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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

 

 

Per la Moratti la scuola italiana va molto male e la riforma merita una gestione «bipartisan» 

Il Riformista  - 31 gennaio 2003

CONVERSAZIONE. IL MINISTRO HA AVUTO IL VIA LIBERA DI BERLUSCONI DOPO LO SCONTRO CON TREMONTI


«I nostri studenti hanno più insegnanti ma danno risultati peggiori. E' un sistema classista e inefficiente»

Letizia Moratti è alquanto rinfrancata dopo le turbolenze della Finanziaria. Non è un mistero per nessuno che sia stata sull'orlo della rottura con il governo per i tagli di Tremonti. Ma la lady è di ferro, e sa tessere relazioni. Chi le sta affianco dice che ormai la mano del buon padre di famiglia Berlusconi, spinta dalle apprensioni materne di Veronica, grande fan del ministro e della centralità dell'educazione, si sia stesa protettrice sulla sua testa, garantendole che la riforma della scuola sarà la prima riforma dell'anno delle riforme. Alla Camera il Polo dovrebbe evitare addirittura ogni emendamento per approvare rapidamente il testo varato dal Senato. Poi ci sono Ciampi, Casini, Fini, tutti avvocati della ministra, manager e credente. Da tecnico che era, la Moratti si è messa così sulle spalle un bel po' di peso politico. Al punto da lanciare, proprio lei che è un bersaglio preferito dell'opposizione, un appello a una metodologia bipartisan nella gestione del più grave problema italiano: quello dell'educazione scolastica.

«I sistemi politici maturi fanno ricorso a questo metodo. Bush e Clinton si sono messi d'accordo, dopo un faticoso negoziato, sulla riforma denominata «No child left behind. In Italia gli schieramenti sono tentati di sovraccaricare il problema della scuola di contenuti ideologici, facendo prevalere gli aspetti che dividono su quelli che uniscono. Invece io trovo molta gente che mi dice: in questa materia non ci siamo noi e voi, ci sono gli studenti. Per parte mia, non a caso ho confermato nel nostro testo di riforma i principi generali che erano indicati nella legge Berlinguer e ho accolto in Parlamento suggerimenti dell'opposizione, per una maggiore integrazione dei percorsi di istruzione e di formazione». Bipartisan o no è certo che la scuola è un'emergenza nazionale I nostri ragazzi la frequentano per un numero d'ore superiore alla media dei paesi occidentali, hanno persino più insegnanti dei loro colleghi europei, però il prodotto finale è scarso Il ministro conferma: «E' vero che le recenti analisi internazionali sulla qualità ci pongono a un punto molto basso. Siamo al 21° posto nei paesi Ocse in quanto ad apprendimento della matematica, al 23° per le scienze. E questo nonostante abbiamo un insegnante ogni dieci studenti contro il rapporto di uno a quindici della media Orse. Da noi il costo per studente è più alto del 15% della media europea. Eppure soltanto il 40% della popolazione adulta ha un diploma di scuola secondaria, contro il 61% della Francia e 1'84% della Germania. Negli ultimi 40 anni quasi dieci milioni di giovani si sono rivolti all'università, ma i laureati sono stati poco più di tre milioni. Nonostante tutto ciò molti sono ancora convinti che la nostra scuola sia il migliore del mondo».

Secondo Letizia Moratti una prima nota è quella di  introdurre la
valutazione sistema . Il che vuol dire test, sorveglianza, verifica dei risultati. «L'anno scorso invitammo le scuole che l'avessero voluto a sottoporre i loro studenti a due differenti test per fascia d'età, in modo da valutare i corsi estivi. Si autocandidarono ben 2900 istituti. Quest'anno il secondo lotto pilota ha raccolto l'adesione 7308 scuole  del totale, Vogliano procedere così, nel consenso, e senza fughe in avanti, perché la risposta ci dimostra che gli insegnanti stessi hanno interesse a una valutazione del loro lavoro».

II ministro nega di essere una nemica del liceo, di voler essere quella che secondo molti è la cosa "si " del nostro sistema. «E' falso, chi lo dice vuole conservare lo status qua E questo è ingiusto anche socialmente, perché la scuola e l'università attuali hanno smesso di funzionare come motore di mobilità. Il liceo classico è certamente un punto di eccellenza, ma assorbe oggi solo l'8% della popolazione scolastica. vogliamo preoccuparci anche del resto? Noi puntiamo a un rifiuto definitivo della uniformità dell'offerta, a un sistema flessibile e personalizzato. In altri paesi si riconosce da tempo pari dignità formativa alla formazione professionale, che deve garantire ovviamente un profilo e un sapere di base pari a quello liceale e consentire ai diplomati un accesso all'università. Solo il modo di apprendere è diverso, per adattarsi ai talenti e alle attitudini degli studenti. Io mi attengo ai tre pilastri fissati dall'Unesco: sapere, saper essere, saper fare. In Italia abbiamo pensato troppo a lungo che forme importante solo il sapere. La scuola non è più l'ultimo punto formativo nella vita di una persona. Usciti dalla scuola bisogna continuare a imparare per tutta la vita: lifelong learning. Dunque la scuola deve insegnare a imparare. E' oggi che il sistema è classista e selettivo: perché i più dotati e i più benestanti vanno al liceo, e gli altri finiscono in quell'area grigia dalla quale solo il 50% esce con un diploma, contro il 70% degli altri grandi paesi europei».

Il ministro manager ha anche un'altra etichettatura da respingere: quella di essere l'Attila della scuola pubblica, di voler privatizzare il sistema. «Vorrei chiarire che la funzione educazione /istruzione / formazione è una funzione sociale regolata pubblicamente. L'esercizio concreto di tale funzione può essere affidata allo stato, alle regioni, agli enti locali o a soggetti privati. Ma la definizione dei suoi contenuti di fondo e la verifica di efficienza spettano allo stato. In Italia il 94% del sistema di istruzione è gestito dallo stato, nel resto d'Europa la percentuale dei privati arriva fino al 30%, con offro risultati. Del resto il concetto dl scuola statale è stato posto in discussione da alcune leggi che il centrosinistra ha approvato nella scorsa legislatura (il federalismo, l'autonomia scolastica, la legge di parità). Io sto progressivamente applicando quelle leggi. La equazione statale pubblica è culturalmente e normativamente arretrata. Ai cittadini interessa come vengono fatte le cose, non chi le fa. Ad ogni modo, poiché in Italia il 94% del sistema è gestito direttamente dallo stato, il mio primo problema è far funzionare al meglio la scuola statale. Ed è quello che sto cercando di fare».

 

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