Libri
di storia poco oggettivi, il governo controlli»
Risoluzione di Forza Italia approvata in
commissione. Giovanardi: ma saranno sempre le
scuole a scegliere i testi. L’Ulivo: è censura
Corriere della Sera - 12 dicembre 2002
ROMA - Un insegnamento «secondo criteri oggettivi rispettosi
della verità storica». E manuali di «assoluto
rigore scientifico che tengano conto, in modo
obiettivo, di tutte le correnti culturali e di
pensiero». E’ una risoluzione approvata dalla
maggioranza in commissione Cultura della Camera a
riaprire la vecchia polemica sui libri di storia.
Un documento discusso. Perché assegna al governo
il compito di garantire che i due obiettivi
vengano raggiunti, «pur nel rispetto
dell’autonomia delle istituzioni scolastiche».
L’opposizione protesta, parla di «censura e
oscurantismo». Ma la Casa delle libertà difende
la sua scelta, anche se il presidente della
commissione, Ferdinando Adornato, aveva tentato
inutilmente una mediazione: lasciar cadere la
risoluzione e avviare un’indagine conoscitiva.
Spiega Fabio Garagnani, primo firmatario della
risoluzione e deputato bolognese di Forza Italia,
che un anno fa diede vita a Telefono amico, per
raccogliere le denunce sugli episodi di propaganda
contro Berlusconi nelle scuole: «Sbaglia chi
parla di intenti censori o di liste di
proscrizione. Noi vogliamo solo garantire più
libertà. Non è possibile che a scuola si parli
dei lager ma non dei gulag, che non si faccia
parola sulle foibe, che non si riconosca il
significato del 18 aprile 1948». Carlo Giovanardi,
ministro per i Rapporti con il Parlamento, usa
toni concilianti: «L’unica cosa che il governo
può fare è promuovere le condizioni perché nel
nostro Paese sia presente un’offerta di libri
pluralista. Saranno poi gli organi collegiali
della scuola, nella loro autonomia e nel rispetto
della libertà d’insegnamento, a scegliere il
testo che ritengono più opportuno».
Ma il centrosinistra protesta e ricorda il precedente di
Francesco Storace: due anni fa il presidente della
Regione Lazio decise di creare una commissione per
il controllo dei libri di storia. Piero Fassino,
segretario dei Ds, chiede un «chiarimento al
ministro Moratti». E parla di «oscurantismo»:
«Non si è mai visto che si invochi il controllo
politico sui libri di testo». Luciano Violante,
nell’editoriale di oggi su l’Unità , sostiene
che il «Paese chiude la libertà costituzionale
d’insegnamento». Andrea Colasio, Margherita,
giudica la risoluzione «una cosa da Minculpop»,
il ministero della propaganda ai tempi del
fascismo. Mentre Katia Bellillo, Rifondazione
comunista, parla di «censura»: «La maggioranza
mette in discussione la libera circolazione delle
idee».
In concreto cambia poco, quasi nulla. Lo stesso
Garagnani ammette: «Ho voluto sollevare il caso,
far nascere un dibattito. Certo, il ministero
dell’Istruzione potrebbe fare una circolare per
cambiare i criteri nella scelta dei libri. Ma so
benissimo che non succederà». Resta il fatto che
una risoluzione approvata dal Parlamento è
vincolante per l’esecutivo. Ma secondo i dati
trasmessi alla Camera, finora il governo
Berlusconi ha rispettato meno del 40 per cento
degli impegni presi in Parlamento con risoluzioni,
mozione e ordini del giorno. Nemmeno in passato le
cose erano andate molto meglio.
L. Sal.
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