Organi collegiali, presidi al bivio

 

Per il presidente dell'Anp, Giorgio Rembado, il provvedimento evidenzia alcune carenze
Organi collegiali, presidi al bivio

Dirigenti veri o tecnocrati senza potere? «Serve autonomia»

di Enrico Lenzi - Avvenire-28-03-2002

 

È una delle riforme più attese, ma che mostra un cammino davvero difficile. È la legge sui nuovi organi collegiali d'istituto, destinati a regolare il governo della scuola dell'autonomia. Un testo è attualmente fermo nell'aula di Montecitorio dopo la discussione generale. Bisognerebbe passare al voto dei singoli articoli, ma sul testo sono state sollevate critiche sia da parte dell'opposizione sia da una parte della stessa maggioranza di centrodestra. Risultato: il testo però resta in «sospeso» in attesa di essere riposto nel calendario dei lavori dell'aula di Montecitorio. Ma il dibattito tra le componenti della scuola prosegue. Dopo i genitori e il coordinatore del Forum delle associazioni delle famiglie presso il ministero dell'Istruzione, parlano i presidi, che, con la riforma, vedono aumentare il loro ruolo negli organi collegiali. Ma la categoria esprime alcune perplessità e dubbi.

Milano. Veri dirigenti scolastici o tecnocrati senza un potere reale? È il dilemma davanti al quale si trovano le migliaia di capi d'istituto. A riaprire la questione anche la proposta di riforma degli organi collegiali. Guardando il testo vengono indicati come i veri «vincitori» all'interno dei nuovi organi di governo della scuola. «Un'impressione che non corrisponde al vero» smorza Giorgio Rembado, il presidente nazionale dell'Associazione nazionale presidi (Anp), la maggior organizzazione della categoria. «Non voglio entrare su questo aspetto perché altrimenti mi si accuserebbe di difesa corporativa - spiega -, ma certo si ipotizza la figura di un dirigente che fa molte cose e assomma funzioni negli organi collegiali, senza avere però veri e reali poteri». Ancora più duro il commento di Roberto Pellegatta, responsabile nazionale della Disal presidi, che condivide questa preoccupazione. «Con la dirigenza scolastica ci stiamo sempre più trasformando in tecnocrati della scuola - denuncia - e perdiamo invece quello che consideriamo il ruolo principale della nostra azione: la direzione educativa». Insomma la riforma degli organi collegiali sembra intrecciarsi con il ruolo del dirigente scolastico all'interno dell'istituzione.
Le obiezioni al testo, però, lasciano in secondo piano le polemiche sul ruolo del capo d'istituto. «Ritengo che il testo in discussione - commenta Giorgio Rembado dell'Anp - evidenzi tre problemi: l'eccessiva rigidità, la scelta elettiva al posto della valorizzazione delle competenze e la "demonizzazione" degli esterni». Sul primo punto la critica del leader dell'Anp si concreta sulla rigidità della composizione del consiglio della scuola. «Ancora una volta - dice - si indica la composizione numerica del consiglio e non si sceglie la strada di lasciare le singole scuole libere di scegliere al proprio interno il tipo di composizione. Siamo o non siamo la scuola dell'autonomia? E allora bisogna avere più coraggio, nella consapevolezza che la scuola deve essere capace di risolvere al proprio interno i problemi attraverso il confronto e il dialogo tra le varie componenti». Mancanza di coraggio che, secondo Rembado, si è avuto pure sul nome dell'organo di governo della scuola («davvero un bel guizzo di fantasia» commenta ironico), ma «anche sulla presenza di soggetti esterni al mondo scolastico». Il riferimento è alla figura di tre esperti esterni previsti in un primo momento all'interno del consiglio della scuola e «scomparsi» nel testo votato dalla commissione. «Ancora una volta - commenta Rembado - ha vinto l'autoreferenzialità della scuola e la paura dell'esterno».
Più spinoso invece il tema della scelta elettiva dei componenti del consiglio della scuola. «Nessun attacco al metodo democratico - precisa Rembado -, ma va detto che il criterio di composizione di un organismo chiamato a gestire la scuola non può essere soltanto elettivo dimenticandosi delle competenze che invece servono. Si pensi al caso del nucleo di valutazione. A presiederlo sarà il genitore più votato, come se il grado di consenso fosse lo strumento per stabilire capacità e competenze necessarie alla guida di un organismo così delicato». Analogo discorso per i componenti del consiglio della scuola. «Forse sarebbe meglio che prima della designazione da parte delle singole componenti - propone il presidente dell'Anp - si tracciasse un identikit delle competenze necessarie richieste a chi venisse scelto per farvi parte».
Preoccupato della possibile «mortificazione del corpo docente» si dice Roberto Pellegatta della Disal. «Nel progetto il loro ruolo è davvero marginale. Si rischia il paradosso di aver da una parte caricato sui docenti l'impegno di dar vita alla riforma della scuola e dall'altra di averli messi in secondo piano negli organi di governo». Senza dimenticare che «mentre si da cittadinanza nella scuola alle associazioni di genitori e studenti, quelle dei docenti restano ancora escluse, delegando il tutto ai soli sindacati», conclude Pellegatta.
Dunque testo bocciato? «Non sarei così drastico - risponde Rembado dell'Anp -, ma certo ci auguriamo che il testo nel suo cammino parlamentare possa essere migliorato, dando diversa soluzione in particolare ai tre punti critici che coma Anp abbiamo indicato».