Contratto e non solo

Il senso del primo CCNL della categoria

 

di GIORGIO REMBADO

 

Autonomia & Dirigenza – n. 10 – 11 – 12 – Ott – Nov – Dic 2001 - pag. 2

 

EDITORIALE

 

Avremmo voluto su questa materia scrivere un editoriale e pubblicare uno Speciale contratto molto tempo fa (logica e normale buon senso avrebbero imposto che si potesse partire, come noi chiedevamo, con la stipula del primo contratto contestualmente all’entrata in vigore dell’autonomia e all’attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di istituto il 1 settembre 2000) e pertanto il primo interrogativo che non può rimanere senza risposta è perché ci è voluto tutto questo tempo per sbloccare la situazione contrattuale e per arrivare alla sottoscrizione dell’ipotesi di accordo, che rappresenta l’ultimo atto in vista della firma definitiva del CCNL.

 

Non sono infatti i 3 atti di indirizzo del comitato di settore, anche se in astratto ne poteva bastare uno solo, ad uscire fuori dalla normale prassi negoziale, né tanto meno la firma a contratto scaduto. In altre occasioni, magari separatamente, si sono verificate entrambe le circostanze. Ma in questo caso gli aspetti di eccezionalità non solo hanno prevalso, producendo sempre imprevisti e complicazioni, ma si sono accumulati fino alla fine e hanno ritardato e via via intralciato il regolare percorso della trattativa.

 

Basti richiamare la lentezza dei preliminari, dalla definizione dell’Area all’accertamento delle sigle ammesse al tavolo, nel primo caso per il rifiuto in termini di principio dell’Area I della dirigenza quale contenitore del contratto dei capi di istituto da parte degli altri attori negoziali e nel secondo per la pretesa di un sindacato minoritario di voler essere parte contrattuale a prescindere dalla sua reale rappresentatività di settore. In tutta questa fase è stato esercitato da altri meno interessati alle sorti dei capi di istituto il potere di veto, consentito nei fatti non solo dal peso contrattuale delle organizzazioni sindacali di comparto ma anche dal fatto che la rappresentatività dell’Anp, pur largamente

maggioritaria, non superava la soglia della maggioranza assoluta.

 

A ciò si aggiunga che prima e durante la trattativa la dimensione politica del problema è diventata a più riprese di gran lunga prevalente: ne fanno buona testimonianza la indisponibilità del precedente Governo ad incrementare le risorse finanziarie utilizzabili e le resistenze del Tesoro nell’attuale Esecutivo a rendere fruibili i 40 miliardi della finanziaria 2002 per la chiusura di questo contratto.

M

ai come in questa trattativa gli aspetti extracontrattuali hanno avuto

un ruolo altrettanto di rilievo rispetto alle dinamiche interne al tavo-lo.

Questo dovrebbe far riflettere sulla reale posta in gioco, che va al

di là della materia disciplinata dal contratto e dall’ammontare delle risorse uti-lizzate

e che investe piuttosto da un lato la contrastata introduzione di un profilo

pienamente dirigenziale nella scuola e dall’altro il peso dell’Anp, maggioritario,

come si è già scritto, in termini relativi ma non assoluti.

 

Tralasciamo poi ulteriori elementi di disturbo, ascrivibili alla mera sfera della propaganda, quali la disinformazione a piene mani profusa nell’intervallo tra maggio ed ottobre e a tutt’oggi, nonostante tutto, ancora non del tutto sopita, tendente a sostenere, ad onta dell’evidenza, che l’Anp era disponibile a chiudere ad ottobre alle stesse condizioni respinte a maggio. Di fronte alla cecità o alla malafede naturalmente non valgono le ragioni e neppure le cifre, che noi abbiamo voluto sempre richiamare e che portano, come più dettagliatamente si chiarisce in altre pagine della rivista, ad una differenza retributiva

nel contratto definitivo rispetto all’ipotesi di maggio di circa 540.000 lire mensili al lordo, corrispondenti a 300.000 lire mensili nette, gli aumenti contrattuali.

