DALLE PAROLE AI FATTI

 

Editoriale n. 31 del 6 agosto 2001

 

di Paolo Quintavalla

 

La notizia, divulgata dal “Sole 24 Ore”, dei 160 miliardi aggiuntivi che l’Esecutivo starebbe per mettere a disposizione del nostro contratto ha avuto l’effetto di un sasso nello stagno. Dopo l’apparente stallo e l’incertezza degli ultimi mesi, infatti, sembra finalmente che dalle parole si stia passando ai fatti e che la trattativa si stia dirigendo verso l’esito finale.

Rispetto a questa nuova e decisiva fase si possono esprimere le seguenti considerazioni:

1.   Con questa mossa o anticipazione il Governo dimostra di voler essere coerente e di voler mantenere le promesse formulate durante la campagna elettorale e di voler misurare le reazioni delle forze sindacali. Credo che si possa e si debba apprezzare questa manifesta coerenza, indipendentemente da ogni altra considerazione politica, allo stesso modo in cui, per le ragioni contrarie, si stigmatizzò l’incoerenza del passato Esecutivo.

2.   Occorre, tuttavia, mettere in rilievo che non si tratta di un regalo o di una benevola concessione che cade dall’alto (come, invece, si legge tra le righe di alcuni comunicati emessi in questi giorni dai sindacati dei docenti) ma di un riconoscimento dovuto – e non octroye - alla categoria che oggi riveste nuovi compiti dirigenziali. Bene ha fatto il presidente ANP Giorgio Rembado, unico tra i responsabili sindacali, a ricordare “Per equiparare i capi di istituto alla dirigenza occorrono altri 250 miliardi e non 160, ma il punto adesso è fare in fretta. Bisogna fare in modo che dopo la pausa estiva si chiuda l’intesa, per consentire ai dirigenti scolastici di cominciare il nuovo anno con il riconoscimento effettivo del loro ruolo”.

3.   Questo favorevole primo risultato onestamente non è figlio di tutti, come invece apparirebbe dalla lettura delle recenti dichiarazioni delle diverse sigle sindacali e associative, ma è il frutto unicamente della chiarezza rivendicativa, della capacità di negoziazione e della determinata coerenza di un solo soggetto, l’ANP che nel corso di questi lunghi mesi ha espresso una strategia, difficile e contrastata, che ora si sta rivelando vincente. Qualcuno si è chiesto per quale motivo l’ANP sia stata in questa ultima fase l’unica a non emettere comunicati ufficiali. Il motivo credo sia semplice: non ha bisogno di parole chi si affida alla forza dei fatti. Nessuno può contestare il fatto che questa associazione si sia spesa con fermezza, dall’inizio della trattativa fino a queste ultime fasi, in un’azione di intransigente tutela della dignità della categoria, anche in condizioni di difficile isolamento sindacale.

4.   Se l’esito della trattativa sarà quello che si sta profilando e gli aumenti retributivi saranno quasi doppi rispetto a quelli a cui volevano costringerci i sindacati confederali si tratterà, tuttavia, di una vittoria per l’intera categoria, compresi per quei colleghi e dirigenti sindacali che in questi ultimi mesi hanno fortemente avversato e stanno ancora avversando questo risultato. Così non sarebbe stato - ma, al contrario, sarebbe stata una sconfitta per tutti – se il contratto fosse stato sottoscritto al ribasso il 7 maggio scorso. L’archivio di questo sito, con oltre 400 documenti, è a disposizione di tutti  coloro che vogliano trovare riscontri oggettivi a queste affermazioni e a questi giudizi.

5.   Sorprende ancora oggi l’ipocrisia che si manifesta nelle dichiarazioni dei sindacati confederali e dell’Andis quando affermano, contro ogni logica e contro l’evidenza dei fatti, che hanno “fortemente voluto” questo risultato dimenticando che fino a ieri rivendicavano la “firma immediata” pena un supposto disastro per la categoria e che spostavano al secondo contratto gli esiti retributivi che stanno per essere conseguiti invece con il primo. Nessuna dichiarazione o nessun artificio retorico potranno, tuttavia, far dimenticare che, in realtà, queste forze sindacali e associative, spingevano verso l’esito – ora scongiurato – della “mezza dirigenza” e dipingevano agli occhi dei loro iscritti coloro che si opponevano a questa prospettiva penalizzante come degli “irresponsabili”.

