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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

 

I CAVALIERI DELL’ANDIS E L’ETICA IDEALE

Fonte: sito web ANDIS - 23 marzo 2003

 

Durante la presentazione del codice etico da parte dei rappresentanti dell’Andis, mentre i relatori presentavano i risultati del proprio lavoro, e facevano alcune considerazioni in merito alle ragioni per cui avevano sentito l’esigenza di dotarsi di un codice etico, mi sentivo sempre più coinvolto ed interessato rispetto agli argomenti che erano stati introdotti quali, l’etica pubblica, la necessità di formare l’uomo e il cittadino rispetto al bene comune.

 

Uscivo da quest’incontro soddisfatto e stimolato, nel vedere che questi valori erano patrimonio di molti e soprattutto che si desiderava realizzarli nel mondo della scuola. Nel tornare a casa durante il tragitto in auto però qualcosa cominciava a farsi largo nei miei pensieri, tra un sorpasso ed una frenata, si faceva sempre più presente un’immagine che durante l’incontro non aveva avuto modo di manifestarsi, l’immagine dell’eroe, di una tavola rotonda di re Artù ove i rappresentanti dell’Andis, sguainando la spada dell’Etica prendevano su di sé un compito molto difficile. Di fronte ad un mondo oscuro, dove la politica sia nazionale sia internazionale soffoca e reprime i valori naturali, e non guarda al bene comune, l’Andis si riprometteva di andare "contro tendenza."

 

Non c’è si badi bene, in quest’osservazione alcun’aggressione o svalutazione nei confronti di chi ha saputo creare e produrre, con fatica ed impegno, un codice etico e quindi non c’è nulla di strano se attraverso questi interventi s’intendeva delineare un percorso che mettesse in evidenza un aspetto ideale (l’etica pubblica) al quale ispirarsi per portare avanti al propria strada. L’uomo ha sempre avuto bisogno di ideali cui guardare e in cui credere, ma un conto è mettere l’ideale al servizio dell’Io altro è identificarsi con quell’ideale ritenendo d’essere colui che lo rappresenta.(il mito dell’eroe)

 

L’ideale è un potente motore, che mette in movimento energie inimmaginabili, ma è anche una trappola che può bloccare e incatenare quelle stesse risorse che prima aveva liberato e questo accade nel momento in cui ci si identifica in esso. Allora non è più qualcosa di "altro" da me che rappresenta una meta, un obiettivo, ma io sono quell’ideale che devo rappresentare nel mio agire.

L’ideale assume così una valenza assoluta, e l’assoluto per sua natura rifugge la complessità del pensiero, poiché si esprime prevalentemente attraverso idee semplici e lineari, ma potenti, che sono sempre esposte attraverso una contrapposizione netta e inequivocabile: da una parte l’impero del bene dall’altra quello del male, da una parte la dittatura di Saddam dall’altra la libertà di Bush. O sei con me o contro di me. Questo è l’ideale nel momento in cui ci si identifica e ci si con-fonde in lui.

 

Se non c’è una certa distanza tra Sé e l’ideale si finisce per fare la fine di Icaro che si bruciò le ali poiché si era avvicinato troppo al sole. Da qui la necessità di ricorrere al pensiero e soprattutto alla "fatica di pensare" che si contrappone alle idee monolitiche, univoche, semplici, che sono espresse nell’ideale: "Per la pace, senza se e senza ma" recita uno slogan pacifista, che non lascia alcun dubbio, rispetto alle devastanti conseguenze che potrebbe avere, visto che sono negati quei "se" e quei "ma" che avrebbero salvato Icaro dall’avvicinarsi troppo al sole.

 

La mia impressione è che i rappresentanti dell’Andis abbiano risvegliato e configurato un ideale dell’etica pubblica che va verso l’assoluto e che si discosta e si allontana nettamente da quella "fatica di pensare" che era stata menzionata all’inizio della conferenza, quale strumento elettivo per affrontare il complesso e difficile mondo dell’etica.

L’esempio dell’automobilista che uscendo dal parcheggio tampona un auto in sosta, racchiude, nella sua lineare semplicità, questo rischio. Il comportamento etico da assumere, rispetto a questo esempio è quello di lasciare un bigliettino con il proprio numero di telefono per riparare al danno fatto, anche se pochi, veniva detto, in realtà lo fanno.

 

Tuttavia se entriamo più nello specifico ed andiamo ad esaminare alcune variabili che entrano in gioco in questo esempio, cercando di renderlo più complesso e meno lineare, allora vediamo come la situazione si complica.

