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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

NEWS 

 

 

Discussione del disegno di legge 3387, Relatore per la maggioranza on. Angela Napoli

 

Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

Camera dei Deputati -
20/02/03

Angela Napoli, Relatore per la maggioranza

Signor Presidente, onorevole ministro, signor sottosegretario, colleghi, la forte permeabilità dei mercati, la riduzione degli spazi geografici e l'alto livello di interazione fra le singole comunità rappresentano i risultati di maggiore rilievo che hanno qualificato l'ultimo decennio del XX secolo. Di fronte, quindi, ad un mondo sempre più piccolo, dove le leggi della finanza e le crisi dei relativi mercati superano i confini, avvicinando gli Stati e le comunità più di quanto nessuna progettualità politica sia riuscita a fare, diventa importante individuare quali siano, oggi, gli spazi che il sistema formativo italiano deve affrontare in una realtà geopolitica e geoeconomica rivolta a realizzare un mercato globale.
Il riconoscimento del ruolo strategico che l'istruzione e la formazione assumono per il consolidamento di un comune spazio economico, sociale e culturale a livello comunitario è, ormai da molti anni, patrimonio delle classi dirigenti europee.

Il frutto più immediato e tangibile dell'affermarsi di tale consapevolezza è, sul piano politico-istituzionale, l'introduzione, all'atto di revisione del Trattato istitutivo della Comunità europea operata con il Trattato di Maastricht, di norme volte a ricondurre a pieno titolo l'istruzione tra le competenze politiche comunitarie.

Sulla carta, però, non esiste un modello scolastico «disegnato» dall'Unione europea al quale ogni paese membro dovrebbe adeguarsi. Peraltro, gli articoli 149 e 150 del Trattato istitutivo della Comunità europea attribuiscono all'Unione una competenza generale per la deliberazione degli indirizzi ed azioni incentivanti in materia di istruzione e formazione professionale, escludendo esplicitamente «qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri». In particolare, l'articolo 149 prevede il contributo della Comunità allo sviluppo di un'istruzione di qualità, sostenendo ed integrando l'azione degli Stati membri sul contenuto dell'insegnamento e l'organizzazione del sistema di istruzione, nel rispetto della loro diversità culturale e linguistica. L'articolo 150 prevede, invece, l'attuazione di una politica di formazione professionale che rafforzi ed integri le azioni degli Stati membri, nel pieno rispetto della responsabilità di questi ultimi quanto al contenuto e all'organizzazione della formazione professionale.

Il Consiglio europeo di Lisbona, del 23 e 24 marzo 2000, ha fissato per l'Unione un obiettivo strategico fondamentale: divenire l'economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, introducendo un nuovo metodo di coordinamento aperto, associato al potenziamento del ruolo di guida e di coordinamento del Consiglio europeo.

A seguito dell'incontro di Lisbona, il Consiglio, nel febbraio del 2002, ha adottato un programma di lavoro per i sistemi di istruzione e di formazione, individuando tre obiettivi strategici:

  • migliorare la qualità e l'efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione dell'Unione europea;
  • agevolare l'accesso delle categorie di persone più vulnerabili ai sistemi di istruzione e di formazione;
  • aprire i sistemi di istruzione e di formazione al resto del mondo.

Il Consiglio europeo di Barcellona, del 15 e 16 marzo 2002, ha invitato ad intraprendere una serie di azioni, tra le quali: introdurre strumenti volti a garantire la trasparenza dei diplomi e delle qualifiche ed una più stretta cooperazione in materia di diplomi universitari (un'azione analoga dovrebbe essere promossa nel settore della formazione professionale); migliorare la padronanza delle competenze di base, segnatamente mediante l'insegnamento di almeno due lingue straniere sin dall'infanzia; sviluppo dell'alfabetizzazione digitale; generalizzazione di un brevetto informatico e Internet per gli allievi delle scuole secondarie; promuovere, entro il 2004, la dimensione europea dell'insegnamento e la sua integrazione nelle competenze di base degli allievi.
Il Consiglio ha poi approvato, il 12 novembre 2002, un progetto di risoluzione sulla promozione di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale, nel quale si individua, tra le priorità, il rafforzamento della dimensione europea dell'istruzione e della formazione professionale.

Infine, la Commissione europea, nel 20 novembre 2002, ha adottato una comunicazione sui criteri di riferimento per l'istruzione e la formazione, in cui invita il Consiglio dell'Unione europea a fissare alcuni criteri di riferimento da conseguire entro il 2010, tra i quali quello di ridurre almeno della metà, rispetto al 2000, il tasso dei giovani che lasciano prematuramente la scuola, per raggiungere un tasso medio nell'Unione europea del 10 per cento.

