COME SOLDATI GIAPPONESI

 

Nuga n. 21 del 27 maggio 2001

 

di Paolo Quintavalla

 

Narrano le cronache di guerra che dopo il secondo conflitto mondiale molti soldati nipponici, intrepidi e dotati di un inflessibile codice d’onore, fedeli nei secoli al glorioso impero del Sol Levante, si rifiutarono di deporre le armi e continuarono una loro singolare guerra personale, confinata nelle giungle di alcune isole. Furono ritrovati laceri, sporchi, smagriti e inselvatichiti anche a distanza di decenni e, in molti casi, furono internati in manicomio.

Dopo le elezioni politiche del 13 maggio qualcosa del genere sta accadendo anche in Italia a proposito del nostro contratto.

Incredibile -  ma vero – , ho letto un documento del 24 maggio dell’anno di grazia 2001 – di tre giorni fa,  in cui colleghi di una consulta DD.SS. di un sindacato confederale di una importantissima città italiana dopo aver premesso il testo con un enfatico “ e adesso?” espongono le ragioni del “perché vogliamo firmare il contratto” (naturalmente alle vecchie condizioni!).

Poiché ci troviamo in Italia e non in Giappone mi sono chiesto le ragioni di tanta adamantina, inscalfibile ed esaltante fedeltà. In questo caso c’è una sola spiegazione: qui non si tratta di difendere la gloria di un Impero ma della fedeltà ad una ideologia tanto impermeabile ai fatti  quanto refrattaria al pensiero!