Indizione di assemblee
sindacali in orario di lavoro
Sentenza del Tribunale di Lucca sulle prerogative delle RSU
Il Tribunale di Lucca ha emesso
il 13 luglio 2001 una interessante sentenza circa il diritto di un
singolo componente della RSU di una scuola ad indire assemblea sindacale in
orario di servizio del personale coinvolto. Il dott. Paolo Bernardini, in
funzione di giudice del lavoro, ha stabilito che il rispetto dei contratti, sia
quelli collettivi nazionali che quelli quadro, non può integrare il reato di
comportamento antisindacale ex art.28, L.300/70, per il dirigente che li applichi.
Diversamente hanno sentenziato i giudici di altri tribunali (Civitavecchia e
Pinerolo).
In attesa delle immancabili sentenze di appello, bisogna ricordare che i
dirigenti devono in ogni caso applicare le norme contrattuali validamente
sottoscritte, in particolare, al di là delle contrapposte sentenze:
1.
l'art.2,
comma 2, del CCNQ 7/8/98 che rinvia all'art.10 del medesimo contratto, secondo
cui il diritto ad indire assemblee spetta esclusivamente ai soggetti sindacali
in possesso del requisito di rappresentatività;
2.
l'art.13
del CCNL del 15/3/2001 - secondo biennio economico del comparto scuola - che ha
stabilito che
«1. I dipendenti hanno diritto a partecipare, durante l'orario di lavoro, ad
assemblee sindacali, in idonei locali concordati con la parte datoriale
pubblica per n. 10 ore annue pro capite senza decurtazione della retribuzione.
2. Le assemblee che riguardano la generalità dei dipendenti o gruppi di essi
possono essere indette con specifico ordine del giorno:
o
a)
singolarmente o congiuntamente da una o più organizzazioni sindacali
rappresentative nel comparto ai sensi dell'art. 1, comma 5, del CCNQ del 9
agosto 2000 sulle prerogative sindacali;
o
b) dalla
R.S.U. nel suo complesso e non dai singoli componenti, con le modalità
dell'art. 8, comma 1, dell' accordo quadro sulla elezione delle RSU del 7
agosto 1998;
o
c) dalla
RSU congiuntamente con una o più organizzazioni sindacali rappresentative del
comparto ai sensi dell'art. 1, comma 5, del CCNQ del 9 agosto 2000 sulle
prerogative sindacali.
3. Per quanto
non previsto e modificato dal presente articolo restano ferme la disciplina del
diritto di assemblea prevista dall'art. 2 del CCNQ 7 agosto 1998 sulle modalità
di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi, nonché delle altre
prerogative sindacali e la disciplina prevista dall'art.13 del CCNL 4. 8. 1995,
per quanto non modificato ed integrato dal presente articolo».
3.
la
RSU a maggioranza può indire assemblee esclusivamente nel luogo di lavoro,
poiché non sono state costituite forme di coordinamento tra le RSU non essendo
stato mai stipulato un accordo di comparto, integrativo dell'Accordo quadro del
7/8/98.
4.
le
pubbliche amministrazioni (e i dirigenti che le rappresentano) ai sensi
dell'art.40, comma 4, del decreto legislativo 165/2001 sono tenute ad adempiere
«agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla
data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l'osservanza nelle forme
previste dai rispettivi ordinamenti».
N. 115112001 R.G.
Il Giudice
a scioglimento della riserva assunta
all'udienza del 6/7/2001 osserva come il ricorso sia privo di fondamento.
Come noto, l'art. 44-bis della L. 18/3/68 n.
249 ha disposto in origine che i dipendenti civili dello Stato hanno diritto di
riunione nell'unità amministrativa durante l'orario di lavoro nei limiti di
dieci ore annue. Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei
lavoratori o gruppi di essi - sono indette, prosegue la norma, singolarmente o
congiuntamente dalle organizzazioni sindacali rappresentate nel consiglio
d'amministrazione con ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del
lavoro, secondo l'ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al
dirigente l'unità (articolo aggiunto dall'art. 20, L. 28 ottobre 1970, n. 775 per
conformarsi alla disciplina dettata dell'art. 20 dello Statuto di lavoratori
allora di recente promulgazione).
Oggi, in maniera più completa, l'art 47 del
D. Lgs. 3/2/93 n. 29 (sostituito dall'art. 6, D.Lgs. 4 novembre 1997, n. 396)
dispone che nelle pubbliche amministrazioni la libertà e l'attività sindacale
sono tutelate nelle forme proposte dalle disposizioni della Legge 20 maggio
1970, n. 300.
