Materiali tratti dal sito della Direzione didattica di Pavone Canavese

a cura del dirigente scolastico Reginaldo Palermo

Comunicato stampa
13 marzo 2000
Confermate le ragioni dello sciopero del 15 marzo

L'Anp-Cida, nel prendere atto che il Governo non ha ancora assunto impegni in relazione al finanziamento del primo contratto della dirigenza delle scuole e che l'Aran non ha fino ad oggi avviato la trattativa per la collocazione dell'area contrattuale della stessa dirigenza, conferma la giornata di sciopero nazionale del 15 marzo di tutti i Capi di Istituto.

L'Anp-Cida ribadisce la necessità per la dirigenza di un contratto separato da quello del Comparto Scuola e di una equiparazione alla retribuzione media della dirigenza pubblica.

L'Anp-Cida si riserva, infine, di promuovere ulteriori e più incisive azioni di lotta a sostegno delle proprie rivendicazioni.

Giorgio Rembado
Presidente dell'Anp-Cida


13 marzo 2000


Riconfermate le ragioni dello sciopero del 15 marzo 2000

Il Presidente dell'Anp, Giorgio Rembado, ha riconfermato le ragioni dello sciopero dei presidi e dei direttori didattici in due interviste rilasciate sabato 11 marzo a due importanti quotidiani.
Nella dichiarazione a "IlSole-24Ore" ha stigmatizzato il tentativo di modificare o di stravolgere con interpretazioni ad hoc l'Atto di indirizzo sulla collocazione dell'area dei dirigenti delle scuole, approvato il 25 febbraio 2000, nel quale l'indicazione impartita all'Aran è semplice, chiara e perfettamente comprensibile, come chiunque può giudicare leggendola direttamente nel sito del Ministero della Funzione Pubblica e che riportiamo integralmente di seguito per abbreviare i tempi di consultazione:
"L'ORGANISMO DI COORDINAMENTO, preso atto della posizione favorevole espressa dai rappresentanti dei Comitati di settore; approva l'atto di indirizzo all'Aran per la modifica del contratto collettivo nazionale quadro per la definizione delle autonome aree di contrattazione della dirigenza, sottoscritto il 24 novembre 1998 relativamente alla collocazione dei dirigenti scolastici che, di seguito si trascrive: "Il contratto collettivo nazionale quadro del 24 novembre 1998 sulla definizione delle autonome aree di contrattazione per la dirigenza dovrà essere modificato in modo da prevedere, per la dirigenza scolastica (Capi di Istituto), la costituzione di una apposita, separata area di contrattazione collettiva, autonoma rispetto al comparto scuola.".
Nella intervista a "Il Corriere della Sera" il presidente dell'Anp riconferma l'esigenza di soluzioni non pasticciate, trasparenti e al riparo da colpi di coda di culture egualitaristiche che tendono a negare le diversità e soprattutto il ruolo di dirigenti a pieno titolo dei presidi e dei direttori didattici. Sottolinea, inoltre, che il prossimo 15 marzo la categoria sciopera per l'immediata apertura del contratto e per rivendicare l'incremento di 25 milioni lordi pro capite delle retribuzioni dei dirigenti delle scuole per equiparali agli altri dirigenti del pubblico impiego.


 

PARLA IL LEADER DELL’ANP
I presidi pronti allo sciopero: non possono giudicare solo noi

