Discussione
del disegno di legge 3387, Relatore per la
maggioranza on. Angela Napoli
Delega
al Governo per la definizione delle norme generali
sull'istruzione e dei livelli essenziali delle
prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale
Camera dei Deputati - 20/02/03
Angela
Napoli, Relatore per la maggioranza
Signor
Presidente, onorevole ministro, signor
sottosegretario, colleghi, la forte permeabilità
dei mercati, la riduzione degli spazi geografici e
l'alto livello di interazione fra le singole
comunità rappresentano i risultati di maggiore
rilievo che hanno qualificato l'ultimo decennio
del XX secolo. Di fronte, quindi, ad un mondo
sempre più piccolo, dove le leggi della finanza e
le crisi dei relativi mercati superano i confini,
avvicinando gli Stati e le comunità più di
quanto nessuna progettualità politica sia
riuscita a fare, diventa importante individuare
quali siano, oggi, gli spazi che il sistema
formativo italiano deve affrontare in una realtà
geopolitica e geoeconomica rivolta a realizzare un
mercato globale.
Il riconoscimento del ruolo strategico che
l'istruzione e la formazione assumono per il
consolidamento di un comune spazio economico,
sociale e culturale a livello comunitario è,
ormai da molti anni, patrimonio delle classi
dirigenti europee.
Il
frutto più immediato e tangibile dell'affermarsi
di tale consapevolezza è, sul piano
politico-istituzionale, l'introduzione, all'atto
di revisione del Trattato istitutivo della Comunità
europea operata con il Trattato di Maastricht, di
norme volte a ricondurre a pieno titolo
l'istruzione tra le competenze politiche
comunitarie.
Sulla
carta, però, non esiste un modello scolastico «disegnato»
dall'Unione europea al quale ogni paese membro
dovrebbe adeguarsi. Peraltro, gli articoli 149 e
150 del Trattato istitutivo della Comunità
europea attribuiscono all'Unione una competenza
generale per la deliberazione degli indirizzi ed
azioni incentivanti in materia di istruzione e
formazione professionale, escludendo
esplicitamente «qualsiasi armonizzazione delle
disposizioni legislative e regolamentari degli
Stati membri». In particolare, l'articolo 149
prevede il contributo della Comunità allo
sviluppo di un'istruzione di qualità, sostenendo
ed integrando l'azione degli Stati membri sul
contenuto dell'insegnamento e l'organizzazione del
sistema di istruzione, nel rispetto della loro
diversità culturale e linguistica. L'articolo 150
prevede, invece, l'attuazione di una politica di
formazione professionale che rafforzi ed integri
le azioni degli Stati membri, nel pieno rispetto
della responsabilità di questi ultimi quanto al
contenuto e all'organizzazione della formazione
professionale.
Il
Consiglio europeo di Lisbona, del 23 e 24 marzo
2000, ha fissato per l'Unione un obiettivo
strategico fondamentale: divenire l'economia della
conoscenza più competitiva e più dinamica del
mondo, introducendo un nuovo metodo di
coordinamento aperto, associato al potenziamento
del ruolo di guida e di coordinamento del
Consiglio europeo.
A
seguito dell'incontro di Lisbona, il Consiglio,
nel febbraio del 2002, ha adottato un programma di
lavoro per i sistemi di istruzione e di
formazione, individuando tre obiettivi strategici:
- migliorare la qualità e l'efficacia
dei sistemi di istruzione e di formazione
dell'Unione europea;
- agevolare l'accesso delle categorie
di persone più vulnerabili ai sistemi di
istruzione e di formazione;
- aprire i sistemi di istruzione e di
formazione al resto del mondo.
Il
Consiglio europeo di Barcellona, del 15 e 16 marzo
2002, ha invitato ad intraprendere una serie di
azioni, tra le quali: introdurre strumenti volti a
garantire la trasparenza dei diplomi e delle
qualifiche ed una più stretta cooperazione in
materia di diplomi universitari (un'azione analoga
dovrebbe essere promossa nel settore della
formazione professionale); migliorare la
padronanza delle competenze di base, segnatamente
mediante l'insegnamento di almeno due lingue
straniere sin dall'infanzia; sviluppo dell'alfabetizzazione
digitale; generalizzazione di un brevetto
informatico e Internet per gli allievi delle
scuole secondarie; promuovere, entro il 2004, la
dimensione europea dell'insegnamento e la sua
integrazione nelle competenze di base degli
allievi.