Introduciamo le seguenti variabili:

L’automobilista che tampona l’auto in sosta non conosce il proprietario dell’auto danneggiata e si allontana senza lasciare i propri dati personali;

L’automobilista che tampona l’auto in sosta conosce il proprietario dell’auto danneggiata e si allontana senza lasciare i propri dati personali;

L’automobilista che tampona l’auto in sosta non conosce il proprietario dell’auto danneggiata e lascia i propri dati personali;

L’automobilista che tampona l’auto in sosta conosce il proprietario dell’auto danneggiata e lascia i propri dati personali;

(vediamo solo alcuni possibili esempi)

 

a)

L’automobilista teme che la propria compagnia di assicurazioni non paghi il danno;

L’auto danneggiata è una Ferrari e l’automobilista proprietario di una Fiat Tipo ritiene che il danneggiato abbia abbastanza soldi da pagarsi la riparazione;

L’automobilista ha fretta poiché sta portando la figlia in ospedale che sta molto male;

L’automobilista e rischia di arrivare in ritardo all’appuntamento con la propria ragazza che ha minacciato di lasciarlo se anche questa volta arriverà in ritardo;

b)

L’automobilista riconosce che il proprietario dell’auto danneggiata aveva, qualche mese prima, rigato la sua auto con la bicicletta;

Il proprietario dell’auto danneggiata è il nuovo compagno con il quale si è messa la moglie dell’automobilista da quando si sono separati;

Il proprietario dell’auto danneggiata è il collega di lavoro che ha sempre ritenuto idioti coloro che fanno un danno alle auto in sosta e lasciano poi il proprio numero telefonico;

Il proprietario dell’auto danneggiata ha affittato l’appartamento nel quale vive l’automobilista e nonostante questi gli abbia detto che ha un figlio gravemente ammalato e di aspettare ancora un anno per lo sfratto, il proprietario dell’auto danneggiata non ha voluto sentire ragioni;

c)

L’automobilista si sente in colpa perché durante la settimana non ha fatto ancora nessuna buona azione e forse è il caso che cominci a farlo;

L’automobilista teme di essere scoperto e di subire delle conseguenze;

L’automobilista pensa che facendo in questo modo darebbe l’esempio e altri potrebbero poi fare come lui;

d)

Il proprietario dell’auto danneggiata è una bella ragazza che l’automobilista non è mai riuscito a contattare e lasciare i propri dati potrebbe rivelarsi una buona occasione per farlo;

Il proprietario dell’auto danneggiata è quella del principale dell’azienda nel quale lavora l’automobilista;

Il proprietario dell’auto danneggiata è un caro amico conosciuto da molto tempo e che lo ha aiutato in momenti difficili;

In tutti questi esempi, e molti altri ancora, qual è il comportamento etico più corretto, se mai sia "corretto" usare questo termine? Ma soprattutto può il comportamento etico essere separato da una serie di ragioni intime che finiscono per interessare la persona nel momento in cui deve prendere una decisione? O possiamo pensare che queste ragioni non devono essere tenute in considerazione poiché il comportamento etico è al di sopra di tutto e di tutti? O che comunque debba essere automatico?.

 

Forse qualcuno potrebbe anche pensare (la fatica di pensare) che è inutile fare tutti questi ragionamenti visto che ciò che è importante è l’esempio e tra chi scappa e chi lascia il proprio recapito telefonico è certamente preferibile, mille volte, il secondo.

 

E allora, è un comportamento etico quello di fare qualcosa perché altri danno l’esempio?

Come si vede le domande sono molte e le risposte potrebbero essere altrettante, e non, secondo un modo lineare di pensare, una sola che va bene sempre e comunque.

 

La ricerca di un comportamento etico, che non sia "ideale", finisce allora per rifrangersi in un gioco interminabile di specchi che ne moltiplicano le prospettive finendo per dare l’impressione che tutto ciò conduca ad una cultura relativistica in perpetua deriva, ove l’unico dato certo è la natura dell’uomo, con le sue contraddizioni, le sue ipocrisie, la sua creatività.

 

Del resto il comportamento etico non è un articolo di fede, ma uno strumento di conoscenza che sfugge ad ogni forma di indottrinamento, e conduce invece alla visione del proprio limite rispetto ad una verità che si annuncia nel suo allontanarsi, come diceva un antico proverbio taoista: "Cercare la verità è come stanare un ladro, nascosto nella foresta, picchiando forte su un tamburo."

 

Se l’etica riguarda l’uomo, che è alla base di ogni potenzialità, allora bisogna partire dalla premessa che ognuno di noi si percepisce in cammino lungo una strada, che è sempre in trasformazione e mai compiuta e questa via, fatta di esperienze, paure ed emozioni, di immagini, di pensieri, di intuizioni, di costrutti razionali non può mai diventare un modello con caratteri universali, se non contraddicendo il principio stesso della sua costituzione.

 

Dr. Ezio Ciancibello

Psicologo-Psicoterapeuta.

 

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