CCNL
scuola, riforme, stato giuridico dei docenti,
collaboratori del dirigente e gestione delle
scuole
Lettera aperta a ministri, parlamentari e partiti
Fonte:
sito web ANP – 11 giugno 2003
L'Anp
e altre associazioni professionali di docenti - DIESSE,
A.P.E.F.,
A.N.VI.
e A.D.Do.C - hanno indirizzato oggi una
lettera aperta ai Ministri dell'Istruzione e
della Funzione pubblica, ai Parlamentari delle VII
Commissioni di Camera e Senato ed ai responsabili
degli uffici scuola dei partiti per esprimere - in
relazione alla recente firma della preintesa sul
CCNL del comparto scuola - la loro netta
contrarietà rispetto ad un accordo che non
soltanto mortifica ancora una volta le aspettative
di riconoscimento della professionalità da parte
dei docenti italiani ma rappresenta un passo
indietro rispetto alle stesse intenzioni iniziali
del governo, espresse negli atti di indirizzo,
nelle dichiarazioni in Parlamento e nei programmi
elettorali. Con la lettera si richiede la
definizione per legge di un nuovo stato giuridico
degli insegnanti che sia coerente con l'autonomia
delle scuole e con i profili delle innovazioni
ordinamentali in atto.
Anp
- Associazione nazionale dirigenti e alte
professionalità della scuola
DIESSE
- Didattica ed innovazione scolastica
A.P.E.F.
– Associazione Professionale Europea Formazione
A.N.VI
– Associazione Nazionale collaboratori Vicari
A.D.Do.C.
– Associazione nazionale Dirigenti e Docenti
Comandati
Lettera
aperta
Al
Ministro dell’Istruzione, Università e
Ricerca
al
Ministro della Funzione Pubblica,
ai
Parlamentari delle VII Commissioni
ai
responsabili degli Uffici scuola dei partiti
Scriviamo questa lettera nella ferma convinzione
che in democrazia, chi ha responsabilità di
Governo ma anche chi ha chiesto e avuto il voto
dagli elettori, abbia il dovere di gettare luce su
fatti altrimenti inspiegabili.
Ci è francamente
impossibile capire come le solide intenzioni più
volte manifestate di una forte attività
riformatrice di questa legislatura nel campo
dell’istruzione, improntata non solo ad una
nuova architettura ordinamentale ma anche ad una
rinnovata metodologia,
in netta discontinuità con la rigida scuola di
Stato preautonomistica, affermata nelle leggi,
ribadita nelle raccomandazioni, negli atti di
indirizzo, nelle dichiarazioni in Parlamento, nei
programmi elettorali,
non si traducano poi nel coraggio politico di
creare strumenti che consentano, concretamente, di
realizzarle.
Chiediamo come mai sia stato possibile
concordare come parte pubblica un contratto della
scuola, assolutamente non innovativo perché non
coerente con le riforme già fatte e da fare ma
addirittura capace di stravolgerle. Chiediamo come
mai sia stato totalmente disatteso l’atto di
indirizzo del
governo che, conscio della necessità di
una nuova organizzazione del lavoro che
l’Autonomia richiede, raccomandava nella
contrattazione il riconoscimento della
professionalità docente in termini di
individuazione di funzioni più complesse e di
carriera. Come si pensa di poter guidare il
cambiamento delle scuole autonome e riformate
senza quella leadership diffusa, ormai acclarata nel resto d’Europa ?
Il contratto che sta per
essere sottoscritto non solo mortifica i docenti,
mantenuti nella loro omogenea e indistinta
compagine impiegatizia, ma impedirà la formazione
e lo sviluppo di quelle alte professionalità in
grado di individuare, orientare, gestire quei
percorsi didattici originali che l’autonomia
postula, nonchè tutte le competenze richieste da
quella cultura della valutazione di sistema nella
quale le scuole autonome devono entrare e che è
prevista con l’INVALSI dalla stessa Riforma
Moratti.
Oltre
a questo, non riconoscendo né economicamente né
giuridicamente le figure dei docenti collaboratori
vicari, ai quali attribuire la vicedirigenza, come
previsto per altri comparti della P.A. dalla Legge
Frattini, ponendo inoltre ai dirigenti stessi
limitazioni nell’autonoma definizione del loro
staff e sottraendo loro prerogative di gestione,
si deprimono le scuole sul piano della gestione e
dell'organizzazione. Così facendo si sottraggono
ai capi di istituto, ai quali una logica coerente
della Legge 59/'97 aveva conferito la qualifica
dirigenziale, gli strumenti per permettere alle
scuole di funzionare e a loro stessi la possibilità
di assumersi concretamente le responsabilità in
una scuola in cui la legge vuole lo Stato non più
gestore ma garante.
Ma la cosa più grave è
che si
sono volute consegnare le scuole e la dignità
professionale di docenti e dirigenti ad una
minoranza sindacalizzata, in perfetto stile
jugoslavo. Perché la volontà politica del
Governo, più volte dichiarata, di ridimensionare
le RSU, si è repentinamente disciolta come neve
al sole riproponendo l’obsoleto e fallimentare
modello dei decreti delegati, con le scuole che,
da luoghi della auspicabile professionalità
autogestita e responsabile, diventano sempre più
dei parlamentini controllati dai sindacati.
Qualcuno può ragionevolmente spiegare in cosa
consiste l’efficacia di un contratto che
consente alle RSU della scuola, unitarie, in
alcuni casi costituite solo da bidelli e
amministrativi, di
contrattare le
modalità e i criteri relativi
all’organizzazione del lavoro e dell’orario
dei docenti e di individuare i criteri per
l’individuazione degli stessi da utilizzare
nelle attività (didattiche) da retribuire con il
Fondo di Istituto?
Fino a quando la Scuola
dovrà essere l’elemento di scambio tra governo
- qualsiasi governo -
e i sindacati, prassi introdotta con la
privatizzazione del rapporto di lavoro nel ‘93
in cambio del sostegno sindacale ad una
Finanziaria da 100.000 miliardi allora e di un
consenso sociale oggi e in futuro?
E come spiegare questa
dicotomia che da una parte parla di innovazione e
di riforme e dall’altra rifiuta perfino
l’elementare richiesta di un’area contrattuale
separata, promessa da questo governo, ed ancora
negata nonostante le migliaia e migliaia di firme
raccolte tra gli insegnanti con una petizione
ancora in corso?
A questo punto chiediamo
al Governo e al Parlamento di riappropriarsi delle
loro prerogative legislative, sottraendo il
destino giuridico, normativo e professionale della
categoria docente ad una contrattualizzazione
conservatrice che invade in modo arrogante materie
che sono riserva di legge.
Chiediamo quindi al
Ministro e al Parlamento di definire per legge un
nuovo stato giuridico degli insegnanti che
ridisegni la struttura della professione che sia
coerente con l’autonomia scolastica e la legge
53/2003. Diversamente, saremo più che certi che
nessuna Riforma del sistema istruzione potrà mai
avere gli strumenti necessari per una positiva e
compiuta realizzazione.
Chiediamo pertanto di
invertire davvero la rotta e di passare da una
politica degli annunci, smentiti dalle decisioni
concrete, ad un cammino riformatore che con
gradualità e determinazione persegua gli
obiettivi tracciati nei programmi politici e di
governo.
Roma, 11 giugno 2003
Anp - Giorgio
Rembado
DIESSE - Giuseppe
Meroni
A.P.E.F. - Paola
Tonna
A.N.VI. - Flavia
De Vincenzi
A.D.Do.C. -
Roberta Sbrana
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