Subito dopo il primo contratto
Uno
sguardo sul futuro
di GIORGIO REMBADO
EDITORIALE
da “Autonomia
&Dirigenza” – n. 1-2-3 dell’anno 2002
La firma definitiva del nostro primo contratto
dirigenziale, apposta in data
1° marzo, ci offre l’opportunità di uscir fuori da
un’emergenza durata
troppo a lungo e di guardare al futuro. Mette in
condizione di riaffrontare
con una diversa disposizione d’animo le difficoltà e i
contrattempi dell’impegno
quotidiano, come pure di riprendere con nuova lena il
cammino del perfezionamento
del quadro riformatore. Nessuno vuol suggerire che, in
attesa del
contratto, i dirigenti avessero trascurato fino ad ora
nelle scuole le loro responsabilità
professionali o che l’Associazione fosse stata
distratta rispetto ai tanti
accadimenti extracontrattuali per una concentrazione
esclusiva sul tavolo della
trattativa. Ma è pur vero che un’attesa tanto
prolungata e un così affannoso
percorso ad ostacoli sul cammino del negoziato (sulle
cui difficoltà rinvio ai
resoconti e ai commenti da poco pubblicati sullo
Speciale Contratto di questa
rivista) rappresentano – e non potevano non
rappresentare - un forte distrattore
per chiunque, tanto che, se non apparisse come una
lusinga, sarebbe giusto
dire che dovremmo congratularci reciprocamente per aver
mantenuto, anche
nei momenti più ingarbugliati del lungo negoziato, un
profilo di serietà e di
lucidità che ha permesso a tutti di svolgere il
proprio compito fino in fondo.
Oggi vogliamo di nuovo guardare avanti, con la stessa
indipendenza di
giudizio e con quella strategia complessiva che hanno
sempre contraddistinto
e guidato le nostre scelte. A cominciare dagli aspetti
contrattuali
immediati, dalla rapida chiusura delle sequenze che
interessano i colleghi
che lavorano all’estero, dalla pronta apertura del
tavolo per la contrattazione
integrativa nazionale e per quella regionale - nel
primo e nel secondo caso per
definire le modalità per l’attribuzione degli
incarichi, per la determinazione dei
benefici economici relativamente al trattamento di
posizione e di risultato e per
tutte le altre materie demandate a quei livelli di
contrattazione -; a cominciare
inoltre dalla volontà di imprimere un’ulteriore
decisiva spinta per l’avvio senza
altri indugi e colpevoli ritardi delle operazioni
concorsuali per il reclutamento
dei futuri dirigenti delle scuole.
Siamo anche preparati all’apertura di una nuova
stagione contrattuale,
che non potrà che essere ispirata, come abbiamo in
tante occasioni sostenuto,
dalla necessità di perseguire l’obiettivo di una completa
e definitiva
perequazione retributiva alla restante dirigenza
pubblica anche sulla parte
accessoria della retribuzione. Su tale fronte l’Anp si
appresta ad aprire un confronto
formale con il Governo per la preventiva acquisizione
delle risorse
necessarie. Siamo del resto consapevoli del fatto che
è assolutamente inutile
dichiarare di voler riaprire tavoli di confronto
negoziale all’Aran per il CCNL
del quadriennio 2002-05 se il Governo non scioglie
tale nodo, dal momento che
allo stato dei fatti manca
la necessaria copertura economica nella Finanziaria
2002 e che quella – peraltro insufficiente a tal fine
– finora stanziata è già stata
utilizzata, grazie alla nostra azione negoziale, con
il primo contratto appena
firmato. Metto pertanto in guardia fin d’ora la
categoria da dichiarazioni
ingannevoli di chi, per ragioni di mera propaganda,
sostenesse di voler riaprire
alle attuali condizioni la trattativa per il prossimo
contratto, perché una siffatta
iniziativa non potrebbe raggiungere l’obiettivo sopra
richiamato della
piena perequazione e si limiterebbe ad un rinnovo a costo zero.
E siamo ora altrettanto pronti a proseguire con
rinnovata energia le altre
battaglie per il miglioramento della scuola e delle
nostre condizioni di
lavoro. Una di queste è sicuramente quella per la
semplificazione delle
procedure, per la quale è stata istituita un’apposita
Commissione ministeriale,
che fino ad ora non ha prodotto alcun risultato.
Un’altra è il contributo che abbiamo già dato e
continueremo a dare per
l’approvazione della migliore legge possibile sulla
riforma degli organi
collegiali della scuola. Su quest’ultima va ricordato
che l’aver contrastato,
al termine della precedente legislatura, il varo della
legge in materia, ha
indubbiamente impedito l’entrata in vigore di un
provvedimento certamente
peggiore di quello che oggi si profila all’orizzonte.
Siamo però ora alle prese
con un testo (A.C. 1186), licenziato dalla VII
Commissione permanente della
Camera, non immune da pecche. Basti pensare alla
chiusura manifestata nei
confronti degli esperti esterni, esclusi dalla
partecipazione al Consiglio della
scuola (quanta fantasia nella scelta del nome, dopo
anni di dibattiti sul tema !),
che perpetua il modello di una scuola tutta serrata in
se stessa e sospettosa nei
confronti del resto del mondo. Oppure alla
rideterminazione rigida della composizione
del Consiglio della scuola, con la quale si è abdicato
ad una soluzione
più flessibile e più garantista delle capacità della
singola istituzione di
autoregolamentarsi in base alle proprie esigenze. O
ancora al non superato criterio
elettivo per la nomina dei componenti dell’organo di
indirizzo e persino
del neoistituito Garante dell’utenza, il genitore più
votato, che avrà anche il
ruolo di presidente del Nucleo di valutazione del
funzionamento dell’istituto.
Quanto è impervia ed in salita la strada per far largo
alle competenze riconosciute
nell’assegnazione degli incarichi, quando non si
riesce a superare il tabù
dell’elezione, e cioè di un criterio solo politico, e
quando non si riesce a far
breccia nel retaggio di una tradizione improntata alla
cosiddetta gestione
sociale della scuola! Il dispregio del riconoscimento
delle competenze dovrebbe
apparire stridente in un ambito quale quello
scolastico, che dovrebbe avere
massima considerazione per la valorizzazione delle
capacità e delle conoscenze.
Ma la nostra battaglia per eccellenza è e resta quella
della effettiva
attuazione dell’autonomia a regime, da numerosi
interventi contrastata
e compromessa. Mi riferisco all’introduzione dei CSA
(Centri
Scolastici Amministrativi), che tendono ad assumere il
ruolo dei Provveditorati
recentemente soppressi, o alla mancata menzione nel
disegno di legge delega
sugli ordinamenti della quota di curricolo
obbligatorio da attribuire alla competenza
delle scuole. Su tutti questi fronti dovremo trovarci
preparati ed uniti a
contrastare gli immancabili oppositori e ad offrire ai
dirigenti e alle scuole
strumenti di lavoro adeguati. In tale direzione va,
tra l’altro, il nostro convinto
appoggio alla costituzione dell’associazione delle
scuole autonome, che può
esprimere, in analogia all’ANCI, il soggetto
rappresentativo degli interessi
delle istituzioni scolastiche per rafforzarne il ruolo
e renderle interlocutrici
credibili nei confronti delle amministrazioni e degli
enti esterni.
A questi temi e ad altri ancora è dedicato il presente fascicolo della rivista.