Il Consiglio ha poi approvato, il 12 novembre
2002, un progetto di risoluzione sulla promozione
di una maggiore cooperazione europea in materia di
istruzione e formazione professionale, nel quale
si individua, tra le priorità, il rafforzamento
della dimensione europea dell'istruzione e della
formazione professionale.
Infine,
la Commissione europea, nel 20 novembre 2002, ha
adottato una comunicazione sui criteri di
riferimento per l'istruzione e la formazione, in
cui invita il Consiglio dell'Unione europea a
fissare alcuni criteri di riferimento da
conseguire entro il 2010, tra i quali quello di
ridurre almeno della metà, rispetto al 2000, il
tasso dei giovani che lasciano prematuramente la
scuola, per raggiungere un tasso medio nell'Unione
europea del 10 per cento.
Se
l'evoluzione del quadro comunitario deve
costituire un dato orientativo di indiscutibile
significato, non meno importante è l'analisi
comparativa del settore educativo nei maggiori
paesi europei. La disponibilità di indicatori
internazionali sull'istruzione forniti da fonti
ufficiali, tra cui l'OCSE, consentono di trarre
alcune considerazioni sul livello di efficienza e
di efficacia del sistema formativo italiano. Per
maggiore chiarezza, occorre subito dire che
l'analisi comparativa tra più paesi richiede
particolare accortezza, a causa delle differenze
esistenti tra i singoli sistemi formativi
nazionali; tuttavia, il punto di questa analisi
sta proprio nel verificare le caratteristiche
comuni dei vari paesi, non soltanto nei cicli
formativi, ma anche nella loro durata.
Pertanto,
da un'analisi territoriale disaggregata, è
possibile verificare che: dappertutto è previsto
un momento di scuola dell'infanzia, i cui tempi
variano, anche se il termine ad quem è per lo più
costituito dal sesto anno di età; elemento comune
ai sistemi scolastici europei è ormai quello di
distinguere due cicli; l'inizio del primo dei due
cicli varia: in molti casi esso coincide con il
sesto anno di età, ma ci sono paesi come
l'Irlanda del Nord dove l'obbligo scolastico è
anticipato a 4 anni ed altri paesi, come l'Olanda,
l'Inghilterra, il Galles e la Scozia, dove
l'obbligo è anticipato a 5 anni; di conseguenza,
diversificato è pure l'inizio del secondo ciclo,
anche se, per lo più, esso si pone all'undicesimo
o al dodicesimo anno di età; in genere, l'obbligo
scolastico si conclude a 15 o a 16 anni, fatto
salvo il caso del sistema belga e di quello
tedesco che, pur ponendo la conclusione
dell'obbligo a 18 anni, dispongono che esso possa
essere soddisfatto anche attraverso alcune forme
di integrazione con il mondo del lavoro; nei Paesi
europei la scuola secondaria si conclude a 18 o a
19 anni.
La
disponibilità di indicatori internazionali
sull'istruzione, forniti da fonti ufficiali, tra
cui l'OCSE, consentono di trarre alcune
considerazioni sul livello di efficienza e di
efficacia del sistema formativo italiano, nel
quale risaltano in particolare punti deboli e
deficienze strutturali di lunga data, che
condizionano la qualità dei processi formativi ed
i risultati finali in termini di apprendimenti.
Passando
all'analisi di qualche dato comparativo, ad
esempio si rileva che su un insieme di trentadue
Paesi, gli studenti italiani si trovano al
ventesimo posto per competenze linguistiche, al
ventiquattresimo posto per le scienze e al
ventiseiesimo per la matematica, mentre sussistono
grossi problemi persino per il perfetto uso della
lingua italiana. Anche istituzioni internazionali
di sicuro prestigio evidenziano da anni la
necessità di interventi di riforma, volti ad
adeguare i sistemi educativi alle esigenze che si
legano alla rapidità ed alle peculiari forme
evolutive dei processi di modernizzazione
economica.