Se l'evoluzione del quadro comunitario deve costituire un dato orientativo di indiscutibile significato, non meno importante è l'analisi comparativa del settore educativo nei maggiori paesi europei. La disponibilità di indicatori internazionali sull'istruzione forniti da fonti ufficiali, tra cui l'OCSE, consentono di trarre alcune considerazioni sul livello di efficienza e di efficacia del sistema formativo italiano. Per maggiore chiarezza, occorre subito dire che l'analisi comparativa tra più paesi richiede particolare accortezza, a causa delle differenze esistenti tra i singoli sistemi formativi nazionali; tuttavia, il punto di questa analisi sta proprio nel verificare le caratteristiche comuni dei vari paesi, non soltanto nei cicli formativi, ma anche nella loro durata.

Pertanto, da un'analisi territoriale disaggregata, è possibile verificare che: dappertutto è previsto un momento di scuola dell'infanzia, i cui tempi variano, anche se il termine ad quem è per lo più costituito dal sesto anno di età; elemento comune ai sistemi scolastici europei è ormai quello di distinguere due cicli; l'inizio del primo dei due cicli varia: in molti casi esso coincide con il sesto anno di età, ma ci sono paesi come l'Irlanda del Nord dove l'obbligo scolastico è anticipato a 4 anni ed altri paesi, come l'Olanda, l'Inghilterra, il Galles e la Scozia, dove l'obbligo è anticipato a 5 anni; di conseguenza, diversificato è pure l'inizio del secondo ciclo, anche se, per lo più, esso si pone all'undicesimo o al dodicesimo anno di età; in genere, l'obbligo scolastico si conclude a 15 o a 16 anni, fatto salvo il caso del sistema belga e di quello tedesco che, pur ponendo la conclusione dell'obbligo a 18 anni, dispongono che esso possa essere soddisfatto anche attraverso alcune forme di integrazione con il mondo del lavoro; nei Paesi europei la scuola secondaria si conclude a 18 o a 19 anni.

La disponibilità di indicatori internazionali sull'istruzione, forniti da fonti ufficiali, tra cui l'OCSE, consentono di trarre alcune considerazioni sul livello di efficienza e di efficacia del sistema formativo italiano, nel quale risaltano in particolare punti deboli e deficienze strutturali di lunga data, che condizionano la qualità dei processi formativi ed i risultati finali in termini di apprendimenti.

Passando all'analisi di qualche dato comparativo, ad esempio si rileva che su un insieme di trentadue Paesi, gli studenti italiani si trovano al ventesimo posto per competenze linguistiche, al ventiquattresimo posto per le scienze e al ventiseiesimo per la matematica, mentre sussistono grossi problemi persino per il perfetto uso della lingua italiana. Anche istituzioni internazionali di sicuro prestigio evidenziano da anni la necessità di interventi di riforma, volti ad adeguare i sistemi educativi alle esigenze che si legano alla rapidità ed alle peculiari forme evolutive dei processi di modernizzazione economica.

Per quanto attiene alla questione del ruolo della formazione professionale, oggetto di annose e spesso inconcludenti dispute ideologiche, non si può non prendere atto che l'intero settore versa oggi in una situazione di estrema difficoltà. Si registra, infatti, una percentuale altissima di respinti nelle prime classi, mentre la rilevanza quantitativa dei corsi regionali è assai limitata. Il risultato finale è che un'alta percentuale di giovani non arriva a conseguire un titolo o una qualifica che gli consentano di entrare, in tempi ragionevoli, nel mondo del lavoro. Ben diversa, su questo piano, è, come è noto, la situazione della grande maggioranza degli altri paesi europei, dove il canale della formazione professionale svolge una reale ed efficace funzione di preparazione al lavoro, senza per questo trascurare gli aspetti formativi di carattere generale.
In Europa esistono quattro tipi di «alternanza formativa», ma mi interessa evidenziare che a livello statale in Germania vige un sistema duale che offre ampie possibilità agli studenti di fare pratica presso le aziende. Si tratta di un modello che ha registrato ampi consensi, in quanto rivelatosi efficace nel contemperare le esigenze, solo apparentemente opposte, di rafforzare la cultura generale e di fornire una preparazione tecnica immediatamente spendibile sul mercato del lavoro.

In Inghilterra gli studenti possono conseguire un diploma sia nelle discipline di carattere generale che in quelle di ambito professionale, o in una combinazione di materie che afferiscono ad entrambi gli indirizzi. Da ultimo, anche in un paese come la Francia, le forze politiche, comprese quelle della sinistra socialista, hanno preso coscienza della necessità di sviluppare sistemi di alternanza, nonché, di assicurare che nessun percorso di studio sia concluso senza la possibilità di accedere ad un titolo professionalizzante. In Europa, conclusivamente, la formazione professionale è riconosciuta come parte legittima e non marginale dell'offerta formativa complessiva con pari dignità rispetto all'istruzione.

