IN ATTESA DEL TERZO ATTO D’INDIRIZZO

 

Editoriale n. 25 del 27 maggio 2001

 

di Paolo Quintavalla

 

 

A che punto siamo con il primo Contratto dei dirigenti scolastici? Che cosa ci attende prevedibilmente come categoria su questo specifico versante giuridico- professionale? Può essere utile ripercorrere gli ultimi eventi di questa storia per cercare in essi una probabile evoluzione oppure possibili prospettive.

Il 7 maggio scorso, una settimana prima del voto, si è conclusa una fase delle vicende negoziali. Il verbale sottoscritto presso l’ARAN ha ratificato l’impossibilità di procedere nelle trattative e ha visto tramontare l’ipotesi di una firma del contratto al ribasso, perseguita con determinazione degna di migliore causa, da parte di una “coalizione” formata dai sindacati confederali, sostenuta dall’Andis, a cui stava per aggregarsi anche lo Snals.

Sarebbe stato un epilogo mortificante e una svolta traumatica  per tutti noi dirigenti scolastici italiani che avremmo incassato una sconfitta dura e molto difficile da superare per lungo tempo. Da una parte, infatti, avremmo dovuto accettare un trattamento economico di molto inferiore rispetto all’obiettivo da tutti dichiarato del completo allineamento con le altre dirigenze pubbliche, dall’altra si sarebbe determinata una netta spaccatura a metà tra le rappresentanze sindacali e nel corpo vivo della categoria, anch’essa molto ardua da sanare. Non sarebbe certamente stato l’esito migliore per il nostro primo Contratto, il contratto d’ingresso, come si affannano ancora adesso ad affermare  i sostenitori della firma incondizionata e del contratto accettabile.

Comunque sia, ciò che è accaduto ha fatto giustizia di tutte le polemiche spesso pretestuose e sopra le righe dell’ultimo mese. Al riguardo possiamo soltanto osservare che le ragioni ideologiche hanno fatalmente prevalso sulle considerazioni di natura squisitamente sindacale (che invece avrebbero dovuto essere preservate sopra le altre) e ciò ha introdotto non pochi elementi di confusione, di divisioni artificiose, di opacità del pensiero e anche qualche scorrettezza o stupidità di troppo.

Adesso dobbiamo prendere atto che, comunque, il quadro della situazione è radicalmente cambiato e questo giudizio prescinde da una qualsiasi valutazione dell’esito ormai a tutti noto delle elezioni politiche.

Venti giorni fa non avrebbe avuto alcun senso firmare un Contratto con un Esecutivo prossimo alla scadenza, debole nelle sue prerogative e costituzionalmente non in grado di sostenere ogni eventuale impegno che, tra l’altro, aveva appena violato nemmeno due mesi prima.

Fra due o tre settimane, invece, avremo un nuovo Governo nella pienezza delle sue funzioni e ad esso dovremo e potremo avanzare la stessa richiesta fondamentale e irrinunciabile avanzata a quello precedente: il completo allineamento anche economico con le altre dirigenze del pubblico impiego. A parità di funzioni e di responsabilità, che ci sono già state attribuite al 100% sul piano giuridico, rivendichiamo, per un elementare principio di equità e di giustizia, una retribuzione corrispondente.

Questa richiesta, pur riconosciuta valida sul piano teorico e di principio, purtroppo è stata finora disattesa nei fatti. E questa è semplicemente un’evidente ingiustizia a carico della nostra categoria, unica tra le dirigenze pubbliche ad essere maltratta in modo palese e dimostrabile.

Ora, tuttavia, è intervenuto un fatto nuovo. La legittimità di questo nostro diritto è stato riconosciuto in modo formale e solenne dai massimi responsabili dei Dipartimenti Istruzione dei 4 partiti della Casa delle Libertà poco meno di un mese fa, per conto del prossimo Presidente del Consiglio, in risposta ad una lettera aperta del presidente ANP Rembado ai candidati premier. Poiché si tratta di un documento importante per la possibile evoluzione positiva del nostro Contratto ritengo utile trascriverne lo stralcio finale:

“Per parte nostra sosteniamo invece la necessità di prevedere all'interno del contratto istituti normativi interamente dirigenziali, a fronte dei quali sarà compito e dovere del Governo assicurare risorse finanziarie di pari livello.

Questo impegno noi assumiamo formalmente fin d'ora tra quelli da onorare nei primi cento giorni della legislatura, prevedendo gli stanziamenti aggiuntivi con la prossima legge di aggiustamento del bilancio, nella misura indicata nella Sua lettera [ ndr. si tratta della tabella D].

F.to On. Valentina Aprea  (dirigente nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione Forza Italia) - On. Angela Napoli (dirigente nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione Alleanza Nazionale) - On. Giovanna Bianchi Clerici (dirigente nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione Lega Nord) - On. Beniamino Brocca (dirigente nazionale Dipartimento Pubblica Istruzione C.C.D.-C.D.U.)”

Un cronista che volesse utilizzare il codice giornalistico, a proposito di questo testo potrebbe usare la metafora di una cambiale da portare all’incasso. Ma sarebbe oltre che poco elegante anche fuorviante. Preferiamo intenderlo per quello che è: un impegno formale, sottoscritto in modo solenne, a cui ci si attende che venga tenuto fede. Non abbiamo motivi di ritenere che si tratti solo di una promessa elettorale, come di fatto alcuni sospettano. Sarebbe, tuttavia, estremamente grave se questa pubblica assunzione di responsabilità fosse disattesa e non mantenuta nei fatti. Impegni di questa natura non solo stimolano legittime attese tra i destinatari ma mettono in gioco l’onore di chi li promuove e sottoscrive. Se questi espliciti impegni non fossero osservati sarebbe il segno di un intollerabile e disonorevole tradimento che ricadrebbe come un’onta vergognosa su un’intera classe dirigente.

In ogni caso il nuovo Esecutivo, quando sarà insediato, dovrà emanare un nuovo Atto di Indirizzo all’Aran. Leggeremo molto bene questa terza versione del documento che costituisce la cornice fondamentale del nostro Contratto. La leggeremo, soprattutto, sotto la categoria della coerenza per verificare se le affermazioni citate resteranno semplici enunciazioni di principio oppure si trasformeranno, come è doveroso, in un riconoscimento pieno del nostro ruolo.