Docenti, cambia il reclutamento
Corriere della Sera - 19 febbraio 2003
Alla vigilia
del varo della riforma riprende il dibattito sui
precari e la selezione degli insegnanti
Corsi
abilitanti a numero chiuso al posto dei vecchi
concorsi
MILANO - Alla
vigilia dell’approvazione della riforma della
scuola, si prepara anche una rivoluzione nel
reclutamento dei docenti con la scomparsa dei
vecchi concorsi. Per diventare insegnante non ci
saranno più chilometriche prove scritte ei orali.
Spariranno le centinaia di migliaia di fascicoli
dagli archivi dei provveditorati, custoditi per
anni sino all’esaurimento delle graduatorie dei
concorsi. E con il concorso pubblico dovrebbe
andare in soffitta anche la vecchia forma del
precariato, cioè l’estenuante attesa di una
supplenza per racimolare punteggio nella speranza,
magari dopo qualche decennio, di poter diventare
docente di ruolo. Sembra che questa impostazione,
in linea teorica, non trovi sbarramenti da parte
delle opposizioni parlamentari, né tanto meno da
parte delle organizzazioni sindacali della scuola.
Al vecchio sistema di reclutamento basato sul
concorso si sostituisce l’accesso tramite la
laurea quinquennale specializzante. Tre anni di
corso di laurea cui si aggiunge un biennio
universitario di specializzazione con tirocinio
presso le scuole. Saranno poi queste scuole a
rilasciare il titolo di abilitazione
all’insegnamento ai singoli tirocinanti. E
questo titolo abilitante sarà l’unico a
consentire l’accesso all’insegnamento da una
certa data, secondo la regola del numero chiuso.
Ogni anno, in prospettiva, la quantità di
studenti che si avvierà ai corsi di laurea per la
specializzazione all’insegnamento corrisponderà
alla quantità di posti messi a disposizione per
l’accesso alla docenza nelle scuole. Si prevede
una sola graduatoria nazionale articolata per
regioni. Da questa graduatoria, si dovrebbero
reclutare i docenti del futuro. Con questo nuovo
percorso si pensa di porre fine al precariato. In
pratica il meccanismo non regge, sostiene Massimo
Di Menna, segretario nazionale della Uil scuola.
«La proposta Moratti presenta due punti di
debolezza. Il primo riguarda la fase transitoria.
Non si può pensare di favorire l’ingresso di
docenti giovani con la laurea abilitante a
discapito di chi è già abilitato ed è precario.
Con questo meccanismo sarebbero tagliati fuori
decine di migliaia di supplenti abilitati. Il
secondo si riferisce alla mancanza di volontà
politica nel definire la quantità di posti
vacanti sui quali nominare gli insegnanti di
ruolo. Si tratta di quasi 100.000 posti su cui
attualmente lavorano i supplenti. Se non si
risolveranno questi due nodi, il precariato non si
esaurirà mai».
Al ministero si sta lavorando da tempo per
affinare le nuove proposte di reclutamento. Si
procede con molta cautela e attenzione ai
particolari, afferma Sergio Scala, vice direttore
generale agli ordinamenti scolastici. «Ci
troviamo di fronte a un cambiamento del sistema di
reclutamento del personale che dovrà tener conto
della riforma dei cicli, ma soprattutto della
ricostruzione dei percorsi formativi nei vari tipi
di scuola».
Da un convegno nazionale che si è tenuto presso
l’università di Messina è arrivato un nuovo
allarme da parte dei laureati che frequentano gli
attuali corsi biennali di specializzazione per
conseguire l’abilitazione. L’allarme è stato
raccolto anche da coloro che l’abilitazione
universitaria la hanno già conseguita e temono di
essere tagliati fuori da future prospettive di
immissione in ruolo. Sergio Scala ritiene che
questi tronconi di specializzazione debbano essere
riassorbiti dai nuovi corsi di laurea abilitanti a
numero chiuso.
Ma Di Menna mostra molto scetticismo: «Per il
momento ci sono tre generi di precari: gli
abilitati con molti anni di servizio, gli
abilitati tramite il concorso pubblico e gli
abilitati dei corsi di specializzazione
universitaria. Se non si assorbe questa grande
massa di docenti, coprendo i posti vacanti con
nuove immissioni in ruolo, saremo punto e daccapo.
La cosa migliore è quella di prevedere un nuovo
doppio canale di reclutamento assumendo una quota
consistente di docenti dalle attuali graduatorie
permanenti, mentre la parte restante dei posti
vacanti, fino ad esaurimento del precariato,
potrebbe essere assegnata ai giovani neolaureati
con il futuro numero chiuso». Franz Foti
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