Per
quanto attiene alla questione del ruolo della
formazione professionale, oggetto di annose e
spesso inconcludenti dispute ideologiche, non si
può non prendere atto che l'intero settore versa
oggi in una situazione di estrema difficoltà. Si
registra, infatti, una percentuale altissima di
respinti nelle prime classi, mentre la rilevanza
quantitativa dei corsi regionali è assai
limitata. Il risultato finale è che un'alta
percentuale di giovani non arriva a conseguire un
titolo o una qualifica che gli consentano di
entrare, in tempi ragionevoli, nel mondo del
lavoro. Ben diversa, su questo piano, è, come è
noto, la situazione della grande maggioranza degli
altri paesi europei, dove il canale della
formazione professionale svolge una reale ed
efficace funzione di preparazione al lavoro, senza
per questo trascurare gli aspetti formativi di
carattere generale.
In Europa esistono quattro tipi di «alternanza
formativa», ma mi interessa evidenziare che a
livello statale in Germania vige un sistema duale
che offre ampie possibilità agli studenti di fare
pratica presso le aziende. Si tratta di un modello
che ha registrato ampi consensi, in quanto
rivelatosi efficace nel contemperare le esigenze,
solo apparentemente opposte, di rafforzare la
cultura generale e di fornire una preparazione
tecnica immediatamente spendibile sul mercato del
lavoro.
In
Inghilterra gli studenti possono conseguire un
diploma sia nelle discipline di carattere generale
che in quelle di ambito professionale, o in una
combinazione di materie che afferiscono ad
entrambi gli indirizzi. Da ultimo, anche in un
paese come la Francia, le forze politiche,
comprese quelle della sinistra socialista, hanno
preso coscienza della necessità di sviluppare
sistemi di alternanza, nonché, di assicurare che
nessun percorso di studio sia concluso senza la
possibilità di accedere ad un titolo
professionalizzante. In Europa, conclusivamente,
la formazione professionale è riconosciuta come
parte legittima e non marginale dell'offerta
formativa complessiva con pari dignità rispetto
all'istruzione.
Nell'attuale
contesto storico, il sistema educativo e formativo
italiano non è in grado di garantire il
raggiungimento delle necessarie abilità per
l'inserimento nel mondo del lavoro. Da ciò la
necessità di una riforma che punti sulla nozione
di competenza, delineata come il patrimonio di
conoscenze, abilità e comportamenti
dell'individuo nel contesto di lavoro. Nella sua
definizione più autorevole, il concetto trova
collocazione nei tre assi fondamentali individuati
dall'Unesco: sapere, sapere essere, saper fare. Il
sapere è il processo attraverso il quale la
persona sviluppa la vera forma del suo essere come
uomo. Tale processo si compie proprio mediante la
trasmissione da docente a discente di informazioni
orientate verso i valori. Un docente ed un sistema
scolastico, infatti, mentre cercano di adattarsi
al nuovo, devono affermare e salvaguardare il
significato della verità e dei valori perenni,
valori solidi e duraturi, che possano dare
significato e scopo alla vita e costruire un
terreno solido, un punto elevato su cui
attestarsi, una direzione di marcia che dia senso
e finalità alla vita.
Nella
vexata quaestio tra sapere umanistico e
tecnico, tra mondo classico o del pensiero e mondo
moderno e della scienza, ritengo ci sia una
complementarietà tra le due posizioni del
pensiero e dell'operare, anche perché ogni campo
specifico è indispensabile come elemento naturale
del sapere. Alla cultura razionale e classica, dei
valori e del pensiero spetta, infatti, la scelta
dei fini; all'altra, quella tecnica, la scelta e
l'uso dei mezzi per raggiungere quei fini.
La dimensione del «saper essere» si declina
nella capacità di interpretare il contesto nel
quale si andrà ad agire e poiché l'azione è
anche relazione fra soggetti, l'interpretazione
del contesto implica necessariamente
interpretazione di sé (il saper porsi, il saper
riconoscersi) e interpretazione degli altri (saper
capire, saper riconoscere i ruoli, saper leggere i
comportamenti).
