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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

NEWS 

 

La dispersione scolastica 

12/12/02 - Resi noti i dati di un’indagine del Ministero dell’Istruzione sull’abbandono scolastico: quali difficoltà e quali impegni per i Dirigenti scolastici.

Le dimensioni del fenomeno

Presentano alcuni elementi di preoccupazione i dati che emergono dall’indagine del  Ministero dell’Istruzione su un campione di circa 734 mila studenti, condotta nell’ a.s. 2001-2002 dall’Ufficio Statistiche del MIUR. Trattandosi di un’indagine a campione, e data la difficoltà di individuare parametri certi per inquadrare il fenomeno, la ricerca non ha la pretesa di esaurire l’argomento, ma si propone di analizzare alcuni aspetti rilevanti della questione.  Per la rilevazione, la ricerca prende in considerazione due elementi: il numero di studenti ritirati ufficialmente e  quello degli alunni che non sono stati valutati agli scrutini finali.

I punti di crisi

Il contenimento della dispersione, una tendenza in atto nell’ultimo decennio, trova il suo punto di caduta nelle superiori, in particolare nell’istruzione professionale. Alle superiori, infatti,  il tasso di abbandono è del 4,62% contro il 4,54% dell’anno precedente. In controtendenza solo il liceo scientifico, che passa dal 2,15 all’1,84%. Situazione difficile nei professionali, dove il tasso di abbandono è dell’ 8,93%, mentre negli istituti d’arte si attesta sul 6,49%. 

Alle medie il fenomeno ha dimensioni più contenute:  0,33%, mentre alle elementari si arriva allo 0,08%, percentuali che  l’indagine del Ministero definisce “fisiologiche” per le elementari e “contenute”, ma da non sottovalutare, per le medie.

La mappa della dispersione

In aumento l'abbandono al Nord, dove si passa dal 4,09% al 4,35%, e nelle Isole, dove si registra un incremento del tasso: dal 6,38%  al 7,14%. Migliora invece la situazione al Sud, dove la percentuale scende dal 4,97% al 4,64% e al Centro, dove si passa dal 3,66% al 3,42%.

Andando ad analizzare nel dettaglio la realtà degli istituti d’arte e dei professionali, risulta particolarmente critica la situazione al primo anno: nei primi il tasso di abbandoni è passato dal 7,45% al 7,59%, mentre nei secondi la riduzione dall’11,69% all’11,30% costituisce una  magra consolazione.

Queste scuole applicano la formula del 3+2 (qualifica + post-qualifica) e il tasso di dispersione al 4° anno risulta particolarmente elevato, passando dal 5,56% al 5,63% nel caso degli istituti d’arte e dal 6,85% al 7,41% nei professionali. La media generale delle scuole superiori è del 3,63%. Si pone, quindi, anche un problema di gestione e modulazione interna del percorso formativo nell’ambito dello stesso istituto.

 Il confronto coi dati 2000-2001

L’indagine relativa all’a.s.  2000-2001 fotografava una situazione simile: il tasso di dispersione risultava più alto negli istituti professionali (8,7%) e negli istituti d'arte (6%). Il primo anno di superiori costituiva un serio ostacolo per molti studenti. Per l’indirizzo professionale, il dato nazionale di dispersione era del 6,7% degli iscritti, e raggiungeva il  9,6% nelle scuole delle Isole, e dell'8,5% al Sud.

Indagine sulla dispersione scolastica, 2000-2001

La questione dell'abbandono scolastico è un fenomeno che presenta alcune costanti, e l’indagine sulla dispersione scolastica 2000-01, realizzata dal Comitato di indagine sulla dispersione scolastica della VII Commissione della Camera dei Deputati, ha cercato di metterne in luce gli elementi strutturali. Da essa traiamo alcune interessanti considerazioni riguardanti il fenomeno della dispersione.

 Il quadro della situazione

Questi dati dimostrano come la dispersione scolastica sia in realtà un fenomeno ancora significativo, che comprende al suo interno vari comportamenti negativi quali l’apatia, la scarsa frequenza, le bocciature, i casi di analfabetismo e di scarso apprendimento anche se la scuola viene frequentata regolarmente.

In termini generali, se la dispersione nella scuola dell'obbligo è presente in forma estremamente contenuta, nella scuola media superiore le percentuali aumentano notevolmente. Nel contesto dell’insegnamento secondario, infatti, e in particolar modo nella scuola professionale, i condizionamenti del contesto sociale e familiare degli studenti sono i più disparati.  Spesso un ragazzo destinato a un inserimento precoce nel mondo del lavoro si trova ad affrontare da un lato pressioni familiari per la ricerca di un'attività, e dall'altro offerte formative che non sono sempre coerenti con le sue concrete prospettive di inserimento lavorativo o con le opportunità che la famiglia può offrirgli. Il rischio dell’insuccesso scolastico, dunque, e del successivo abbandono, è dietro l’angolo, nonostante gli sforzi compiuti in questi anni per adeguare gli standard dell'istruzione professionale e per avvicinare la scuola al territorio attraverso l'autonomia.

Scuole professionali: l’anello debole del sistema

E' proprio questa l'area del sistema scolastico a maggiore rischio. I tassi di abbandono e di insuccesso che vi si registrano sono elevatissimi, mediamente superiori al 30 per cento: ciò significa che ben un terzo di chi vi entra non raggiunge alcun titolo. E il fatto rilevante è che in questo caso non si riscontrano differenze significative tra le cifre delle regioni settentrionali e quelle delle regioni meridionali. La scuola italiana, insomma, deve fare i conti con l'esistenza di un ordine di studi che si è andato progressivamente costituendo come "valvola di sfogo" dell'intero sistema e che funziona da anticamera preferenziale dell'abbandono.  

