FARE PRESTO E BENE, SENZA ABBASSARE LA GUARDIA

di Paolo Quintavalla

Editoriale n. 13 del 27. 1.2001

La macchina del Contratto si è, finalmente, messa in moto e sta entrando in pieno regime, alimentando le nostre legittime attese. Il dato di partenza su cui ragionare consiste in un fatto incontestabile: dal 1° settembre a noi presidi e direttori didattici è stati riconosciuta, sul piano giuridico, la funzione di dirigenti scolastici ma siamo ancora retribuiti come appartenenti al personale direttivo. Attendiamo semplicemente che sia colmato, in modo giusto ed equo, questo scarto vistoso che si traduce in una ferita per la nostra identità professionale.

Delle implicazioni di questo fatto mi sono amaramente reso conto il mese scorso durante un incontro casuale con un amico che svolge attività di dirigente in un Ente Locale. Durante la breve conversazione che ne seguì mi lamentai della nostra situazione contrattuale e per avvalorare l'argomentazione estrassi lo statino dello stipendio percepito nel mese di dicembre che tenevo piegato in una pagina dell'agenda personale. Avevo sufficiente confidenza con quella persona e, quindi, gli mostrai il documento. Sapevo già in teoria che il mio stipendio di dicembre assommato alla tredicesima non raggiungeva lo stipendio ordinario mensile medio degli altri dirigenti del pubblico impiego. Ma averne la conferma pratica attraverso l'ammissione, che non mancò, da parte dell'amico mi ha provocato - se possibile - un effetto ancora più deprimente. Apparteniamo tutti e due alla gloriosa classe anagrafica del 1951, lavoriamo ambedue indefessamente e con la stessa responsabilità per la Pubblica Amministrazione, io con un centinaio di dipendenti, lui con una decina. C'è solo un solo particolare, una piccola differenza ("nugae" avrebbero detto gli antichi!): il mio stipendio, a conti fatti, è la metà del suo. Il suo stipendio, infatti, è costituito da una base superiore a quella del mio ma, soprattutto, da indennità varie, non ancora riconosciute alla nostra categoria, che equivalgono, più o meno, all'attuale stipendio base di un dirigente scolastico.

Ho riferito questo episodio perché dimostra in modo lampante il nostro diritto di essere pienamente equiparati non solo sul piano giuridico ma anche sul piano economico con gli altri dirigenti del pubblico impiego. Su questo principio non si dovranno fare sconti a nessuno. E questa equiparazione dovrà essere conseguita già in questo primo Contratto e non procrastinata al secondo. Su questo i DD.SS. italiani valuteranno i comportamenti dei rappresentanti sindacali al tavolo delle trattative per trarne le eventuali necessarie e dovute conseguenze.

Su un altro punto le posizioni dovranno essere chiare, nette e precise: quello relativo agli aumenti retributivi pregressi. Chi ha letto con attenzione l'Atto di Indirizzo del Governo all'ARAN avrà certamente meditato sulla seguente affermazione relativa al periodo 1 settembre - 31 dicembre 2000 per il quale "non risulta previsto alcun finanziamento aggiuntivo rispetto alle risorse destinate all'intero comparto Scuola per l'anno 2000". Si tratta di una frase inqualificabile, arrogante e impudente in quanto, con un solo tratto di penna, cancellata quattro mesi di aumenti contrattuali dovuti. O forse - ancora peggio - dovremmo contendere la nostra porzione di aumenti al fondo previsto per il Contratto del Comparto scuola e, quindi, ai docenti e al personale ATA? Dal 1° settembre ci hanno attribuito sul piano giuridico la qualifica dirigenziale ma fino al 31 dicembre 2000 non si potrà tradurre in coerenti ed adeguati aumenti retributivi. Si tratta davvero di un bel modo di concepire il principio sinallagmatico, quello stesso per il quale è prevista la parità di retribuzione a parità di funzione. In sostanza abbiamo già lavorato per quattro mesi da dirigenti ma ci anticipano che per quel periodo ci pagheranno come appartenenti ancora al personale direttivo. Le rappresentanze sindacali saranno giudicate anche nella misura in cui sapranno far emergere questa palese incongruenza e impegnarsi ad eliminare la non piccola discriminazione che contiene. Per quale motivo dovremmo rinunciare a quel pugno di milioni che ci spettano per prestazioni e funzioni superiori già svolte in qualità di dirigenti? Per quale motivo dovremmo accettare di essere trattati come dirigenti parziali o a metà?

In questo momento, comunque, credo non sia opportuno indulgere né ad un facile ottimismo né ad un pessimismo di maniera. Occorre che i rappresentanti sindacali sappiano fare presto e bene, e ciò non significa, ovviamente, siglare in fretta e con superficialità un contratto qualsiasi. Devono fare presto non solo per recuperare il tempo perduto per colpa della parte pubblica ma anche per evitare il rischio di essere insabbiati nelle possibili correnti o morte gore della campagna elettorale già in atto, con la possibile sovrapposizione di tutele improprie, di calcoli politici o meschini interessi di bottega in ambito sindacale. Sarebbe disastroso se le trattative non si concludessero, per qualche imperscrutabile ragione, prima delle elezioni di aprile. E devono fare bene per rispondere, con coerenza, ad attese ed aspirazioni maturate nella categoria attraverso un lavoro carsico di definizione di una precisa identità culturale e professionale che si è prolungato per almeno due decenni.

Questo è il momento di non abbassare la guardia, pensando che tutto è in sostanza conseguito con l'Atto di Indirizzo. Questo è il momento di non accontentarsi di ciò che passa - sia pure con molto ritardo - il convento.

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