La norma aggiunge che fino a quando non
vengano emanate norme di carattere generale sulla rappresentatività sindacale
che sostituiscano o modifichino tali disposizioni (cioè lo Statuto dei
lavoratori e successive modificazioni), le pubbliche amministrazioni osservano
le disposizioni seguenti in materia di rappresentatività delle organizzazioni
sindacali ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali
nei luoghi di lavoro e dell'esercizio della contrattazione collettiva.
In ciascuna amministrazione, ente o struttura
amministrativa le organizzazioni sindacali che siano ammesse alle trattative per
la sottoscrizione dei contratti collettivi possono costituire rappresentanze
sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 e seguenti della legge 20 maggio
1970, n. 300. Ad iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni sindacali
suddette, viene altresì costituito un organismo di rappresentanza unitaria del
personale mediante elezioni alle quali è garantita la partecipazione di tutti i
lavoratori. Gli accordi o contratti collettivi nazionali, tra l'ARAN e le
confederazioni o organizzazioni sindacali rappresentative, possono prevedere
che siano costituite rappresentanze unitarie del personale comuni a più
amministrazioni o enti di modeste dimensioni ubicati nel medesimo territorio.
Essi possono altresì prevedere che siano costituiti organismi di coordinamento
tra le rappresentanze unitarie del personale nelle amministrazioni e enti con
pluralità di sedi o strutture. Gli accordi o contratti collettivi che regolano
l'elezione e il funzionamento dell'organismo, stabiliscono i criteri e le
modalità con cui sono trasferite ai componenti eletti della rappresentanza
unitaria del personale le garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali
aziendali delle organizzazioni sindacali che li abbiano sottoscritti o vi
aderiscano. I medesimi accordi possono disciplinare le modalità con le quali la
rappresentanza unitaria del personale esercita in via esclusiva i diritti di
informazione e di partecipazione riconosciuti alle rappresentanze sindacali
aziendali.
Come si vede tale normativa (collocabile sul
piano delle fonti allo stesso livello dello statuto dei lavoratori anche ai
fini del disposto dell'art. 40 di esso) rimanda con ampi poteri di disciplina
alla contrattazione collettiva la quale va pure ricordato si svolge su tutte le
materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali (art. 45 D.
Lgs. citato), con facoltà di disciplinare i rapporti sindacali e gli istituti
della partecipazione anche con riferimento agli atti interni di organizzazione
aventi riflessi sul rapporto di lavoro (art. 10 D. Lgs. citato). Del resto
l'art. 2 del più volte citato decreto legislativo dispone che eventuali
disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei
rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle
amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da
successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono
ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso
contrario.
Il riferimento contenuto, dunque, nello
Statuto dei lavoratori ai contratti collettivi (e la relativa interpretazione
giurisprudenziale) riguarda soltanto quelli di diritto comune ovvero conclusi
nell'ambito del settore privato; ben diversa portata hanno come si è avuto ora
modo di notare, e senza che ciò abbia portato a rilievi di incostituzionalità,
gli accordi quadro e di comparto stipulati nell'ambito della pubblica
amministrazione.
In attuazione di quanto disposto dal citato
articolo 47 è stato, pertanto, sottoscritto l'Accordo 7 agosto 1998 ovvero il
contratto collettivo nazionale quadro sulle modalità di utili dei distacchi,
aspettative e permessi nonché delle altre prerogative sindacali.
All'art.1 si precisa che, “ove il presente contratto
o i contratti collettivi nazionali di comparto non dispongano una specifica
disciplina nelle materie relative alla libertà e dignità del lavoratore ed alle
libertà ed attività sindacali, si intendono richiamate le norme di minima
previste dalla legge n.300 del 1970”.
