Responsabilità
dei dirigenti per danno erariale derivante
all’amministrazione dalla stipulazione ed
esecuzione di un contratto decentrato integrativo
difforme da quello nazionale.
Fonte: Pavone Risorse – 6 luglio 2003
Avvocatura Generale dello Stato
Via
dei Portoghesi, 12 -
00186
ROMA
Roma,
Partenza
N.
Tipo
Affare CS 15931/02
Sez.
I bis
Avv.
Cingolo
Risposta
a nota del 9.9.2002 n. 5445/U/gab
AL MINISTERO
DELLA FUNZIONE PUBBLICA
R
O M A
e, p.c.:
ALL’ARAN
Via del Corso, 476
00187 – R O M A –
OGGETTO:
Richiesta di parere
Con la nota in riferimento codesto Dipartimento chiede
l’avviso della Scrivente in ordine a talune
problematiche poste dall’ARAN riguardo
all’esatta definizione dell’ambito soggettivo
di estensione della responsabilità, civile e
contabile, per danni derivati da attività dei
dirigenti e funzionari degli enti del comparto
Regioni-Autonomie Locali, in presenza di una
eventuale dichiarazione di nullità del contratto
decentrato integrativo per contrasto con le
clausole del contratto collettivo nazionale di
lavoro ovvero di un contratto collettivo
decentrato integrativo che, pur in assenza di tale
dichiarazione di nullità, venga ugualmente
considerato fonte di danno patrimoniale per
l’ente nella misura in cui, caratterizzandosi
per gravi scostamenti rispetto alle previsioni del
contratto collettivo nazionale, finisca per
tradursi nell’elargizione di particolari
benefici (non solo di carattere economico) al
personale senza alcun ritorno in termini di utilità
corrispettiva per l’ente-datore di lavoro.
In relazione a tali ipotesi, l’ARAN ha chiesto a codesto
Dipartimento F.P. di conoscere, sulla base della
vigente disciplina legislativa, quali soggetti
potrebbero essere chiamati direttamente a
rispondere, in sede di giudizio di responsabilità
dinanzi alla Corte dei Conti, dell’eventuale
danno derivante all’ente dalla sottoscrizione ed
esecuzione di un contratto decentrato integrativo
difforme dalle previsioni del contratto collettivo
nazionale di lavoro.
1. A tal fine appare opportuno preliminarmente
richiamare la disciplina legislativa che regola la
materia.
La norma di base è costituita dall’art.45, comma 3, del
D.Lgs.n.165/2001, che stabilisce: “…..Le
pubbliche amministrazioni non possono
sottoscrivere in sede decentrata contratti
collettivi integrativi in contrasto con vincoli
risultanti dai contratti collettivi nazionali o
che comportino oneri non previsti negli strumenti
di programmazione annuale e pluriennale di
ciascuna amministrazione. Le clausole difformi
sono nulle e non possono essere applicate”.
Tale disposizione tende ad assicurare un forte vincolo di
coerenza tra il contratto collettivo di lavoro
nazionale e quello decentrato integrativo, che non
trova alcun riscontro nella disciplina del lavoro
privato.
Vincolo che risulta, poi, ulteriormente rafforzato
dall’art. 40-bis del D.Lgs.n.165/2001,
introdotto dall’art.17, comma 2, della legge
n.448/2001, secondo il quale nel caso in cui le
particolari forme di controllo e rilevazione
previste dallo stesso articolo evidenzino costi
dei contratti decentrati integrativi non
compatibili con i vincoli di bilancio, ai sensi
dell’art.40, comma 3, sempre del
D.Lgs.n.165/2001, le relative clausole
contrattuali sono nulle di diritto.
Pertanto, alla stregua di tale complesso di disposizioni
non solo viene sancita la nullità delle eventuali
clausole del contratto decentrato integrativo
difformi dal contratto collettivo nazionale di
lavoro, ma viene stabilito anche un generale
divieto di applicazione delle suddette clausole
difformi.