MILANO — "È la prima volta che succede, ma siamo costretti a scioperare per i gravi ritardi di cui il governo e l'Aran sono i responsabili. Dal primo settembre per legge siamo tutti dirigenti, ma manca ogni disciplina contrattuale". Giorgio Rembado, il presidente della potente Anp, l'Associazione nazionale presidi che raccoglie il consenso della metà degli 11 mila capi di istituto e direttori didattici, è preoccupato e, nonostante l'aplomb dell'uomo d'ordine, anche piuttosto seccato. Ce l'ha con il governo ("Hanno perso tempo") e non risparmia dure critiche al ministro della Pubblica istruzione, Luigi Berlinguer.
Mercoledì 15 marzo per la prima volta in Italia i presidi incroceranno le braccia e non andranno a scuola. Che cosa chiedete?
"L'immediata apertura del contratto della dirigenza della scuola. È un fatto grave che governo e Aran (l'Agenzia per le relazioni sindacali nella pubblica amministrazione) non abbiano trovato il tempo di affrontare i nostri problemi né di avviare la trattativa".
Ma, se voi state a casa, chi è responsabile della scuola mercoledì? E se succede qualcosa?
"Responsabili saranno i vicepresidi o collaboratori delegati. Il preside comunque non può essere sostituito nel suo lavoro, per cui gli toccheranno gli arretrati".
Ma è vero che, oltre alla contrattualizzazione della nomina a dirigenti prevista da settembre, chiedete un aumento di 2 milioni al mese?
"Chiediamo a regime nel triennio 25 milioni lordi l'anno, per equipararci allo stipendio medio dei dirigenti pubblici".
Quanto prende un preside?
"In media 3,5 milioni netti al mese, 3,8-3,9 milioni a fine carriera. Pochissimo, se pensiamo ai carichi e alle nuove resonsabilità, tra le quali cito la progettazione dell'autonomia, i Pof (Piani dell'offerta formativa), che hanno cambiato tutto, la gestione del personale, le pratiche amministrative, la legge sulla sicurezza".
La scuola è nell'occhio del ciclone. Gli insegnanti hanno bloccato la valutazione. Il ministro ha dovuto fare marcia indietro. E oggi (ieri per chi legge ndr) ha addiruttura annunciato la cancellazione dei quiz e di ogni altro tipo di esame. Adesso voi scioperate. Ma che colpe ha Berlinguer?
"Al ministro Berlinguer noi rimproveriamo l'insufficiente determinazione e consequenzialità. Lui ha fatto spesso annunci, dichiarazioni di principio, ma senza andare sino in fondo e senza coglierne tutte le conseguenze sul piano degli adempimenti".
Ma qual è il vostro giudizio sulle riforme in corso?
"Il giudizio sul quadro riformatore è positivo, ma ci vuole più forza, più determinazione, più fermezza".
La scuola non funziona, ci vogliono i presidi-manager. Che cosa pensa di questo assioma?
"Mi corre un brivido per la schiena, per l'uso improprio e ideologico che viene fatto della parola manager. Per le speculazioni e le reazioni negative che sindacati, certe forze politiche e studenti fanno su questo termine, paventando derive aziendalistiche. Queste polemiche nominalistiche provocano irritazioni in questi tre soggetti e non fanno altro che rallentare l'autonomia e la nostra nomina a pieno titolo come dirigenti".
Ma lei crede che la scuola sia comparabile a un'azienda?
"Come organizzazione complessa, sì. Deve essere efficiente nella sua amministrazione, efficace negli obiettivi, e oltre alla buona gestione economica deve produrre un bene particolare che è la cultura".
Chi sono le vostre controparti in questo momento?
"Per la parte economica il ministero del Tesoro, che deve trovare circa 250 miliardi. È il costo delle nostre richieste economiche. Poi l'Aran, che deve dar vita all'atto preliminare per il contratto".
Anche il vostro documento di valutazione è stato rinviato al 2 maggio. È vero che rifiutate di sottoporre a valutazione il vostro lavoro?
"Noi siamo favorevoli a un serio processo di valutazione, diverso da quello adottato per gli insegnanti, e poi cancellato. Il rinvio del nostro documento è dovuto all'accumulo di lavoro a cui molti presidi non erano preparati. E, visto che fine ha fatto la valutazione degli insegnanti, ha una ragione psicologica: non vogliamo essere gli unici ad essere valutati in una scuola che non valuta nessuno".
Lei è favorevole alla concorrenza tra scuole, che si fanno in qualche caso la guerra per accaparrarsi gli studenti?
"Sono favorevole. Del resto molte scuole lo fanno da tempo, per combattere la contrazione della popolazione scolastica".
Secondo lei in Italia l'istruzione è considerata un bene prioritario?
"Mi sembra sotto gli occhi di tutti il misconoscimento e la scarsa considerazione in cui viene tenuta la cultura e l'educazione. È un fenomeno con profonde radici che, sotto i colpi di una scuola di massa, ha contribuito ad abbassare la funzione sociale della scuola, dei docenti, dei presidi".
Ma ci sarà davvero questo sciopero?
"Con rammarico dico di sì. Ma c'è un timore di fondo che desidero esprimere: il profilarsi all'orizzonte di soluzioni pasticciate, di "ammucchiate" perverse, di colpi di coda di culture egualitariste che tendono a negare le diversità e soprattutto il ruolo di dirigenti a pieno titolo dei presidi".