Nell'attuale contesto storico, il sistema educativo e formativo italiano non è in grado di garantire il raggiungimento delle necessarie abilità per l'inserimento nel mondo del lavoro. Da ciò la necessità di una riforma che punti sulla nozione di competenza, delineata come il patrimonio di conoscenze, abilità e comportamenti dell'individuo nel contesto di lavoro. Nella sua definizione più autorevole, il concetto trova collocazione nei tre assi fondamentali individuati dall'Unesco: sapere, sapere essere, saper fare. Il sapere è il processo attraverso il quale la persona sviluppa la vera forma del suo essere come uomo. Tale processo si compie proprio mediante la trasmissione da docente a discente di informazioni orientate verso i valori. Un docente ed un sistema scolastico, infatti, mentre cercano di adattarsi al nuovo, devono affermare e salvaguardare il significato della verità e dei valori perenni, valori solidi e duraturi, che possano dare significato e scopo alla vita e costruire un terreno solido, un punto elevato su cui attestarsi, una direzione di marcia che dia senso e finalità alla vita.

Nella vexata quaestio tra sapere umanistico e tecnico, tra mondo classico o del pensiero e mondo moderno e della scienza, ritengo ci sia una complementarietà tra le due posizioni del pensiero e dell'operare, anche perché ogni campo specifico è indispensabile come elemento naturale del sapere. Alla cultura razionale e classica, dei valori e del pensiero spetta, infatti, la scelta dei fini; all'altra, quella tecnica, la scelta e l'uso dei mezzi per raggiungere quei fini.
La dimensione del «saper essere» si declina nella capacità di interpretare il contesto nel quale si andrà ad agire e poiché l'azione è anche relazione fra soggetti, l'interpretazione del contesto implica necessariamente interpretazione di sé (il saper porsi, il saper riconoscersi) e interpretazione degli altri (saper capire, saper riconoscere i ruoli, saper leggere i comportamenti).

Questa dimensione, complementare a quella del «saper fare», rinvia soprattutto ai processi di apprendimento culturale di ciascun individuo. Ma sta proprio nella padronanza di questi saperi generici la possibilità di arricchire e di illuminare con ulteriori contenuti le singole abilità.

La struttura profonda del «saper essere», dunque, dopo il momento centrale dell'attività interpretativa, si ramifica in una serie di ulteriori attività che cercano connessione con la dimensione del «fare», cioè delle capacità e delle abilità individuali finalizzate ad una determinata azione. Questa multivalenza del «saper fare» ha dirette implicazioni sulle procedure di accreditamento delle competenze in uscita, o in transito, dai diversi percorsi scolastici.

A conclusione di questo ragionamento, è perciò, essenziale che, uscendo da una prospettiva meramente funzionale dell'economia, la costruzione di una competenza realmente fondata sul « sapere, saper essere e saper fare» dipenda da un intreccio molto forte e, purtroppo, non scontato, tra scuola e società.

Il rapporto Censis del 2000 sottolinea, purtroppo, il rischio di una società italiana rinchiusa in se stessa, alla ricerca di un'emozione individuale, o della propria personalissima visione del mondo dimenticando spesso condivisioni valoriali vissute in dimensioni collettive allargate.

Che la dimensione sulla quale impostare la nostra analisi sia ormai quella europea e globale, credo sia cosa pacifica e stabilita, ma occorre fare molta attenzione perché, accettare la sfida europea non significa cancellare i tratti indelebili della propria identità, della propria storia, della propria cultura e delle proprie tradizioni.

Accanto al contesto europeo, non va dimenticato che la ridefinizione del ruolo dello Stato e delle autonomie locali, stabilita dalla modifica del titolo V della Costituzione italiana, rende indispensabile ed urgente la riforma del nostro sistema di istruzione e di formazione.

Il disegno di legge n. 3387, trasmesso dal Senato ed assunto dalla Commissione istruzione della Camera dei deputati come testo base, definisce una disciplina generale in materia di istruzione; il provvedimento è composto da sette articoli e fa ricorso, in alcuni casi, allo strumento della delega legislativa.
Il disegno di legge in questione parte da alcuni essenziali presupposti: il rispetto della Costituzione, che sancisce il diritto allo studio per tutti; il rispetto delle specifiche competenze legislative sulla materia, ripartite tra Stato, regioni, province e comuni; il rispetto del diritto dei giovani a formarsi attraverso il sistema educativo di istruzione e di formazione professionale, dando pari dignità ai due percorsi che, attraverso diverse modalità, giungono allo stesso obiettivo: quello di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana.
Il rispetto di questi basamenti strutturali, insieme alle modalità previste per l'attuazione del riordino, garantiscono un'integrazione nel panorama scolastico europeo, ma altresì la costruzione di un sistema utile ad assicurare un'elevata qualità culturale e professionale.

