Capi d’istituto più vicini alla trattativa

di Marco Ludovico e Nicola D’Amico

da Il Sole 24 ore - Sabato 8 Luglio 2000

 

Capi di istituto dirigenti, con norme analoghe a quelle degli altri colleghi del pubblico impiego, e un riconoscimento economico, legato al nuovo profilo, che dovrebbe ammontare a 25 milioni in più all’anno. Il ministro della Pubblica istruzione, Tullio De Mauro, ha dato un colpo di acceleratore al rinnovo della disciplina dei presidi e direttori didattici: nei giorni scorsi, infatti, ha trasmesso al collega della Funzione pubblica, Franco Bassanini, la proposta di atto di indirizzo che il Governo deve inviare all’Aran, l’agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni.

Sulla scorta del documento ufficiale dell’Esecutivo, il confronto con i sindacati per il primo contratto dirigenziale nella scuola potrà finalmente partire. Non c’è molto tempo a disposizione, visto che dal 1° settembre dovrebbe scattare l’autonomia degli istituti scolastici, garantita, secondo la riforma, anche dall’attribuzione della dirigenza ai capi di istituto.

La materia che scotta di più, ovviamente, è quella economica. Per questo De Mauro ha inviato nelle scorse settimane una lettera al presidente del Consiglio, Giuliano Amato, e al ministro del Tesoro, Vincenzo Visco, per proporre, nel triennio 2001-2003, un impegno finanziario pari a 250 miliardi di lire l’anno: circa 25 milioni in più per ogni capo d’istituto.

Somme del genere sarebbero giustificate, secondo De Mauro, dal fatto che siamo di fronte a un "contratto di ingresso", che non potrebbe fare affidamento soltanto sulle risorse per la normale crescita delle retribuzioni, stabilite dal Dpef-documento di programmazione economica e finanziaria dell’anno scorso, con un incremento pari all’1,2% per il 2000 e l’1,1% per il 2001. Sui fondi davvero disponibili rimane comunque incertezza.

Il quadro delle norme del nuovo rapporto di lavoro dei presidi e direttori didattici, invece, appare già piuttosto dettagliato, secondo la nota formulata dal ministero della Pubblica istruzione.

Terminata tutta la fase complessa della formazione, al neodirigente scolastico, inquadrato in ruoli regionali, spettano poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane, oltre all’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse del personale. Il responsabile dell’istituto, dice la proposta ministeriale, assicura la gestione unitaria dell’istituto, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati di servizio. Organizza inoltre l’attività scolastica secondo criteri di efficienza ed efficacia formativa, ed è titolare delle relazioni sindacali. Risponde in ordine ai risultati valutati.

Comunque, sostiene la Pubblica istruzione, il contratto dovrà adeguare la disciplina della dirigenza scolastica a quella generale della dirigenza pubblica. Nel rispetto dei poteri degli organi collegiali, sostiene il Ministero, è necessario consentire l’efficace esercizio, da parte dei dirigenti scolastici, degli autonomi poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane connessi all’attribuzione della qualifica dirigenziale e la responsabilità della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati di servizio.

Il nuovo assetto del rapporto di lavoro dei capi d’istituto dovrebbe realizzarsi su tre livelli: il contratto collettivo nazionale, che definisce gli istituti fondamentali e rinvia all’integrativo alcune materie; l’integrativo nazionale, che dovrebbe occuparsi, in particolare, di mobilità regionale e interregionale, valutazione e formazione; l’integrativo regionale, infine, destinato soprattutto a questioni come pari opportunità, igiene e sicurezza.

Un passaggio delicato riguarda la mobilità e i criteri di valutazione dei neodirigenti scolastici. La proposta di direttiva cita una serie di principi di massima. Ma è certo che su questi aspetti il confronto con i rappresentanti sindacali sarà serrato.

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