Questa
dimensione, complementare a quella del «saper
fare», rinvia soprattutto ai processi di
apprendimento culturale di ciascun individuo. Ma
sta proprio nella padronanza di questi saperi
generici la possibilità di arricchire e di
illuminare con ulteriori contenuti le singole
abilità.
La
struttura profonda del «saper essere», dunque,
dopo il momento centrale dell'attività
interpretativa, si ramifica in una serie di
ulteriori attività che cercano connessione con la
dimensione del «fare», cioè delle capacità e
delle abilità individuali finalizzate ad una
determinata azione. Questa multivalenza del «saper
fare» ha dirette implicazioni sulle procedure di
accreditamento delle competenze in uscita, o in
transito, dai diversi percorsi scolastici.
A
conclusione di questo ragionamento, è perciò,
essenziale che, uscendo da una prospettiva
meramente funzionale dell'economia, la costruzione
di una competenza realmente fondata sul « sapere,
saper essere e saper fare» dipenda da un
intreccio molto forte e, purtroppo, non scontato,
tra scuola e società.
Il
rapporto Censis del 2000 sottolinea, purtroppo, il
rischio di una società italiana rinchiusa in se
stessa, alla ricerca di un'emozione individuale, o
della propria personalissima visione del mondo
dimenticando spesso condivisioni valoriali vissute
in dimensioni collettive allargate.
Che
la dimensione sulla quale impostare la nostra
analisi sia ormai quella europea e globale, credo
sia cosa pacifica e stabilita, ma occorre fare
molta attenzione perché, accettare la sfida
europea non significa cancellare i tratti
indelebili della propria identità, della propria
storia, della propria cultura e delle proprie
tradizioni.
Accanto
al contesto europeo, non va dimenticato che la
ridefinizione del ruolo dello Stato e delle
autonomie locali, stabilita dalla modifica del
titolo V della Costituzione italiana, rende
indispensabile ed urgente la riforma del nostro
sistema di istruzione e di formazione.
Il
disegno di legge n. 3387, trasmesso dal Senato ed
assunto dalla Commissione istruzione della Camera
dei deputati come testo base, definisce una
disciplina generale in materia di istruzione; il
provvedimento è composto da sette articoli e fa
ricorso, in alcuni casi, allo strumento della
delega legislativa.
Il disegno di legge in questione parte da alcuni
essenziali presupposti: il rispetto della
Costituzione, che sancisce il diritto allo studio
per tutti; il rispetto delle specifiche competenze
legislative sulla materia, ripartite tra Stato,
regioni, province e comuni; il rispetto del
diritto dei giovani a formarsi attraverso il
sistema educativo di istruzione e di formazione
professionale, dando pari dignità ai due percorsi
che, attraverso diverse modalità, giungono allo
stesso obiettivo: quello di favorire la crescita e
la valorizzazione della persona umana.
Il rispetto di questi basamenti strutturali,
insieme alle modalità previste per l'attuazione
del riordino, garantiscono un'integrazione nel
panorama scolastico europeo, ma altresì la
costruzione di un sistema utile ad assicurare
un'elevata qualità culturale e professionale.
L'articolo
1, comma 1, delega il Governo ad emanare - entro
ventiquattro mesi - uno o più decreti legislativi
per la definizione delle norme generali
sull'istruzione e dei livelli essenziali delle
prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale. I decreti dovranno essere adottati
nel rispetto delle competenze costituzionali delle
regioni, comuni e province e dell'autonomia delle
istituzioni scolastiche.
Il
comma 2 dell'articolo 1 stabilisce la procedura
per l'adozione dei citati decreti legislativi
affidandone l'iniziativa al Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca,
di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, previo parere delle Commissioni
parlamentari competenti, e per i soli decreti in
materia di istruzione e formazione professionale
è richiesta anche l'intesa con la Conferenza
unificata.
