La
svendita della nostra cultura
Unità
- 12 dicembre 2002
di
Gianni Vattimo
Ma
insomma, dobbiamo credere ai discorsi sui valori
che ci fa continuamente, e con sospetta assiduità,
una parte della destra oggi al governo oppure
pensare che in realtà lo spirito di questa destra
è piuttosto rappresentato dallo sguaiato
secessionismo di Bossi, dal cattorazzismo di
Borghezio, e dall’odio di Storace per la moderna
storia dell’Italia antifascista, liberale,
democratica?
Che cosa significa la presa di posizione della
commissione Cultura della Camera sulla necessità
di riscrivere i libri di storia per le scuole, se
non appunto la volontà di buttare a mare il
nostro patrimonio di valori ereditati, scritti
nella Costituzione nata dalla Resistenza, e ancora
vivo nel senso ingiurioso che conserva per tutti o
quasi l’epiteto di fascista? Non rimane, questa,
una piccola ma significativa espressione di un
comune sentire di cui anche la destra di governo
dovrebbe tenere conto?
I libri di storia che oggi si vorrebbe far
riscrivere, hanno «funzionato» fino ad ora in
quanto corrispondono appunto al comune sentire
dell’Italia democratica, dell’Italia di
Scalfaro e di Ciampi. Erano e sono scelti da
insegnanti laureati e abilitati, che del resto
avevano a disposizione anche libri cosiddetti «di
destra», testi più o meno orientati nel senso
che, a quanto si capisce, è preferito da questa
maggioranza. Che forse - come ha ricordato
Fisichella al Senato - non è andata
all’università, ma si è formata nei bar sport
della Padania. Disprezzo elitario per il popolo?
Diremmo solo giusta difesa di quel patrimonio
nazionale che è costituito, oltre che dai valori
del pensiero politico italiano, della Resistenza
al fascismo, della tradizione repubblicana, anche
da quella intellighenzia diffusa che sono i
docenti delle scuole di ogni ordine e grado. La
commissione Cultura e la signora Moratti vareranno
leggi anche per riciclare tutta questa
intellettualità? Non dovrebbero dimenticare il
fallimento a cui stanno portando quell’altra
agenzia educativa e culturale del paese che è la
Rai, con la sostituzione di «faziosi» come Biagi
e Santoro con autori che, oltre che alla libertà,
hanno rinunciato anche a farsi capire.
Ecco, stiamo di nuovo dicendo semplicemente no,
invece di proporre a nostra volta una bella
collana di testi revisionisti (o riformisti)
collaborativi (o collaborazionisti) che rispondano
costruttivamente all’appello della maggioranza
per una nuova cultura, per una ennesima riforma di
cui non si sente alcun bisogno. In confronto a
tutto ciò, e alla distruzione della università e
della ricerca che è ormai in corso, anche la
vendita del Colosseo a una catena di circhi
privati non sarebbe poi un grande scandalo.
|