Dirigenti:
quale formazione per quale ruolo
Intervento
di Pasquale D'Avolio - 13 luglio 2003
Ricordo
che nel mio concorso a Preside di Liceo nel
lontano ‘85 (quella volta si usava distinguere
tra i vari ordini e gradi di scuola e i programmi
in effetti erano abbastanza differenziati) gran
parte del colloquio fu dedicato alla discussione
dell’argomento della mia tesi di Laurea in
filosofia di circa venti anni prima. In prima
battuta rimasi esterrefatto e come me altri
colleghi che non conoscevano le modalità
dell’esame; dopo, ripensandoci, capii che non
era poi una stravaganza e che attraverso la
discussione sulla tesi di laurea, i commissari
intendevano accertare intanto le mie conoscenze e
competenze disciplinari, metodologiche e
didattiche, oltre alle qualità espressive e
dialogiche; in sostanza tendevano a valutare il
mio grado di cultura generale e professionale. Un
bravo Preside deve essere o no un “uomo di
cultura”, senza essere necessariamente né un
esperto disciplinare né un pedagogista provetto?
Deve o non deve possedere una aggiornata cultura
pedagogico-didattica? A mio parere la risposta è
affermativa, oggi come allora. Parafrasando Catone
sono solito dire che il Preside dovrebbe essere
“homo bonus (eticamente parlando) docendi
peritus” Naturalmente nel colloquio del concorso
non mancarono le domande sulla normativa
scolastica e sulla parte più propriamente
amministrativa e gestionale, senza tuttavia
quell’enfasi che abbiamo dovuto sorbirci in
seguito, specie in quella specie di megacorso del
2000 per acquisire la Dirigenza
Oggi leggo i progetti dell’Amministrazione sulla
formazione in servizio dei dirigenti scolastici
riguardano quasi esclusivamente aspetti gestionali
(il Regolamento contabile) e le relazioni
sindacali, per non parlare della fatidica 626! E
gli aspetti educativi, relazionali (con alunni,
docenti e famiglie, il famoso “territorio” di
cui tanto si parla nei POF, e non con la RSU!), le
problematiche dell’apprendimento e della
dispersione, temi come la continuità o
l’orientamento, i valori, i comportamenti e le
pratiche giovanili? Siamo sicuri che i dirigenti
scolastici non abbiano bisogno di aggiornarsi su
queste tematiche o riteniamo che le stesse non
rientrino più nella professionalità del
Dirigente? Vedendo gli interessi e le
preoccupazioni dei miei colleghi, specie nelle
Superiori, devo riconoscere che ha ragione il
Ministero. Per discutere di temi educativi e
didattici occorre partecipare a Convegni delle
associazione dei docenti. Eppure nell’ultimo
bando di concorso si prevede lo svolgimento di un
saggio scritto su tematiche relative a:
sviluppo della conoscenza in una società globale
progettualità formativa nel contesto politico ed
economico, scientifico e tecnologico, culturale e
sociale
valori, comportamenti, pratiche giovanili
principi dell'apprendimento, efficienza ed
efficacia dell'azione formativa criteri di
valutazione
Sono temi di grande valenza. Si pensi solo a
quello della globalizzazione con riferimento alle
problematiche educative (immigrazione, politiche
scolastiche europee e rapporto con i paesi
emergenti, di cui ci parlano le indagini OCSE o
IEA), o all’impatto delle nuove tecnologie nella
scuola. Si crede che il Dirigente scolastico debba
occuparsi di multimedialità solo per organizzare
i corsi per docenti o mettere in rete gli
istituti? Il valore culturale della multimedialità,
le nuove forme di pensiero ad essa collegate, le
conseguenze sul piano didattico sono o non sono
aspetti che interessano un Dirigente scolastico?
Potrei continuare con le nuove teorie
dell’apprendimento. In quali corsi per Dirigenti
si parla di costruttivismo o di metodo Feuerstein,
De Bono ecc.?
Non vuole essere la mia una accusa ai colleghi: il
fatto è che negli ultimi anni siamo stati così
“bombardati” dalle novità in campo gestionale
che stiamo rischiando di diventare dei semplici
dirigenti senza più quella specificità che la
gran parte ritiene costitutiva del nostro essere
operatori della Scuola e nella Scuola. Non è un
caso che si parla per il futuro di nuove figure
intermedie che dovrebbero “coordinare la
didattica”. Quando questo avverrà (e qualcuno
anche tra i DS spera che si arrivi molto preso) il
processo di omologazione ai Dirigenti
amministrativi sarà completato. Per fortuna spero
di essere a quel punto fuori dal servizio.
Dovremo chiederci quanto abbia pesato la scarsa
considerazione delle specificità della figura del
Preside e del Direttore didattico da parte delle
associazioni e dei sindacati di sinistra. Anche la
rivendicazione dell’unicità della figura
dirigenziale nella Scuola, dalle elementari agli
istituti professionali, ha contribuito a questo
risultato. Con Berlinguer tutti erano abilitati a
dirigere tutto; non è questione di gerarchie, ma
solo di competenze, di storie personali e di
rispondenza alle caratteristiche di un certo tipo
di scuola. Almeno questa è la mia opinione!
Gestire una scuola è diverso dal “dirigerla”
e forse non ha tutti i torti l’assessore veneto
all’istruzione quando riscopre una vecchia idea,
quella dei due Dirigenti, uno amministrativo (che
può gestire fino a cinque scuole) e l’altro
didattico, che deve essere incardinato nella
“sua” Scuola. Lo diceva in un recente Convegno
il buon Scurati: non si può disgiungere il
problema della figura del D.S. dal problema del
dimensionamento. Credo che su questi temi occorra
ancora riflettere
Prof. Pasquale D’Avolio
Preside I.C. di Arta-Paularo (UD)
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