L'art.2 disciplina il diritto di assemblea e
nel fare salva la competenza dei contratti collettivi di comparto o area a
definire condizioni di miglior favore dispone che le assemblee che riguardano
la generalità dei dipendenti o gruppi di essi, possono essere indette
singolarmente o congiuntamente, con specifico ordine del giorno su materie di
interesse sindacale e del lavoro, dai soggetti indicati nell'art. 10 ovvero
1. i componenti delle RSU;
2. i dirigenti sindacali rappresentanze aziendali (RSA)
delle associazioni rappresentative ai sensi dell'art.10 dell'accordo stipulato
il 7 agosto 1998;
3. i dirigenti sindacali dei terminali di tipo
associativo delle associazioni sindacali rappresentative che dopo la elezione
delle RSU, siano rimasti operativi nei luoghi di lavoro nonché quelli delle
medesime associazioni, aventi titolo a partecipare alla contrattazione
collettiva integrativa, ai sensi dell'art.5 dell'accordo stipulato il 7 agosto
1998;
4. dirigenti sindacali che siano componenti degli organismi
direttivi delle proprie confederazioni ed organizzazioni sindacali di categoria
rappresentative non collocati in distacco o aspettativa.
La clausola dell'accordo, così come del resto
la disciplina dello Statuto dei lavoratori, tiene infatti conto della esistenza
o sopravvivenza nei luoghi di lavoro delle diverse rappresentanze sindacali le
quali a differenza di quelle unitarie esercitano in maniera autonoma e separata
la loro attività; se si rammenta invero la ratio per la quale furono
introdotte nelle relazioni sindacali le nuove figure rappresentative unitarie
(RSU) si comprende il perché appaia coerente assegnare a costoro invece un
obbligo di agire congiuntamente all'indirizzo della controparte e pertanto
ritenere che il dato letterale della clausola 2 si riferisce non tanto alla
possibilità per i singoli componenti della RSU di convocare l'assemblea quanto
alla diversa ipotesi della eventuale coesistenza nell'unità amministrativa dei
diversi titolari dei diritti sindacali elencati nella successiva clausola 10,
Coerentemente l'art.5 dell'Accordo quadro del
7/8/98 (per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie per il
personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni e per la definizione dei
relativo regolamento elettorale) ha stabilito che, fermo rimanendo quanto
previsto dall'art.47, comma 2 del D.Lgs. n. 29 dei 1993, i CCNL di compatto
possono disciplinare le modalità con le quali la RSU può esercitare in via
esclusiva i diritti di informazione e partecipazione alle rappresentanze sindacali
dall'art.10 del D.Lgs. n. 29 dei 1993 o da altre disposizioni di legge o
contratto collettivo e che in favore delle RSU sono, pertanto, garantiti
complessivamente ì seguenti diritti: a) diritto ai permessi retribuiti; b)
diritto ai permessi non retribuiti di cui all'art.12 del CCNL quadro dei 7
agosto 1998; c) diritto ad indire l'assemblea dei lavoratori; d) diritto ai
locali e di affissione secondo le vigenti disposizioni.
A tal fine la norma dell'art.8 dispone che le
decisioni relative all'attività della RSU sono assunte a maggioranza dei
componenti.
Tale disposizione è fondamentale in quanto assegna rilievo unitario alla
rappresentativa tramite il criterio democratico della volontà della maggioranza
facendola divenire volontà unitaria del gruppo, riferibile anche ai
dissenzienti; principio maggioritario che nella dogmatica giuridica
tradizionale si pone in contrasto con il sistema del diritto privato retto
dall'autonomia del singolo e dunque coerente quest'ultimo soltanto con il
principio di unanimità.
Dunque l'art.13 del successivo accordo di
comparto del 15/3/2001 nel prevedere che le assemblee possono essere indette
con specifico ordine dei giorno:
a.
singolarmente o
congiuntamente da una o più organizzazioni sindacali rappresentative nel
comparto ai sensi dell'art.1, comma 5, del C.C.N.Q., del 9 agosto 2000, sulle
prerogative sindacali;
b.
dalla R.S.U. nel suo
complesso e non dai singoli componenti con le modalità dell'art. 8, comma 1,
dell'accordo quadro sulla elezione delle R.S.U. del 7 agosto 1998;
c.
dalla R.S.U.
congiuntamente con una o più organizzazioni sindacali rappresentative del
comparto ai sensi dell'art.1, comma 5, del C.C.N.Q., del 9 agosto 2000, sulle
prerogative sindacali;
viene semplicemente a chiarire quanto già era
desumibile in via interpretativa sul punto dai testi quadro del 1998.
Non occorre statuire sulle spese procedurali in considerazione del fatto che le
parti convenute si sono difese personalmente (la particolarità della
fattispecie e l'incertezza del quadro giurisprudenziale avrebbe giustificato
comunque la loro compensazione).
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
Così deciso in Lucca il
13/7/2001.
Il Giudice
Dr Paolo Bernardini