Né vale il dato dell’incremento dell’ammontare complessivo delle risorse di quasi il 50 % tra la proposta Aran di maggio da noi rifiutata rispetto a quella di ottobre, incremento dovuto all’esclusiva azione politica dell’Anp, che pose al Ministro dell’Istruzione all’inizio dell’autunno quattro condizioni irrinunciabili, che costituirono, una volta accolte, le premesse per la chiusura del contratto. A coloro i quali per motivi di concorrenza sleale fingono di non vedere, bisognerebbe chiedere ragione della motivazione posta alla base dello sciopero dell’11 gennaio, poi rientrato, proclamato da CGIL CISL UIL , della rivendicazione cioè dell’utilizzo in questo contratto dei 40 miliardi della finanziaria 2002, che rappresentava per l’appunto una delle quattro condizioni acquisite dalla trattativa politica dell’Anp, e farsi spiegare come mai alla fine la stessa fosse stata ritenuta rilevante per una chiusura onorevole del contratto, in termini migliorativi rispetto a maggio. E varrebbe la pena ricordare loro che proprio la CGIL, in sede di chiusura di trattativa, aveva espresso non poche riserve sull’utilizzo di tale somma, svolgendo un’azione del tutto simile al ruolo giocato poi dal Tesoro e dalla stessa CGIL successivamente contestato. Ben vengano le conversioni sulla via di Damasco, a patto che non cancellino la memoria storica persino del recente

passato.

 

Si è fatto menzione di alcune delle difficoltà affrontate per far comprendere quanto aspra sia stata la battaglia, ma soprattutto quanto elevato, anche a livello simbolico, sia il risultato conseguito con questo contratto.

La sua sottoscrizione ci fa uscir fuori da un retaggio storico, che ha sempre impedito l’apprezzamento delle professionalità operanti nel comparto scuola, quello della cosiddetta specificità del settore, tale da far considerare a parole chi vi opera come altro, come qualcosa di incomparabile, di superiore, salvo poi non tradurre in nulla di concreto un giudizio siffatto.

E’ il passaggio dalla categoria dell’ineffabile a quella – più terrena – dell’organizzazione del lavoro in tutte le sue declinazioni e in tutte le comparabilità possibili.

 

Rappresenta la definitiva emersione del ruolo dirigenziale dei capi di istituto, che tante apprensioni continua a creare al sindacalismo scolastico, determinandone i doveri, ma anche i diritti.

Le responsabilità del resto erano già tutte acquisite e definite per legge; il contratto introduce, accanto a quelle e coerentemente con il profilo, anche il regime delle tutele e la nuova struttura retributiva.

 

Ci offre l’opportunità di superare l’equivoco della presunta volontà di assimilazione – frequentemente a noi attribuita – del dirigente dell’istituzione scolastica a quello amministrativo.

Entrambi hanno competenze gestionali, responsabilità ed un’etica orientata al conseguimento dell’interesse pubblico comuni, e al tempo stesso a loro sono affidati obiettivi e risultati da conseguire differenti, senza che ciò possa fare di loro due categorie distinte. Lo si è visto anche nella parte normativa del contratto, ampiamente ispirata a quella dell’Area prima, che taluno aveva voluto esorcizzare. Per chi avesse oggi un approccio laico sulla questione, potrebbe presentarsi l’occasione per misurare tutta l’inconsistenza di quel tabù e per fare autocritica rispetto alle prevenzioni del passato.

 

Accanto ai risultati strettamente contrattuali, accanto al conseguimento dell’obiettivo dell’equiparazione retributiva con la restante dirigenza pubblica relativamente al trattamento economico fondamentale, accanto al raggiungimento o al superamento per il 93% della categoria dei cento milioni annui lordi complessivi (nostro traguardo coraggiosamente espresso fin dall’autunno 1999), con la chiusura

di questo contratto vanno pertanto segnalati come motivo di soddisfazione anche i rilievi di ordine politico sindacale, che hanno comportato elementi di contrasto fra tutti i soggetti coinvolti e che non possono

non costituire, sulla base dei risultati raggiunti, una modificazione del quadro generale da oggi in avanti, al fine di realizzare una cultura ed un terreno comune con tutta la restante dirigenza dei servizi e delle amministrazioni pubbliche. Da questa nuova consapevolezza dobbiamo tutti partire per affrontare le battaglie che ci attendono a difesa dell’autonomia della funzione dirigenziale, prima ancora dei rinnovi contrattuali e, per noi, della stipula dei contratti integrativi regionali.