DUE LETTERE DI COMMENTO ALL’EDITORIALE n. 30 del 23 LUGLIO 2001
Caro Quintavalla,
Condivido
pienamente la Tua risposta alla lettera del Collega Pasquale D'Avolio, il cui
tenore mi rattrista perché mostra come tanti anni di ideologismo
ugualitarista e di pervicace politica di "appiattimento in
basso" abbiano prodotto, in alcuni di noi, una specie di "Sindrome di
Stoccolma" nei confronti dei propri persecutori politico-sindacali.
La Tua risposta
è argomentatissima e non vi aggiungo se non una sola postilla . Perché,
solo in riferimento al Comparto della Scuola , ( ed al suo proprio
contratto!) il collega D'Avolio si chiede con tanta angoscia come possa
fare un Sindacato Confederale a giustificare, nei confronti di altre categorie,
gli aumenti , più consistenti, eventualmente concessi ai DD.SS., e , da
buon Militante Confederale ,non si è posto lo stesso quesito a proposito
dei Dirigenti dell'Area Medica né a proposito dei Dirigenti delle altre
aree?
E' veramente
una cosa triste aver a controparte non il proprio datore di lavoro ma dei
Sindacati cui solo una illegittima legalità concede di proclamarsi
rappresentanti di una categoria che non li ha votati!
Quanto in basso
ci hanno collocato 30 anni di sgoverno della Scuola !
Salvatore Ierardi
Liceo
Scientifico di Marsala – 24 luglio 2001
Caro
collega,
in
effetti faccio molta fatica a concepire anche solo l’ipotesi che un primario
ospedaliero debba chiedere il permesso al sindacato dei paramedici per siglare
il proprio contratto o che si debba preoccupare su cosa pensano gli infermieri
degli aumenti retributivi concessi alla sua categoria. Faccio fatica, per fare
un ulteriore esempio, a concepire anche solo l’ipotesi che i sindacati che
rappresentano gli interessi degli operai o
degli impiegati della Fiat possano condizionare l’evoluzione
contrattuale dei manager. Questa vistosa anomalia, questa patologica confusione
dei ruoli esiste solo nel comparto scuola e dovrà essere sanata a partire dal
prossimo contratto, semplicemente rifiutando la separatezza dell’Area V.
Rimanere nell’area V non sarebbe segno di specificità ma solo, come si è
puntualmente verificato, la ratificazione della nostra inferiorità come
categoria, ancora rappresentata dai sindacati dei docenti. Se fossimo stati
collocati fin dal maggio 2000 nell’area
I della dirigenza questi inconvenienti non si sarebbero verificati: il
contratto sarebbe stato siglato nel febbraio 2001 e saremmo “allineati” al 100%
con le altre dirigenze.
Sulla
larghezza degli orizzonti di una parte dei colleghi, purtroppo, non possiamo
farci illusioni. Questa ristrettezza la dobbiamo mettere in conto, come una
specie di iva inclusa, anche se non dobbiamo trascurare alcuna occasione per
favorire una positiva evoluzione dell’identità e della consapevolezza
professionale di tutti. Quello che possiamo e dobbiamo fare, invece, è di
contrastare con fermezza le posizioni di quei sindacati che si pongono come
controparte, come si è verificato in questi ultimi mesi a proposito delle
nostre vicende contrattuali. (p.q.)
Caro Collega,
Ti ringrazio per il tuo commento alla lettera del signor
(non me la sento di chiamarlo collega) D'Avolio. Già altra volta ti avevo espresso
la mia preoccupazione sul fatto che i più grandi attacchi al ruolo e alla
qualifica dirigenziale provengono dall'interno della categoria, il che è
dovuto, a mio parere, alla volontà di molti di accontentarsi di una mezza
dirigenza (e quindi di un mezzo aumento) pur di non assumere in toto gli oneri
e le responsabilità della dirigenza. Sulla cattiva fede di certo sindacalismo
non ho nulla da aggiungere: resto stupito per il cinismo con cui vengono
diffuse informazioni false e fatte affermazioni aberranti.
Buon lavoro. Cordialmente
Felice Signoretti
ISTITUTO LAURA BASSI BOLOGNA – 24 luglio 2001
Caro
collega,
hai
perfettamente ragione. Dobbiamo maturare complessivamente come categoria la
consapevolezza della nuova identità professionale da dirigenti. Per realizzare questa finalità di lungo
periodo occorre adottare quella che Edgar Morin definisce una “riforma del
pensiero”. Ma non basta. Occorre, utilizzando gli strumenti dell’argomentazione
razionale, smontare le tesi sbagliate di un pessimo sindacalismo pronto a
tradire la istanze genuine della nostra categoria. Io sono ottimista. Alla fine
la visione equa e giusta, sia pure faticosamente e vincendo limiti, ritardi e
resistenze, credo che si affermi come sta accadendo con la positiva evoluzione
del nostro contratto in questi giorni. (p.q.)