Il testo delle disposizioni così richiamate depone dunque
chiaramente nel senso che qualunque soggetto che
– nell’esercizio delle proprie funzioni
dirigenziali - intervenga nelle fasi di formazione
ovvero anche di applicazione di un contratto
decentrato debba ritenersi tenuto alla loro
osservanza.
Il problema applicativo prospettato in relazione a tale
disciplina legislativa (richiamata espressamente
anche nell’art.4, comma 5, del CCNL del comparto
Regioni-Autonomie Locali dell’1.4.1999) appare
quello di verificare se dalla stessa, anche in
rapporto alle altre disposizioni
concernenti le funzioni e la responsabilità
dei pubblici dirigenti, sia possibile desumere
utili indicazioni
circa la individuazione dei soggetti
pubblici che potrebbero essere chiamati a
rispondere, nell’eventuale giudizio di
responsabilità, del danno erariale derivante
all’amministrazione dalla stipulazione ed
esecuzione di un contratto decentrato integrativo
difforme da quello nazionale.
A tale proposito vanno richiamati, anzitutto, i principi
elaborati dalla Corte dei Conti, quale Organo
competente in via esclusiva nella materia della
responsabilità per danno erariale, con
particolare riferimento agli aspetti concernenti
l’elemento soggettivo di siffatta responsabilità.
In base a tale giurisprudenza l’illegittimità
di un provvedimento dal quale sia derivato un
danno per l’erario, per dare luogo a
responsabilità del funzionario che l’ha
emanato, deve essere riferibile - ai sensi
dell’art. 1 comma 1 della l. n. 20 del 1994 - a
colpa grave o dolo del medesimo (cfr. ad es. Corte
Conti, Sez. I 26.4.1977 n. 39, che ha ritenuto
esente da responsabilità il Presidente di un Ente
il quale, scusabilmente e nell’erroneo
presupposto della conformità a legge degli atti
emanati, aveva disposto l’erogazione di compensi
al personale riconosciuti successivamente
illegittimi in sede di controllo).
2. Ciò posto, a titolo meramente esemplificativo e
muovendo dalle sopra citate disposizioni che
vietano la stipula di contratti difformi, in tal
caso sanzionabili con la eventuale dichiarazione
di nullità degli stessi, sembrerebbe corretto
ritenere che, innanzitutto, possano essere
chiamati a rispondere i soggetti che direttamente
per conto dell’amministrazione hanno condotto la
trattativa e stipulato il relativo contratto
collettivo integrativo (presidente e componenti
della delegazione trattante di parte pubblica;
organo di governo dell’amministrazione che ha
autorizzato la sottoscrizione definitiva del
contratto). Si tratta, infatti, dei soggetti più
direttamente interessati in quanto ad essi
concretamente può ricondursi la formazione di
quelle scelte che si siano tradotte in clausole
contrattuali successivamente dichiarate nulle o,
comunque, ritenute causa di danno erariale.
Ovviamente il dirigente - presidente o componente della
delegazione di parte pubblica -
potrà, ai fini se non dell’esonero
almeno della riduzione della propria responsabilità,
far valere le eventuali rimostranze o il dissenso
formalmente espressi nel corso della procedura
negoziale, pur se insufficienti ad impedire la
sottoscrizione del contratto decentrato
integrativo difforme.
La presumibile affermazione della responsabilità dei
componenti dell’organo di governo
dell’Amministrazione, poi, trova fondamento e
giustificazione nella circostanza che ad esso
spettano sia la formulazione dell’atto di
indirizzo, dal quale la delegazione trattante di
parte pubblica non può discostarsi, sia
l’autorizzazione alla sottoscrizione definitiva,
la quale a sua volta comporta la conseguente
formale condivisione dei contenuti dello schema di
contratto collettivo decentrato integrativo.
Sulla base delle medesime prescrizioni legislative e tenuto
conto delle previsioni contrattuali (art.5 del
CCNL dell’1.4.1999) in materia di procedure per
la sottoscrizione del contratto collettivo
decentrato integrativo, all’eventuale giudizio
di responsabilità potrebbero altresì essere
chiamati anche tutti gli altri soggetti che,
comunque, a vario titolo (sulla base delle loro
specifiche funzioni e responsabilità, sia di
fonte legale che contrattuale), abbiano
partecipato alla procedura negoziale conclusasi
con la sottoscrizione di un contratto difforme.