Istruzione professionale e luoghi comuni

La qualità media degli studenti che accedono agli istituti professionali si armonizza con lo stereotipo, sottolineato anche da alcuni Dirigenti scolastici, che destina i ragazzi meno dotati alle scuole professionali. In realtà, questo cliché opera già dentro la scuola poiché, di fatto, è stata proprio la scuola ad attribuire questa funzione impropria a un suo indirizzo, creando un percorso che, partendo dalle zone a rischio della media inferiore, raggiunge gli istituti professionali, intesi come anticamera della fuoriuscita dal sistema dell'istruzione.

Il fenomeno, oltre a rappresentare una preoccupante patologia del sistema, esprime un complesso di pregiudizi antichi, interni ed esterni alla scuola: la sottovalutazione dell'istruzione professionale, la visione "classista" della scuola e della popolazione scolastica, il ritardo nel comprendere le nuove abilità e dotazioni culturali necessarie per interpretare nuovi profili professionali.

 Il rapporto scuola-territorio

Dovendo indicare il punto più debole del sistema, lo si può cogliere nei quartieri emarginati e poveri delle metropoli del meridione. Ma oltre allo stereotipo del Sud povero, anche le aree sviluppate presentano sacche di emarginazione. La linea di questa discriminazione corre tra le varie aree di una regione o addirittura tra i territori delle città. E sebbene la realtà del Sud  resti comunque la più critica, anche il Nord è a rischio, tanto che le sue grandi città, seppur inserite in contesti socio-economici più benestanti, presentano un rilevante potenziale di dispersione.

L'indagine della Commissione Cultura suggerisce che la combinazione sottosviluppo/povertà + degrado ambientale urbano/metropolitano sia, in definitiva, quella che in assoluto produce la maggiore spinta ad anticipare l'uscita dal sistema scolastico-formativo.

 Lo strano caso del Nord Est

Nello studio del fenomeno della dispersione, quello della provincia bellunese rappresenta un caso emblematico: lo spiccato sviluppo della piccola impresa, un sistema a rete di organizzazione della produzione, l'orientamento verso una forte specializzazione merceologica, una certa flessibilità della manodopera impiegata e la realizzazione di un benessere diffuso creano un contesto in cui le opportunità per i giovani aumentano e costituiscono esse stesse un potente fattore di attrazione verso il mondo extrascolastico.

Rapporti più stretti col mondo del lavoro

La scuola presenta scopi e finalità proprie e non subordinate alle richieste del sistema produttivo: ciò nonostante la percezione dell'utilità della frequenza scolastica per trovare un posto di lavoro può costituire la molla fondamentale per motivare gli alunni e le loro famiglie nella scelta del corso di studi. In questa prospettiva, l’indagine citata propone di  considerare l’utilità di:

- promuovere una "offensiva di persuasione" nei confronti degli alunni e delle loro famiglie circa le qualità di polivalenza culturale richieste dalle trasformazioni del mercato del lavoro negli scenari futuri più attendibili;

- promuovere negli alunni il possesso di quelle competenze di base (relazionali, informatiche, grafiche, linguistiche, legislative) che, nell’economia contemporanea, consentono meglio di esercitare i propri talenti in forme di auto-imprenditorialità;

- promuovere forme più frequenti di incontro e di scambio tra il mondo della scuola e il mondo delle professioni e dell'impresa, finalizzate anche a fare meglio maturare la consapevolezza dell'utilità, nei contesti lavorativi e professionali, sia delle doti generali sia delle specifiche qualità o competenze acquisite o affinate nella scuola.

La questione dell’orario

Nella prospettiva dell'innalzamento del diritto allo studio ai diciotto anni, è necessario uno sforzo progettuale di grande respiro. Ci troviamo, infatti, dinnanzi ad un paradosso: nel nostro sistema, proprio chi mostra meno propensione allo studio è costretto agli orari più pesanti. In questo contesto, dunque, gli orari e le discipline andrebbero rimodulati, pena la perdita di efficacia degli stessi interventi anti-dispersione.

 Collaborazione interistituzionale ed Autonomia scolastica

Proprio in considerazione dei fattori  potenziali di disagio o di difficoltà reperibili tra gli studenti, è particolarmente sentita ed auspicata la necessità di una più forte integrazione del lavoro delle singole istituzioni (istituti scolastici, Asl, enti locali, ecc.).

Inoltre, tutta l'attività di indagine ha permesso di cogliere il ruolo insostituibile dell'autonomia nello svolgimento di efficaci strategie anti-dispersione. La percezione della realtà esterna, la sensibilità nel coglierne in tempo reale trasformazioni e tendenze, la valutazione delle risorse umane e professionali interne, la consapevolezza delle opportunità e dei vincoli, la conoscenza diretta della popolazione scolastica e dei suoi bisogni, la fantasia nell'impostare le relazioni interistituzionali più utili e più coerenti con le concrete situazioni; tutto ciò è prerogativa naturale di chi opera nella scuola a contatto con i problemi che vi si manifestano.

Altri spunti

Dati Uil su dispersione dopo l'assolvimento dell'obbligo

 

 

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