L'articolo 1, comma 1, delega il Governo ad emanare - entro ventiquattro mesi - uno o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. I decreti dovranno essere adottati nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni, comuni e province e dell'autonomia delle istituzioni scolastiche.

Il comma 2 dell'articolo 1 stabilisce la procedura per l'adozione dei citati decreti legislativi affidandone l'iniziativa al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, e per i soli decreti in materia di istruzione e formazione professionale è richiesta anche l'intesa con la Conferenza unificata.

Il comma 3 dell'articolo 1 prevede un piano programmatico di interventi finanziari per la realizzazione delle finalità della legge, che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca predispone, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei ministri, previa intesa con la Conferenza unificata. Il piano, in particolare, è volto al sostegno della riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con la loro attuazione e con lo sviluppo dell'autonomia; dell'istituzione del servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico; dello sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche; dello sviluppo dell'attività motoria e delle competenze ludico-sportive degli studenti; della valorizzazione professionale del personale docente; delle iniziative di formazione iniziale e continua del personale; del rimborso delle spese di autoaggiornamento sostenute dai docenti; della valorizzazione professionale del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario; degli interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere (...)

Vorrei solo puntualizzare due aspetti: il primo si riferisce all'articolo 5 che prevede la nuova forma di reclutamento del personale docente. Vorrei evidenziare in merito che, nell'ambito della predisposizione dei decreti legislativi attuativi, sarebbe opportuno predisporre anche la rivisitazione dello stato giuridico del personale docente della scuola che è retrodatato in quanto è disciplinato dall'ex decreto del Presidente della Repubblica n. 417 del 1974 (si tratta, quindi, di un provvedimento decisamente superato).

Vorrei, altresì, rilevare (credo sia dovuto come relatrice) che sono stati espressi pareri favorevoli al provvedimento da parte delle Commissioni I, II, IV, IX, XI, XII e XIV. La Commissione bilancio si deve ancora esprimere, ma sento il dovere di relatrice di fare riferimento al parere espresso dalla V Commissione permanente del Senato. Faccio riferimento ad essa solo ed esclusivamente perché il provvedimento non ha subito in questa sede alcuna modifica rispetto a quelle del Senato. Richiamo l'espressione del parere favorevole della Commissione programmazione economica e bilancio del Senato, con riferimento all'impianto generale del provvedimento, come meccanismo di copertura a tutti i finanziamenti iscritti annualmente nella legge finanziaria. Questa previsione è considerata da quella Commissione ragionevole.

È stato, inoltre, considerato l'ambito di intervento della legge finanziaria, confinato alla modulazione degli aspetti innovativi della riforma, senza ovviamente inerire alla componente consolidata del sistema a livello sia di istituti che di relative conseguenze sui bilanci a legislazione vigente.

Vorrei operare un ultimo richiamo al parere espresso dal Comitato per la legislazione. Il suddetto comitato ha espresso un parere vincolante le cui condizioni non sono state accolte dalla Commissione istruzione perché ritenute non vincolanti a norma dell'articolo 16-bis del regolamento poiché il provvedimento è stato discusso in sede redigente. Lo stesso Comitato fa, peraltro, richiamo al disegno di legge di revisione costituzionale il cui esame è in corso presso la I Commissione, mentre il provvedimento in discussione fa riferimento al dettato costituzionale vigente, unico attualmente da considerare valido.

Il provvedimento n. 3387 disciplina esclusivamente materie che rientrano nella potestà legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, nel testo modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.

Onorevole Presidente, onorevoli ministro, onorevoli colleghi, al termine della mia ampia relazione, ritengo di dover ribadire che il provvedimento in esame punta a costruire una scuola per la persona, una scuola moderna ed europea, una scuola nazionale e locale, una scuola per il lavoro, una scuola capace di formare intelligenze, nella consapevolezza che esse rappresentano un capitale per l'intera collettività. Non mi stanco mai di dire che vi è sempre in gioco il futuro del nostro paese e che molto di questo futuro dipende dalla scuola.

Per tale motivo, sento il dovere di richiamare i colleghi della maggioranza (...) ad un dibattito scevro da pregiudizi - signor Presidente, ho davvero chiuso - ma proficuo e costruttivo, in un'Italia in cui cresce l'esigenza di un grande progetto educativo che parta dalla realtà e dal concreto agire del presente.

 

 

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