Il
comma 3 dell'articolo 1 prevede un piano
programmatico di interventi finanziari per la
realizzazione delle finalità della legge, che il
Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca predispone, entro 90 giorni dalla data di
entrata in vigore della legge stessa, da
sottoporre all'approvazione del Consiglio dei
ministri, previa intesa con la Conferenza
unificata. Il piano, in particolare, è volto al
sostegno della riforma degli ordinamenti e degli
interventi connessi con la loro attuazione e con
lo sviluppo dell'autonomia; dell'istituzione del
servizio nazionale di valutazione del sistema
scolastico; dello sviluppo delle tecnologie
multimediali e della alfabetizzazione nelle
tecnologie informatiche; dello sviluppo
dell'attività motoria e delle competenze
ludico-sportive degli studenti; della
valorizzazione professionale del personale
docente; delle iniziative di formazione iniziale e
continua del personale; del rimborso delle spese
di autoaggiornamento sostenute dai docenti; della
valorizzazione professionale del personale
amministrativo, tecnico ed ausiliario; degli
interventi di orientamento contro la dispersione
scolastica e per assicurare la realizzazione del
diritto-dovere (...)
Vorrei
solo puntualizzare due aspetti: il primo si
riferisce all'articolo 5 che prevede la nuova
forma di reclutamento del personale docente.
Vorrei evidenziare in merito che, nell'ambito
della predisposizione dei decreti legislativi
attuativi, sarebbe opportuno predisporre anche la
rivisitazione dello stato giuridico del personale
docente della scuola che è retrodatato in quanto
è disciplinato dall'ex decreto del Presidente
della Repubblica n. 417 del 1974 (si tratta,
quindi, di un provvedimento decisamente superato).
Vorrei,
altresì, rilevare (credo sia dovuto come
relatrice) che sono stati espressi pareri
favorevoli al provvedimento da parte delle
Commissioni I, II, IV, IX, XI, XII e XIV. La
Commissione bilancio si deve ancora esprimere, ma
sento il dovere di relatrice di fare riferimento
al parere espresso dalla V Commissione permanente
del Senato. Faccio riferimento ad essa solo ed
esclusivamente perché il provvedimento non ha
subito in questa sede alcuna modifica rispetto a
quelle del Senato. Richiamo l'espressione del
parere favorevole della Commissione programmazione
economica e bilancio del Senato, con riferimento
all'impianto generale del provvedimento, come
meccanismo di copertura a tutti i finanziamenti
iscritti annualmente nella legge finanziaria.
Questa previsione è considerata da quella
Commissione ragionevole.
È
stato, inoltre, considerato l'ambito di intervento
della legge finanziaria, confinato alla
modulazione degli aspetti innovativi della
riforma, senza ovviamente inerire alla componente
consolidata del sistema a livello sia di istituti
che di relative conseguenze sui bilanci a
legislazione vigente.
Vorrei
operare un ultimo richiamo al parere espresso dal
Comitato per la legislazione. Il suddetto comitato
ha espresso un parere vincolante le cui condizioni
non sono state accolte dalla Commissione
istruzione perché ritenute non vincolanti a norma
dell'articolo 16-bis del regolamento poiché il
provvedimento è stato discusso in sede redigente.
Lo stesso Comitato fa, peraltro, richiamo al
disegno di legge di revisione costituzionale il
cui esame è in corso presso la I Commissione,
mentre il provvedimento in discussione fa
riferimento al dettato costituzionale vigente,
unico attualmente da considerare valido.
Il
provvedimento n. 3387 disciplina esclusivamente
materie che rientrano nella potestà legislativa
esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117
della Costituzione, nel testo modificato dalla
legge costituzionale n. 3 del 2001.
Onorevole
Presidente, onorevoli ministro, onorevoli
colleghi, al termine della mia ampia relazione,
ritengo di dover ribadire che il provvedimento in
esame punta a costruire una scuola per la persona,
una scuola moderna ed europea, una scuola
nazionale e locale, una scuola per il lavoro, una
scuola capace di formare intelligenze, nella
consapevolezza che esse rappresentano un capitale
per l'intera collettività. Non mi stanco mai di
dire che vi è sempre in gioco il futuro del
nostro paese e che molto di questo futuro dipende
dalla scuola.
Per
tale motivo, sento il dovere di richiamare i
colleghi della maggioranza (...) ad un dibattito
scevro da pregiudizi - signor Presidente, ho
davvero chiuso - ma proficuo e costruttivo, in
un'Italia in cui cresce l'esigenza di un grande
progetto educativo che parta dalla realtà e dal
concreto agire del presente.
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