Walter Passerini

Martedì 14 Marzo 2000 commenti e inchieste
Presidi in sciopero per un principio

di Attilio Oliva*

Uno sciopero dei presidi (si veda "Il Sole-24 Ore" dell’11 marzo) fa notizia anche indipendentemente dalle sue motivazioni, in quanto storicamente tale categoria non si è mai segnalata per un particolare attivismo in materia, e perché la figura tradizionale del capo di istituto è legata a quella dell’uomo d’ordine. Detto ciò, a noi interessano le motivazioni che portano all’innesco dei conflitti.

Lo sciopero indetto dall’Associazione nazionale presidi-Cida (l’associazione sindacale maggioritaria di categoria), in particolare, è stato proclamato per ottenere l’immediata apertura della negoziazione del primo contratto della dirigenza scolastica. Infatti, in seguito alla riforma dell’autonomia, che entrerà a regime dal primo settembre di quest’anno, agli attuali capi di istituto verrà attribuita la qualifica dirigenziale, con le connesse funzioni; senza le quali, come è ormai riconosciuto in tutto il resto d’Europa — si veda, a tale proposito, il Rapporto delle sette Confindustrie europee recentemente presentato al ministro Berlinguer ("Il Sole-24 Ore", 8 marzo) — non è possibile arrivare a scuole davvero autonome e responsabili dei loro risultati.

A questo punto c’è da chiedersi quali possano essere i motivi dell’indugio del Governo e del_l’Aran nel provvedere a questo importante adempimento, visto che la normativa di legge sulla dirigenza dei presidi risale al 1997, e quella sulle relazioni sindacali per le aree dirigenziali addirittura al 1993.

In questa difficile transizione, le resistenze nascono, come sempre, dall’interpretazione delle norme e dall’abitudine tutta italiana di rendere ambiguo ciò che è chiaro. In questo caso è tutto già disciplinato per legge. Ai dirigenti compete un contratto separato da quello del restante personale del comparto scuola (insegnanti e personale ausiliario), che a sua volta deve essere siglato dalle organizzazioni sindacali rappresentative della loro area dirigenziale.

Ma è proprio a questo punto che riaffiorano i fantasmi del passato. Quella scolastica deve o può essere considerata una dirigenza piena? Inutile ricordare che tutti questi problemi sono gli stessi che si incontrano in qualsiasi altro settore pubblico, dalla sanità agli enti locali e al parastato, dove sono già stati brillantemente superati con la netta separazione dei contratti dei dirigenti da quelli del personale dei comparti a cui i dirigenti sono preposti.

È fin troppo evidente che un contratto dirigenziale non possa che essere diverso e separato da quello del personale dello stesso settore, e che debba essere discusso dai sindacati veramente rappresentativi dei dirigenti. Al di fuori di questo, non ci può essere vera dirigenza, ma solo commistione di interessi e confusione di ruoli: un modo per tenere la dirigenza condizionata dal sindacato del personale, che è, tra l’altro, sua controparte nella contrattazione aziendale.

C’è poi da chiedersi come mai si sia aspettato tanto per dar corso alle trattative del contratto della dirigenza scolastica, quando si sapeva già da tempo la decorrenza per l’inquadramento dirigenziale dei capi di istituto. Non resta che contare su di una accelerazione del processo negoziale, che deve ancora cominciare.

