Per
la Moratti la scuola italiana va molto male e la
riforma merita una gestione «bipartisan»
Il
Riformista
- 31
gennaio 2003
CONVERSAZIONE. IL MINISTRO HA AVUTO IL VIA LIBERA DI
BERLUSCONI DOPO LO SCONTRO CON TREMONTI
«I
nostri studenti hanno più insegnanti ma danno
risultati peggiori. E' un sistema classista e
inefficiente»
Letizia
Moratti è alquanto rinfrancata dopo le turbolenze
della Finanziaria. Non è un mistero per nessuno
che sia stata sull'orlo della rottura con il
governo per i tagli di Tremonti. Ma la lady è di
ferro, e sa tessere relazioni. Chi le sta affianco
dice che ormai la mano del buon padre di famiglia
Berlusconi, spinta dalle apprensioni materne di
Veronica, grande fan del ministro e della
centralità dell'educazione, si sia stesa
protettrice sulla sua testa, garantendole che la
riforma della scuola sarà la prima riforma
dell'anno delle riforme. Alla Camera il Polo
dovrebbe evitare addirittura ogni emendamento per
approvare rapidamente il testo varato dal Senato.
Poi ci sono Ciampi, Casini, Fini, tutti avvocati
della ministra, manager e credente. Da tecnico che
era, la Moratti si è messa così sulle spalle un
bel po' di peso politico. Al punto da lanciare,
proprio lei che è un bersaglio preferito
dell'opposizione, un appello a una metodologia
bipartisan nella gestione del più grave problema
italiano: quello dell'educazione scolastica.
«I
sistemi politici maturi fanno ricorso a questo
metodo. Bush e Clinton si sono messi d'accordo,
dopo un faticoso negoziato, sulla riforma
denominata «No child
left behind. In Italia gli schieramenti sono
tentati di sovraccaricare il problema della scuola
di contenuti ideologici, facendo prevalere gli
aspetti che dividono su quelli che uniscono.
Invece io trovo molta gente che mi dice: in questa
materia non ci siamo noi e voi, ci sono gli
studenti. Per parte mia, non a caso ho confermato
nel nostro testo di riforma i principi generali
che erano indicati nella legge Berlinguer e ho
accolto in Parlamento suggerimenti
dell'opposizione,
per
una maggiore integrazione dei percorsi di
istruzione e di formazione». Bipartisan o no è
certo che la scuola è un'emergenza nazionale I
nostri ragazzi la frequentano per un numero d'ore
superiore alla media dei paesi occidentali, hanno
persino più insegnanti dei loro colleghi europei,
però il prodotto finale è scarso Il ministro
conferma: «E' vero che le recenti analisi
internazionali sulla qualità ci pongono a un
punto
molto basso. Siamo al 21° posto nei paesi Ocse in
quanto ad apprendimento della matematica, al 23°
per le scienze. E questo nonostante abbiamo un
insegnante ogni dieci studenti contro il rapporto
di uno a quindici della media Orse. Da noi il
costo per studente è più alto del 15% della
media europea. Eppure soltanto il 40% della popolazione
adulta ha un diploma di scuola secondaria, contro
il 61% della Francia e 1'84% della Germania. Negli
ultimi 40 anni quasi dieci milioni di giovani si
sono rivolti all'università, ma i laureati sono
stati poco più di tre milioni. Nonostante tutto ciò
molti sono ancora convinti che la nostra scuola
sia il migliore del mondo».
Secondo Letizia Moratti una prima nota è quella
di introdurre la valutazione
sistema . Il che vuol
dire test, sorveglianza, verifica dei risultati.
«L'anno scorso invitammo le scuole che l'avessero
voluto a sottoporre i loro studenti a due
differenti test per fascia d'età, in modo da
valutare i corsi estivi. Si autocandidarono ben
2900 istituti. Quest'anno il
secondo
lotto pilota ha
raccolto
l'adesione 7308 scuole del totale, Vogliano
procedere così, nel consenso, e senza fughe in
avanti, perché la risposta ci dimostra che gli
insegnanti stessi hanno interesse a una
valutazione del loro lavoro».
II
ministro nega di essere una nemica del liceo, di
voler essere quella che secondo molti è la cosa
"si " del nostro sistema. «E' falso,
chi lo dice vuole conservare lo status qua E
questo è ingiusto anche socialmente, perché la
scuola e l'università attuali hanno smesso di
funzionare come motore di mobilità. Il liceo
classico è certamente un punto di eccellenza, ma
assorbe oggi solo l'8% della popolazione
scolastica. vogliamo preoccuparci anche del resto?
Noi puntiamo a un rifiuto definitivo della
uniformità dell'offerta, a un sistema flessibile
e personalizzato. In altri paesi si riconosce da
tempo pari dignità formativa alla formazione
professionale, che deve garantire ovviamente un
profilo e un sapere di base pari a quello liceale
e consentire ai diplomati un accesso all'università.
Solo il modo di apprendere è diverso, per
adattarsi ai talenti e alle attitudini degli
studenti. Io mi attengo ai tre pilastri fissati
dall'Unesco: sapere, saper essere, saper fare. In
Italia abbiamo pensato troppo a lungo che forme
importante solo il sapere. La scuola non è più
l'ultimo punto formativo nella vita di una persona.
Usciti dalla scuola bisogna continuare a imparare
per tutta la vita: lifelong learning.
Dunque la scuola deve insegnare a imparare. E'
oggi che il sistema è classista e selettivo:
perché i più dotati e i più benestanti vanno al
liceo, e gli altri finiscono in quell'area grigia
dalla quale solo il 50% esce con un diploma,
contro il 70% degli altri grandi paesi europei».
Il
ministro manager ha anche un'altra etichettatura
da respingere: quella di essere l'Attila della scuola
pubblica, di voler privatizzare il sistema. «Vorrei
chiarire che
la
funzione
educazione /istruzione / formazione è una funzione
sociale regolata pubblicamente. L'esercizio
concreto di tale funzione può essere affidata
allo stato, alle regioni, agli enti locali o a
soggetti privati. Ma la definizione dei suoi
contenuti di fondo e la verifica di efficienza
spettano allo stato. In Italia il 94% del sistema
di istruzione è gestito dallo stato, nel resto
d'Europa la percentuale dei privati arriva fino al
30%, con offro risultati. Del resto il concetto dl
scuola statale è stato posto in
discussione
da alcune leggi che il centrosinistra ha approvato
nella scorsa legislatura (il federalismo,
l'autonomia scolastica, la legge di parità). Io
sto progressivamente applicando quelle leggi. La
equazione statale pubblica è culturalmente e
normativamente arretrata. Ai cittadini interessa
come vengono fatte le cose, non chi le fa. Ad ogni
modo, poiché in Italia il 94% del sistema è
gestito direttamente dallo stato, il mio primo
problema è far funzionare al meglio la scuola
statale. Ed è quello che sto cercando di fare».
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