LEPRI E CACCIATORI

Nuga n. 11 del 9 maggio 2001

di Paolo Quintavalla

 

La conduzione delle trattative contrattuali somiglia un po', mi si consenta la metafora, all'arte millenaria della caccia.

Da una parte, infatti, c'è sempre una lepre che cerca di sfuggire, che si mimetizza, che tende a smagrirsi e, dall'altra, ci sono fieri ed intrepidi cacciatori che cercano di inseguirla e, se è possibile, di impallinarla per metterla in bella mostra nel carniere. Tuttavia si verifica sempre una spiacevole complicazione. La fuggevole preda è immancabilmente refrattaria e non ha proprio intenzione di finire da sola nel carniere.

Ogni cacciatore, ovviamente, come il famoso "miles gloriosus" di Plauto, decanta le proprie asserite capacità venatorie e resiste raramente alla tentazione narcisistica della vanagloria. Come si suol dire "le spara grosse", appunto. Nei racconti di caccia capita spesso, quindi, che sparuti passerotti si trasformino in aquile e che dainetti tremolanti e tutti pelle e ossa diventino cervi mastodontici.

Tutti i cacciatori asseriscono in modo incontrovertibile di avere sparato il colpo giusto e con mira infallibile. Spesso nella confusa concitazione della pratica venatoria, storditi dal rumore assordante degli spari e annebbiati dal fumo non si riesce a capire bene cosa sia accaduto.

In molte battute, purtroppo, la triste conseguenza è che non è insolito trovare cacciatori un po' strabici che invece di inquadrare la preda sbaglino clamorosamente la mira e prendano a fucilate gli altri cacciatori. Fuor di metafora, in tutte le trattative che si rispettino c'è sempre chi preferisce allearsi con chi offre di meno piuttosto che sostenere chi chiede di più!

Con il risultato inevitabile che la lepre agile e furba se la dà a gambe e si dilegua sveltamente e il carniere di tutti i cacciatori rimane inesorabilmente mezzo vuoto!