Sulla questione dei presidi, Confindustria negli ultimi anni ha fortemente investito in termini di progetti e di proposte.

Abbiamo sostenuto con convinzione la necessità che venisse loro riconosciuto non un ruolo di "primi inter pares", in una scuola sostanzialmente assemblearista, ma che, come avviene in tutti i Paesi più avanzati, anche da noi i capi di istituto fossero leader educativi. Abbiamo sostenuto il significativo impegno del Governo nell’individuare e nel lanciare un nuovo percorso di formazione per prepararli alla dirigenza. Siamo persuasi che ad essi debbano essere attribuiti reali poteri di gestione delle risorse materiali e di valorizzazione del personale della scuola, e che debbano essere valutati per i risultati della loro azione direzionale.

Non vorremmo pertanto oggi che questo cammino si interrompesse, oppure si intorbidasse con mediazioni pasticciate, che rappresenterebbero un intralcio sul cammino della riforma, a pochi mesi dalla sua definitiva attuazione.

C’è peraltro chi sostiene che le ragioni di questo sciopero siano anche da ascriversi alla contrarietà di una parte della categoria dei presidi alla valutazione, e che quindi lo sciopero — per questo aspetto — si inserisca nell’alveo delle proteste degli insegnanti, contrari alla valutazione del loro operato. Se così fosse, sarebbe molto grave, perché non è pensabile che una categoria che rifiuta per sé medesima la valutazione possa avere giusto titolo a valutare gli altri.

*Presidente Commissione scuola di Confindustria

LE RAGIONI DELLA PROTESTA

QUANTI SONO I PRESIDI. I capi di istituti sono circa 11.500. 10mila dei quali di ruolo. Lo sciopero di domani è stato indetto da Anp-Cida, l'associazione di categoria più rappresentativa.

L'OBIETTIVO DELLA LOTTA. Ottenuta la dirigenza, i presidi chiedono l'avvio in tempi rapidi della trattativa per un contratto di lavoro separato da quello degli insegnanti e del personale ausiliario. Le resistenze, più che dal Governo, vengono proprio dai sindacati della scuola: Snals, Cgil, Cisl e Uil. C'è tuttavia chi ritiene che sulla decisione di fare sciopero abbia pesato anche il disagio dei presidi nei confronti della valutazione.

LE CONSEGUENZE PER GLI UTENTI. Scuole aperte e studenti in classe: l'astensione dal lavoro dei capi di istituto influirà soltanto sull'organizzazione del servizio scolastico.

 

 

 

Sabato 11 Marzo 2000 scuola - professione
I Presidi: perché abbiamo deciso di fare sciopero

ROMA. Dopo che la protesta degli insegnanti è riuscita a bloccare il concorso per attribuire l’aumento di merito, sono ora i presidi a scendere in lotta: l’Associazione ha proclamato una giornata di sciopero per mercoledì 15 marzo. Un evento insolito, a dir poco: se non è la prima volta che i presidi sono chiamati a scioperare, è probabilmente la seconda. "Ma poiché la prima — afferma Giorgio Rembado, preside di un liceo classico di Rapallo (Genova) e presidente dell’Associazione dal 1990 — si perde nella notte dei tempi, possiamo davvero ritenerlo un fatto senza precedenti". Eppure i capi d’istituto hanno finalmente ottenuto la qualifica di dirigenti, che potranno far valere, alle condizioni negoziate con il prossimo contratto, già il 1° settembre. Perché allora scendere in lotta, abbiamo domandato al professor Rembado?
"Per due ragioni. Da un lato per il ritardo nell’avvio della trattativa, che sarebbe dovuta iniziare lo scorso autunno. Dall’altro, e soprattutto, per bloccare i tentativi di negoziare il nostro contratto all’interno del comparto scuola, in nome di una presunta "specificità del settore". Su questo punto la nostra posizione è fermissima: solo un contratto separato può essere considerato un contratto da dirigenti. Invece i sindacati che rappresentano gli insegnanti, Snals, Cgil, Cisl e perfino la Uil, che non ha i numeri per essere giudicata rappresentativa (non raggiunge il 5% dei sindacalizzati della categoria richiesto dalla legge), insistono per partecipare alle trattative.
Quanto ha pesato l’insofferenza dei presidi per le procedure di valutazione?
Anche se questo contenzioso si è provvisoriamente chiuso con l’accordo sullo "slittamento" ("Il Sole-24 Ore", 4 marzo), ha pesato creando un malcontento diffuso. Che però non ha nulla a che vedere con le ragioni dello sciopero.
L’astensione dal lavoro dei presidi danneggerà gli utenti?
No. Non è questo il nostro scopo. Influirà solo sull’organizzazione del servizio. Tuttavia le mansioni del preside potranno essere svolte dai suoi sostituti solo per ragioni di necessità o di urgenza.

