuttavia, non lasciamoci trarre in inganno: in questo affresco “burlesco” si aggirano le ombre di Merlino e della fata Viviana. E quei due personaggi vi mantengono tutta l’ambiguità che hanno già nella leggenda. Dov’è il bene? Dov’è il male? In linea di massima, non è dato saperlo. perché Corto Maltese è convinto, come ogni buon Celta la che si rispetti, che non ci sia mai una distinzione fondamentale fra il Bianco e il Nero, fra il Giorno e la Notte. Ma la scelta di Hugo Pratt è inequivocabile: da una parte, le tenebre, l’inferno, cioè i Tedeschi; dall’altra, la libertà, il riconoscimento dell’Altro, cioè gli Alleati. Ora, si dà il caso che i personaggi burleschi di Merlino e Viviana sembrano propendere per i Tedeschi. Illusione, pura illusione, lo si vedrà alla fine: Merlino e Viviana si sono fatti manovrare dal vero demone, che si nasconde sotto le innocue apparenze di un burattino. Ed è profondamente significativo che uno dei protagonisti del dramma sia un certo luogotenente di Trécesson: Trécesson è uno dei luoghi deputati, dei punti focali della foresta di Brocéliande. Significativi anche i personaggi di Melodie Gaèl, incarnazione di un’ambivalente Viviana, o del capitano Rothschild, incaricato dell’inchiesta per conto del Consiglio Militare di Sicurezza... C’è qui un’alleanza, voluta dall’autore, fra l’Irlandese, sbeffeggiata e oscillante fra due diversi obiettivi, e l’Ebreo, francese ma, in fondo, molto screditato e apolide (ricordiamoci del capitano Dreyfus...). Così si esprime la generosità di un autore che con grande rispetto prende in considerazione emigrati di tutte le razze, “maledetti” di tutti i paesi e di tutti i tempi. E, nel suo complesso, questo aneddoto è immerso nel meraviglioso fantastico di Adam de la Halle, lo scrittore francese del Medioevo che, nel suo Giuoco della novella fronda, seppe magistralmente far rivivere la fata Morgana e tutti i maghi di Brocéliande. Anche qui ci troviamo in un universo profondamente celtico, insieme magico e reale, generoso e malinconico. Perché. chi era, in fondo, Melodie Gaèl? Chi è il capitano di Trécesson? Solo Corto Maltese potrebbe rispondere a questi interrogativi. Ma non lo farà mai.
Nel Concerto in o’ minore, il luogo cambia: eccoci in Irlanda, ma sempre durante la prima guerra mondiale. Sullo sfondo, l’ombra della Pasqua di sangue del 1916. In un clima di odio e di sospetto, l’Irlanda si batte per la sua libertà. Anche qui riaffiora la mitologia celtica, soprattutto in quel personaggio femminile che Hugo Pratt chiama Banshee: straordinario, ambivalente personaggio. Prima di tutto, è la donna guerriera, quale ce la presentano le antiche epopee irlandesi. Poi, è la fata, l’abitante dello shee, vale a dire del “Poggio”, tumulo o dolmen, luogo che, secondo la credenza popolare, serve da rifugio agli dei e agli eroi dei tempi antichi. Banshee porta sfortuna a quelli che ama. Lo dimostra il dramma che si snoda intorno a lei, e quando Corto Maltese, alla fine dell’episodio, chiede a questa donna misteriosa di venir via con lui, ella rifiuta, sostenendo che l’Irlanda ha ancora bisogno di lei. Ma come stanno le cose, in realtà? Il destino di Corto Maltese non è quello di girare il mondo con una donna, è piuttosto quello di errare ovunque in solitudine, e d’incontrare Banshee nelle sue diverse incarnazioni. E’ sempre la stessa donna, infatti, che Corto Maltese incrocia sul suo cammino. E’ la fata, buona o cattiva. E’ Viviana e Morgana, dea della guerra o dea dell’amore, iettatrice o dispensatrice di filtri, come la Brangania della leggenda di Tristano e Isotta.
Tutto
questo dimostra quanto la mitologia celtica impregni i vari episodi della Saga
di Corto Maltese. Questa impronta va dall’allusione appena suggerita alla
citazione di poemi bardici, gallesi o irlandesi. Si direbbe che l’autore si
sia nutrito del mito e che su questo abbia innestato i rami di un albero dal
fogliame in continuo lussureggiante sviluppo. Hugo Pratt ricrea per noi quella
foresta di Brocéliande, atemporale ma eternamente presente nella memoria dei
popoli.
E
tutto questo è immerso in un’atmosfera tragica e poetica insieme. Gli
elementi della Saga fanno sì che
questa, perfettamente adattata alla nostra epoca, perfettamente comprensibile a
un pubblico moderno, ravvivi nel fondo di ciascuno di noi le grandi verità
senza le quali la vita sarebbe solo assurda vacuità.
L’opera
di Hugo Pratt va molto al di là del Fumetto: è un poema, di grande malinconia
e grande bellezza, in cui si trova incarnato lo spirito eroico di secoli oscuri.
Sì,
stando alla leggenda, Merlino è tenuto prigioniero da Viviana nel cuore della
foresta di Brocéliande: di quando in quando, Viviana lo lascia uscire perché
possa recarsi in aiuto ai Figli dei Celti oppressi e in pericolo. Sì, da
qualche parte, nella misteriosa isola di Avalon, re Artù giace addormentato,
vegliato da sua sorella, la fata Morgana: un giorno, si desterà per riunire
tutti i Celti sparsi per il mondo e ricostruire il grande regno che aveva
sognato, regno di giustizia, di fraternità, di libertà, regno che non esiste, ma
che sarà. E Corto Maltese non è altri che il profeta di Merlino e di Artù.
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Ultimo aggiornamento: maggio 2000
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