6.   Anche questa fase ha manifestato l’ambigua presenza di un “convitato di pietra” che aveva del resto condizionato le fasi precedenti della trattativa: il confronto implicito ma fuorviante con la categoria dei docenti. A tale proposito il collega Reginaldo Palermo bene ha colto questa contraddizione nel suo recente editoriale pubblicato su “Tecnica della scuola” laddove afferma che il nodo non è rappresentato dalle risorse economiche ma è di natura politica per la larvata opposizione dei sindacati confederali che si troverebbero a fronteggiare la decisa ostilità della categoria dei docenti ad ogni ipotesi di consistente riconoscimento del ruolo dei dirigenti. Questa opposizione, alimentata del resto da certe dichiarazioni dei responsabili sindacali, rischia ancora oggi di contrastare il positivo esito della trattativa. E si tratta di una contraddizione tanto più evidente e macroscopica se si considera che equiparazione con le altre dirigenze pubbliche era anche, in origine, l’obiettivo dichiarato – sia pure in seguito non perseguito - delle piattaforme rivendicative dei sindacati confederali per il nostro primo contratto. Con quale faccia potrebbero adesso rifiutare gli aumenti proposti? Potrebbero sfidare l’inevitabile insurrezione dei loro dirigenti iscritti e un prevedibile falò delle tessere associative?

7.   Il cronista registra con disappunto, tuttavia, che si sta profilando una artificiosa, strumentale e pericolosa contrapposizione (solo e unicamente di natura ideologica) tra la categoria dei dirigenti scolastici e quella dei docenti, pure ancora collocate all’interno dello stesso comparto. Di fatto le due categorie sono indispensabili e fondamentali per le possibilità di sereno sviluppo della scuola dell’Autonomia, per la realizzazione delle riforme in atto finalizzate al miglioramento della qualità del sistema scuola. Esse stanno collaborando costruttivamente senza quella conflittualità che ora alcune forze sindacali minacciano di alimentare. Se così fosse e se prevalesse un’arcaica cultura dell’invidia rispetto ad una cultura dell’emulazione, i danni sarebbero non solo a carico dei dirigenti scolastici ma di tutto il sistema. Una buona politica sindacale, infatti, richiede la tutela e il riconoscimento di tutte le diverse professionalità presenti nella scuola e, naturalmente, la considerazione che gli aumenti dovuti ai dirigenti non possono significare la negazione di una equa ed adeguata retribuzione per gli insegnanti e gli ATA. Al riguardo giustamente il presidente nazionale Andis Rossini nella sua recente lettera al ministro Moratti ha precisato:  E' inevitabile che qualcuno reagirà associando a quella dei dirigenti scolastici la situazione dell'intero personale della scuola, chiedendo quindi integrazioni per tutti, ma non ritengo possa essere questa la strategia giusta perché, pur riconoscendo il diritto di tutti a retribuzioni di livello "europeo", la posizione dei dirigenti scolastici, divenuti a tutti gli effetti dirigenti dello Stato, deve essere affrontata, ovviamente nel rispetto delle regole, in maniera specifica e differenziata nel comparto scuola e in maniera non dissimile dalla dirigenza dell'area 1.” Credo, invece, che la segretaria nazionale della Cisl scuola dovrebbe riflettere meglio sui rischi di conflittualità inutili e dannose che si potrebbero determinare a seguito di affermazioni del genere: “Ci aspettiamo che con la stessa determinazione e fermezza il Ministro proceda per garantire un significativo incremento delle retribuzioni dei docenti e del personale ATA. Diversamente apriremo una nuova vertenza!”. L’auspicio è sicuramente doveroso e condivisibile, la minaccia è invece inaccettabile perché mette in contrapposizione ciò che non è da contrapporre. Credo che Daniela Colturani dovrebbe riflettere sul fatto che gli aumenti che stanno per essere concessi ai dirigenti non rappresentano un furto a danno dei docenti ma, anzi, possono svolgere un benefico effetto di traino anche per la futura trattativa relativa ai docenti.

 

In conclusione, l’annuncio del ministro Moratti segna l’inizio, finalmente, della fase finale della trattativa ed apre una innegabile prospettiva di esito favorevole per la nostra categoria. Esso rappresenta un impegno che attendiamo sia tradotto nei fatti. Chiediamo soltanto di iniziare il nuovo anno scolastico in modo sereno e con il dovuto riconoscimento del nostro mutato ruolo professionale.