Andrea Casalegno

(13.03.2000) Il direttivo nazionale dell'Andis si è espresso favorevolmente sul regolamento di contabilità che dovrebbe entrare in vigore il prossimo settembre. Lo rende noto un documento approvato a Formia il 5 marzo scorso e reso noto in questi giorni.

[RP]

Roma

Le ragioni dello sciopero


(11.03.2000) In una intervista pubblicata oggi sul Sole 24 ore, il presidente dell'ANP Giorgio Rembado spiega le ragioni che hanno indotto la sua associazione a proclamare uno sciopero della categoria per il 15 marzo prossimo. E, senza mezzi termini, polemizza in modo chiaro con i sindacati confederali e con lo Snals: "Abbiamo deciso di proclamare uno sciopero per due ragioni. Da un lato per il ritardo nell’avvio della trattativa, che sarebbe dovuta iniziare lo scorso autunno. Dall’altro, e soprattutto, per bloccare i tentativi di negoziare il nostro contratto all’interno del comparto scuola, in nome di una presunta "specificità del settore". Su questo punto la nostra posizione è fermissima: solo un contratto separato può essere considerato un contratto da dirigenti. Invece i sindacati che rappresentano gli insegnanti, Snals, Cgil, Cisl e perfino la Uil, che non ha i numeri per essere giudicata rappresentativa (non raggiunge il 5% dei sindacalizzati della categoria richiesto dalla legge), insistono per partecipare alle trattative". In un'altra intervista pubblicata sul Corriere della Sera, alla domanda del giornalista ("Ma allora lo sciopero ci sarà per davvero ?") Rembado rincara la dose: "Con rammarico dico di sì. Ma c'è un timore di fondo che desidero esprimere: il profilarsi all'orizzonte di soluzioni pasticciate, di "ammucchiate" perverse, di colpi di coda di culture egualitariste che tendono a negare le diversità e soprattutto il ruolo di dirigenti a pieno titolo dei presidi". E, sugli aspetti economici, precisa: "Chiediamo a regime nel triennio 25 milioni lordi l'anno di aumento, per equipararci allo stipendio medio dei dirigenti pubblici.Questo significa che il Ministro del Tesoro deve trovare le risorse necessarie, e cioè 250 miliardi".

[RP]

Roma

Approvato l'atto di indirizzo all'ARAN per l'apertura del contratto



(08.03.2000) Approvato dal Ministero della Funzione Pubblica il 25 febbraio l’atto di indirizzo all’Aran per la modifica del contratto collettivo nazionale quadro per la definizione delle autonome aree di contrattazione della dirigenza, sottoscritto il 24 novembre 1998 relativamente alla collocazione dei dirigenti scolastici che. Questo il testo dell'atto di indirizzo: "Il contratto collettivo nazionale quadro del 24 novembre 1998 sulla definizione delle autonome aree di contrattazione per la dirigenza dovrà essere modificato in modo da prevedere, per la dirigenza scolastica (Capi di Istituto), la costituzione di una apposita, separata area di contrattazione collettiva, autonoma rispetto al comparto scuola".

[RP]

 

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