NON E’ SOLO QUESTIONE DI SOLDI MA ANCHE DI DIGNITA’ CALPESTATA

 

“Il lamento e la protesta” – n. 1  - del 22 settembre 2001

 

Lettera di Costantino Mrakic

 

Caro Paolo,

            sono della stessa opinione del collega siciliano: varrebbe la pena trovarci per cose più amene, almeno per recuperare la capacità di guardare le cose con quella serenità che proviene dal distacco che nasce quando tra noi e le cose si frappone un piatto di tortellini emiliani.

            Ed oggi mi sento particolarmente distaccato nel pensare che avevo visto probabilmente lungo nel ritenere che negli ultimi tre mesi ci daranno un aumento netto che soddisferà le posizioni dell'ANP come le posizioni dei Sindacati Confederali.

            Tale ipotesi viene, stamani, ventilata su: " La tecnica della Scuola " da Reginaldo Palermo e, francamente, mi sono detto che, finalmente, qualcuno cominciava " ad arrivarci.

            Soddisfazione personale? No, se penso che al di là delle parole in realtà potremmo e dovremmo rifiutarci di svolgere compiti che non sono stati contrattualizzati.

            Non voglio, per carità, fare una distinzione tra governi buoni e cattivi, ma se avessimo detto che il nostro stipendio ed il nostro contratto non prevede tutto ciò che abbiamo fatto per assicurare l'inizio di questo anno scolastico, che non prevede quanto ci è stato scaricato e pertanto non avessimo accettato supinamente che si potesse essere giudicati come una categoria cui sia possibile chiedere senza dare, non sarebbe stato più utile?

            In pratica, abbiamo venduto la professionalità e la dignità per un contratto che non c'é.

            Già, ma adesso ci chiamiamo Dirigenti, ed è bello andare a cena con i Dirigenti della Regione Sicilia sapendo di avere lo stesso titolo. Magari i guai nascono quando i figli debbono frequentare l'Università e c'è chi si può permettere la LUISS e chi deve andare alla Sapienza, oppure i guai nascono quando ci si raccontano le fatiche di una vacanza alle Maldive o a S. Mauro di Romagna.

            Caro Paolo, noi siamo coloro che hanno in mano il sistema della Istruzione, ovvero coloro che debbono assicurare le basi culturali per chi dovrà, in futuro guidare questo paese o, comunque gestirlo nella diversità dei ruoli. Cosa gli possiamo insegnare se il nostro esempio è poco rispettoso innanzitutto di noi stessi, della nostra categoria, della nostra dignità di lavoratori e di uomini di cultura?

    Ecco che il contratto non è solo una questione di soldi ma di dignità che vedo calpestata. Ad una siffatta categoria, se fossi un ministro della P.I. non darei un contratto ma una lettera di licenziamento.

                                                                                                                        Tuo, Costantino Mrakic