Anche in tali casi, ovviamente, dovrebbe giovare
l’allegazione della rimostranza fatta constare
formalmente da tali soggetti in ordine ai
contenuti contrattuali, anche se essa non sia
valsa ad impedire la sottoscrizione del contratto
difforme da quello nazionale e, perciò, nullo o
comunque possibile fonte di responsabilità per i
danni derivati dallo stesso all’ente.
3. In secondo luogo occorre tenere conto del disposto
dell’art.40, comma 3, del D.lgs.n.165/2001
laddove stabilisce, come già dianzi riportato,
che le clausole contrattuali difformi nulle non
possono essere applicate.
Si deve ritenere che in tal modo il legislatore abbia
voluto rafforzare la garanzia della coerenza tra i
diversi livelli di contrattazione collettiva,
responsabilizzando direttamente i dirigenti
attraverso l’espresso divieto posto a loro
carico di dare applicazione a contratti collettivi
difformi da quello nazionale e perciò nulli.
Il problema allora si sposta sulla individuazione delle
figure dirigenziali su cui in effetti incomba tale
obbligo di non applicazione dei contratti
decentrati difformi, la cui violazione
evidentemente potrebbe dare luogo
all’affermazione di responsabilità per danni
nei confronti dell’ente.
Deve stabilirsi, al riguardo, se tale responsabilità –
certamente ipotizzabile per i dirigenti
specificamente preposti al settore dell’ente
istituzionalmente deputato all’amministrazione e
gestione del personale, in considerazione della
loro competenza specifica e generale in materia
– possa intendersi riferibile anche agli altri
dirigenti in servizio presso un ente in quanto
comunque titolari di poteri di gestione del
personale, tra i quali anche quello di applicare
autonomamente – per quanto di propria specifica
competenza - i contratti collettivi decentrati
integrativi.
Dal contesto della normativa in materia di poteri di
gestione e di spesa discende che l’esatta
definizione degli ambiti di responsabilità dei
dirigenti in materia di spesa per il personale,
conseguente all’applicazione dei contratti
collettivi decentrati, dovrebbe verosimilmente
risultare direttamente collegata all’ambito e
alla misura degli effettivi poteri gestionali
riconosciuti a ciascuno di essi secondo lo
specifico modello organizzativo dell’ente presso
il quale essi agiscono.
Da ciò – e sempre salvo restando l’apprezzamento che
su tale fattispecie spetta alla competente
giurisdizione contabile -
potrebbe desumersi, quanto alla valutazione
dell’elemento soggettivo della responsabilità,
che non tutti i dirigenti in servizio presso un
ente che abbiano applicato al personale da essi
dipendente istituti previsti da contratti
decentrati integrativi difformi da quello
nazionale siano tout court assoggettabili
alle responsabilità derivanti dalle previsioni
del citato art. 40, comma 3, ultimo capoverso,
comportanti l’obbligo di disapplicazione degli
stessi.
Per talune situazioni, infatti, potrebbe ritenersi
rilevante, ai fini della eventuale esclusione
della suddetta responsabilità, la circostanza
costituita dalla doverosa condizione di provvedere
– senza spazio di discrezionalità propria - ai
fini dell’applicazione nei confronti del proprio
personale di istituti derivanti da un contratto
collettivo decentrato integrativo all’apparenza
formalmente stipulato nel rispetto di tutte le
procedure di approvazione e di controllo previste.
Tanto, infatti, unitamente al rilievo oggettivo di una non
immediata individuabilità di clausole difformi,
potrebbe valere ad ingenerare un giustificato
affidamento sulla piena legittimità e conformità
del contratto decentrato integrativo rispetto ai
vincoli derivanti dal contratto collettivo
nazionale.
Si resta a disposizione per quant’altro e si fa presente
che in senso conforme a quanto sopra si è
pronunciato il Comitato Consultivo di questa
Avvocatura.
L’AVVOCATO
GENERALE F.F
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